CAP. II - La notte oscura dell'anima
"Siamo fatti della materia
di cui son fatti i sogni;
e nello spazio e nel tempo
d'un sogno è racchiusa
la nostra breve vita."
William Shakespeare
La tempesta
Terminato di mangiare, cominciò a sentire la stanchezza del viaggio. Decise che, anche se era presto, sarebbe andata a dormire.
Chiese a Tajna di essere accompagnata nella sua stanza.
Dopo il battibecco con il locandiere, non gli aveva più rivolto parola. Durante la cena, lo vide intento ad accendere il fuoco.
Era autunno. Il freddo iniziava ad insinuarsi nelle giornate di sole.
Nella parte finale del salone c'era un vecchio camino ed al di sopra di esso armi di ogni genere.
Forse erano trofei?
In realtà dietro quello strano uomo si celava un guerriero?
Solo al pensiero, di lui che combatteva contro i draghi con un mestolo come spada e il coperchio di una pentola come scudo, la faceva ridere.
Era chiaro però, che c'era qualcosa che non la convinceva, nel suo aspetto.
Prese le sue cose. Seguì Tajna su per le scale sconnesse in legno, chissà quanti erano saliti di lì. Se quelle scale avessero potuto raccontare le storie di ogni forestiero che era passato, quanti segreti e storie avvincenti avrebbe potuto ascoltare.
La sua stanza era proprio l'ultima. Più si saliva e più le scale si stringevano e il soffitto diventava sempre più basso. Si sentì per un momento soffocare. Odiava gli spazi chiusi e piccoli.
Entrata in stanza poggiò la sua sacca, il mantello, la bisaccia e il borsello. Notó che l'unica luce entrava da un lucernario sul soffitto. C'era una piccola scrivania, uno sgabello e un contenitore dove riporre i vestiti e per finire il letto, la camera era molto minimale, ma per lei sarebbe andata più che bene.
La giovane la lasciò subito sola, tirando dietro di sé la porta, ma prima di andar via chiese se avesse bisogno di qualcosa, Cyandra rispose di no e che all'occorrenza l'avrebbe chiamata.
Era esausta. Vide il letto e si rese conto che avrebbe dovuto dormire per terra. Per lei era troppo piccolo e non dava l'impressione di essere molto stabile. Lo alzò e lo poggiò sulla parete libera.
Le venne un'idea.
Aprì il suo borsello e frugò dentro. Tirò fuori un'ampolla con all'interno una polvere azzurra e il tizzone di carbone. Si chinò per terra e disegnò un letto e sparse sopra la polvere.
Si allontanò. Protese il braccio verso il pavimento, con la mano destra aperta e pronunciò queste parole:
«Realis fit , et creat intertexti cum carbone et cinere.»
Dalla mano uscì un fascio di luce azzurra. Di colpo si materializzò un letto.
Dimenticava spesso le sue capacità innate, avendole scoperte da poco tempo.
Sistemò il contenuto della sacca. Chiuse bene la stanza a chiave e si mise a dormire.
Un bagliore penetrava dal lucernario, si potevano vedere le stelle e la luna. Amava le viste notturne.
Iniziò a prendere sonno. In poco tempo era lì tra le braccia di Morfeo.
Improvvisamente udì un forte rumore. Aprì gli occhi e vide un'ombra sul tetto che guardava all'interno della stanza. Balzò in piedi e non vide più nessuno. Eppure le era parso di vedere qualcuno. Si rimise a letto e d'un tratto nella sua stanza, apparve una sagoma con le fattezze femminili.
Aveva un cappuccio in testa dal quale uscivano capelli argentei e una ciocca che riluceva. Questa allungò la mano e fece uscire senza toccarlo il suo taccuino dal borsello che levitò verso di lei.
Cyandra cercò di lanciare un incantesimo per fermarla, ma non fece in tempo. Fu scaraventata contro il muro da una forza sovrannaturale, che proveniva dal palmo della figura femminile.
Non poteva credere ai suoi occhi.
Cosa stava succedendo?
Perché voleva il taccuino?
Di colpo sparì nello stesso modo in cui era arrivata.
L'unica cosa che disse prima di andare via fu:
«Non ti impossesserai del potere dei draghi.»
Era molto turbata. Sapeva di aver avuto a che fare con una strega e con una forza pari alla sua. Da quando aveva scoperto i suoi poteri da stregone, si era imbattuta poche volte in creature simili, ma la sensazione provata era stata sempre la stessa.
Cosa avrà voluto dire con quelle parole?
Non sapeva molto sui draghi. L'unica cosa di cui era a conoscenza era il suo legame con il drago di bronzo.
Esso aveva come potere quello del fulmine. In quel campo in realtà era ancora inesperta .
Di colpo vide spalancarsi la porta della sua stanza, era il locandiere che le urlava:
«L'hanno presa! L'hanno presa!»
Non capiva cosa stesse succedendo. Attorno a sé tutto cambiò e si ritrovò inaspettatamente in una grotta.
Non più nella camera della locanda.
Il buio la circondava. Nuovamente il profilo di lei. Il suo volto era pallido e non più coperto dal copricapo. I capelli argentei sul suo viso e un ciuffo dorato sul lato destro. Aveva con sé una persona legata, ma la poca luce non le permettava di capire chi fosse.
Era così confusa.
Udì un boato.
La terra iniziò a cedere sotto i suoi piedi.
Stava precipitando vertiginosamente ed in fine una luce abbagliante.
Cyandra aprì gli occhi si guardò attorno. Era nella sua stanza, sul letto. Andò subito a guardare nella sua borsa. Il taccuino era lì integro.
Cosa le era successo?
Si sentiva come se fosse stato tutto reale. Aveva sognato?
L'angoscia prese il sopravvento. Qualcosa sarebbe successo di lì a poco, se lo sentiva. Spesso aveva avuto sogni del genere e non erano da prendere alla leggera.
Si sedette sul letto con in mano il taccuino. Cosa aveva di così importante?
Perché la strega lo stava cercando?
C'era qualcosa che le sfuggiva.
Si sdraiò guardando il cielo e pensando a suo padre.
Lui l'avrebbe saputa consigliare. Era bravo nell'interpretare i sogni.
Chiuse gli occhi con la speranza di non rivivere quell'incubo e gradualmente si riaddormentò.
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