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Fosfato di calcio

"Guasti ai modelli P-238 hanno obbligato la direzione al richiederne la rimozione dalla struttura, tutto il personale è pregato di segnalare qualsiasi Modello presente all'interno del proprio Settore, anche i modelli già danneggiati o difettosi devono essere ritirati"
- Di nuovo quei guasti ai modelli, sembra che non ci siano altri comunicati ufficiali in questo posto - commentò Mali, gettando via il foglio, ancora comprensibile, che aveva trovato rovistando in quello che sembrava un sistema di comunicazione pneumatica fatto di tubi e cilindri di latta. 
Raccolsi il foglio da terra e lo rilessi.
- 2 maggio 2776 - mormorai, - qualche giorno dopo il primo avviso trovato. 
- E questo in che modo dovrebbe aiutarci? - domandò Mali, sprezzante.
Camminavamo da ore in quel labirinto di tenebre e anche se avevo portato abbastanza equipaggiamento per resistere ben più di qualche ora, la stanchezza iniziava a farsi sentire e il volto segnato del giovane rivoluzionario si stava velocemente ottenebrando, distorcendosi in quell'espressione che unisce la stanchezza alla rabbia. Sia io che il Grillo potevamo sentire la sua frustrazione e la cosa ci preoccupava non poco, l'ultima cosa di cui avevamo bisogno in quel momento era proprio una crisi di panico. 
- Sto cercando di mettere insieme tutti gli elementi che trovo, tengo la mente occupata, dovresti provarci anche tu. 
- E a cosa ti servirebbero questi elementi?
- Ad avere un'idea più chiara della situazione - risposi, - Sappiamo così poco su questo posto che dobbiamo ottenere tutto da ogni informazione disponibile.
- Anche da una data?
- Anche.
Proseguimmo nel condotto, tra i lunghi tubi che correvano lungo le pareti non si erano formate ragnatele e solo la polvere occupava quello spazio vuoto, quasi asettico.
- Hai notato che non ci sono animali qui dentro? - domandai più per testare l'intuito del giovane che per una vera curiosità.
- Da quando siamo entrati - rispose. - Uno come me non può notare queste cose.
- Perché? 
- Vengo dai Vot bassi, mio padre è sempre stato uno Zappatore, aveva un pezzo di strada quando io ero piccolo e una stalla in comodato d'uso insieme ad altri tre Zappatori. Sono cresciuto in mezzo a bestie e insetti.
- Non deve essere stata una vita facile. 
- No, ma non era neanche così terribile, comunque in basso si vedono cose che dall'alto non si possono vedere. 
- In effetti è vero, molti non si sarebbero resi conto della mancanza degli insetti. 
Mali sorrise, forse intuendo che mi stavo complimentando. 
- Secondo te come mai? - domandai.
- Siamo entrati noi, quindi non vedo motivo per cui gli insetti snobbino un posto così pieno di fresco e umidità. Forse l'aria è avvelenata, magari dalle radiazioni. 
- In quel caso saremmo già fregati - risposi. 
- Speriamo che il nostro sacrificio serva a far capire agli altri che non è bene venire quaggiù. 
- Certo, come se fosse possibile insegnare qualcosa a teste calde come voi. 
Mali rise, segno che quel breve scambio di battute era riuscito, in qualche modo, ad allentare la tensione. 
Forse avevo sottovalutato Mali, giovane e idealista ma tutto sommato sveglio, capace di dimostrare uno spiccato altruismo ed una serenità inaspettata, anche in quella situazione, dove il buio e l'ambiente soffocante avrebbe fatto impazzire omaccioni ben più grandi e temprati di lui. 
"Non è male il ragazzo, ora inizio a capire perché lo hai scelto" commentò il Grillo. 

Spinsi l'ennesima porta, pronto al proseguo di quell'infinito corridoio che oramai ci accompagnava da troppo tempo, e ci trovammo in un'area più spaziosa, una sorta di magazzino sormontato da un grosso montacarichi che pendeva dal soffitto, rannicchiato come un ragno nella sua tela metallica da cui pendevano catene, ganci e tubi di lattice. Sotto di esso una distesa di casse ci sbarrava lo sguardo creando un labirinto di sagome squadrate avvolte di incerate verdi con incisi strani loghi a noi sconosciuti. 
- Sono scorte militari? - domandò Mali, osservando il logo triangolare. 
- Non lo so - risposi. 
Mali strappò via il telo che stava osservando scoprendo una cassa di metallo vecchio e deformato. 
- Cosa c'è scritto? - domandò. 
"Ricambi" lesse il Grillo. 
- Ricambi - risposi, senza sapere se stessi dicendo il vero. 
- La cassa è chiusa con un lucchetto, abbiamo un taglierino o una sega laser? 
Aprii la sacca dei rifornimenti e gli passai l'attrezzo, ammirando nel buio la sua abilità di artigiano. Era un ragazzo abituato al lavoro, ma non era stupido, si sarebbe detto che sapeva pensare. 
- Perché vuoi vedere cosa contiene? 
- Ogni indizio è importante, no? 
- Ottima risposta - dissi, mentre il lucchetto saltava, rimbalzando rumorosamente sul terreno. 
Mali aprì la cassa con attenzione mettendo in mostra il sinistro e inquietante contenuto. Nella cassa, disposte in maniera ordinata, si trovavano file e file di tibbie umane. 
Mali trattenne un urlo, indietreggiando di colpo così in fretta da finirmi addosso. 
- Calmati - dissi. 
- Sono umane vero? 
- Potrebbero - risposi, avvicinandomi per osservare meglio il contenuto. 
- Per l'ultimo Simposio, sono tutti così!? - esclamò, liberando altre casse. 
- Calmati Mali, non è il momento di perdere la testa - dissi. 
Cercavo di calmarlo, ma il ragazzo aveva perso il controllo andando in giro come un forsennato a far saltare lucchetti e a scoperchiare tutte le casse che si trovava di fronte.
Pelle umana conciata, intestini trattati e annodati a corda, casse toracice, spine dorsali, sacche di grasso cutaneo. L'intero magazzino era la gigantesca sezione anatomica di un obitorio, un sinistro obitorio che mi diede l'ultimo indizio sulla natura di ciò che mi stava circondando. 
Mentre io cercavo di calmare Mali, il Grillo fece un balzo in avanti, più un mezzo passo, obbligandomi a volgere lo sguardo verso quel movimento, registrato con la coda dell'occhio, che la crisi di Mali non mi aveva permesso di notare. 
Il soffitto si muoveva debolmente, piccoli sfiatatoi liberavano esili sbuffi di gas mentre i tubi di lattice, che ora mi sembravano sempre meno di lattice e più di pelle trattata, si ritraevano dando spazio alla complessa struttura della gru. Ancorata al soffitto e con almeno dieci braccia munite di svariati attrezzi, una figura spigolosa ma quasi umanoide comparve da quel groviglio di pezzi, cavi e motori borbottanti scendendo lentamente verso il pavimento, in un accrescere di cigolii metallici, incastri, fissaggi e sbuffi che zittì persino Mali, riportandolo alla triste e terribile realtà. 
L'automa era forse la cosa più antica che mi capitava di vedere, forse persino più antico di Gin, nella sua sgraziata bruttezza. Il vecchio metallo era oramai consunto, intere placche di metallo erano state sostituite da scapole umane, alcune parti rinforzate con sterni, giunti sostituiti da bacini, da rotule e l'intera testa, per metà squadrata dell'androide, era in parte stata sostituita da un teschio umano. 
"Ha usato le ossa di calcio in sostituzione al ferro per autoripararsi" mormorò il Grillo, anch'esso in preda ad un terrore nero di fronte ad un orrore così abissale, ad una necrotecnologia così aberrante partorita da un semplice malfunzionamento, da un semplice errore interpretativo delle direttive primarie. 
Il metallo qui si univa col calcio, il figlio mangiava i pezzi del padre per tardare la sua lontana fine, in un ciclo di mortalità e immortalità indotta il caos vinceva sulla vita, vinceva sulla macchina, vinceva sull'ordine creando un nuovo ordine, un nuovo inquietante prolungamento della vita. 
Il viso metà scheletrico della macchina si abbassò verso di noi ed un laser rosso venne proiettato dal suo occhio cavo, curiosamente funzionava solo quello dalla parte del teschio. 
- Non ti muovere - mormorai. 
Ma non ve ne era bisogno, Mali era immobile, paralizzato da quel terrore tecnologico almeno quanto io ne ero affascinato, complice forse la propaganda di Munillipo o quel folklore atavico, tipico degli Zappatori, che li avevano fatti sempre guardare con un certo disprezzo e paura ai modelli, fin dalla loro nascita. 
L'essere si ritrasse all'improvviso, spegnendo il laser ma non l'occhio bionico mentre la sua cpu distorta si impegnava a computare tutte le informazioni raccolte. 
"Forse abbiamo un po' di tempo" disse il Grillo. 
- No - risposi.
Il modello vibrò debolmente e con una voce distorta simile a quella del vecchio Gin iniziò a parlare.
- Errore di calcolo nel database centrale, tre elementi sconosciuti, riclassificazione. Riclassificanzione in corso. Riclassificazione eseguita con successo. Inizio del modulo di studio e riciclaggio standard - disse l'inquietante gru. La sua voce però proveniva da ogni lato, segno che la sua esistenza era vincolata solo a quella stanza. 
- Mali, il bastone! - urlai, avanzando in corsa verso l'androide. 
Mali infilò la mano nella borsa e me lo lanciò al volo, ma fu il Grillo ad impugnarlo, balzando in avanti dall'oramai vicino Vuoto Antistante per fare ciò che sapeva fare meglio: salvarmi la vita. 

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