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CAP. VI - Un marchio indelebile

"Quanto poveri sono coloro che non hanno pazienza!
Quale ferita si è mai guarita se non per gradi?"

William Shakespeare
da Otello

Una ventina di tomi coprivano il pavimento, l'uno sull'altro, quasi a formare un altare di fogli rilegati.
Distrattamente Qiziq aveva urtato dei libri sugli scaffali, mentre scendeva la scala e un effetto a catena si era innescato, causando il grande rumore nella biblioteca.

Succedeva spesso, ma per fortuna fino ad ora nessuno si era fatto male, o meglio una volta caddero addosso a Zalios, da quel momento era raro che entrasse lì dentro.
Qiziq lo derideva spesso per questo, dicendo che era allergico ai libri, o che aveva su di sé la "maledizione della biblioteca". Forse dopo questa ultima volta, ne era quasi certo.

«Ti prego, ascolta un consiglio d'amico: stai lontano dalla mezzorca! Ti porterà solo guai, me lo sento!»
Qiziq mise una mano sulla spalla di Zalios.
«Per una volta ascoltami non fare di testa tua, come il tuo solito!» aggiunse con tono paterno.

Zalios era riluttante.
«Ci proverò, ma non ti posso promettere nulla! Sento che forse lei ha qualche riposta alle mie mille domande, non so perché, ma c'è qualcosa che mi attira verso di lei.»

Qiziq rise.
«Che fai ora, iniziano a piacerti anche le mezzorche? Non stavi uscendo con la figlia del fabbro?»

Zalios diventò serio in volto.
«Qiziq! Stupido io, che cerco di fare discorsi seri con te! Più di due granelli di clessidra, proprio non riesci a resistere, nel non dire baggianate!»

Qiziq ridendo: «La vita è troppo breve, per prenderla troppo seriamente!»

«Che mi tocca sentire di prima mattina!»
Si mise una mano sulla fronte.
«Comunque grazie per l'aiuto! Ora vado, che chi la vuole sentire Tajna. L'ho lasciata sola, senza una spiegazione. Quando sono andato via, stava sbraitando qualcosa, sai le donne, sempre esagerate.»

Qiziq non smetteva di ridere e a stento riusciva a respirare, cercò di dire qualcosa, ma era più forte di lui, così fece un cenno per salutare l'amico.

Zalios lo salutò e si incamminò verso la locanda.

Era una giornata serena a dispetto del giorno precedente, e l'odore dell'erba bagnata si diffondeva nell'aria.
Cyandra amava la natura e spesso passava ore nel bosco che era sulla collina di Okun.

Camminare per le vie di Nyje le dava un senso di serenità, ma le sue preoccupazioni non venivano facilmente alleviate. Quel hobbit le aveva fatto contorcere le budella. Non avrebbe mai immaginato di essere raggirata in quel modo, da un soggetto del genere.

Arrivò alla locanda, notò Tajna intenta a servire i pochi clienti e sparecchiare i tavoli, la salutò frettolosamente.

"Non è ancora tornato."
Si diresse verso le scale e salì in camera.

Tajna la vide.
"Anche lei è uscita di buon ora ed è di fretta. Chissà come mai?"

Aprì la camera e poggiò il sacchetto sulla scrivania. Ne cacciò il contenuto.

Prese il mantello e iniziò a rammendarlo. Odiava quando, durante un scontro frontale, le venivano rovinati gli abiti, soprattutto il mantello, che sua madre aveva cucito per lei.
Si era ripromessa, che non l'avrebbero scampata quei briganti. La prossima volta, non sarebbe stata così magnanima.

Doveva sbrigarsi nel rammendarlo, se no non avrebbe potuto, senza di esso, mettere in atto il piano a cui aveva pensato mentre tornava.

Nel frattempo Zalios entrò nella locanda e fu subito sommerso dalle mille domande di Tajna.

«Si può sapere dove sei stato? Non puoi andartene senza dire nulla. Lasciarmi da sola per tutta la mattina, senza avvisarmi che non saresti tornato, se non prima di pranzo.»
Tajna era molto arrabbiata.

Zalios che non amava discutere con lei, cercò di calmarla.
«Sì scusa, ma era una cosa urgente...» abbassando la voce «lei è per caso tornata?»

«Ora basta Zalios, non mi interessa nulla di ciò che dovevi fare di così urgente.»
Buttò il grembiule a terra.
«Sbrigati tu le faccende, e sì è tornata. Da quando è arrivata lei, hai perso il senno.»
Se ne salì per le scale piangendo.

Zalios prese il grembiule, era vero aveva esagerato, ma lo stava facendo per loro due, per avere delle risposte.

Chiese scusa ai clienti.
«Tutto ciò che avete consumato è offerto dalla casa. Per oggi la locanda chiuderà prima.»
Lo scontento dei clienti si fece subito sentire. Si alzarono borbottando qualcosa e uscirono dal locale.

Chiuse la porta principale, avrebbe voluto chiarire subito con Tajna, ma doveva scoprire qualcosa di più sulla mezzorca.
Salì sul tetto e si affacciò al lucernaio, la vide intenta nel ricucire il mantello.

Finito con il mantello, la guardò prendere la polvere e il taccuino.
"Ci siamo"

Sentì Cyandra pronunciare queste parole, con davanti il taccuino:
«Draco scripta svelatevi me.»

La vide aprire il taccuino e i fogli erano scritti.
"Non è possibile."
Sgranò gli occhi.
Osservò cosa stesse facendo.

Cyandra andò nelle pagine vuote, con accuratezza ripodusse delle mini cartografie e attorno appuntò delle parole.
"Probabilmente è ciò che ha trovato in biblioteca."

Ad un tratto la vide passare la stessa polvere bianca, che lui aveva usato la mattina, e come d'incanto, sparì tutto ciò che aveva appuntato.

Finalmente aveva capito come consultare il taccuino. Doveva solo aspettare che lei lo lasciasse di nuovo incustodito.
Mentre pensava ciò, la mezzorca si era alzata e stava frugando nella stanza.
"Ma cosa sta facendo" pensò.

Vide Cyandra alzare un'asse di legno del pavimento e mettere il taccuino li sotto, richiudere tutto, prendere mantello e borsello, poi andar via.

"Ma dove va? È appena tornata."

Sentì la serratura della porta chiudersi. Esitò un attimo e si spostò nella falda che dava sulla strada.

Cyandra dopo un po' sbucò dalla locanda. La vide incamminarsi, a passo svelto, verso la via principale.

"Ora è il momento giusto."

Scese dal tetto e passò dal retro. Si avviò per le scale, questa volta facendo attenzione che Tajna non lo sentisse.

Arrivò davanti la stanza di Cyandra, prese la chiave ed aprì.
Richiuse la porta e si fiondò sull'asse cercando di alzarla, ci mise un po' di tempo e molta forza.

"Quella mezzorca ha davvero una forza non indifferente." disse tra sé e sé.

Finalmente sarebbe riuscito a recuperare il taccuino e lo avrebbe avuto di nuovo tra le sue mani.

Cercò di ricordare la formula è disse: «Dracus scriptam svelati a me!» non accadde nulla.
«Ah, ma com'era!» il suo tono era adirato. «Dracus scrivi svela me.» ancora niente. Le pagine erano candide.

Iniziò a camminare su e giù per la stanza, ma nulla non riusciva a ricordare.
Guardò attentamente il taccuino, possibile che aveva in mano la soluzione e non riusciva a ricordare quelle semplici parole?!
Fece un respiro chiuse gli occhi, come se si stesse concentrando.

Aprì gli occhi, davanti a lui spiccò dal disegno una scritta che precedentemente non aveva notato, perché nascosta tra le pieghe del drago disegnato.
Lesse ad alta voce: «Draco scripta svelatevi me.»
Aprì il taccuino e vide che le pagine non erano più bianche.

C'era riuscito!
Iniziò a sfogliarlo velocemente. Vide che c'erano appunti e disegni di vario genere. Alcuni sembravano disegnati da un'altra mano e con un'altra scrittura.

Mentre cercava, sbiancò.

«Come fa a saperlo?» la sua voce era preoccupata.
«Non può averlo visto!»

Scorrendo le pagine notò il disegno del medaglione di Tajna e le cartografie dei mari del nord.

«Forse è qualcuno che mi sta cercando. Non è un caso che si trovi qui. Cosa vorrà da me e da Tajna?»
La sua preoccupazione trapelava dalle sue parole.

Tornò indietro di qualche pagina e un brivido l'assalì.
Alzò la manica del suo braccio e vide che lo stesso marchio era disegnato sul foglio. L'unica differenza che il suo era quasi impercettibile, non nero carbone.

Il disegno nel taccuino era un drago completamente nero, intrecciato con uno bianco del quale c'erano solo i contorni.

Il drago sul suo avambraccio era identico, l'unica cosa che non erano due, ma uno ed era uguale a quello bianco.

Quel marchio era comparso un po' di tempo addietro, durante una rissa con dei furfanti, erano entrati nella locanda ed avevano iniziato ad importunare Tajna.

Lo scontro fu violento e questi scapparono via, ma alla fine di tutto si ritrovò senza forze.
Solo quando si riprese, notò sul braccio il marchio.
Da allora i tratti si erano sbiaditi, ma non era scomparso del tutto.
Lo teneva sempre nascosto con la manica o con una fasciatura.

Dall'arrivo di Cyandra, era iniziato a diventare più evidente, non se ne era accorto subito.
Quella notte, era tornato in camera per cambiare i vestiti bagnati.
Togliendoli aveva notato l'alterazione.

Questo era il motivo per cui aveva deciso di intrufolarsi in camera di Cyandra e seguirla.

Mentre era concentrato nel guardare scrupolosamente le altre pagine, udì il rumore della chiave inserita nella porta e vide girare la maniglia.

Di colpo rimase paralizzato.

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