L'immenso blu profondo
Lo Scalo fungeva da sala d'attesa per i serbatoi idrici appena estratti.
Era un androne piano, immenso, in cui l'acqua accumulata attendeva che qualcuno di noi, dai piani superiori, desse il via alle fasi di lavorazione. I serbatoi erano accuratamente numerati, catalogati e registrati, poi disposti in lunghe file parallele, formando corridoi ed intersezioni in cui era facilissimo perdersi, al buio.
Gli unici umani, in questa zona, erano Ingegneri Specializzati (IS), tesserino azzurro, ed erano proprio loro il nostro unico riferimento.
Anche riguardo agli IS sapevo poco, tendenzialmente erano personaggi rudi, schivi e riservati, gli ultimi ruderi di un tempo dimenticato.
Era difficile vederli con gli altri Addetti ai Lavori, solitamente si riunivano in piccoli gruppi nei locali più appartati del depuratore, per fumare e giocare d'azzardo. Noi AlSA ironizzavamo spesso, sulla loro vita, figurandoceli coinvolti in società segrete ed intrighi a danno del Bigoverno. La chiamavamo "La Setta".
Arrivato allo Scalo, armato del mio tesserino verde e della valigetta dei campioni, trovai un solo IS ad occupare la cabina illuminata dell'ingresso merci. Tutto il resto era buio.
Mi soffermai per alcuni istanti sul piazzale, era la prima volta che lo vedevo così spoglio, così vuoto.
Il buio, a quella profondità era una presenza densa, pressante, tesa appena oltre il cerchio di luce della guardiola, ed il vuoto tra i serbatoi non faceva che aumentarne l'angoscia, l'oppressione.
Ebbi l'impressione di essere guardato, che centinaia di piccoli e freddi occhi mi scansionassero proprio attraverso quel vuoto.
- Non abbiamo elettricità, qui – disse l'IS, uscendo dalla guardiola. - A loro non serve e per noi bastano le torce. Sei venuto per il 121, ragazzo?
- Si – risposi.
- Vieni, ragazzo, ti accompagno.
Mi fece strada lungo il piazzale, tra le grandi cisterne che comparivano e scomparivano nel cono di luce della sua torcia ogni tanto intravedevo strane ombre e bagliori, figure che subito scomparivano o forse era una mia impressione dovuta alle ombre trasversali che i container gettavano nei loro angoli ciechi.
- Certo che otto ore qui dentro fanno passare la paura del buio – commentai.
- Otto ore qui dentro fanno passare la paura di molte cose – commentò, gettando a terra una sigaretta e schiacciandola col tallone. Notai che i pavimenti erano incredibilmente puliti. - Le paure sono altre, tutte fuori di qui. Tanto quanto noi arrabattiamo uno stipendio e, finché dura il turno, possiamo starcene al riparo qui sotto.
- In che senso?
- C'è una follia, fuori, la vedo ogni volta che stacco. Qualcosa di insensato che non riesco a capire. Forse è il Partito, forse sono i Consorzi, ma la gente è completamente fuori.
- Forse passi così tanto tempo con Loro che ti stai estraniando.
L'ingegnere sbuffò.
- Loro sono tipi tranquilli, ogni tanto se ne presenta qualcuno, bussa al gabbiotto"Carico X è stato consegnato" o "Carico Y di litri milleduecento e rotti da considerarsi altamente contaminato", poi spariscono – fece alcuni passi e specificò. - Hanno i visori integrati, non hanno bisogno di luce per muoversi al buio, per questo lavorano in tanti, sotto le Ciminiere.
- Ma non sei tu a ripararli? Cioè voi IS intendo.
- Io riparo solo più attrezzature, oramai. E anche quelle neanche sempre visto che ci mancano i pezzi di ricambio. Tutto sta andando in malora, ragazzo. Questo depuratore e questo mondo hanno le ore contate.
- Mi avevano spiegato che una macchina non sarebbe mai stata in grado di riparare un'altra macchina, era una specie di parametro standard, come a voler dire che certi errori li può correggere solo il creatore. Credevo che gli IS fossero necessari anche per riparare loro.
- Ci hanno guardato ed hanno imparato - sollevò le spalle lui, - ora ci chiamano solo per riparazioni che non abbiamo mai fatto o guasti critici che non sono capaci a gestire.
Rimasi qualche istante in silenzio, pensieroso.
- Credi che prenderanno il sopravvento e si liberino di noi come dice il Partito? - mi domandò.
- Sarebbe una possibilità così remota?
- La escluderesti?
- Ho un amico che ci ricamerebbe un centinaio di ottime storielle.
- Raccontagliela – disse, fermandosi di fronte ad una cisterna. – Ecco la 121 – prese una cartellina contenente alcuni fogli ingialliti. - Materiale contaminato, rischio 128 – lesse l'ingegnere, passandomela. Guardai i pochi fogli che conteneva, erano vecchi fogli di lavoro prestampati ma usati per anni, tanto scritti e scarabocchiati da formare un complesso disegno di lettere, numeri e macchie di caffè. L'Ingegnere salì su una scaletta, scomparendo nel buio. - Va bene, preparati, ti faccio arrivare un po' di liquido – gridò.
"128?" pensai, cercando di ricordare a quale tipo di rischio si riferisse il manuale. Io non lo avevo mai sentito eppure il manuale lo avevo studiato da cima a fondo.
- Allora, sei pronto? - ripeté l'IS.
Iniziai a preparare gli strumenti per l'analisi veloce, disponendoli ordinatamente sul pavimento. Contai le provette ed i campioni, ricontrollando metodicamente l'attrezzatura per le analisi sul campo, quando un cigolio metallico tradì una presenza, alle mie spalle. Istintivamente mi volsi, ma fu un movimento goffo che mi fece sbilanciare e cadere verso la mia stessa attrezzatura.
Una mano gelida guizzò nel buio afferrandomi per un braccio e lasciandomi sospeso a mezz'aria mentre la mia torcia rotolava sul pavimento, illuminandogli prima i piedi, poi le gambe e infine il corpo, metallico e perfetto.
Mi reggeva senza alcuna fatica, guardandomi con quell'espressione neutra fatta di occhi di piombo ed espressioni insondabili.
Non aveva respiro, non faceva rumore, non era né vivo né morto. Eppure esisteva. Era lì, di fronte a me, una figura tangibile, composta, pensante.
- State analizzando la vasca numero 121 – disse, rimettendomi in piedi.
- Si – risposi. - Stavo preparando...
- Il materiale contaminato è stato rinvenuto nell'area 834, presso una sorgente ancora attiva.
- Se l'acqua non è stagnante allora perché è stato richiesto il controllo?
- Informazione non trovata, soggetto richiedente sconosciuto.
- Posso scaricare? - urlò l'ingegnere, ancora in cima al container.
Piazzai un'ampolla di vetro al suo posto.
- Vai!-urlai.
Con un gorgoglio l'ampolla si riempì di un'acqua cristallina. La osservai attentamente constatandone i livelli di contaminazione esterna.
- L'acqua rientra nella norma, siete sicuri di voler un controllo accurato? - domandai, ma quando mi volsi mi resi conto che ero solo.
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