N i n e t y - n i n e
Questo capitolo contiene la morte di un personaggio importante, insieme ad atti violenti, sangue, traumi emotivi, e altri soggetti disturbanti. Per favore, leggere con cautela.
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"Eri tu."
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Amelie salì le scale di casa sua, facendo passo dopo passo per non inciampare sul vestito che stava indossando. Quell'abito significava molto per lei. Era lo stesso pezzo di vestito che Draco le aveva preso per natale. Era il suo primo verso vestito che non nascondeva ogni singola cosa di lei.
Questo abito le permetteva di essere lei, con tutte le cicatrici e i segni dei demoni. Non se ne era mai vergognata, e aveva aspettato per quello che sembrava per sempre per indossarlo, e ora poteva. Lo conservava per un'occasione speciale, e niente ne era degno come questo giorno.
Il giorno in cui il suo migliore amico si sposava.
"Teddy!" chiamò il suo amico, arrivando al piano superiore e andando in camera sua e di Draco. Malfoy ha pensato fosse una buona idea che Theodore si preparasse lì dentro dato che aveva prestato al moro una cravatta per il completo blu che indossava.
Da bambina, Amelie ebbe una conversazione con sua madre, e le fece promettere sul suo letto di morte, proprio prima di cadere nell'oblio del sonno - che avrebbe rispettato i suoi desideri prendere a Theo qualcosa di vecchio, qualcosa di nuovo, qualcosa di prestato e qualcosa di blu.
Sua madre sapeva, anche se era molto giovane al tempo - che non sarebbe riuscita a vedere suo figlio crescere. Non avrebbe mai partecipato al suo matrimonio, pianto mentre camminava all'altare, abbracciato mentre diceva sì, lanciato fiori una volta uscito, ballato con lui sotto le stelle. Sua madre lo sapeva. Capiva che se ne sarebbe andata molto prima che Theodore lo avesse e che Amelie no.
Amelie sarebbe stata lì. Amelie sarebbe stata al suo fianco, e fece promettere alla ragazzina di dare tutto ciò a Theodore quando era il momento. E quella - quella era una promessa che Amelie non avrebbe infranto per nulla al mondo.
Draco rideva semplicemente di lei mentre lavorava sui dettagli di questo giorno perché non sapeva quanto fosse importante per lei. Questo non era solo per Teddy. Era anche per sua madre.
Così Amelie lo fece. Lavorò e lavorò per rendere perfetto ogni pezzo di questo giorno.
Fece prendere a Narcissa un completo blu, qualcosa di blu. Aiutò Atlas a rottamare un adorabile braccialetto con fili e perle che Narcissa gli aveva dato, qualcosa di nuovo. Si assicurò che Draco gli prestasse una delle sue cravatte preferite, qualcosa di prestato. E Amelie, cercò e cercò per prendergli l'ultimo pezzo del puzzle di Theodore Nott, e proprio l'altro giorno, lo trovò. Il loro vecchio libro di Romeo e Giulietta, qualcosa di vecchio.
Perfetto, sorrise tra sé e sé mentre lo trovava davanti allo specchio. Era più un disastro di quanto si immaginasse. Aveva un aspetto orribile che sembrava stare per rompersi, "Teddy, cosa c'è che non va?"
"Sono un idiota?" soffocò, voltandosi per affrontarla con occhi pieni di terrore, "A farlo? Ho diciannove anni, Amelie, e lui venti. Che diavolo stiamo facendo? Pochi mesi fa non ci conoscevamo nemmeno, e prima di quello, mi picchiava ad ogni occasione, perciò dimmi - sono un idiota a farlo?"
Lei deglutì. Il suo cuore faceva male per lui mentre si metteva una mano sullo stomaco, e sentì un sorriso crescere sulle labbra, "Ecco," disse, avvicinandosi senza smettere di guardarlo.
Amelie prese la sua mano nella sua, e la posò sulla sua bellissima pancetta. Draco non permetteva a nessuno di toccarla quando era intorno. Già proteggeva la sua bambina non nata con la sua vita. Tranne per Atlas, lui era autorizzato di accoccolarsi a sua sorella, ma nessun'altro.
"È pazzesco. È pazzesco che stia accadendo, ma tu che ti innamori non è da pazzi, Teddy. È umano, ed è meraviglioso, e non riesco a pensare ad una persona che lo merita più di te. Te lo sei guadagnato, Teddy. È il tuo momento di essere felice e di trovare tutto ciò che hai dato a tutti gli altri per un anno."
"È solo che-" di solito, le parole di Amelie lo avrebbero calmato, rilassato i suoi nervi, ma ora no. Teddy era sull'orlo più che mai, "Non l'ho nemmeno detto a mio padre. Lui non sa nulla. Non gliel'ho mai detto-"
Amelie gli prese il braccio, portandosi più vicino a lui mentre appoggiava la fronte sul suo petto, "Allora fallo, scrivi a tuo padre una lettera e vedi come ti fa sentire. Posso prenderla io, e posso consegnarla per te quando sei pronto."
Lui annuì, avvolgendo le braccia intorno alla sua migliore amica e abbracciandola, "Ti voglio bene," disse a bassa voce con un bacio mentre lo premeva sulla sua testa, "Non lo dico abbastanza, ma ti voglio bene, Amelie. Amo te e la nostra piccoletta."
"Lo so," piegò il collo, guardando uno dei suoi tanti amori nella sua vita, "Noi ti amiamo di più."
Amelie allungò le mani, sistemandogli la cravatta e scostando i suoi riccioli disordinati dagli occhi finché non camminò con entusiasmo nell'armadio, infilando le mani in un cassetto, e prese il diario di Draco. Sorrise tra sé e sé, trovando la connessione tra tutto più piacevole di quanto avrebbe dovuto.
"Ecco," disse, vedendolo sedersi sul bordo del letto, "Ecco a te, stupendo."
La sua testa scattò, guardandola, "Stupendo, eh?" ghignò sfacciatamente, "E pensare che non potevi dirmi cose così quando non ero preso."
"Divertente!" Amelie roteò gli occhi, scuotendo la testa, "Sei un tipo divertente, Teddy."
Lui ridacchiò silenziosamente tra sé e sé, guardando il foglio bianco, e scrisse. Scrisse per dei minuti, senza sosta.
'Padre.
So che non parliamo da quello che sembra un sacco di tempo, e forse è così. Ti ho deluso per averti lasciato, e che tu ci creda o no, non lo avrei mai fatto se non fosse stato per la tua sicurezza. Volevo proteggerti come non ho potuto proteggere la mamma.
Meriti di essere protetto, padre, e non posso dire se è la vergogna per averti lasciato o il bisogno che tu sia al sicuro che mi ha fatto aspettare per contattarti. Forse non è nessuna delle due o un po' entrambe, ma ora sì.
Ti sto scrivendo, padre
Mi dispiace.
Con questo, spero che un giorno tu accetti le mie scuse e che io abbia la possibilità di rivederti, ma se non è questo il caso, voglio che tu sappia che sto bene.
Ho fatto cose discutibili durante gli anni lontano da te, ma non è niente a confronto da ciò da cui Amelie mi ha salvato.
Amelie...dovresti vederla, padre. Non è più quella ragazza silenziosa che hai sempre pensato che fosse. Presumo tu abbia sentito di lei, quello che ha fatto e chi è diventata. È straordinaria, strabiliante.
È incinta, padre. Sta per avere una figlia. Amelie e Malfoy stanno per avere una bambina. Stiamo per avere una bambina. Tutti noi. Forse il mondo non è crudele come pensiamo. In tempi come questi, mi domando se esista il male e se esiste, dove va quando siamo felici?
Felice. Sono felice, padre.
Mi sono innamorato. Ho trovato qualcuno. Ho trovato una persona speciale, un ragazzo. Qualcuno a cui oggi prometterò di passare il resto della mia vita. Credo davvero che la felicità esista. Non solo nei libri, ma anche nel mondo reale. Spero che esista. Sento che esiste. Non ho mai pensato che esistesse, non dopo la mamma, non dopo la vita che ho visto affrontare da Amelie, ma ora lo penso.
Volevo dirtelo. Volevo che lo sapessi. Che sono felice e che penso che troverò la pace, presto, molto presto. È bello. Mi piace sentirmi come mi sento adesso. Perciò se questo è l'ultimo augurio che senti da me, per favore sappi che starò bene. Ho amelie. Lei ci sarà sempre. Ho Adrian, Draco, Atlas, e Narcissa. E vivremo felicemente. Spero che lo faccia anche tu.
Grazie per esserci per me, e perdonami per non ricambiare il favore, ma lei ha bisogno di me, padre, e io ho bisogno di lei. Loro hanno bisogno di me. Tutti, e io ho bisogno di loro.
Ti voglio bene.
- Theodore Nott.'
Scrisse ogni singolo sentimento che aveva finché non chiuse il libro, sigillando gli occhi per non far scendere le lacrime.
Theodore ricordava a malapena l'ultima volta che vide suo padre. Si presentò un giorno a scuola, e Amelie si unì a loro per visitare la tomba di sua madre. Era quasi due anni fa.
Aveva semplicemente scelto lei. Theodore aveva direttamente e decisamente scelto Amelie sopra a tutti, anche a suo padre, e lo rifarebbe ancora e ancora. Non si pentiva delle decisioni che prese allora. Era solido su ciò che aveva scelto. Certo, era dispiaciuto per l'uomo che aveva lasciato, ma niente più di questo. Amelie era tutte le sue ragioni, e rifarebbe tutto di nuovo.
"Già fatto?" lei sorrise dalla porta del bagno, e lui la guardò semplicemente per quelli che sembravano minuti finché non batté le mani sulle sue gambe, invitandola a unirsi a lui, e lei lo fece.
Amelie scivolò sulle sue gambe, stringendo le braccia intorno alle sue spalle.
Teddy la guardò di nuovo. I suoi occhi studiavano e scannerizzavano ogni bellissimo centimetro di lei, "Sai che rinuncerei a tutto per te, vero?"
Lei inclinò la testa. Non mostrò il dolore che iniziò a scorrerle dentro. Confusa e perplessa come era, mormorò, "Teddy-"
"Perché lo farei, Amelie." appoggiò la fronte sulla sua, chiudendo gli occhi mentre parlava, "Darei la mia vita per la tua. Tu sei tutto per me."
Amelie strinse la stretta su di lui, portandolo il più vicino possibile, "Ti voglio bene, Teddy. Tu sei più che tutto per me."
Oh, quanto si amavano. Certe volte, Amelie si chiedeva se esisteva un amore nel mondo che poteva essere paragonato al loro. Questo non era come l'amore che provava per Draco. Quell'amore era complicato, pesante, caotico, insopportabile, profondo, impareggiabile, tutto. Ma questo era acceso, luminoso, platonico. Sapeva di non poter amare nessuno come amava Teddy.
"È che ti voglio bene. Ti voglio bene, e..." sbuffò una risatina, guardando la cravatta, "E devo imparare ad allacciare questa cosa."
"Amelie!"
Poteva sentire i passi di Atlas echeggiare per le scale.
"Te lo meriti, Teddy." si spinse via da lui, facendo dei passi verso il bagno per prendere a entrambi un fazzoletto per le lacrime prima che il suo fratellino li vedesse. Prendendo il tessuto in mano, voltandosi mentre continuava a parlare. Si fermò alla porta, e alzò lo sguardo, "Se qualcuno merita questo giorno, sei-"
No.
No. No. No
La sua voce venne inaspettatamente spezzata. Amelie non riusciva a respirare.
Facendo cadere il fazzoletto, i suoi occhi si strinsero, "Tu..."
C'era molta esitazione nella sua voce, eppure era piena di forza. Conosceva quel viso. L'aveva vista prima. Lo conosceva, e lui conosceva lei.
L'uomo davanti a lei, nella sua camera da letto, ghignò, "Bene, bene, bene..." allargò le braccia, mettendosi in piena mostra per lei, "Amelie Avery...finalmente ci incontriamo."
E poi non vide altro che l'oscurità.
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"Dov'è lei?" ruggì Draco, tuonando in giardino mentre teneva la bacchetta alzata e pronta, "Dove diavolo-" afferrò suo padre per il colletto, senza risparmiare alcuna pietà, e lo spinse indietro, facendolo inciampare, "Dove cazzo è-"
Malfoy fece un altro tentativo. Questa volta spinse suo padre così ferocemente che se fosse caduto a terra, nessuno avrebbe creduto che Lucius sarebbe stato in grado di rialzarsi, "Dov'è lei? Dov'è il bambino? Dov'è Teddy? Dov'è la mia piccola-"
Sentiva il petto come se potesse frantumarsi, esplodere nella completa mancanza di Amelie e della sua figlia non nata. Draco aveva sentito la rabbia prima, ma questo. Questo era qualcos'altro. Non si trattava più di solo loro. Lei era incinta. Amelie portava in grembo sua figlia, e niente poteva fermare l'ira che bruciava dentro di lui.
Di solito, era una torcia di rabbia. Qualcosa che spuntava ma questo era tutto tranne quello. Queste erano fiamme. Questa era malvagità. Questo era lui che esplodeva in una agonizzante fusione di fiamme e fuoco. Qualcosa di non umano. Era diventato feroce.
"Dove cazzo è lei-"
"Malfoy!"
La voce di Adrian lo interruppe mentre teneva in pugno i vestiti di suo padre in una mano mentre l'altra era alzata in alto, pronta per portare tutto il fuoco velenoso su di lui. Congelò. Guardò dritto suo padre. Cercando quegli occhi freddi, che aveva disprezzato per tutta la vita.
"Non ci è utile se lo uccidi."
La sua mascella era così affilata. I suoi denti non erano mai stati così digrignati. Stava per tirare quel pugno. Tutto quello che desiderava era privare quell'uomo della vita per tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento. Amelie era stata presa, e lui era proprio lì. Lui era lì quando lei non lo era.
Ma il secondo che Draco dibatteva se avesse la forza di colpire la mascella di suo padre col pugno.
Se avesse il potere di fare del male il suo stesso sangue davanti a sua madre. Se potesse portare Lucius a terra, meritava di essere abbattuto. Voleva farlo. Voleva essere ogni pezzo di cattivo che Amelie lo aveva convinto di non essere. Desiderava strappare il cuore di ogni mangiamorte che si metteva sulla sua strada, incluso il suo stesso padre. Alzando il pugno, sussultò.
Malfoy sobbalzò perché il pugno di Adrian colpì la mascella di Lucius invece. Tirò quel pugno per lui. Pucey capiva quanto Draco voleva fare ciò che lui aveva fatto. Ferire suo padre per tutto ciò che aveva fatto, ma aveva bisogno che Malfoy si concentrasse, e a suo giudizio, aveva imparato a tenere al biondo. Perciò fece ciò che pensava fosse la cosa giusta, e buttò Lucius a terra, lasciando Draco con la coscienza pulita.
Narcissa scoppiò a piangere. Portandosi le mani alla bocca per il sangue che si spargeva intorno a loro.
Malfoy aveva un'espressione vuota, eppure il rapido cenno col capo era un grazie. Ringraziò Pucey in silenzio per quello che aveva fatto.
"La residenza degli Avery-" tossì Lucius dall'erba, nascondendosi il viso nel suo interno gomito, "Hanno portato lì Athena questa mattina, ma Draco, lui è forte. È potente, e vuole che tu paghi per ciò che hai-"
"Pucey," Draco si voltò, senza degnare suo padre neanche di uno sguardo mentre marciava. I suoi piedi determinati. I suoi movimenti concisi, "Adesso."
Adrian piegò la testa, roteando le spalle mentre camminava dietro a Malfoy. Raggiungendolo spalla contro spalla mentre arrivavano alla facciata della casa, e con uno sguardo freddo scambiato tra i due, si smaterializzarono.
Malfoy aveva aspettato per questo. Da quando era un bambino dipendente, aveva, da qualche parte in tutto il bisogno dell'approvazione del Signore Oscuro, visto attraverso. Aveva aspettato, quasi desiderato che questo giorno arrivasse. Malfoy lo avrebbe finito.
Stava per diventare padre, e che venisse dannato se valutasse mai il fatto di crescere un bambino in questo mondo, e non un bambino qualunque. Sua figlia. Avrebbe preferito subire l'oscurità della morte e le fiamme dell'inferno piuttosto che lasciare che sua figlia crescesse in qualcosa di così brutale. In un mondo rotto, non ha mai avuto alcuna speranza in se stesso. Non lo avrebbe mai fatto a lei.
Non lo avrebbe mai fatto ad Amelie. La sua Amelie.
Questa era la seconda volta che il Signore Oscuro la portava via da lui. Questa volta era l'ultima che sarebbe mai successa. Se ne sarebbe assicurato, anche se significava che non sarebbe uscito ancora in piedi, anche se significava che non sarebbe uscito affatto.
"Allora, come facciamo?" Adrian guardò il maniero cupo. I mangiamorte erano allineati come una barriera fuori dalla facciata di pietra, "Distrazione?"
"No," Draco raddrizzò le spalle, scrocchiando il collo, "Tu dovresti essere morto, ricordi?"
Adrian annuì, sapendo che non c'era un punto di cui discutere col modo in cui Malfoy voleva finirla. Era la sua Amelie, la loro figlia, suo fratello, e Teddy. Sapeva che Draco non avrebbe rischiato le loro vite per un secondo.
"Appiccherò un incendio quando avrò bisogno di te."
Fu tutto quello che Draco disse prima che stringesse gli occhi sulla dozzina e dozzina di uomini che proteggevano la casa dell'infanzia di Amelie, e camminò con calma verso di loro.
Non sembrava nulla ad Adrian mentre rimaneva indietro, assistendo a qualcosa che non avrebbe mai pensato di vedere. Draco non provò nemmeno. Venne naturale, senza impegno.
Alzò la bacchetta con una mano, mentre stendeva le dita sull'altra mano, e con un gesto fermo, frantumò ogni finestra che ricopriva le mura del maniero, ma le schegge non caddero a terra. Rimasero sospese in aria.
I mangiamorte sembravano confusi, ogni bacchetta era puntata contro il biondo, ma lui ghignò semplicemente a ciò che successe dopo. Sollevò più in alto la mano libera mentre le schegge di vetro seguivano il momento. Sembrava surreale per Adrian da lontano. Non aveva mai visto niente del genere.
Non aveva mai visto qualcuno con così tanto da perdere come Draco avere così tanto controllo. Era equilibrato. Ogni respiro misurato, calcolato. La sua mente fissata e ancorata. La semplice sete di vendetta graffiava le sue vene. Aveva l'espressione più diabolica in viso.
E poi, con un respiro dal petto, Malfoy contorse il polso, facendo scagliare le schegge di vetro contro ogni mangiamorte sulla sua strada.
Inumano. Spietato. Feroce.
Era un bagno di sangue. Tutti i servitori fedeli al Signore Oscuro caddero a terra, il loro corpi strappati e fatti a pezzi dalla magia di Draco. Camminò sui loro corpi come niente.
La sua Amelie. La sua Amelie. La sua Amelie. Era tutto ciò a cui pensava.
Stando davanti alla porta della fortezza, lanciò una veloce occhiata oltre la sua spalla, annuendo ad Adrian di rimanere nascosto finché non gli serviva.
Il secondo che vide come Adrian svaniva nell'ombra dietro di lui, Draco aprì le porte, ed entrò, e proprio mentre lo faceva - sentì un suo urlo.
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Il suo petto faceva male. Molto male. Non riusciva a respirare. Non trovando l'ossigeno di cui aveva disperatamente bisogno, Amelie iniziò a muovere i suoi arti. Cercando di liberarsi dalla forte presa di metallo che sentiva intorno a lei.
"Amelie..."
Pensò di star sognando, mistificando la morbida voce che diceva il suo nome.
"Amelie, la nostra bambina."
Non realizzando ancora, non capendo la realtà opaca, offuscata che si formava chiaramente intorno a lei. Le sue ciglia erano pesanti, le sue palpebre appesantite.
"Amelie, la nostra bambina!"
Scuotendo la testa, si liberò dalla trance confusa in cui si era svegliata, e le sue mani colpirono qualcosa di duro, qualcosa di freddo. Il pavimento. Era distesa sul pavimento.
"Atlas..." tossì Amelie. Sangue. Il sangue scorreva dal suo labbro inferiore, scendendo al bordo della sua bocca. Ferro. Tutta la sua bocca sapeva amaramente dell'aroma di metallo del suo stesso sangue, "Atlas, stai bene-"
"La nostra bambina!" sussurrò, la sua voce tremava con terrore, "Hai del sangue..."
Amelie lo sentiva. Sentiva la sensazione di solletico del colore porpora mentre scivolava sul suo interno coscia. Non guardò. Non voleva guardare. Scosse semplicemente la testa, afferrando l'orlo del suo vestito per asciugarlo.
Non poteva vederlo. Non voleva farlo. L'avrebbe distrutta. L'avrebbe uccisa vedere il fatto di aver perso qualcosa che non ha mai avuto, ma non perse la speranza.
Stava bene. Stava bene. Stava bene.
"Va tutto bene," Amelie annuì, le lacrime cadevano dai suoi occhi, e si scostò i capelli dal viso, "Va tutto bene, Atlas, lei starà bene. La nostra bambina starà bene."
"Dove siamo?" chiese il bambino. La sua voce piena di esitazione. Aveva paura, "Dov'è Teddy?"
Amelie si guardò finalmente intorno, e vide esattamente dov'era. Era già stata lì. Molte volte, era stata nella stanza in cui ora giaceva al centro. Il suo corpo era rovinato, fragile. Il suo cuore batteva a malapena mentre cercava di concentrarsi solo sul suo fratellino.
Non importava cosa succedeva a lei - Atlas doveva essere al sicuro. Portava un pezzo del Signore Oscuro con sé. Non poteva essere in pericolo, "Arriverà presto," disse Amelie, ma poteva vedere nel bagliore spaventato dei suoi occhi che non le credeva.
Non era stupido, e lei sospirò profondamente, "Non so dov'è, d'accordo? Non so dov'è, e non so cosa succederà, Atlas, ma devi promettermi una cosa."
Lui non disse niente. La guardava e basta. I suoi occhi pieni di lacrime.
"Ti hanno trovato, le persone cattive da cui mamma cercava di nasconderci - ci hanno trovati, Atlas, e non so cosa succederà adesso, ma farò del mio meglio per tenerti al sicuro. Lo prometto, ma tu devi promettermi che se ti dico di correre, tu lo fai. Se vengono Draco o Adrian, tu vai con loro, okay? Tu scapperai, Atlas, e ti troverò. Promettimelo."
Lui non voleva. Atlas non voleva prometterlo. Lei non voleva mettere quella responsabilità su un bambino di sette anni, ma non aveva scelta. Aveva bisogno che lui promettesse.
Atlas non aveva molto nella vita. Non aveva più di sua madre, ma poi arrivò Amelie, e gli diede una famiglia. Gli diede Draco, Teddy, e Adrian. Gli diede Narcissa, e lui capiva, anche se non era più di un bambino, che questo era reale. Stava succedendo qualcosa di brutto, e non importava quanto non volesse dare la sua parola di lasciarla, fece un cenno col capo, e balbettò le parole che lei desiderava sentire.
"Ti voglio bene," sussurrò Amelie, portando suo fratello il più vicino possibile, alzandosi per mettersi sulle ginocchia, "Ti voglio bene, e farò sparire tutto. Lo prometto."
"Amore, non sono mai stato per l'amore..."
Il suo respiro si bloccò in fondo alla sua gola. Il suo sguardo scattò su dove provenne la voce. Lui. Era lui. L'uomo che aveva scatenato l'inferno su di lei. Fu veloce ad alzarsi, a tirare suo fratello con lei, e lo spinse leggermente dietro di lei, proteggendolo al meglio senza la magia.
"L'amore è una cosa divertente, no?" Voldemort sollevò un sopracciglio, alzando le mani e si accesero le candele posate lungo le pareti della stanza immensa prima di voltarsi sul posto, guardando oltre la spalla per guardarli trascinare la loro madre dentro. I due uomini erano al suo fianco mentre si fermavano.
"Amelie-" Athena scosse la testa, le lacrime cadevano, "No..."
"Non credevo che avrei avuto l'onore di rivederti, signorina Avery..." la sua voce era fredda, spaventosa, "Da quando ti ho lasciato scappare dal mio castello la prima volta, pensavo che la volta dopo ti avrei visto in una tomba."
Lei rimase pietrificata davanti a lui, non capace di muoversi mentre lui si avvicinava. La sua mano afferrò le spalle di Atlas, e lo tenne vicino. Sentendo la malvagità nell'aria intorno all'uomo.
"Ma non possiamo essere sempre fortunati, vero?" ghignò, muovendosi intorno a loro, i suoi passi sicuri, "Naturalmente avevo altri piani per te allora, come mettere il tuo amore contro di te. Perciò eccoci qui..."
"Amelie, guardami," esortò sua madre da dove si trovava, le guardie che la tenevano stretta, "Non guardare lui, guarda me."
Lei non lo fece. Amelie guardava Atlas. La sua mano posata sullo suo stomaco. Il suo cuore si ruppe.
"Vedi..." ridacchiò il Signore Oscuro, prendendosi gioco di loro dalla sua posizione, "Ti ho detto che non le importava di te, strega."
Athena deglutì, spaventata a morte per il bene dei suoi figli, "Andrà tutto bene, Amelie. Andrà più che bene."
"Promesse..." sibilò lui, affrontando la donna, "Qualcosa che non sei mai riuscita a mantenere."
Amelie teneva Atlas così forte. Non sentiva quasi più le braccia, ma non lo lasciò, "Non guardarlo, Atlas. Chiudi gli occhi. Io sono qui." mormorò, "Sei al sicuro."
Il bambino tremava. I suoi arti aggrappati a sua sorella con tutto sé stesso, e fece come gli aveva detto. Sigillò gli occhi, seppellendo il viso nella sua vita.
"Metti pure il mio stesso sangue contro di me," disse l'uomo, guardando Athena con occhi pieni di disprezzo. L'odio irradiava nella stanza, "Hai portato via la mia prole. Il mio dannato sangue e la mia carne."
"Ti prego-" Athena dimenò la braccia, cercando di liberarsi dai mangiamorte che la tenevano, "Lasciali andare. Lasciali andare, e farò qualsiasi cosa."
"Qualsiasi cosa? Non sembrava così quando le hai rovinato la vita proteggendo un altro figlio. Credo che sia più che dimostrato che farai più del male che del bene a quella ragazza." disse lui, guardando uno degli uomini alla porta, "Ma non è questo il motivo per il quale ti ho portato qui stanotte... Porta qui il ragazzo."
Amelie si congelò, le sue vene si ghiacciarono mentre guardava Theodore venire trascinato dentro. Il suo viso era ferito, i suoi vestiti strappati e macchiati di sangue. L'uomo lo trascinò sul pavimento fino a lanciarlo ai piedi del Signore Oscuro.
"Ahhh...Theodore..." ghignò così malvagiamente che Amelie dovette guardare altrove, "Si sono presi ben cura di te, vedo."
"No," ansimò Amelie l'istante che Voldemort alzò la bacchetta verso di lui, "Non lui, per favore. Non lui. Farò tutto quello che volete ma non toccatelo. Lui non ha niente a che fare con questo-"
"Niente a che fare con questo, dici? Allora chi è che ha riportato il tuo aggressore in vita? Chi ha salvato tutti i servi che Malfoy ha ucciso? Chi mi ha abilitato?"
I suoi occhi caddero per guardare a terra, "Non gli hai dato scelta."
"No, ma se fossi io quello innamorato della mia migliore amica - preferirei morire che dar loro torto." il Signore Oscuro la fissava. Prima non l'aveva mai riconosciuta davvero. Non era niente di simile all'anima debole che credeva fosse, "E lui non l'ha fatto. Theodore Nott mi ha servito proprio come ha fatto ogni altro uomo in mio potere. Lui è colpevole tanto quanto me."
Amelie deglutì, "Non è affatto come te, e non importa quanto ti impegni per renderlo un mostro, non lo diventerà mai."
"Oh cara," Voldemort indietreggiò, sorridendole malvagiamente, "Lo vedremo."
Amelie non capì totalmente cosa accadde dopo, anche se lo vide con i suoi occhi - non era sensato per lei. Tutto quello che fece fu guardare l'uomo che portava lentamente le mani sul suo viso, sui suoi capelli e il dopo la spaventò come niente l'aveva spaventata prima.
Si trasformò. Diventò qualcosa di orrido. La sua pelle era grigia adesso. Il suo viso era fuori dal normale. "Io sono il male. Sono il mostro, e farò quello che mi pare con tutti voi...a partire da quella lurida madre che hai."
I suoi occhi oscillavano. Non sapeva dove guardare, come formare le parole che voleva dire.
"Vedi, cara?" allungò le mani in aria, guardandola come se avesse qualcosa da dimostrare, "Non ne uscirai mai. Ti tormenterò dentro la tomba, ma per adesso...adesso hai una scelta da fare."
Annuì alle guardie, e loro marciarono con sua madre sul pavimento, lasciandola a terra accanto a Theodore, "Dici che lui non diventerà mai un mostro come me, ma tu? E se ti trasformassi nel mostro che disdegni tanto?"
Amelie schiuse le labbra, un respiro tremolante uscì dal suo petto, "No."
"Scegli." disse, indicando entrambi mentre erano in ginocchio. I mangiamorte intorno a loro obbligarono Theodore e Athena a guardarla, "Non è che tu non abbia già ucciso, bambina. Non pensi per un secondo che mi sarei dimenticato di Azkaban?"
Amelie sapeva di aver preso delle vite quella notte. Sapeva mentre bruciava tutto che le anime sarebbero andate insieme alle fiamme. Sarebbe stata dannata per il resto della sua eternità per questo.
"No, per favore," pregò, abbracciando Atlas più vicino, "Non farlo."
Non poteva fare questo a Atlas. Non poteva scegliere Theodore al posto della persona che lo teneva al sicuro, ma allo stesso tempo - Amelie non sarebbe riuscita a fare un altro respiro se il suo Teddy non respirava con lei. Anche se era una scelta chiara per lei, non poteva prenderla in nessuna realtà. Non così. Mai.
"Scegli." disse di nuovo, più forte questa volta. Quasi urlandole nella stanza affollata, "Scegli o moriranno."
Per la prima volta da quando era entrato, Theodore alzò il mento, e fece incontrare i loro occhi, "Va tutto bene, Amelie." sussurrò, con calma, attraverso il pugnale sulla sua gola, "Salvali per me. Salvali come hai salvato me."
Amelie stava piangendo. Le lacrime scorrevano lungo le sue guance mentre indietreggiava, inciampando con Atlas ancora attaccato al suo corpo, "No-"
"Amelie, guardami," anche lui stava piangendo. Theodore stava piangendo così silenziosamente, eppure forzò un sorriso sulle labbra, dandole tutto il permesso per fare ciò che credeva fosse giusto, "Ti voglio bene, Amelie. Ti voglio bene, e un giorno ci rivedremo."
"No," tutto il corpo di Amelie tremava, la sua vista si offuscava. Era difficile respirare, "No. Io non sceglierò. Non posso-"
Il Signore Oscuro alzò la mano, puntando la bacchetta tra sua madre e il ragazzo che dava costantemente la sua vita per la sua, "Se non scegli, moriranno entrambi."
"Ti prego-" stringendo lo stomaco, Atlas la lasciò andare lentamente, "Ti prego, ti prego-"
"Uno,"
"No, no, no-"
"Due."
"Ti prego! Ti sto supplicando!" si stava tirando i capelli. Chiudendo gli occhi, ed era come se la sua vita stesse lampeggiando davanti ai suoi occhi. Vedeva tutto finché non sentì Theodore.
Sentì il tenero suono degli uccellini che cinguettavano, e quando aprì gli occhi, giacevano sull'erba. La sua testa sulle sue gambe, la sua mano che giocava con le sue dita, e lui che leggeva.
Il sole brillava. La brezza riscaldata. Leggeva a bassa voce la stessa riga ancora e ancora. La frase a lui cara. Lei sorrideva. Sorrideva e baciava il dorso della sua mano prima di guardarlo. Il suo Teddy. Il suo Teddy. Il suo Teddy. Era sempre stato lui per lei. La sua ragione. La sua vita. Il suo salvatore. Sempre lui.
Lui le sorrideva, scostandole i capelli dagli occhi, e si piegò, baciandole la fronte. Ti amo, le disse. Ti amo come si amano in questo libro. Ti amo così tanto che non posso vivere senza di te.
Sentì una lacrima nell'angolo del suo occhio, e poi li chiuse.
Tornò indietro.
Il suo cuore correva, il rumore rimbombava nelle sue orecchie. Poteva vedere sua madre. Stava piangendo. Stava urlando e gridando, ma Amelie non la sentiva. Non sentiva niente se non quella singola linea che Teddy le leggeva. La loro riga. Il loro libro preferito. Loro.
"Quale punizione più grande esiste della vita quando hai perso tutto che l'ha resa degna di essere vissuta?"
Questo era come ci si sentiva. Non poteva vivere senza di lui. Non ci sarebbe stato un giorno dove la sua vita non sarebbe stato il peggior tipo di inferno senza Theodore Nott. Il suo Theodore. Il suo Teddy. Lui.
Lui mosse le labbra, ma nessun suono le lasciò. Lei vide la luce verde cominciare a crearsi dalla bacchetta del Signore Oscuro.
Era troppo tardi.
Tardi.
Il tempo era qualcosa non concessa ad Amelie. Tutto venivano portati via da lei, e anche se desiderava che qualcuno entrasse a salvarla - nessuno sarebbe venuto perché erano tutti morti. Hermione, i suoi amici, e la loro famiglia, i studenti di Hogwarts, gli insegnanti, Pansy, Aimee, Blaise. Tutti erano morti. La morte. La luce consumata dell'oscurità mentre veniva a bussare alla porta di ognuno. Li aveva portati via tutti da lei.
Amelie deglutì. Deglutì così a fatica che pungeva, e vide quella luce verde della morte che aveva visto così tante volte prima. Non era questo ciò che la spaventava. Non aveva paura della morte, ma di ciò che la seguiva.
Draco, sarebbe andato con lei. Non avrebbe sopportato un battito del suo cuore se il suo non batteva col suo. Atlas non avrebbe avuto sua sorella. Narcissa sarebbe stata lasciata. Questo la spaventava - le conseguenze che portava la morte.
Se se ne fosse andata, forse avrebbe potuto rivedere Pansy. Forse avrebbe potuto riunirsi con lei e Aimee. Avrebbe sentito gli abbracci di Hermione. Sentire la risata che la faceva ridere. Avrebbe visto Blaise. Avrebbe potuto ringraziarlo come si deve.
Tutti i suoi pensieri si annuvolarono. Non poteva pensare. Non poteva pensare. Non poteva pensare.
"Tre!"
"No-"
"Che ne dici di Teddy?" sorrise, mordendosi il labbro inferiore, incerta, "Mi piace."
"Teddy?" lui si accigliò, scuotendo la testa con un ghigno, "Sembra il nome di un peluche."
"E' adorabile," prese la sua mano nella sua, intrecciando le dita, "E tu sei come un orsacchiotto per me. Sei tu quello che abbraccio quando ne ho bisogno. Quello da cui vado per consolarmi. Tu sei un Teddy."
"Teddy..." disse di nuovo, più sicuro adesso, "Dillo ancora. Non suona male quando lo dici tu."
Lei rise, la sua voce così dolce per le sue orecchie mentre lei si arrampicava sulle sue gambe, "Teddy, Teddy, Teddy. Il mio Teddy."
Lui deglutì. Non rispose, e questo la fece accigliare, "Che c'è?"
"Non lasciarmi mai." disse, ora la sua voce era sottile, "Promettimi che non mi lascerai mai. Non importa cosa accade, siamo noi."
I suoi occhi si addolcirono. Il suo tocco era così gentile. Avvolse le braccia intorno al suo collo e gli baciò la fronte, "Non ti lascerò mai, Teddy. Siamo noi, non importa cosa accade."
Quella fu la promessa che non ruppe mai perché la cosa successiva che Amelie sapeva, stava abbracciando il suo collo. Era sulle sue gambe con le labbra premute sulla sua testa, "Noi, Teddy. Non importa cosa."
Il Signore Oscuro li osservò, e annuì lentamente. Non disse una parola. Lei non realizzò cosa aveva fatto, cosa aveva scelto finché le palpebre dei suoi occhi umidi non si schiusero e la luce verde che doveva temere colpì il petto di sua madre.
"No!"
"Starai bene, Amelie." disse dolcemente all'orecchio di sua figlia, "Andrà tutto bene. Ti proteggerò io. Ti salverò da tutto questo. Va a dormire. Addormentati, Amelie, e tutto andrà bene quando ti sveglierai."
La bambina stava piangendo, afferrando le maniche della maglia di sua madre, "No, mamma. Ti prego non andare. Non lasciarmi con mio padre."
"Starai bene. Questo è meglio per te. Per te questo è meglio di ciò che succederà se ti porto con me, Amelie. Devi capirlo. Devi fidarti di me."
Lei stava singhiozzando senza controllo, e quel suono che fece mentre urlava e piangeva e gemeva nel collo di sua madre era il peggior suono che un genitore avrebbe mai sentito.
"Amelie, ci rivedremo un giorno quando sarà sicuro. Ti prometto che mi troverai un giorno. Mi troverai, e staremo di nuovo insieme." cercò di staccare le piccole braccia, ma non l'avrebbe lasciata. Si aggrappò a sua madre come mai prima, "Amelie, per favore."
"No, no, no." ripeté, ancora e ancora, "No, no, no, no."
"Non è come sembra, Amelie. Niente è come sembra. Starai meglio adesso. Sarai al sicuro."
"Lui mi farà male," singhiozzò, scuotendo la testa. La piccola voce strappò la stanza, "Mi farà male quando tu non sei qui. Mi farà molto male, mamma."
"Sarai al sicuro. Non può toccarti qui. Non sa che sei tu. Pensa che sono io, Amelie. Sarai al sicuro."
Alzò la bacchetta dietro la testa di sua figlia, che piangeva nei suoi capelli, "Ti voglio bene, Amelie. La mia piccola dolce bambina. Ti voglio bene, ma ho bisogno che sei al sicuro. Sii al sicuro per me. Sii al sicuro per me, e tornerò per te."
E poi sussurrò la magia per addormentare il corpo della bambina. Le sue braccia lasciarono sua madre, e si addormentò, "Ti voglio bene, Amelie. Ti voglio tanto bene... Obliviate."
"Dorme?"
"Non voleva lasciarmi andare."
"L'hai fatta dimenticare?"
"Sì, Andrew."
"Bene, ora esci dalla mia diavolo di casa."
"Andrew, per favore-"
"No. Ho accettato perché te lo dovevo. Ho promesso che mi sarei preso cura di lei, ma devi andare prima che ti uccida. Non voglio più rivedere la tua faccia."
"Non farle del male, ti prego. Non è colpa sua."
"Come detto, la terrò nascosta finché lui non lo scopre, ma il secondo che lo fa, Athena. L'istante che lo sa, io scappo."
"Andrew-"
"Adesso vai, prima che trascini noi tre nel tuo sporco disastro."
"Mi dispiace."
"Che ti dispiace non ti salverà la vita. Lei è condannata. Tutti noi lo siamo. Ci hai uccisi."
La sua vita venne messa di nuovo in mostra, ma questa volta da qualcosa che non aveva mai visto prima. Qualcosa che non aveva mai sentito. Qualcosa che prima non c'era. Era il suo ricordo. Era il suo ricordo - il suo ricordo che sua madre le tolse la sera che se n'era andata.
Era di nuovo lì, quello che Draco aveva cercato per tanto tempo, la ragione per cui aveva maledetto la sua vita. Ora era lì. Chiaro e pulito come la luce del giorno.
"Madre..." Amelie piangeva, lanciandosi a terra, e prese il corpo di Athena prima che colpisse il pavimento, "No, no, no-"
"Amelie," soffocò lei, la sua pelle pallida. I suoi occhi appassiti. Non poteva muoversi, "Mi dispiace-"
Il suo petto faceva un respiro alla volta. Le sue labbra diventavano blu.
"No-" singhiozzò Amelie, afferrando la maglia di sua madre, scuotendo il suo corpo senza vita, "E' a me che dispiace. Non volevo scegliere, per favore-"
Niente aveva fatto male come questo. Non vedeva altro che sua madre, che moriva proprio lì tra le sue braccia. Athena l'aveva delusa così tanto. L'aveva delusa in tutti i modi possibili, ma Amelie non importava perché aveva tenuto Atlas al sicuro.
Le aveva riportato il bambino, e l'avrebbe perdonata altre mille volte se avesse dovuto, "Ti prego..." la voce di Amelie si spezzò. Non riusciva a parlare. Faceva molto male parlare, sentire il corpo di sua madre congelarsi, "Non andare. Lui ha bisogno di te. Io ho bisogno di te-"
Gli occhi di Athena erano spalancati. Le sue pupille erano larghe mentre il mondo svaniva intorno a loro, "Eri-" ansimò a malapena, "Niente è come sembra-"
Amelie singhiozzò, e si portò le mani di sua madre alle labbra, baciandola, "Mamma..."
"Non è mai stato Atlas-" la sua testa cadde sulle gambe di Amelie, le sue dita si allentarono, trovando il suo stomaco per dei brevi momenti. Lei lo sapeva. Athena non disse niente, ma poteva sentire quel piccolo cuore che batteva dentro sua figlia. "E' sempre stato..." non trovava l'aria per respirare. Stava morendo. Se ne stava andando, ma non faceva male. Non era doloroso. Era tranquillo.
Athena non apprezzò la sua vita mentre la circondava. Non ha mai vissuto un momento di pace, ma ora sì.
Finalmente, dopo decenni su questo pianeta, in questa vita tormentata, poteva riposare. Poteva trovare pace, sapendo che nessuno avrebbe potuto prendersi cura di Atlas come Amelie e la loro piccola famiglia. Poteva riposare in pace perché questa guerra era già vinta.
Lo sapeva. Se n'era assicurata.
Giocava da quando era nata sua figlia. Athena aveva schematizzato, pianificato e svoltato perché questo giorno arrivasse. Ora poteva andare.
"Eri tu."
"No-" la testa di Amelie cadde sul petto di sua madre, le sue lacrime bagnarono il tessuto della sua maglia, "No, no, no. Ha bisogno di te. Atlas-" singhiozzava. Piangeva. Gemeva. Amelie non aveva mai sentito una perdita come adesso. Almeno, era ciò che credeva. Sua madre era andata, e il mondo diventò più scuro per questo.
Amelie non notò nemmeno come Theodore si era lanciato sul pavimento, ferito. Avvolse le braccia intorno a Atlas, e si alzò in piedi. Abbracciando il bambino piangente al petto. Non notò come Draco aveva sentito il suo urlo il secondo che era entrato nella casa. Non lo vide irrompere nella stanza. Non vide il dolore nei suoi occhi mentre guardava cosa succedeva.
La sua Amelie, era seduta con il corpo di sua madre tra le braccia, che piangeva. La sua testa scattò, guardando il moro, che aveva la testa del piccolo seppellita nella sua spalla. Era in ritardo. Malfoy era in ritardo, e ora lei aveva perso un'altra persona.
Quel fuoco tornò. Quelle fiamme maligne che accendevano un incendio dentro di lui erano tornate. Non riusciva più a respingere l'oscurità. Amelie stava piangendo, e il suo mondo era eclissato.
"Questo finisce adesso," ringhiò Draco, facendo un passo nella stanza, "Non lo potrai fare mai più."
Fece ridere il Signore Oscuro. Ghignò malvagiamente alla comparsa di Malfoy, "Eccolo," schernì mentre gli uomini intorno a lui cominciavano a circondarlo, stando tra Draco e Voldemort, "Quanto ti ho aspettato, figliolo."
Gli occhi di Draco rimasero sul suo cuore, ancora inginocchiato a terra con sua madre tra le braccia, prima di guardare Theodore, "Portalo via. Portalo via da qui adesso."
Theodore ci provò. Stava per camminare verso la porta dove stava Draco, ma l'istante che si avvicinò, Voldemort tuonò in avanti. Nessuna persona nella stanza ebbe la possibilità di battere ciglio prima che Amelie venisse alzata da terra, il suo pugno prese i suoi capelli, e premette la bacchetta nella sua gola, "Se te ne vai, ucciderò questa patetica scusa di strega, e sarebbe triste, no? Considerando che ha appena scelto la tua vita a quella di sua madre."
Draco strinse la mascella, "Lasciala andare, adesso."
"Quante volte devo dirtelo, figliolo? Quante volte devo mostrarti chi ha il potere perché non importa quanto giochi - vinco sempre io." il Signore Oscuro sorrise malignamente, "In ginocchio."
Malfoy strinse il pugno intorno alla bacchetta. Non poteva scagliarsi, non ancora. Lo aveva imparato dall'uomo che era lì. Voldemort gli aveva insegnato a cogliere l'avversario di sorpresa. Così rimase fermo al suo posto, raddrizzando le spalle.
"Ho detto, in ginocchio, figliolo o questa streghetta morirà insieme a tuo figlio."
Bruciò di nuovo. Oh, come tremava per la rabbia. Poteva a malapena trattenere un respiro di coesione mentre quelle parole rotolavano velenosamente dalla sua lingua. Il Signore Oscuro sapeva di sua figlia. Era più vulnerabile adesso.
"Cazzo, non-"
Venne lanciato un incantesimo, e colpì il suo petto, ma lui non si mosse. Draco non cedette all'inizio. Sentiva a malapena i coltelli che lo aprivano da dentro. Tutto quello che sentiva era lei. Era così spaventata. Lo vedeva. Aveva paura per tutti loro.
"In ginocchio e pregami di risparmiare la loro vita," disse, strattonando Amelie per i capelli, "Non hai fatto altro che rubare da me, Malfoy. Mangiamorte, guardie, servi." gli puntò il dito contro, "La mia gente. Hai solo preso e preso come se non ci fossero conseguenze per le tue azioni, ma fammi dire una cosa...La tua fortuna è finita, e se non ti inginocchi e preghi per pietà - ti porterò via tutto, proprio come hai fatto tu con me."
Lo colpì. Ogni parte del corpo di Malfoy faceva così tremendamente male più della magia da cui era soggiogato, e ci provava. Provava a contrastarlo, ma non poteva. Cadde in ginocchio.
"Prega per la mia pietà," gridò Voldemort, spingendo così ferocemente la bacchetta nel collo di Amelie che il sangue cominciò a uscire dalla ferita, "Supplica per la sua vita, e potrei risparmiarvi."
Per dei momenti, il petto di Draco si appesantì. Le sue interiora bruciavano come non mai, e ghignò. Sogghignò col mento attaccato al petto prima di sollevarlo. Guardo dritto il Signore Oscuro, "Preferirei morire che pregarti." disse, e in quel momento, Amelie non poteva capire più nulla. Venne lanciata a terra. Qualcosa colpì la sua schiena, e per dei minuti, tutto divenne nero.
Tutto svanì. Le sue urla non venivano sentite. Non poteva sentirle lei stessa. Tutto quello che faceva era tenersi la pancia, proteggendo sua figlia anche se la magia spietata martellava nel suo corpo.
"Porta il bambino fuori di qui adesso!"
Theodore lo fece. All'inizio esitò, ma non poteva mettere a rischio la vita di Atlas - così scappò. Corse il più velocemente possibile nel cortile del maniero finché non vide due figure che apparvero alla fine della proprietà. Narcissa e Lucius. Era passato solo poco tempo da quando Draco e Adrian avevano lasciato la loro casa, ed erano venuti per aiutarli.
Theo dovette pregare Narcissa di tornare a casa. Dovette supplicarli di nascondersi. Doveva salvarla. Doveva assicurarsi che Amelie sarebbe uscita viva da quella casa. Non poteva unirsi a loro.
Atlas urlava e gridava mentre Narcissa lo prendeva tra le braccia. Piangeva e piangeva. Si dimenava, e tirava. Cercava di tornare da sua sorella. Amelie era tutto ciò che aveva adesso. Sua madre era appena morta davanti a lui. Doveva tornare da lei, ma Narcissa non glielo permise. Lo abbracciò, e lo portò al sicuro.
Era al sicuro. Atlas era al sicuro.
La mente di Amelie non riusciva a fermarsi. Anche se era lì in un dolore agonizzante, i suoi pensieri ruotavano intorno all'ultima cosa che disse sua madre, il ricordo che le aveva dato. Non aveva mai avuto senso per lei. Niente era mai stato così confuso eppure chiaro come questo.
L'aria nei suoi polmoni venne quasi bloccata mentre ci pensava.
Come suo padre la picchiava, perché la odiava così tanto.
Come poteva vedere il ricordo di Draco che uccideva suo padre quando gli era stato portato via.
Come sua madre era scappata con Atlas, sapendo in fondo chi fosse suo padre. Suo padre. Suo padre la odiava. La disprezzava senza alcuna ragione, eccetto il fatto che un motivo lo avesse. Aveva una ragione nella sua mente crudele per odiarla.
Ora tutto aveva senso.
Suo padre sapeva e approvava che sua madre falsificasse la sua morte. Non la compiangeva perché lo sapeva. Sapeva che fosse scappata. L'aveva aiutata a nascondersi. L'aveva nascosta. Aveva portato Amelie nell'ospedale dove era nato Atlas. Aveva visitato il dottore ancora e ancora. Lo sapeva. Tutti lo sapevano. Tutti giocavano una parte nella scomparsa di sua madre. Lucius, il dottor Brown, suo padre, tutti lo sapevano.
"Non è mai stato Atlas. Eri tu."
Era lei. Dall'inizio, era lei.
Sua madre non aveva mai mostrato un segno di vita finché Amelie non era morta. Non aveva mai permesso di essere trovata finché il suo cuore non smise di battere. Lo sapeva. L'ha sempre saputo. Stava nascondendo Amelie alla luce del giorno. Era lei. Tutto conduceva a lei.
La battaglia intorno a lei aumentava, eppure non poteva pensare. Non poteva formare un pensiero su ciò che stava succedendo perché era lei. Era lei, dall'inizio.
Vedeva Draco. Vedeva come combatteva. Vedeva come il Signore Oscuro si nascondeva dietro i suoi uomini. Non aveva la forza di combattere. Adesso lo sapeva.
I corpi cadevano a terra, ancora e ancora. Malfoy non risparmiò un pizzico di pietà perché tutto quello che vedeva era lei. Era ferita, e il sangue colava dalle sue braccia.
Non riusciva a controllarsi mentre prendeva profondi respiri, e urlò. Gridò così forte che ogni candela che ricopriva le pareti si spense. I quadri appesi nella stanza vennero strappati dal loro posto, e ogni ultimo mangiamorte in quella stanza cessò di vivere. Non aveva mai visto una magia come quella. Non aveva mai visto nessuno evocare un incantesimo come Draco.
Li aveva uccisi tutti, e cadde in ginocchio nel processo. Aveva preso maledizione dopo maledizione senza esitare per lei. Loro. Amelie e la loro figlia. Il suo corpo era così fragile. Poteva a malapena respirare mentre le sue ginocchia colpivano il pavimento. Lo fece. Privò ogni uomo della vita.
Malfoy era il peggior tipo di assassino. Era l'inferno a forma di uomo quando si trattava di lei. Era un assassino che avrebbe preso ogni vita necessaria perché lei restasse intoccata. Avrebbe finito ogni anima che cercava di graffiare la sua. Non aveva pietà quando era in ballo lei. Lei e solo lei. La sua Amelie.
Il Signore Oscuro sbatté le palpebre mentre i suoi occhi andavano da lui a lei. Lei.
La sua vista vacillava, spinse le mani a terra mentre la brezza riempiva i suoi polmoni d'aria. L'ossigeno scorreva nelle sue vene. Stringendosi lo stomaco, si alzò in piedi.
Non era ancora finita. Lo sapeva. Lui era ancora in piedi, e doveva cadere.
Non sarebbero mai stati liberi a meno che lui non cadeva.
"Tu..." Amelie marciò in avanti. La sua voce venne sentita a malapena. La maledizione che le aveva lanciato faceva ancora male, che lei non cedette. Non mollò. Questo iniziava con loro, e doveva finire opportunamente.
"Lo sapevi, vero?" ansimò, alzando il mento e guardando l'uomo, "Ecco perché non hai osato uccidermi perché in fondo lo sapevi anche tu."
Lui premette le labbra insieme. Non aveva mai avuto così tanto odio negli occhi.
"Sapevi che ero io e mai Atlas. Solo non ne eri sicuro. Dovevi vederlo da te, e l'hai sentito, vero? La notte che ho cercato di uccidermi, hai sentito la mia morte, ecco perché sei venuto nella casa, ecco perché hai salvato Adrian. Era sacrificabile per te, ma l'hai salvato perché dovevi essere sicuro che non fossimo più vincolati."
Lui non parlò. La guardava e basta.
"Perché se non lo fossimo stati, significava che una parte di te è morta con me."
Draco tossì, la sua testa piegata indietro, "Scappa, Amelie-"
Il Signore Oscuro non lo degnò di uno sguardo. Contorse solo la bacchetta, facendo comparire le catene intorno al corpo di Draco. La sua bocca venne chiusa.
"Una parte di te lo sapeva, dovevi saperlo. Altrimenti, mi avresti ucciso molto tempo fa." le lacrime umidirono i suoi occhi. Le sue ginocchia erano così vicine a cedere. Era debole, molto debole, "Ma non l'hai fatto. Non mi hai ucciso perché lo sapevi..."
"Dillo," sputò, puntandole la bacchetta, "Dì le parole, ragazza."
Amelie inspirò, prendendo coraggio, "Sapevi anche che ero tua figlia."
"Dì le parole."
La sua lingua schioccò nella bocca. Non voleva farlo. Non voleva ammetterlo perché sarebbe diventato tutto reale. Amelie non era pronta. Non era pronta a far entrare tutti i segreti che circondavano la sua vita.
"Adesso o quel ragazzo muore."
Le catene intorno a Draco lo strinsero.
Amelie sbatté lentamente le palpebre e le sue braccia caddero lungo i fianchi, "Figlia. Sono tua figlia."
Calò il silenzio per dei secondi. Secondi dove Draco lottava contro le catene, facendole scivolare sulle braccia così che avesse la bacchetta libera. Lei non aveva la bacchetta. Era completamente esposta davanti all'uomo che continuava a togliergli tutto. Che fosse dannato se avesse preso anche lei.
"Esatto," disse lui.
Lei inclinò la testa, "E' per questo che non combatti, perché ti nascondi dietro i tuoi uomini," Amelie indicò le dozzine e dozzine di mangiamorte caduti, "Sei troppo debole. Quando sono morta, è morta anche la parte più grande di te."
"Sì," Voldemort teneva la sua bacchetta verso di lei, "Ed è per questo che andrai con loro. Mi hai preso qualcosa quando hai infilzato quel pugnale nel tuo petto e devi pagare."
Lei lo sapeva.
Da qualche parte in tutte le promesse che Amelie aveva fatto. Sapeva che non sarebbe stata quella in piedi, e si era messa il cuore in pace. Tutti erano al sicuro adesso.
Amelie Avery era pronta a morire, a soddisfare il suo posto su questa terra e andare col mondo mentre brillava. Prima non lo era, ma in quella realizzazione, la sua testa si annebbiò, adesso lo era. Ce l'avevano fatta. Li avevano salvati. Avevano salvato i pezzi rimanenti del mondo magico, e nessuno lo avrebbe saputo. Era pronta a fare quello che doveva fare dall'inizio, ma poi quel piccolo pezzo di lei e Draco cominciò a battere dentro di lei. E non era più solo lei.
Non era solo lei. Erano loro. Tutti loro.
"Allora uccidimi," disse, la sua voce più coraggiosa adesso. Sapeva cosa doveva fare. Atlas era al sicuro. Draco ce l'avrebbe fatta. Theodore non era abbastanza vicino da essere ferito. "Morirai anche tu. Verrai con me perché ti distruggerà, uccidere il tuo stesso sangue. Io non ho alcuna possibilità, ma nemmeno te."
Draco si dimenava tra le catene. Lei era lì, offrendosi alla morte, e lui non poteva fare niente. Le lacrime inumidirono i suoi occhi.
"Mi hai già portato via tutti, perciò fa quello che devi fare. Uccidimi e muori." Amelie tenne la mano sullo stomaco. Sentiva come Draco cercava di parlare, di urlare e di imprecare per ciò che stava facendo, ma non poteva guardarlo. Le avrebbe spezzato il cuore. Doveva farlo. Sapeva cosa fare.
Il Signore Oscuro alzò la bacchetta, e la colpì nel petto. Era così vicino adesso.
"Ne varrebbe la pena," la mano di Voldemort tremava, "Morire felicemente se significa che tu farai lo stesso. Potrei non essere vivo, ma Malfoy vivrà con le conseguenze di me che gli porto via entrambi i suoi cuori nel processo."
"Allora cosa stai aspettando?" le labbra di Amelie rimasero separate, le sue mani si muovevano lentamente sul suo stomaco, "Fa ciò per cui mi hai portata qui, uccidimi, uccidi tua figlia."
Non era stupida. Poteva sembrare che lo fosse, ma Amelie Avery non era una ragazza senza cervello. Sapeva cosa cercava di fare Draco. Poteva sentire le sue catene mentre tintinnavano simmetricamente. Aveva la bacchetta in mano. Lo sapeva, e non ci volle più di un secondo che si voltò verso di lui in quel momento, l'istante che sentì le catene cadere a terra, lui le lanciò la bacchetta.
Amelie indietreggiò. L'arma di Malfoy era nella sua mano, e imitò l'azione di Voldemort.
Draco continuava a lottare contro la trappola. Continuava a cercare di liberare la sua bocca, di dirle di incendiare tutto come aveva fatto ad Azkaban. Sapeva che Adrian sarebbe venuto quando si sarebbe acceso il fuoco.
"Hai ucciso mia madre..." disse, puntando la bacchetta, "L'hai uccisa davanti a Atlas."
Vedeva le sue labbra muoversi, ma non lo sentiva. Amelie sentiva la stessa sensazione nel petto come la notte che aveva incendiato Azkaban. Quella rabbia. Quella sensazione di odio. Si amplificava dentro di lei. Cresceva a dismisura. Bruciava. Pungeva.
"Tu-" ansimò e proprio lì, un secondo di orologio. Appena preso un respiro. Appena sbattuto ciglio - un fuoco si espanse intorno a lei.
Tutta la stanza andò a fuoco. Ogni parete. Ogni pezzo di mobili rotti. Ogni cosa eccetto l'uomo ancora nel centro della stanza, sapendo di aver perso. Non aveva alcuna possibilità. Lo sapeva. Non adesso, ma non lo fermò dal tentativo di prendere la sua vita da solo.
Lo stava bruciando insieme alla sua casa d'infanzia. Il corpo di sua madre sarebbe andato con le fiamme, e anche lui.
Voldemort colse l'opportunità mentre guardava la confusione nei suoi occhi, e gridò, "Expelliarmus!"
La bacchetta di Draco che lei aveva usato per incendiare tutto scattò dalla sua mano e bruciò nel fuoco. Lei non sapeva cosa stava succedendo. Non capiva più niente. L'aria era così densa. Il fumo riempiva i suoi polmoni ad ogni inalazione. Diventò difficile respirare.
"Tu verrai con me, ragazzina," disse debolmente il Signore Oscuro, "Se io muoio, muori anche tu."
Punto la sua bacchetta di nuovo contro di lei, e una luce verde si formò intorno a lui e proprio mentre si creava. Proprio mentre la luce della morte stava per intrappolarla e cessare la sua vita - due braccia la avvolsero, e venne lanciato un incantesimo, colpendo Voldemort prima che la magia la prendesse.
Pesante. Ecco come si sentiva.
Qualcosa di pesanti colpì il suo corpo. Cominciò a sentire intorno a lei qualcosa di pesante, e prima che potesse alzare lo sguardo e vedere cosa l'aveva fermato - lo sentì.
Amelie sentì il suo corpo mentre la abbracciava, "No-" sussurrò. Aveva sentito quell'esatto corpo così tante volte prima. Con lei. Contro di lei. Ferendola. Salvandola. Amandola. Odiandola. Aveva sentito tutto, ma non l'aveva mai sentito cedere su di lei.
"No, no, no-" cadde all'indietro. Il suo corpo intrecciato al suo. Le ginocchia di Amelie colpirono il pavimento mentre si aggrappava alla sua camicia, impugnando il tessuto, "No, no, no, ti prego-"
Adrian.
L'Adrian di Teddy. Il suo Adrian. Il loro Adrian.
"Adrian, no-" Amelie scosse la testa, coprendo il suo corpo, "Ti prego no-"
I suoi occhi trovarono la sua bacchetta, e la portò tra di loro, sussurrando incantesimo dopo incantesimo. Le lacrime cadevano. I singhiozzi spezzavano la magia ma niente. Non poteva essere salvato.
"Amelie-" ansimò così irregolarmente che la distruggeva. Non aveva mai sentito la sua voce così debole prima. La sua mano prese la sua, fermando i suoi tentativi di salvarlo. Lentamente, scosse la testa.
Adrian lo sapeva. Adrian sapeva che non c'era niente che potesse fare per lui. La sua ora era finalmente arrivata.
"No," Amelie scoppiò a piangere, le punte delle sue dita afferrarono la sua mascella, "Non puoi fare questo, Adrian. Non puoi lasciarmi di nuovo." le sue mani trovarono i suoi capelli, "Perché? Perché lo faresti-"
Lui sorrise. Adrian fece un fragile, piccolo sorriso sulle sue labbra insensibili mentre posava una mano dietro la sua testa, portando i loro visi vicini.
Le baciò lentamente la fronte, "Ho detto che l'avrei protetta..." il tocco che aveva sul suo collo cadde sul suo stomaco, "Ti ho promesso che l'avrei protetta come non ho mai protetto te."
"No..." non aveva mai pianto così tanto in vita sua. Emise dei suoni che lo avrebbero perseguitato nella tomba, "Non puoi-"
"Non-" rotolarono le sue stesse lacrime. Pianse. Piangeva mentre il suo petto rallentava, i suoi occhi si chiusero, "Non desidererei di andarmene in un altro modo. Lui può vivere senza di me, ma non può senza di te..."
"Dovevamo essere noi adesso..." singhiozzò Amelie. Le lacrime sgorgavano dai suoi occhi alla sua pelle. Poteva ancora sentirle, per un minuto, Adrian poteva sentirla. Era bello, sentirla.
"Devi restare con noi, Adrian - ti prego -"
"Ti ho detto-" stava cercando l'aria. Morire. Adrian Pucey stava morendo, "Ti ho detto di salvare il mondo, Amelie, e l'hai fatto-"
La sua testa cadde all'indietro, ma lei la afferrò prima che colpisse il pavimento, "Tu hai salvato il mondo, Amelie. Mi hai salvato-"
"Non andare-" gli baciò la testa, parlando nei suoi capelli, "Ti prego, ti prego, ti prego non andare. Abbiamo bisogno di te-"
"E' bello..." le sue labbra non si muovevano più tanto. Il colore della sua pelle stava sfumando, "Essere voluto. Grazie per aver bisogno di me."
"Ti voglio bene," sussurrò lei, ancora e ancora, "Ti voglio bene, Adrian. Tutti ti vogliamo bene. Ti vogliamo molto bene-"
"Vi aspetterò. Promettimi che mi troverete quando sarete pronti. Promettimi che vi rivedrò..." la mano di Adrian cadde dalla sua pancia, e prese l'ultimo respiro che i suoi polmoni avrebbero più preso, "Digli, per favore - Teddy...Digli..."
"Glielo dirò," Amelie singhiozzava, il suo corpo sopra il suo mentre seppelliva il viso nel suo collo, "Lo prometto, glielo dirò. Gli dirò tutto."
Il suo corpo si congelò. Se ne stava andando.
Adrian Pucey aveva infatti vissuto una vita come nessun'altro. Aveva peccato. Aveva ferito, e aveva fatto del male ma nessun mondo aveva mai visto il bene in lui come questo. Si era riscattato.
Adrian Pucey scomparve perché loro vivessero. Aveva fatto tutto ciò che poteva. Era amato. Era voluto, e sarebbe mancato. Era entrato in questa vita come un mostro, qualcuno di così spaventoso e temuto solo per andarsene come uno di loro. Aveva finalmente una famiglia. Aveva finalmente guadagnato un posto su questa terra. E alla fine, dopo quella che sembra una vita a essere tormentato, era libero.
Adrian Pucey era libero.
"Ti troveremo...Ti troverò, Adrian. Ci rivedremo un giorno, lo prometto. Lo prometto. Lo prometto. Ti troveremo quando sarà la nostra ora," Amelie gli baciò la guancia, sentendo come se la sua vita fosse andata dalle sue braccia, "Lui ti ama, Adrian. Ti troverà. Puoi riposare adesso. Sei libero ora. Non possono più farti del male. Nessuno può più farti del male."
Draco si mise in ginocchio, le braccia lungo i fianchi, ed era libero dalle catene. Guardava la polvere della caduta del Signore Oscuro a terra. Ce l'avevano fatta. Avevano vinto, eppure sembrava come se avessero perso. Anche Malfoy lo sentiva. Sentiva una delle perdite più grandi che aveva mai provato.
Non era una vittoria per lui. Non era qualcosa da festeggiare. Era uno dei momenti peggiori della sua vita.
"Amelie-"
Theodore stava riprendendo il fiato alla porta dopo aver lasciato Atlas a Narcissa e Lucius. Le sue mani si afferrarono le ginocchia mentre deglutiva, "Cosa-"
No.
No. No. No.
Il suo sguardo viaggiò alla polvere sul pavimento. Il Signore Oscuro era caduto. Era andato. Portò lo sguardo su Draco, inginocchiato a terra con le catene intorno a lui. Non era felice. Non sembrava come se avesse vinto. Sedeva lì con le lacrime agli occhi, le spalle basse, e la mascella stretta, fissando con vuotezza la ragazza che teneva il suo cuore.
Amelie. Theodore guardò Amelie.
Il suo cuore si fermò. La sua vita cessò a ciò che stava vedendo, "No, no, no..."
Amelie non poteva guardarlo. Strinse il petto di Adrian più forte, seppellendo il viso più a fondo. Niente aveva fatto male più di questo. Aveva provato il lutto prima. Amelie aveva visto la morte in tutte le sue forme, ma questo era diverso. Aveva ferito anche Theodore. Lo sentiva. Il suo cuore era distrutto.
"Amelie, ti prego-" disse Theodore, camminando in avanti nell'aria contaminata di fumo, sulle rovine della caduta del Signore Oscuro finché non allungò le braccia, "Ti prego-"
Ancora non lo guardava. Tutto quello che faceva era lasciare Adrian per nascondersi tra le braccia di Theodore. La voleva lì. Aveva bisogno di lei lì. Oh, quanto Theodore Nott aveva bisogno di Amelie in questo momento.
La ragazza avvolse il suo corpo, la sua testa spinse leggermente la sua spalla, e cadde a terra con lei sulle gambe, "No, no, no..."
"Mi dispiace-" singhiozzò, le sue dita si aggrappavano al suo collo, "Ci ho provato. Ho provato a salvarlo, ma lui - non poteva, non c'era - ti amava. Ti amava, Teddy. Ti amava."
Theodore non disse niente. Pianse. Le lacrime si formavano e cadevano mentre la abbracciava. La prosciugò di tutto il conforto di cui aveva bisogno.
Aveva appena trovato qualcuno. Aveva trovato qualcuno che era suo. Si era innamorato. Amava. Amava quel ragazzo così profondamente che faceva male. Era felice. Theodore Nott non era mai stato più felice che nei momenti insieme a lui.
Erano loro. Dovevano essere loro. Era stato perdonato. Era libero. Era suo. Era di Theodore.
Erano loro, ma non più.
Amelie strinse la presa su di lui, stringendolo mentre si spezzava. Non aveva mai sentito i suoni che fece. Non aveva mai sentito qualcuno piangere come fece Teddy. Le sue urla. I suoi gridi. I suoi pianti.
Distolse lo sguardo con le lacrime negli occhi. Malfoy aveva bisogno di lei. Ne aveva così bisogno al momento, ma sapeva che loro avevano molto più bisogno uno dell'altra. Draco non poteva più guardarli. Faceva troppo male.
Era doloroso. Era tragico. Era agonizzante.
Teddy era felice, ma non lo era più. Non aveva mai sentito un dolore straziante come questo. Lancinante, atroce, furioso. Faceva così male che non poteva respirare. Non sapeva dove tutto era andato storto. Ce l'avevano fatta. Avevano lottato. Avevano vinto.
Eppure, nessuno aveva perso come loro, come lui.
Adrian Pucey era morto, e Theodore Nott non sarebbe più stato lo stesso.
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