Il pozzo e il buio
Mi chinai, sotto di me metri e metri di buio mi separavano dall'odore fungino del ventre della terra. Il pozzo, o meglio il tubo, scendeva nella tenebra con una leggera inclinazione, cosa che rendeva la discesa solo leggermente meno pericolosa di una a picco, ma né con la torcia né tantomeno con i miei occhiali era possibile vederne il fondo.
- Non è un pozzo, è una presa d'aria - commentai, alzandomi in piedi.
- C'è differenza? - domandò Mali, in piedi dietro di me.
- Molta - risposi.
Eravamo sgattaiolati all'interno del vecchio edificio, un palazzone popolare vuoto da decenni, pieno solo di calcinacci, vetri rotti e murali. Quello che Mali aveva sempre creduto essere un pozzo altro non era che una parte del vecchio impianto di areazione dell'edificio. Tutti gli edifici ne avevano uno, serviva a combattere il calore, ma non immaginavo che esistessero degli impianti collegati al sottosuolo.
"E se fossero tutti collegati al sottosuolo?" insinuò il Grillo.
- Significa che c'è una struttura qui sotto, una struttura enorme che ha bisogno di un ingente scambio d'aria con l'esterno per essere ventilata - dissi, rispondendo ad entrambi.
- Quindi può essere che hai ragione - sorrise Mali, sporgendosi verso l'imboccatura del condotto.
"Noi abbiamo sempre ragione" commentò, tronfio, il Grillo.
- Ora non ci resta che scendere, hai portato la roba che ti ho chiesto? Bene, allora prendi la corda e assicurala da qualche parte, speriamo di averne abbastanza o sarà un problema. Il condotto sarà facile da scendere, ci basterà fare leva con gomiti e ginocchia, io scenderò per primo, la corda ci servirà poi per risalire una volta finita l'esplorazione - spiegai. - Prenditi il tuo tempo, ci vediamo di sotto.
Senza attendere risposta accesi gli occhiali e mi calai nel foro scivolando lentamente verso il basso. Anche in questa discesa gli stivali riuscivano ad essermi utili, sfruttando la lieve inclinazione del tubo aumentavo o diminuivo la mia aderenza con la superficie del condotto riuscendo a calarmi senza corda e con pochissimo sforzo.
Era strano, sapevo che sarei dovuto discendere verso quel luogo con estremo terrore, del resto è una cosa quasi umana, ma ero anche consapevole che un vecchio me stesso non si sarebbe mai cacciato in un'avventura simile così come sapevo che quell'eccitazione febbrile, simile a quella che mi aveva colto nel deserto, altro non era che un'emanazione del Grillo, della sua felicità per essere finalmente parte integrante di quel mondo esterno, così grande e pieno di misteri.
- Perché sei così eccitato da tutto? - domandai.
"Perché tu non lo sei?" rispose il Grillo. " Sei circondato da un mondo così grande, così fantastico, così misterioso, eppure passi la tua vita a tormentarti appresso a Loro, cercando di trovare sentimenti in dei gusci metallici nati solo ad uso e consumo della tua razza".
- Forse perché esiste del bello anche nell'ignoranza, anche nella ricerca del piacere. Del resto anche il piacere in fondo è un viaggio, solo che è un viaggio dentro se stessi, un gioco con le proprie emozioni, con le proprie paure.
"Eppure guarda cosa sei diventato appena uscito dal tuo piccolo mondo, guarda quanta gente crede in te, quanti sperano in te"
- Sperano solo di sfruttarmi, io per loro non sono che il mero corpo che usano per arrivare ad un fine, nient'altro, esattamente come faccio io con quelli degli automi, solo che il mio fine è il piacere. Anche la rivoluzione è una forma di piacere, per quei rivoluzionari, hai visto i loro occhi? Come si infiammano? Così perversi e intrisi del loro piacere di rivoluzione da essere disposti ad uccidere.
"Come te del resto"
- Non mi ha mai spaventato la cosa.
"Ma loro lo fanno per un fine superiore" rispose il Grillo.
- Quale? Il potere? Perché è questo che prenderanno a Munillipo: il potere, e poi forse non cambieranno di una virgola la vita all'interno dell'insediamento, si limiteranno a sedersi sui loro troni dorati, ingozzandosi della spazzatura di prima qualità che gli sarà garantita dal loro titolo e dal loro grado, presentandosi sugli schermi pubblici in giacca e cravatta dicendo di essere anche loro del popolo, di capire le loro sofferenze, le loro difficoltà. Magari continueranno anche a bandire Loro e a considerare quelli come me dei "perversi". Ma chi è il vero perverso? Io che cerco il piacere o loro che inseguono la morte?
"Quindi secondo te ideali nobili come la libertà e la conoscenza non valgono quanto il piacere?"
- Non per me - risposi, - se mi trovo in questa situazione è solo perché voglio darti una mano, perché in fondo è giusto così, disseterò la tua sete di conoscenza, ora che la capisco, ora che è anche la mia e cercherò di esaudire il tuo desiderio di libertà come tu mi hai aiutato a sfamare la mia fame di piacere e perversione.
"Ed io che pensavo alla fine di averti cambiato" rispose il Grillo.
- In realtà siamo cambiati entrambi - dissi, poggiando i piedi sulla superficie solida di un pavimento. - Ma ci scoccia ancora troppo ammetterlo.
Calciai la griglia circolare che cadde nel pavimento con un frastuono metallico, un frastuono di rimbombi causati da un'eco infernale, l'eco di una grande, gigantesca struttura sotterranea.
Ero finito in una stanza piena di macchinari in metallo arrugginito con grosse pulsantiere sui muri e schermi, ora spenti, nel silenzio dell'eternità. Senza attendere Mali, sicuro che non avrebbe mai trovato il coraggio per seguirmi lì sotto, mi misi ad esplorare la zona. Erano tutti macchinari erosi dall'umidità, diffusa dal gocciolio continuo proveniente dalle crepe e dalle tubature arrugginite.
L'umidità tuttavia non aveva formato le incrostazioni di idrocarbonato, calcio o sali tipiche dello stillicidio dell'acqua salmastra. Pareti e pavimenti erano piuttosto pulite e anche le macchine, nonostante erose e danneggiate, sembravano essere state regolarmente pulite lasciando al minimo la quantità di polveri e minerali presenti sia a terra che nell'aria. Tuttavia esisteva un grosso strato di polvere sulle pulsantiere e a terra non si potevano vedere impronte o segni di recenti attività umana.
Anche le lampade e la struttura elettrica sembrava in buono stato, benché fosse impossibile per me attivare un qualsiasi interruttore ero più che sicuro che, una volta trovato o installato un generatore la luce sarebbe stata ben presto disponibile.
Stavo proprio valutando l'impianto quando alle mie spalle, con un sospiro, Mali scivolò fuori dalla grata accecandomi con la sua torcia elettrica.
- E' stata una discesa da incubo - disse, ripulendosi i vestiti alla meglio.
- Figurati la risalita - commentai.
Fece qualche passo nella mia direzione.
- Che razza di posto è questo? - mi domandò, guardandosi attorno.
- Non ne ho ancora idea anche se queste consolle di controllo mi sono abbastanza familiari - dissi, cercando di leggere alcune delle vecchie targhette, purtroppo troppo consumate dall'ossidazione.
Mali si avvicinò alla porta stagna della stanza, bloccata da una grossa manovella di metallo.
- Cosa pensi che ci sia qui dietro?
- Non lo so, ma potrebbe anche essere un condotto allagato, non mi sorprenderebbe con tutta quest'umidità.
Mali batté il pugno sul metallo a diverse altezze.
- Suona vuoto, non c'è acqua.
Lasciai l'ultima pulsantiera a se stessa.
- Allora apri, qui dentro non funziona praticamente niente.
Mali stava già girando la scricchiolante manovella per poi trascinare la porta sui cardini e mostrare un lungo corridoio, buio anch'esso, terminante in una porta a sbarre di metallo oltre la quale torbide acque sibilavano nell'ombra.
- Se non altro c'è dell'acqua - disse, aprendo la strada.
E non c'era veramente altro, non un insetto, non lo squittio di un topo, non il frusciare di qualcosa che non fosse il lento scorrere dell'acqua.
Il corridoio contava altre due stanze, una adibita ad archivio e l'altra era una specie di studio, con una scrivania, una macchina da scrivere, una vecchia lampada e un armadietto con degli abiti irrigiditi dal tempo.
- Guarda qui, 15 aprile 2766 - lesse Mali. - Che cosa vuol dire?
- E' la data.
- Non l'ho mai letta scritta così.
- Non sei solo abituato, ma significa che questo complesso è chiuso da 187 anni.
- Ma 187 anni fa esisteva già l'insediamento? - domandò Mali, confuso.
- Tu non sai neanche se 187 anni fa esisteva il mondo - commentai. - Continua a leggere.
- "15 aprile 2776, a causa dei numerosi guasti all'apparato Sew 185 e per prevenire ulteriori incidenti sul lavoro si è presa la decisione di ritirare tutti i modelli per un riavvio tecnico del sistema. Firmato: La Dirigenza". Che significa? Cos'è il modello Sew? Non esistono automi che lavorano all'interno dell'Insediamento.
- Un tempo esistevano - risposi, - Munillipo cita sempre la rivolta degli automi, ricordi?
- Giusto, hai ragione.
L'avevo convinto, tuttavia quella risposta non convinceva me, se Naftalia mi aveva detto il vero non era mai esistita nessuna rivolta, quindi Loro erano stati banditi per altri motivi, ma quali?
Proseguimmo fino al cancello, oltre vedemmo una sorta di largo fiume sotterraneo, un canale in cui acque dall'odore salmastro ristagnavano in mezzo a ruggine e immondizia. Il canale non doveva essere più alto di mezzo metro ed era affiancato da due passerelle che in alcuni punti dovevano essere state congiunte da ponti, ora spazzati via dal tempo, mentre sul soffitto si potevano vedere ancora i segni di una fune tesa, molto simile a quella degli Elobus di superficie, cosa che mi fece pensare ad una sorta di impianto di trasporti interno.
- L'acqua viene da fuori, deve esserci una parte dei condotti allagata, vicino al mare, ma se siamo fortunati non la parte che interessa a noi - dedussi.
- Sembra un posto gigantesco - valutò Mali, illuminando l'arcata del condotto, larga almeno cinque metri ed alta il doppio. - In effetti passare da qui sotto per entrare in campidoglio può risparmiarci un bel po' di noie - commentò, impressionato. - Adesso capisco perché Medinda fa così tanto affidamento su di te.
"Un rivoluzionario che impara a fare la rivoluzione da un maniaco" commentò il Grillo.
Segnammo il muro all'altezza dell'uscita da cui eravamo sbucati, visto che molte erano le nicchie e gli ingressi che si aprivano lungo il condotto ed io stesso non ero sicuro della precisione della mappa da me disegnata, poi ci incamminammo verso nord est, seguendo la direzione di una delle vie principali verso un punto di interesse poco distante.
Nel buio, nel sobollire dell'acqua, nel gocciolare delle tubature che ci seguivano lungo le pareti, comparendo o scomparendo in profonde nicchie, avanzammo con passo calmo, fendendo il buio osservavo mille stanze, mille vecchi macchinari, mille centraline, scrivanie, macchine da scrivere, armadietti pieni solo di documenti ingialliti e vecchi vestiti tarlati, notavo spesso la mancanza di segni di deterioramento strutturale. Nonostante la profondità e l'acqua salmastra la struttura mi sembrava incredibilmente integra, in alcuni punti addirittura riparata di fresco.
"C'è qualcosa che non mi convince" mormorò il Grillo.
Anche io condividevo le stesse sensazioni, ma non volli ascoltare il mio sesto senso, in fondo ero ancora convinto che quello sarebbe stato solo un sopralluogo veloce, che in seguito saremmo tornati in forze, avremmo stabilito un campo base ed iniziato una massiccia indagine su tutto l'apparato, a questo serviva, in fondo, la nostra missione, a trovare il posto in cui poterlo stabilire, questo campo base, ma ancora non sapevamo, non potevamo saperlo.
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