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Il verde blu profondo

Sc 134 y aprì anche l'ultima paratia, piazzando il suo grosso corpo tra i portelli a chiusura ermetica e arrestandosi del tutto.
- Incarico completato, Sc 134 y in attesa di ulteriori istruzioni - mormorò la voce elettronica del modello, oramai diventata un bisbiglio gracchiante e intermittente. 
- Ora puoi rilassarti, il tuo compito è finito - dissi, poggiando una mano sulla superficie lucida del suo corpo massiccio. Le sue articolazioni erano esplose una paratia dopo l'altra, ci aveva condotto fin lì sacrificando se stesso fino all'ultimo, avanzando anche se ciò lo stava distruggendo.
- Veramente provi pietà per queste macchine? - domandò Mali, con una punta di stizza.
- Sono esseri senzienti come noi, ci sono superiori eppure schiavi dei nostri capricci, come puoi non provare pietà per la loro condizione? 
- Non lo faccio e basta. Sono solo macchine, non hanno niente a che vedere con gli esseri viventi.
- Eppure lui ha osservato, ha appreso, ha pensato, come può non essere vita? 
- Perché la vita non è solo pensare, ragionare e capire, la vita sono emozioni. Questo essere ha avanzato senza sentire dolore, senza provare paura, si è limitato ad eseguire un compito anche se quel compito lo ha distrutto - rispose Mali, guardando agli arti tronchi e alle zampe mozzate dell'essere che era oramai solo più un guscio martoriato e sibilante fatto di motori che si spegnevano scoppiettando al di sotto della copertura ammaccata.
- Eppure tu ne avevi paura come di una bestia - risposi, scendendo sul fondo del condotto asciutto. 
- Sì, come di una bestia incontrollabile e in grado di ucciderci, perché è ciò che avrebbe fatto se l'avessimo riattivato e basta. 
- Ciò che avrebbe fatto lui e che hanno fatto gli altri è solo la conseguenza di un guasto, nulla a che...
- Sono pericolosi, per questo non devono stare all'interno dell'insediamento, per questo vivono fuori e non ci frequentano mai. 
- Quindi alla fine anche i rivoluzionari hanno con Loro lo stesso atteggiamento che ha Munillipo. 
- Non tutto ciò che dice Munillipo sono stronzate dittatoriali - rispose Mali, stizzito dalle sue stesse parole. 
- Sono pericolosi ma quell'essere sta morendo per fare ciò per cui è nato, aiutare gli esseri umani, non è questo che dovrebbe fare un Dio? Morire per salvare i suoi figli? 
- Se un Dio esiste ci ha puniti col deserto, loro non sono dei, sono solo macchine, macchine e nient'altro che macchine. 
- Macchine con intelligenza, forza e longevità superiori alle nostre però. 
Mali mi guardò in malo modo. 
- Non mi piacciono questi tuoi discorsi da maniaco. 
- Eviterò di farne altri allora. 

Il punto di rottura era ad una ventina di metri dall'ingresso in C-38I, si trattava di un tratto della pavimentazione crollato, una crepa che il tempo doveva aver allargato visto che ora era sufficientemente grande da permettere ad entrambi di calarci. 
- Non ti sembra strano che questa crepa non sia stata riparata come le altre in tutto questo tempo? - domandò Mali.
- Molto, il cantiere sembra rimasto qui a marcire nel buio e nel condotto secco. 
- Sembra quasi che lo abbiano lasciato aperto per noi nella speranza che ci scendessimo. 
Avrei dovuto ridere, ma non riuscii a farlo. 
Piazzammo una seconda corda all'imbocco della discesa e ci calammo in silenzio, scivolando verso il basso nella tenebra più totale. Era una crepa irregolare, stretta in alcuni punti e larghissima in altri che scendeva verso una sorta di piccolo bacino sotterraneo, oramai asciutto, che combaciava con una sezione di corridoio collassata. 
- Se qui c'è stata acqua ora non ce ne è più da tempo - mormorò Mali, guardandosi attorno.
- Questo dovrebbe rendere il nostro ripristino un po' più semplice - risposi, ignorando l'inquietudine istintiva che mi pervadeva osservando quel luogo. 
Penetrammo nel passaggio collassato trovandoci in un corridoio stretto, differente da quelli attraversati ai piani superiori, senza tubature a vista, senza cavi della tensione tesi. Era una sorta di condotto corazzato, interrotto dal collasso ma che conduceva ancora in una direzione.
"Plan B" diceva la freccia incisa sulla parete. 
- E' lì che dobbiamo andare? - domandò Mali.
- Plan B era menzionato anche in quel documento come coinvolto nelle infiltrazioni, probabilmente è vicino al database. - risposi, avviandomi.
Il corridoio era lungo, inclinato, quasi interminabile nella sua costante discesa verso le profondità e quella sinistra luminosità che diveniva via via più forte, tanto da permetterci di spegnere occhiali e torcia mentre proseguivamo. 
- Secondo te di cosa si tratta? - mi domandò Mali. 
- Di un macchinario attivo, ma più probabilmente una trappola - risposi. 
Ci sembrò di camminare a lungo, persi in quel nuovo buio, guidati da quella luminescenza, quella luce inaspettata che stava diventando quasi una presenza palpabile, lungo quel buio eterno, soffocante, che ci aveva finora circondati.
"Il verde profondo" mormorò il Grillo, "come in quella canzoncina..." 
- Quale canzoncina? - mormorai, ma il Grillo non rispose, rapito, estasiato dal bagliore.
Anche Mali lo era, marciandomi accanto come uno zombie, trascinando piedi e mani con  la mascella rilassata, lo sguardo vacuo.
Ebbi appena il tempo di comprendere che stava succedendo qualcosa, qualcosa che sfuggiva alla mia piena comprensione, che questo stesso qualcosa mi faceva precipitare lontano, in un turbinio di luci ed ombre che mi inglobava gorgogliando. 

"Il verde blu profondo 
nel cuore dei Vot"

Era una filastrocca, una filastrocca distorta, interrotta, ripetuta da un tempo ciclico. 
Mi alzai in piedi ed il mondo era enorme, anzi no, ero io, io ero più basso. Un me stesso bambino, una memoria sepolta di un giorno d'infanzia.  
Uno stormo di bambini mi danzavano attorno in una luce verde, sotto un cielo alieno infestato di nubi tossiche e di un sole spietato, nucleare, i cui raggi trafiggevano pelle e muscoli incendiandomi le ossa. 

"Nel verde blu profondo
nel cuore dei Vot"

Era un sogno? Una visione? Ero stato trasportato indietro nel tempo nel mio corpo da bambino? Per questo soffrivo? Soffrivo perché le mie cellule di un altro tempo venivano annullate dalle radiazioni temporali? Soffrivo perché il mio corpo non apparteneva a quel luogo? 

"Nel grande blu profondo
sta il cuore dei Vot"

E poi cos'era questa filastrocca? Cos'era questa canzoncina che suonava così familiare insieme a questi passi leggeri, a questi passi di bambini. Uno soprattutto, più leggero degli altri, distinto dagli altri.  

Mia sorella.

Alzai lo sguardo ed i miei polmoni si riempirono di aria pulita, odorosa di plastica e polvere, ma pulita. 
Mali stava sotto di me, il suo corpo vibrava di spasmi convulsi. Lo tenevo fermo con una mano mentre nell'altra reggevo una vecchia  maschera antigas, recuperata insieme alla mia da un armadietto di emergenza. 
- Sei stato tu a fare questo? - domandai al Grillo, mentre fissavo la maschera sul volto di Mali. 
Il ragazzo tossì un paio di volte poi riprese a respirare normalmente. 
"E chi sennò? Ci siamo finiti dentro quasi senza accorgercene" rispose il Grillo, sollevandomi la testa. 
- Finiti dove? - domandai, alzando lo sguardo.
Sopra di noi piani e piani di balconate fiorivano in una spettrale luce verde lasciando discendere lunghi rami rampicanti lungo le pareti metalliche di un pozzo umido di calore. Il pozzo era altissimo, tanto alto che si perdeva tra le mefitiche esalazioni gassose che, come nubi sotterranee, vagavano tra una balconata e l'altra, visibili solo alla luce delle lampade alogene. 
"Non siamo soli qui" sussurrò il Grillo. 
Figure si muovevano nell'ombra, tra rami, cespugli e rampicanti. Erano figure quasi invisibili, individuabili solo per gli sporadici bagliori rossi che emanavano. 
- Quando mai lo siamo stati qui sotto? - domandai, cercando tra la vegetazione almeno di intuire la forma di uno di quegli spettri metallici, ma appena volgevo lo sguardo quei giardinieri metallici scomparivano tra le fronde, in piccole nicchie nel muro che dovevano portare a una qualche rete di condotti alternativa in cui nessun essere umano sarebbe mai riuscito ad entrare. 
- Cosa è successo? - mormorò Mali, riprendendosi. 
- Siamo finiti in una sorta di bioma sotterraneo - risposi, - credo che sia il luogo in cui confluiva la parte di acqua che il depuratore riusciva ancora a depurare.
- Il luogo in cui confluiva l'acqua? - domandò Mali, guardandosi attorno. - Ma è fantastico... - mormorò, mentre i suoi occhi si riempivano per la prima volta di tutto quel verde, di tutta quella vegetazione, di tutta quella vita arborea così abbondante e rigogliosa. Vedevo i suoi occhi splendere dietro il vetro della maschera antigas ed il suo volto mutare in una specie di sorriso. 
- Perché l'aria è avvelenata? Sono queste piante? Ma non producono ossigeno? - domandò, confuso.
- No, dai sintomi mi sembra sia intossicazione da anidride carbonica, il gas deve essere una sorta di fertilizzante. Danneggia l'uomo ma nutre le piante, può essere così che funziona.
- Siamo in una serra gigante quindi.
- Più una sorta di bioreattore, forse, difficile dirlo. 
- Adesso dove pensi che dobbiamo andare? - domandò Mali. - E da dove siamo arrivati?
- Onestamente non lo so, ero così confuso che non so neppure come abbia fatto a trovare e infilare le maschere - guardai verso il basso, sotto di noi, oltre una vecchia griglia, un groviglio di piante formavano un complesso bioma che abbracciava tutto, dalle pareti del pozzo alle scale, - però penso che l'unica strada sia quella che conduce verso il basso.  
"E' l'unica strada possibile" mi confermò il Grillo. 
Vidi il giovane esitare, l'eccitazione di qualche istante prima era subito scomparsa, sostituita da un profondo timore, un timore ancestrale, lo stesso che provavo io di fronte ad una natura così aliena e sconosciuta. 
Le fronde per gli alberi, nell'insediamento, erano solo una visione oltre le mura fortificate del campidoglio, le piante erano le fila ordinate degli orti al pian terreno degli edifici, i frutti erano una delizia quasi proibita, un privilegio offerto dalla facoltà di bioingegneria agli abitanti altolocati del Centro. Qui sotto invece, insetti correvano sulla buccia di frutti rotondi e maturi destinati a cadere e marcire senza essere mai colti, lunghi rami abbracciavano travi e strutture umane in un crescere caotico, disordinato, che rendeva l'avanzare faticoso, lento, imprevedibile. Nessuna persona sana di mente si sarebbe voluta calare in quel groviglio, soprattutto non senza equipaggiamenti adatti. 
- Possiamo provare a tornare indietro, ma possiamo anche finire col perderci - dissi.
- Come se lì sotto avessimo qualche certezza di non farlo.
- Ma è l'unica strada papabile, se il database è da qualche parte probabilmente è lì sotto. 
Mali trasse un lungo respiro e si sistemò meglio la maschera sul viso. 
- E va bene, andiamo.

Avanzavamo a passo lento, scalando quasi la vegetazione che inglobava le scale in più punti, arrivando persino a distorcerle e a farle crollare. Il calore era insopportabile, ma più che il calore l'umidità che rendeva appiccicaticcia la pelle incollandovi i vestiti. 
Insetti di tutti i tipi ci si lanciavano addosso ad ogni movimento artigliandosi ai nostri vestiti, penetrandovi tra le pieghe o addirittura sotto per morderci, succhiarci sangue o urticarci la pelle con il loro solo camminare.  
Anche se erano difficili da scorgere da lontano, le lampade alogene funzionavano tutte ed erano diventate le pietre miliari della nostra peregrinazione in quel profondo groviglio verde in cui ogni traccia umana era oramai sparita, assorbita completamente dalla vegetazione. 
- Tu che cosa hai sognato? - mi domandò Mali, all'improvviso. 
- Quando? 
- Quando il veleno ti è salito alla testa, so che hai sognato qualcosa, ho ancora in testa le tue grida. 
- Sei sicuro di non essertele immaginate?
- Sì.
- Ho sognato me stesso da bambino, ero sul piazzale della cattedrale e dei bambini mi saltavano attorno cantandomi una filastrocca - risposi. - C'era anche mia sorella, ed è strano perché io non ho mai ricordato di aver avuto una sorella eppure ultimamente, ho come l'impressione che sia sempre esistita. Tu? Cosa hai visto?
- Anche io ho visto una cosa di quando ero bambino, una scena più o meno come la tua ma ero nella stalla in cui sono cresciuto da bambino - rispose, senza dilungarsi troppo.
Proseguimmo ancora verso il basso, superando altre piante rampicanti e altre strettoie tra tronchi nodosi fino a trovare l'ennesima piattaforma. Qui ci fermammo.
Il calore era diventato ulteriormente insopportabile obbligandoci a rifocillarci per non rischiare di morire disidratati senza accorgercene.
- La mia famiglia è sempre stata strana - disse Mali all'improvviso, mentre riposavamo. Lo guardai incuriosito, era stranamente serio, in preda ad emozioni sinistre che gli aleggiavano attorno come ombre buie, incombenti, che aumentavano ad ogni passo. Poggiato contro il tronco di un albero secolare che crescendo aveva sfondato e divorato la piattaforma sovrastante mi parlava con un fare nervoso, figlio di un'agitazione legata ad una paura più profonda. 
- Che cosa ha di tanto strano? - domandai, vedendo che non si decideva a proseguire. 
- Siamo sempre stati nei Vot, penso da generazioni, eppure abbiamo sempre avuto modi di dire e leggende diverse dagli altri abitanti, come se arrivassimo in realtà da lontano. Uno di questi modi di dire era che quando si riviveva in sogno o visione un determinato momento chiave della propria esistenza era il segnale che si stavano aprendo i cancelli dell'aldilà.  
- Un presagio di morte? - risi, cercando di sdrammatizzare. - Avanti, erano solo i fumi del veleno, non crederai a queste cose. 
- Non lo so, normalmente non lo farei, ma qui dentro... sono inquietato. 
- Lo so, siamo al limite, ma oramai l'obiettivo è vicino, non è il momento di demordere. 
- E se l'obiettivo non fosse vicino? Se ci stessimo dirigendo proprio tra le fauci di questa entità ostile? Non so, io non riesco a pensare ad altro e a ogni passo non penso ad altro: dobbiamo tornare indietro e dobbiamo tornare ora, sono sicuro che c'è un'altra strada, che c'è un altro modo. 
- Sai benissimo che non è così. E' vero, anche io sospetto che al fondo di questa scalata ci sia quello che controlla l'elettricità, ma possiamo affrontarlo e possiamo farlo solo se siamo insieme, quindi cerca di calmarti, qualsiasi cosa accada non possiamo tornare indietro per morire come topi, per fare la fine della gente che abitava l'accampamento al Depuratore. 
Mali rimase in silenzio qualche istante. 
- No, hai ragione, non lo farò - disse, raccogliendo le sue cose in fretta, pronto per proseguire. 
Avrei voluto riposare ancora un po' ma lo seguii senza obiettare, il suo umore era abbastanza catastrofico e temevo di farlo esplodere, ancora non sapevo quanto ci sarebbe costato non approfondire quella chiacchierata. 

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