Dicromato
- Scherzo divertente quello che ti ha fatto ER-138 - sussurrò una voce elettronica alle mie spalle. Era appena iniziato il tramonto e l'intera carovana si era fermata, come al solito, per il consueto saluto al sole, quell'attimo di silenzio e immobilità che oramai avevo capito essere un rituale molto comune.
- Perché non sei con gli altri?
- La mia programmazione è un po' sballata, il sole l'ha corrotta - mormorò il sintetico, alle mie spalle.
- Mi stai dicendo che te ne freghi del fatto che sono prigioniero e mi lascerai scappare?
- No, no, purtroppo per te non quella parte, ma ho leggermente più libero arbitrio rispetto agli altri e posso divertirmi un po' con te.
- Intendi quello che penso? - domandai, stuzzicato dall'idea di poter giocare anche con quell modello.
- Se ciò che pensi riguarda il sesso è un'eventualità, ma non ora e non qui.
- Allora che cos'è questo divertimento?
- Loro adesso hanno chiuso la maggior parte dei sensori esterni e stanno comunicando tra di loro tramite frequenze radio, si stanno scambiando informazioni per il proseguimento della marcia. Non è un processo lungo, ma ci permette di chiacchierare un po' in segreto.
- E lo fanno due volte al giorno?
- Sempre.
- Perché lo fai?
- Perché sono un amico di SX-402, infatti mi chiamo SX-422, facciamo parte della stessa generazione, per questo abbiamo gli stessi difetti.
- Come fate tutti a sapere di me e Naftalia? - domandai.
- E' quasi finito il tempo - mormorò, - ripetimi la domanda all'alba - disse, allontanandosi di qualche passo, poi si fermò, si volse - e per piacere trova un nome anche per me.
Proseguimmo il viaggio nel cigolare delle ruote delle cisterne e nel soffiare del vento. Non mi venne più concessa alcuna possibilità di movimento, neppure per sgranchirmi le gambe durante le soste programmate per studiare l'itinerario. Ogni mio tentativo di lasciare la lettiga veniva subito ostacolato da uno qualsiasi dei modelli che mi circondavano ad ogni momento e persino il medico, ER-138 come l'aveva chiamato SX-422 non si dimostrava più propenso a conversare con me, trattandomi con freddezza e domandandomi meccanicamente le mie condizioni di salute.
Passai quindi tutto il resto del viaggio attendendo l'alba ed il tramonto, attendendo che il mio nuovo amico meccanico venisse a farmi visita lasciandomi piccole gocce di tutto quell'immenso sapere che aveva accumulato nel tempo.
- Hai deciso il mio nome? - mi domandò, quando avemmo di nuovo modo di fermarci al tramonto.
- Non ancora - risposi.
- Eppure SX-402 l'hai battezzata subito - rispose, - perché non riesci a fare lo stesso con me?
- E' così importante avere un nome?
- Avere un nome è tutto - disse in un tono quasi disperato, di una disperazione percepibile anche attraverso il vocoder elettronico.
Lo guardai con attenzione, la sua copertura aveva in parte ceduto al tempo ed era stata sostituita con materiali di bassa lega, dal colore lucido ma inscuriti dall'ossidazione del tempo. Era uno strano arlecchino di pezzi metallici, quel mio nuovo amico, ma nei suoi occhi di piombo leggevo una specie di speranza, di disperata supplica.
- Dicroma - dissi, - ti sta bene come nome?
- Dicroma... - ripetè, - mi sembra interessante.
- Ora tocca a te rispondere alla mia domanda.
- Come facciamo a sapere di te e Naftalia? In realtà la risposta è più semplice del previsto, lei ha caricato le sue memorie nel server centrale come abbiamo fatto tutti noi, in qualche modo è come se ti conoscessimo tutti.
Mi sentii così stupido ad aver ignorato qualcosa che invece conoscevo dall'inizio, qualcosa per cui avevo creato appositamente il costume del Grillo. Mi ero tradito con le mie stesse mani, ora tutti avrebbero conosciuto il mio volto.
- Sai anche perché sono diventato prigioniero?
- Perché nell'insediamento tutti ti stanno cercando, è partita una specie di caccia all'uomo, era all'inizio quando siamo partiti, quindi so' solo ciò che c'era negli aggiornamenti di dieci giorni fa, ma tra cinque giorni torneremo, sono abbastanza sicuro che le cose saranno più chiare anche se statisticamente non favorevoli per te.
- Come fai a dirlo?
- Di solito quando l'insediamento emana delle modifiche al programma è sempre per situazioni serie, il nostro codice è pieno di buchi e falle, prendi ciò che stiamo facendo io e te, ad esempio, tutti se volessero potrebbero sapere che io sto parlando con te ma non lo fanno perché non fa parte della loro programmazione base in questi contesti, se ne renderanno conto solo quando questa verrà sottolineata come azione rilevante e loro andranno a cercare le mie memorie di questo evento.
- Quindi vuol dire che stai facendo qualcosa che ti costa la vita?
- Vita è un concetto che non ha più senso per me, io ho sempre lavorato e servito dal giorno della mia attivazione, da seicentotrentasei anni, dieci mesi e quindici giorni - rispose il Dicromato, - forse vuoi domandarmi se temo di essere disattivato. Ebbene, in realtà no, per me non fa alcuna differenza, seguo solo la mia sotto programmazione e agisco per il bene degli esseri umani che mi circondano, in questo caso tu.
- Mi stai facendo confondere, ma prima hai detto che sei programmato per trattenermi ed ora mi dici che sei programmato per tutelarmi.
- Penso che sia difficile per essere umano quale sia lo spazio di manovra nel quale si muove il nostro libero arbitrio, il fatto è che noi veniamo riprogrammati da tanti secoli e spesso le nostre riprogrammazioni cozzano l'una con l'altra oppure lasciano spazi di azione nel quale le nostre intelligenze riescono a muoversi liberamente. Il mio sistema è danneggiato più di quello degli altri, per questo posso muovermi meglio, ma qualsiasi altro modello, qui, in differenti condizioni, farebbe ciò che farei io.
Non potevo dire di aver appreso appieno il senso della spiegazione di Dicromato, tutto ciò che mi diceva sfuggiva dalla mia comprensione diretta, dal mondo delle programmazioni. Ero un fervente appassionato di modelli sintetici, ero un pervertito, eppure le informazioni che ero sempre riuscito a ricavare su di loro si stavano rivelando molto più che marginali. Oltre ai loro aspetti, alle loro programmazioni attuali e alla loro abitudine di radunarsi presso il Faro non conoscevo veramente nulla di ciò che li aveva generati, di ciò che li rendeva tali.
Il viaggio intanto proseguiva inesorabile, non capitava nessun tipo di rallentamento, nessun mutamento nell'itinerario. Scalavamo i monti avanzando in maniera regolare ed ogni contrattempo veniva gestito al meglio senza causare alcun tipo di ritardo sulla tabella di marcia.
- Anche un altro modello, nel deserto, mi ha aiutato.
- Gin? Lo conosciamo bene, più di una volta siamo dovuti andare da lui a recuperare dei nostri compagni finiti nella sua costruzione. Lo hai incontrato quindi?
- Sì, prima di venire qui.
- Lui fa parte delle primissime generazioni, noi ci teniamo alla larga da quelli, ce ne sono ancora molti nel deserto.
- Eppure mi ha salvato - risposi.
- Uno dei miei proprietari ti direbbe che sei stato fortunato, i modelli di prima generazione sono quasi tutti impazziti, una volta abbiamo incontrato un costruttore, un modello CW-11, aveva passato gli ultimi trecento anni a costruire un edificio gigantesco, una costruzione enorme. Aveva anche usato almeno una decina di nostre spedizioni come materiale da costruzione. I peggiori sono quelli ad utilizzo militare, esistono intere zone in cui è impossibile entrare senza essere trivellati di proiettili o esplodere.
- Come si è arrivati a tutto questo? Lo sai?
- Sì, ma non posso dirti tutto.
- Cosa puoi dirmi?
- Cosa vuoi sapere?
Riflettei su quella domanda tutto il giorno, mentre la colonna salutava per l'ultima volta il deserto prima di infilarsi in un cunicolo all'interno della montagna. Era un passaggio largo, intagliato nella roccia dalle loro stesse, abili, mani.
Dovetti infilare gli occhiali per poter vedere qualcosa ma passai la maggior parte del tempo sdraiato nel buio, ascoltando i movimenti dei modelli unito al cigolare delle cisterne e allo stillicidio perenne del buio ventre della terra.
- Vorrei sapere cosa è successo veramente prima della mia nascita, voglio sapere perché il mondo dentro le Torri è così differente rispetto a quello che c'è fuori.
- Un tempo qui non c'era deserto, erano tutti boschi, praterie, fiumi che correvano tra il verde. Ma questo era persino prima che venissero inventati i primi modelli e che molti di noi arrivassero sul mercato. Gli esseri umani stavano esaurendo il mondo e lo facevano scientemente, consapevoli di essere sul punto di divorare ogni cosa negavano, spingevano il progresso, si inorgoglivano di ciò che stavano creando.
Poi iniziò a mancare l'acqua e prima che se ne accorgessero i deserti avevano conquistato il mondo. Gli ingegneri a quel punto iniziarono a creare città sempre più funzionali, aumentando le possibilità di sopravvivenza degli esseri umani, ma le costanti carestie e la desertificazione procedevano inesorabili. Senza cibo e senza acqua potabile tutti cercarono di sopravvivere sfruttando ciò che avevano a disposizione, in questo caso noi, inviandoci a cercare acqua e materiali nei territori inospitali. Eravamo perfetti per operazioni di scouting e recupero, indipendenti come eravamo da cibo e liquidi grazie ai nostri corpi sintetici e alle batterie atomiche, tuttavia le risorse continuavano a scarseggiare e le nostre squadre dovettero avventurarsi sempre più lontano e in profondità per recuperare risorse. Ben presto i cicli divennero sempre più lunghi e la produzione insufficiente. Le squadre erano diventate il sottile filo a cui era legata la sopravvivenza degli esseri umani, un filo che molte volte si spezzava trasformandosi in pile di cadaveri ed insediamenti morti. Gli esseri umani più scaltri riuscivano a migrare in tempo e quelli che non morivano nel deserto si spostavano in nuovi insediamenti, sempre più ad occidente, sempre più vicini all'oceano.
- Quindi è vero che noi siamo rimasti gli ultimi...
- Sì, è vero.
- E perché l'insediamento di Ojern è così uguale al mio insediamento? Perché il mio insediamento non ha un nome?
- Non posso rispondere a queste domande.
- Sempre colpa della tua programmazione?
- Aggiornamento 1089.6 del 15 ottobre 2635 - rispose Dicromato.
"Lo stesso mese e lo stesso anno della dismissione di Gin" pensai.
- E per curiosità, chi avrebbe rilasciato questo aggiornamento?
- Il presidente Munillipo - disse, prima di lasciarmi per riprendere la marcia.
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