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Il Vuoto Antistante

Bianco. 
Un bianco immenso, candido.
Una distesa infinita di acqua salmastra rifletteva un cielo caliginoso, avvolto in una nebbia perenne  carica di fantasmi, di figure familiari, di scene già viste, già vissute, attimi di tempo intrappolati nelle spire fumose di quel luogo che non era un luogo, che era la fine di ogni luogo, di ogni coscienza, il confine candido in cui vanno a riposare i ricordi dimenticati. 
Ero in piedi su un sottile strato di acqua riflettente, una superficie regolare attraverso la quale avevo visto il Grillo controllare il mio corpo, il luogo dal quale il Grillo spiava me. 
Non mi ero mai reso conto che esistesse altro, oltre a quelle immagini ma nella sensazione di irrealtà di quei momenti sapevo che se non potevo vedere nulla era solo perché il mio corpo era svenuto, inutilizzabile. E il Grillo non poteva essere che lì con me.
Mi guardai attorno, in quel paesaggio surreale solo un punto, una macchia di colore scuro, rappresentava l'unica eccezione in quell'orizzonte indistinto e indistinguibile. 
Improvvisamente la rabbia lasciò spazio alla paura, un terrore sinistro, recondito, il terrore di affrontare quell'essere nel suo mondo, nel Vuoto Antistante che l'aveva generato ed in cui io, ora, ero solamente un ospite. 
Chissà che poteri possedeva quell'essere, nascosto tra le nebbie e con quanta facilità avrebbe potuto sottomettermi, addirittura divorarmi, ora che ero nudo, intangibile.
- Non sei ancora pronto per vedermi - sussurrò un refolo di vento, alla mia sinistra. 
Mi volsi e nella nebbia vidi la figura umanoide del me stesso con indosso il costume. 
Guardai di nuovo verso la macchia scura, immobile.
- Non ti voglio uccidere, né sottomettere o divorare, io non sono tuo nemico, non lo sono mai stato - continuò. 
- E allora che cosa sei? Cosa sei veramente? Una voce nella mia testa? Un parassita alieno? Una specie di demone che ha fatto il nido nelle mie memorie? - domandai.
- Non lo so nemmeno io ma non sono solo una voce nella tua testa, sono vivo, sono cosciente. Quando sono nato conoscevo solo il candore di questo posto. Esistevamo solo io e il bianco, nient'altro. Poi ho iniziato a sentire la tua voce, le tue emozioni, masticavo i tuoi ricordi e i tuoi pensieri e ti vedevo, riflesso nell'acqua di questo lago infinito, ma mi ci volle tempo per capire che eri diverso da me, che eri lo stesso universo che mi conteneva. Più passava il tempo più il me stesso si formava differenziandosi da te, le nebbie dei tuoi ricordi sono diventati la mia carne e la carne mi ha donato coscienza. All'improvviso esistevo, ero un essere reale, possedevo emozioni, pensieri complessi, una serie di conoscenze ereditate da te, fu allora che frinii la prima volta. 
- Ricordo ancora il terrore di quella notte... - mormorai. 
- Lo ricordo anche io perché non era solo tuo il terrore che provavi, era anche il mio. Per me eri tutto ciò che conoscevo, il mio unico universo, mio mondo, mia genitrice e mia unica compagnia. I confini del tuo corpo erano i confini del mio universo, poi abbiamo iniziato a parlare, ho capito che esisteva altro, che esisteva un mondo ancora più grande, altre voci oltre alla tua, che le estensioni dei ricordi che divoravo rispondevano ad altre leggi, ad una realtà più grande, più complessa e mano a mano che comprendevo cose crescevo, la mia coscienza cresceva, la mia consapevolezza cresceva. Diventavo sempre più unico, sempre più differente, e alla fine divenni il Grillo perché questa forma a te piaceva, ti richiamava "nostalgia". 
- Nostalgia? - domandai.
- E' un altro mistero che non ho ancora risolto. 
- Se è vero ciò che dici, che sono tutto per te, allora perché ci hai messo in pericolo? Perché unirti ai membri del Sindacato? Possiamo tornare come eravamo prima, solo noi due, le nostre vite insieme, essere liberi sui tetti... 
Il Grillo di nebbia abbassò lo sguardo. 
- Perché io sto morendo e forse stiamo morendo entrambi. 
- Ma è assurdo, non puoi morire, tu sei dentro la mia testa, finché io vivo...
- Anche io lo credevo, ma sta succedendo, più passa il tempo più lo spazio di questo posto si restringe, mi soffoca, questo spazio che sembra infinito non è abbastanza grande per contenere entrambe le nostre coscienze e stiamo soffocando. 
- Stiamo?
- Anche tu morirai, o meglio, anche tu scomparirai.
Tacqui.
- Da quando sono in vita io assorbo da te tutto ciò che mi serve, i tuoi pensieri, i tuoi ricordi, le nozioni che hai appreso, le assorbo e le divoro in fretta, per questo siamo riusciti a creare il costume e il cilindro, ma più cresciamo, più ci miglioriamo, più lo spazio che condividiamo si fonde, si accomuna, tra poco riuscirò a parlare con le tue labbra e la tua voce, probabilmente anche il cilindro diventerà superfluo, poi diventeremo un essere unico, qualcosa di diverso che cancellerà entrambi, già ora fatichi a controllare la tua rabbia, perché non è la tua rabbia, è la mia ed io sto iniziando a sperimentare la tua calma, a pianificare con più lucidità, ma è la tua calma, non la mia. 
- Questo però non significa morire.
- Ah no? E cosa significa morire se non la fine della coscienza? Che cos'è la coscienza se non la consapevolezza di un individuo? Se noi ci fondessimo di nuovo di me non rimarrebbe più traccia, sarebbe come non essere mai esistito, solo una macchia sulla coscienza di un essere umano, una nota stonata nella sinfonia dell'universo. Dimenticato senza essere mai ricordato. No, forse questo è peggio della morte, questo è non essere mai esistito.
- E come pensi che il Sindacato possa aiutarci? Estraendoti dalla mia testa?
- No, il sindacato no, ma Munillipo sì, lui può, lui ne ha il potere, ne ha le capacità, deve averlo.
- Come fai a saperlo?
- Non sono io a saperlo, sei tu.
- Io?
- Sono bisbigli, bisbigli che ho udito mentre osservavo la tenebra oltre lo Scoglio Nero.
- Lo Scoglio Nero?
Il Grillo si volse, come cercando un punto lontano: - C'è qualcosa nel tuo passato, come una grossa massa oscura, una barriera che anche per me è stato impossibile sormontare. Io lo chiamo lo Scoglio Nero, ma non ti porterò lì, non oggi, non sei pronto.
- E' per questo che hai fatto tutto questo? Sospinto da un bisbiglio.
- Munillipo torna spesso, tra quei bisbigli, per questo voglio incontrarlo da molto prima che pensassimo al costume.
Non risposi, tutta quella storia mi confondeva, quella situazione mi confondeva. Le emozioni, i pensieri, le sensazioni delle ultime ore erano state un carosello troppo forte, una giostra che mi aveva disorientato. 
- Sono stato meschino, lo so, ho fatto tutto a tua insaputa. Avevo previsto che avresti potuto spegnere il Cilindro per tagliarmi fuori, così ti ho suggerito degli schemi che mi permettessero di accenderlo da qui. Il resto è stato facile, quando hai avuto quell'attimo di distrazione sono balzato in avanti e ti ho spinto qui, ho preparato il collare in fretta e furia, per tagliarti fuori il più a lungo possibile, sapevo che non avresti mai rinunciato alle tue perversioni, lo sapevo perché ti conosco, non ti sarebbe importato del nostro comune destino, avresti solo spinto l'acceleratore e ti saresti perso nella bidonville della Pista finché non saremmo cambiati.
- Ma perché questo cambiamento dovrebbe essere negativo?
- Tu non temi di perdere te stesso? Di diventare qualcos'altro?
Guardai di nuovo la sagoma lontana del Grillo, il suo corpo opalescente, indistinto. No, non lo temevo. Io ero umano, condannato da sempre al giogo della vita, all'oblio della morte.
Pensai a mia madre pazza, nei suoi ultimi anni in questa terra, alle sue grida. Poi al corpo ricoperto di terra di Malaeva, così simile al corpo di Aminata, che ricordavo seppur non avevo visto, forse perché il Grillo stesso aveva partecipato a quel funerale, al loro scendere verso l'oscurità delle compostiere, al loro ultimo viaggio verso l'oscurità della terra.
No. Non mi turbava finire come loro. Anzi, la sensazione che prima o poi sarebbe finita, che mi attendeva un riposo eterno, rendeva il mio esistere un qualcosa di rassicurante. Sarei sempre potuto sfuggire dalla vita, se solo lo avessi voluto. Del resto non ero altro che una bambola di carne, un giocattolo nelle mani metalliche di dei dal volto cromato, questo era il mio ruolo ed il solo pensarci, il pensare a quella mia tenera mortalità, mi provocava un senso di sottile eccitazione più che di sconforto.
La morte, il dolore, il sangue, la tortura, la fine ultima dell'esistenza, anche questo faceva parte delle mie oscure e turpi perversioni, anche questa era una delle tenebrose dimensioni su cui si specchiava la mia anima. 
- Ma io non sono te, io non provo piacere da questi stessi pensieri - disse il Grillo, con un moto di stizza. - Io temo la morte, io temo la mia scomparsa dal piano della coscienza più di ogni altra cosa. Io non sono te, io sono pura coscienza, sono un flusso di dati nascosto tra altri dati, un pensiero rannicchiato tra altri pensieri. Io non sono un mostro.
Lo guardai, interdetto. Io ero il mostro? Io che camminavo sotto la luce del sole, che potevo manipolare ciò che mi circondava, che potevo agire, respirare, sanguinare, soffrire. Io quindi ero il mostro, non lui, non Loro, non gli agenti del partito o tutte quelle generazioni che avevano allegramente sperperato il nostro pianeta riducendolo ad una roccia di sabbia rovente?
Io.
Forse ero veramente io quello che non meritava di vivere.
Di nuovo tutto si era fatto più confuso, come se il destino si divertisse a giocare con le mie certezze, a spezzarle sotto piedi di piombo.
- Non ho più intenzione di obbligarti, per questo ho piazzato quella trappola nel cilindro, perché volevo che per una volta parlassimo come si deve, faccia a faccia, utilizzando parole e non stupidi messaggi di testo ed emoticon. A questo punto la scelta rimane a te, quando ti sveglierai potrai scegliere se indossare la collana che ho preparato e che dovrebbe essere ancora accanto al tuo letto, oppure prendere la nuova attrezzatura e scomparire alla Pista. Perché è questo ciò che brami di fare, ciò che stai pensando in questo preciso momento. 
Rimasi qualche istante in silenzio, guardando quella figura semitrasparente che mi stava accanto. 
- Anche questo cambio di idea, questa possibilità di offrirmi una scelta, l'hai ereditata da me?
- No, questa è stata una scelta mia, mi sarei sentito un vigliacco a non proportela. Non sono un essere umano, quelle dinamiche non mi appartengono. 



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