I Pontili
I Pontili si estendevano tra i margini dell'Insediamento e il mare. Stretti in decine di peschiere rettangolari, separati da reti e passatoie in legno rettangolare incrostato di salsedine, migliaia di pesci guizzavano lucenti a pelo d'acqua, tra il continuo reflusso del mare e alte strutture di metallo, giganteschi ragni rugginosi incastrati in una ragnatela di cavi metallici che dalle varie sezioni del porticato ottagonale che li circondava, raggiungevano le peschiere durante gli orari di lavoro.
Depositi di stoccaggio e fabbriche di lavorazione sorgevano tutto attorno, in quel grande complesso che si agganciava ai porticati e ai trasportatori di pesce rendendo l'intera zona un lungo ed interminabile labirinto di vicoletti umidi, bui, puzzolenti di pesce e salsedine.
A quell'ora della notte i Pontili erano deserti, gli operai riposavano nelle loro case e le fabbriche che si occupavano di seccare o lavorare il pescato dormivano nel silenzio della notte.
Ero stato già altre volte in quelle stesse strade, ma le ricordavo solo nella fremente attività del giorno, nelle grida degli operai portuali o degli addetti alle lavorazioni che si gridavano ordini l'un l'altro facendo correre le proprie voci da una parte all'altra dell'immensa peschiera.
Il Grillo tuttavia rimase lontano dalle strade, anche se sapeva di non correre rischi, il budello di vie che si perdevano tra i pontili erano troppo fitti per avere una visione chiara di ciò che ci circondava.
- E' tutto troppo strano - mormorai, - cosa sarebbe venuto a fare, qui, uno come Malaeva?
"Lo capiremo" mi rassicurò il Grillo guardandosi attorno.
Cercavamo il luogo in cui era morto. Entrambi immaginavamo che dovesse trattarsi di un posto limitato al pubblico, ma in mezz'ora non trovammo nulla.
Il problema era che non esisteva veramente un punto abbastanza alto, ai Pontili, da cui poter simulare un suicidio.
Anche se gli edifici erano larghi e complessi, la natura del lavoro industriale non li elevava da terra più di due o al massimo tre piani, altezze che avrebbero potuto danneggiare un essere umano ma di sicuro non ucciderlo, quindi non proprio il posto migliore in cui poter simulare un suicidio.
L'unica eccezione erano gli fari, ora spenti, che di tanto in tanto spuntavano tra gli edifici come buie torri di osservazione.
Ci avvicinammo più volte proprio a quei punti per osservare meglio il terreno, ma quasi tutte davano su vasche o punti difficilmente accessibili dalla strada, irraggiungibili senza entrare in uno degli edifici del complesso.
- Stiamo facendo un buco nell'acqua - sussurrai, spazientito.
"Calma" rispose il Grillo.
Vagavamo già da mezz'ora, controllando i punti che ci sembravano più papabili per simulare un suicidio di quel tipo. Anche se avevamo accumulato un certo anticipo, venendo lì, grazie soprattutto al nuovo equipaggiamento, non potevamo permetterci di perdere troppo tempo in quel luogo.
Qualsiasi cosa sarebbe potuta andare storta.
Il Grillo scese dai tetti quasi all'improvviso, attratto da una piccola piazzetta, più uno slargo in quel budello ottagonale interminabile, su cui gravava l'alta figura metallica di uno dei riflettori.
- C'è qualcosa che vuoi dirmi? - mormorai, mentre il Grillo approcciava la piazza con cautela, scivolando nell'ombra.
"E' qui" rispose. "Sono sicuro"
Una serie di transenne delimitavano l'area impedendo ai lavoratori del giorno di accedervi. Immaginai che normalmente dovesse essere sorvegliato e per questo tutto quel silenzio mi disturbava.
Il Grillo balzò oltre quasi incurante, sembrava non porsi neppure domande del genere, era attratto da qualcosa.
Una grossa chiazza di sangue secco dominava sul centro della piazza, il segno lasciato da un corpo che precipita, un sacco di carne scagliato da una grande altezza.
Guardammo in alto, non poteva che essere quello il posto.
- Ora cosa hai intenzione di fare? - mormorai.
"Cerchiamo" rispose il Grillo, guardandosi attorno.
Il piazzale era circondato solo da vecchi edifici, un paio di depositi e un capannone di stoccaggio del pesce da cui proveniva un puzzo letale.
- E' un posto come un altro - mormorai, confuso.
Il Grillo mi ignorò, sembrava che vedesse qualcosa, attraverso i miei occhi, che io non riuscivo a cogliere.
Si avvicinò al capannone di stoccaggio con una certa sicurezza per poi arrestarsi di colpo e guardarsi i piedi, avevamo calpestato una grata di reflusso piena di interiora di pesce marcio e acqua stagnante: era da lì, in realtà, che proveniva quell'orrendo puzzo.
Quasi a colpo sicuro, il Grillo si chinò sulla grata e la aprì allungando le mani tra i resti di pesce putrido fino ad afferrare qualcosa.
Era un cavo.
Lo tirò su con attenzione e al fondo trovammo un pacchetto rettangolare avvolto in un materiale impermeabile e ben sigillato.
- Come hai fatto a...? - ma il Grillo sembrava non sentirmi, concentrato ad aprire quel pacchetto per mostrarne il contenuto.
Al suo interno tre panetti di esplosivo chimico ancora perfettamente sigillato, lo stesso che usavano Loro per ampliare le caverne sotto le Ciminiere, lo stesso che Aminata custodiva nel magazzino del Depuratore.
Giusto il tempo di renderci conto della cosa, che i riflettori si accesero sopra la nostra testa, il loro bagliore illuminò la zona a giorno e da ogni vicolo buio, ogni porta, ogni finestra uscì un uomo accompagnato da una bocca da fuoco.
Il Grillo lasciò cadere due degli esplosivi a terra mentre, sorpreso quanto me, si alzava in piedi per guardarsi attorno: eravamo circondati.
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