L'accampamento desolato
Avevamo portato con noi alcune barrette proteiche di insetto. Era cibo economico, poco più che un alimento di sussistenza per le fasce più povere della popolazione o per sociopatici privi del senso del gusto come ero io. Quello era tutto il cibo che avevamo, sufficiente per due giorni, quattro se razionati.
Mali guardò il suo pezzo di barretta con aria malinconica.
- Cos'è, non hai appetito? - domandai, seduto in un angolo, dopo aver già trangugiato la mia parte.
- No, no - disse, laconico, buttandosi il quadratino scuro in bocca e masticando con attenzione. - Una cosa non mi è chiara.
- Se è il dessert sappi che non abbiamo nulla - ironizzai.
Mali rise e guardò in alto, il nostro amico meccanico era ancora rannicchiato contro la cupola del soffitto, inattivo come era stato per la mezz'ora precedente.
- Quando lui ci ha scansionato ha detto 3 elementi non identificati - disse, - perché tre?
Finsi di rifletterci.
- Sei sicuro che non abbia detto due?
- Sono sicuro.
- Probabilmente sarà stato un errore.
- Lo hai detto tu che questi esseri avevano una capacità di calcolo logico molto elevata, come può essersi confuso?
- In effetti hai ragione, l'ho detto io... allora può essere che abbia rilevato le proteine dentro i nostri zaini.
- Le proteine, davvero? E allora perché non ogni singolo elemento dei nostri zaini?
"Anche questa è tirata per le pinze" mormorò il Grillo, "ma il ribellino ha ragione, come ha fatto a percepire anche me?"
- Non ho tutte le risposte e anche quelle che ho valgono molto poco. Sono un ingegnere bravo, ma rimango pur sempre un AlSA, l'ingegneria è solo un passatempo.
Mali mi guardò, approvando, ma nel suo sguardo intravidi quel guizzo di intelligenza acuta, popolare, che può avere solo il figlio di uno Zappatore, la cui genuina esperienza nelle bestie lo rendeva così capace di leggere anche gli umani.
"Non crede a una parola" ridacchiò il Grillo, "non solo te lo sei scelto furbo, ma forse te lo sei scelto anche troppo furbo"
- Direi che è il caso di proseguire, con così pochi viveri ci conviene chiudere questa storia il prima possibile e tornare in superficie.
- Da dove hai preso tutta questa sicurezza? Dove vorresti andare per chiudere questa storia?
- Pensavo di essere stato chiaro, dobbiamo rimettere a posto il database centrale.
- Sì, ma non abbiamo nemmeno idea di dove sia, abbiamo solo la tua mappa disegnata a mano con qualche punto di interesse e qualche condotto principale, neanche sappiamo come siamo arrivati qui. La prima cosa non dovrebbe essere cercare di fuggire?
Guardai di nuovo la gigantesca gru aracnoide sopra di noi, ora che sapevo dove guardare riuscivo a vedere la superficie bianca e liscia del teschio umano.
- E' vero, la soluzione più logica dovrebbe essere quella di tornare in superficie, radunare gli altri e tornare qui in forze e meglio equipaggiati. Eppure dubito che riusciremo a farlo senza sistemare il database centrale.
- Cosa stai dicendo?
- Non ne sono ancora sicuro - risposi, - ma ho il sospetto che la strada rimarrà una sola per lungo tempo e quando si dividerà sarà solo riusciremo ad aprirci la strada per controllare questo posto.
Riprendemmo la marcia, varcando altre porte stagne, altri corridoi bui, altri condotti di areazione, altre ignote branche dei condotti principali.
Cercavo di tenere aggiornata la piantina in maniera costante, sfruttando gli occhiali per misurare posizioni e distanze con precisione, mappando ogni area alla ricerca di vie di fuga o passaggi alternativi liberi che ci permettessero di uscire dal percorso obbligato fatto di porte aperte e saracinesche chiuse. Non trovai nulla e non ne fui sorpreso.
Avanzavamo con attenzione sempre crescente, avvicinandoci ad un altro punto di interesse sconosciuto e potenzialmente pericoloso.
- Dovremmo usare il seghetto elettrico per smontare uno di questi portelloni e uscire da questo maledetto percorso - disse Mali, calciando l'ennesimo portello laterale chiuso.
- Ragiona, non farti prendere dal panico, impiegheremo due giorni almeno per smontare uno di qui portelli con le attrezzature che abbiamo - risposi, rovistando in giro per la stanza. Eravamo arrivati in una sorta di deposito di stoccaggio intermedio, un luogo che un tempo doveva aver ospitato attrezzi e pezzi di ricambio utili alla sezione circostante, in questo caso C-53A, e che ora conteneva solo poche lamine di metallo forato di ruggine, così vecchio da essersi compattato in una lastra unica circondata di ruggine. - E poi rifletti, sei sicuro che una volta aperta una di quelle porte a caso non ci troveremo di fronte a un'altra porta blindata e poi un'altra ancora. E poi per andare dove? Indietro non si torna, non a questo punto. La strategia è andare avanti.
- Potrebbe esserci un'altro automa però.
- Un altro automa o un'altra trappola è indifferente, siamo comunque obbligati ad affrontarla, tanto vale farlo più in fretta possibile prima di essere troppo deboli o di esaurire le scorte. Questa è la nostra unica possibilità di uscirne vivi.
Mali guardò verso l'alto, sia lui che io sentivamo su di noi il peso di pietre e terra, decine e decine di metri di cemento, suolo compatto, sedimenti millenari ci separavano dalla superficie, eppure non eravamo sotto l'insediamento, eravamo lontani dall'insediamento, in una specie di dimensione parallela, in una tasca spaziotemporale che affiancava la realtà a cui eravamo abituati senza mai sfiorarla.
Era diventato irregolare anche il fluire del tempo, sapevo che eravamo entrati solo da poche ore, che probabilmente le prime luci dell'alba non avevano ancora intaccato il cielo d'oriente, che i grandi muraglioni di pietra dei monti erano ancora avvolti nell'oscurità, che il mare mormorava nella tenebra mentre i gabbiani, ancora appisolati, decoravano la scogliera con le loro spettrali figure bianche. Lo sapevo eppure mi sembravano passati giorni, forse mesi.
"Anzi, millenni" mormorò il Grillo.
- Sì, forse millenni - mormorai, ripensando all'automa e alle visioni che mi aveva ispirato.
- Cosa?
- Niente, parlavo del tempo. Questo è il nostro principale nemico, ad ogni passo e ad ogni parola la nostra percentuale di sopravvivenza diminuisce. La migliore possibilità che abbiamo è chiudere la questione mentre siamo ancora in tempo, quindi...
- Quindi andiamo a vedere questo maledetto punto di interesse - confermò Mali, sorprendendomi ancora con quella rustica forza d'animo che lo aveva contraddistinto fino a quel momento.
Per un po' la strada prese ad andare in salita, dapprima furono scalinate, poi divennero scale a pioli, infine stretti condotti di areazione che attraversavano stanze ingombre di macchinari silenziosi, sempre più impolverati ma comunque familiari.
- Questi macchinari funzionano, li senti? Qui c'è energia - commentai.
- Sì, ma questa salita è infinita - si lamentò Mali, aggrappandosi alla terza scala a pioli di fila, diretto in un altro stretto passaggio superiore che ci avrebbe permesso di superare un'altra stanza.
- Siamo nei percorsi di manutenzione, quindi a conti fatti siamo già nel punto di interesse, per la precisione siamo NEL punto di interesse.
Mali sgattaiolò tra la polvere del basso condotto trascinando lo zaino con l'attrezzatura dietro di se.
- Lo spazio qui è stretto - si lamentò.
- Se tutto va bene poi potremo prendere una bella boccata d'aria dall'altra parte - commentai, raggiungendolo con il mio equipaggiamento.
Il passaggio era a malapena transitabile da sdraiati, grossi cavi pendevano dai muri e dal soffitto favorendo sia il passaggio di elettricità che di aria. Avanzammo sollevando grosse nuvole di polvere che ci sporcava il volto ed i vestiti di una sostanza pesante e tossica come metallo che mi faceva sentire le guance arrossate d'irritazione.
"In questi cavi ha appena iniziato a scorrere l'elettricità" mi avvertì il Grillo.
Purtroppo lo sapevo, o meglio lo immaginavo. L'elettricità ci inseguiva da quando avevamo iniziato il nostro lento pellegrinaggio di profondità, era l'elettricità che sbloccava elettricamente i portelli che dovevamo attraversare così come era stata l'elettricità a riattivare la gru del magazzino. L'elettricità era l'unica arma del nostro vero assalitore, all'interno di quella struttura.
"Perché non ne parli anche con il ragazzo?" mi domandò il Grillo.
- Se vuole arrivarci deve farlo da solo, non voglio metterlo in ulteriore panico, voglio che creda che sia solo una questione di problemi nella programmazione, una cosa facilmente gestibile e controllabile.
"Ma l'intelligenza che c'è dietro a tutto questo non è controllabile"
- Non siamo sicuri che ci sia un'intelligenza, dietro a tutto questo. Potrebbe essere una risposta dei sensori ad una programmazione standard.
"Quanto sei ridicolo quando menti a te stesso" rispose il Grillo.
- Ci siamo! - esclamò Mali, scendendo verso il basso, poco più avanti di me.
- Sembra una... sala conferenze? - urlò.
Scesi pochi istanti dopo di lui. Non sbagliava, anche se parzialmente saccheggiata era una sala conferenze sotterranea, composta da gradinate sagomate per permettere alle persone di sfruttare tutto lo spazio disponibile anche a quelle profondità. Al centro doveva esserci un tavolo, ora scomparso, mentre su un lato si vedeva la superficie di ardesia nera utilizzabile come lavagna. Le mura erano state rattoppate utilizzando spesse lastre di metallo o legno di recupero, come se gli occupanti di quella sezione temessero un qualche attacco attraverso i muri.
- Cosa è successo qui?
- Un tempo si discuteva la priorità dei lavori, dopo... non so, sembra che qualcuno si sia fortificato qui dentro.
- Sì, ma perché?
- Non saprei dirlo...
- Sembra che l'ultimo lavoro prioritario fosse un lavoro di riparazione - disse Mali, chinandosi a terra per leggere qualcosa. - "Riparazione nella conduttura C38I considerata di massima importanza ... vista la vicinanza del condotto con la camera del nucleo informatico...sezione Plan B... non correttamente impermeabilizzata in alcuni punti... Entrambi i lavori sono da ritenersi di priorità massima..." il resto è illeggibile.
- C'è una data?
- "Ordine del giorno del 30 apr..." penso sia sempre aprile, deduco dello stesso anno degli altri avvisi - disse Mali. - Può essere quella la causa dei guasti?
- Un'infiltrazione d'acqua nella camera dei server? Potrebbe essere, ma dobbiamo sperare che non sia così, non possiamo riparare una camera server allagata da decenni, ma penso che la zona sia stata messa all'asciutto molto prima che questo avvenisse.
- Significa che potrebbe esserci un punto in cui potremmo attraversare i condotti e raggiungere direttamente la sala server?
- Potrebbe essere, sempre se non è stata riparata come tutto il resto, in ogni caso dove ci sono riparazioni è più facile passare, direi che è un'eventualità da tenere a mente.
Proseguimmo oltre una porta regolare finendo in una seria di spazi adibiti ad uffici di vario tipo e vario genere dove vecchie macchine da scrivere e scrivanie erano stati accumulati ai lati delle stanze cercando di fortificare le pareti guadagnando contemporaneamente tutto lo spazio disponibile. A terra si vedevano fagotti di stracci, giacigli improvvisati che molte persone avevano utilizzato a lungo, bruciando documenti e schedari per riscaldarsi, forse per illuminare la tenebra di quelle profondità. Non c'erano ossa o resti umani, in quel luogo, ma solo il ricordo della vita, l'eco di una sopravvivenza disperata che era palpabile in ogni camera, in ogni androne adibito a ricovero. Molta gente era vissuta e morta in quella struttura, non vi era dubbio, e la loro presenza era ancora palpabile attraverso le preghiere e i nomi scritti sui muri fortificati. Inni alla vita, alla luce del sole, ad emergere da quell'incubo di macchine assassine intenzionate ad eliminarli come una scomoda infezione. Poi maledizioni, maledizioni alla stessa luce dello stesso sole, alla stessa vita, sempre indifferente alla tragedia dei singoli.
- Li hanno abbandonati... - mormorò Mali. - Li hanno abbandonati a morire qui dentro.
- Si sono rinchiusi qui nella speranza di sopravvivere, nella speranza che qualcuno sarebbe sceso a salvarli vista l'importanza di questa struttura - commentai.
- Che importanza?
Stavamo uscendo su una stanza centrale, questa volta decisamente più grande di quelle che la circondavano.
Era un pozzo, un profondo e immenso pozzo, una sorta di abisso al fondo del quale si potevano vedere macchinari ad immersione umidi d'acqua sporgere come sinistri monoliti di metallo dal centro di un maelstrom d'acqua cristallina, risucchiata verso il basso in maniera costante..
- Siamo nel depuratore - dissi, - il depuratore originale dell'insediamento, quello senza il quale si è dovuto costruire quello fuori dalle torri.
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