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uno

Brooklyn si mise gli occhiali da sole e uscì dal consultorio del suo psicologo senza percepire alcun cambiamento. Cercava con tutte le sue forze di smettere di temere quel maledetto colore, ma ogni volta che vedeva qualcosa di azzurro o nel suo difetto, celeste, sentiva come se una paura irrazionale si estendesse in tutte le parti del suo corpo ed era incapace di superarlo.

Tutto successe perché la sua stupida cugina non seppe prendersi cura di lei quando aveva cinque anni. Lasciò che lei si tuffasse in una piscina da sola, senza saper nuotare, e la povera bambina finì per più di dieci minuti sotto l'acqua. Durante tutto quel tempo, non chiuse mai gli occhi e l'ultima cosa che vide prima di perdere conoscenza fu il fondo celeste di quella piscina. Si svegliò sette giorno dopo in ospedale. Quell'incidente la fece rimanere in coma per una settimana e portò anche delle conseguenze: la cianofobia.

Sospirò e si sedette sul sedile della macchina che l'aspettava fuori. Per metà del tragitto continuò a mentire a sua madre dicendole che credeva di essere migliorata. Non sapeva neanche perché sprecasse il suo tempo ad inventare scuse, dopo lei avrebbe parlato con lo psicologo e le avrebbe spiegato che tutto era uguale. Ma non aveva le forze per incominciare una nuova discussione.

Appena arrivarono al loro appartamento, la prima cosa che fece fu prendere il cellulare. Aveva un messaggio. Lo aprì un po' sorpresa visto che il numero era sconosciuto.

Mi dispiace per ciò che è successo stamattina, non sapevo della tua fobia. Spero che non mi odi. Eva mi ha dato il tuo numero. Comunque, sono Luke.

Un sorriso triste si disegnò sulla sua faccia, le stava così simpatico il ragazzo. Sentiva che il minimo che potesse fare era chiamarlo.

—Brooklyn? —si notava che era emozionato quando rispose dopo il primo squillo e per questo le provocò un nodo alla gola.

—Ciao.

—Allora...

—Sì, ho la fobia del colore azzurro.

—Posso chiedere il perché?

Lei sospirò e gli riferì tutta la storia. Lui solo ascoltava attentamente le sue parole e trapelava qualche espressione di orrore o sorpresa.

—Non sarebbe più logica la paura dell'acqua?

—I medici dicono che non è stato così perché dopo un po', prima che io svenissi, avevo perso il senso del tatto e ormai non la sentivo, invece il fondo della piscina l'ho visto fino all'ultimo momento.

—Mi dispiace tanto.

—Non ti preoccupare, davvero. Mi piacerebbe parlare con te, lo sai, a scuola, ma non credo sia possibile.

Si succedettero alcuni secondi di silenzio, fino a quando lui domandò: — E durante il giorno... ti fa paura anche il cielo?

—Sì, il cielo è il peggiore, è quello che mi ricorda di più quel giorno. Sembra che sia una grande massa di acqua celeste che sta per cadere e abbattere tutto e il fatto che si trovi sopra di me fa sì che io mi senta inferiore e indifesa. — dopo una breve pausa, le sue parole sgorgarono goffamente dalla sua gola—. Mi dispiace, non avrei dovuto dirlo, pensi sicuramente che io sia pazza.

—No — disse velocemente Luke — per niente, Brooke.

—Brooke?

—Mi piace, posso chiamarti così?

—Vuoi ancora parlarmi?

—Ovviamente. Dimmi una cosa, ci sono trattamenti per la tua fobia?

—Sì, ci sono, ma non servono.

—Oh, mi dispiace.

Delle grida proveniente dalla cucina fecero sussultare Brooklyn e le fecero lanciare un urletto.

—Stai bene?

—Sì, è solo mia madre che mi chiama, devo andarmene, ci ved...— non finì neanche la frase, non aveva senso.

—Parliamo dopo, okay? —completò il biondo.

Non valeva la pena sapere che Britt l'avrebbe castigata. Aveva ormai parlato con lo psicologo e aveva saputo che non c'erano miglioramenti. Durante la cena, le ripeté lo stesso sermone, dicendo che non si sforzava sufficientemente durante le sessioni e che l'unica cosa che riusciva ad ottenere era farle sprecare soldi innecessari.

—Basta! —gridò Brooklyn frustrata — Davvero pensi questo? Cerco di farlo. Ho cercato di farlo in tutte le stupide consulenze, ma non posso. Mettiti per un istante al mio posto e cerca di capirmi.

Non aspettò che la madre le rispondesse, semplicemente corse nella sua camera, dove si buttò sul letto e incominciò a lasciar cadere tutte le lacrime contenute. Prima il dolore delle parole di Britt, dopo l'esaurimento per non poter far nulla con il suo problema e finalmente l'odio. Odio verso sua cugina, sua madre, il colore azzurro, lei stessa. Odio verso il mondo intero.

I suoi occhi erano rossi e gonfi quando il cellulare vibrò per la seconda volta in quel giorno. Era di nuovo Luke.

Credo di avere un'idea. Domani rimani fino alla fine delle lezioni, ti prometto che non sverrai. Buona notte, Brooke.

E furono quelle dolci parole del biondo che frullarono nella sua testa fino a quando riuscì a cadere in un sonno profondo, del quale sperava di non avere incubi.





Ehi! Sì, dovrei postare ogni due giorni, ma ieri vi ho visto molto contente per la traduzione e vorrei darvi un assaggio di quella che sarà "Cianofobia". 
Come ho detto sopra, aggiorno quasi ogni due giorni o tre al massimo. Non avrete mai ritardi da parte mia perché credo che sia irrispettoso rispetto alle responsabilità che mi sono presa traducendo questa ff. 

FATEMI SAPERE SE VI PIACE!

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