E i g h t y - o n e
Questo capitolo contiene traumi emotivi e menzioni ad abusi. Per favore, leggere con cautela.
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"Ci sei mancata."
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I suoi occhi guizzavano tra il bambino davanti a lei e la signora sugli ultimi gradini delle scale della capanna. Amelie soffermò il suo sguardo su quella donna per mezzo minuto.
Guardando le ciocche castane e spesse che cadevano disordinatamente sulle sue spalle e il sorriso grazioso che portava. I suoi occhi brillavano dalle lacrime e aveva bisogno di strizzare leggermente gli occhi per il sole, che brillava su di loro.
Una curva fievole svanì sulle labbra di Amelie, quasi come se non potesse decidere cosa pensare di questo.
Suppose che era qualcosa che l'avrebbe lacerata o qualcosa che sarebbe venuto a curarla. Non poteva posare il dito su ciò che avrebbe fatto adesso.
Inizialmente, voleva scappare. Fuggire da ogni emozione che questo le portava, ma non poteva, e tutto dipendeva dal bambino davanti a lei, che seguiva i suoi movimenti mentre si alzava in piedi.
Il suono morbido di passi che si avvicinavano dietro di lei la fecero sentire al sicuro. Theodore e Draco si posizionarono poco lontano e su ogni lato di lei.
Theo con le braccia incrociate al petto, le sopracciglia basse, e il suo sguardo giudicante - mentre Malfoy aveva le mani infilate nelle tasche, e non guardò nemmeno la donna, guardava semplicemente Amelie.
Sempre lei.
"Non devi farlo," disse lentamente Draco mentre faceva un passo verso di lei, "Sai che non devi farlo."
Amelie inclinò la testa, guardando l'erba mentre sentiva la sua mano sul suo fondoschiena, dandole il conforto di cui aveva probabilmente bisogno.
Chiudendo gli occhi, prese un respiro profondo, "Lo so," sussurrò, "So che non devo."
La lasciò andare, indietreggiando di nuovo mentre le sue ossa facevano male alla mancanza del suo tocco, sentendosi sola nello stesso momento in cui non sentì più la sua mano su di lei.
"Quella è mamma."
Tutti e tre i colli scattarono, guardando in basso con confusione il bambino dai capelli castani davanti a lei, e Amelie si sentì immediatamente in colpa per non avergli prestato attenzione. Lui allungò la mano perché lei la prendesse.
Atlas le sorrise ampiamente, e lei ricambiò il sorriso, "Lo so," disse gentilmente e si mise di nuovo su un ginocchio, all'altezza del bambino, "So che è mamma."
Amelie non sapeva che sua madre avesse mantenuto la sua memoria viva con suo figlio. Non era passato nemmeno un giorno in cui non parlava di lei - che non ricordasse ad Atlas che un giorno avrebbe incontrato sua sorella.
L'angelo che sua madre aveva dovuto sacrificare, la vita a cui aveva dovuto rinunciare per salvarlo, e che dovevano sempre essere grati per Amelie e tutto ciò che aveva fatto per loro.
Il viso del bambino si illuminò a quello, allargando la curva sulle sue labbra, "Allora vieni a dire ciao," mormorò, con ancora la mano allungata, "Ci sei mancata."
Fu come se qualcuno avesse infilzato un coltello dentro di lei. Capendo che il piccolo e i suoi riccioli disordinati la conoscevano quando lei no.
Annuì mentre faceva intrecciare le dita intorno alle sue, e lui afferrò saldamente la sua mano, portandola con lui sulla terra ricoperta d'erba, "Sei mancata anche a mamma," disse mentre si avvicinavano alla casa, "Non come me, ma quasi."
Tutto il corpo di Amelie si illuminò mentre camminava dietro suo fratello. La sua mano era così piccola nel palmo della sua. Non l'aveva mai provato prima, stare così vicino a un bambino.
Amelie stava sempre alla larga dai bambini, per non ferirli come tutti la ferivano quando lei era una bambina.
Desiderava averlo con Aimee prima che la sua vita fosse portata via da tutti loro. Qualche volta non riusciva a non immaginare come sarebbe stato con loro, come si sarebbe presa cura di Aimee più di quanto chiunque altro avesse fatto con lei.
"Amelie," ansimò sua madre, le sue spalle affondate mentre guardava sua figlia con spavento. La sola voce di Athena fece contorcere e ruotare le interiora di Amelie. La feriva tremendamente sentire sua madre parlare dopo sette anni.
Credere che fosse morta e compiangere la perdita di lei per quasi un decennio non era una cosa facile per un'altra persona, ma Amelie viveva per essere tutto tranne una persona qualunque.
Amelie rimase in silenzio, e si fermò all'inizio delle scale. Il suo mento tenuto basso, e i suoi capelli cadevano sulle sue spalle.
"Amelie," disse di nuovo sua madre, facendo guizzare i suoi occhi, e alzò lo sguardo, incontrando gli occhi che non avrebbe sognato di rivedere, "Ciao, Amelie..."
"Io sono-" Amelie deglutì l'esitazione, scuotendo leggermente la testa, "Non posso-"
Sua madre annuì rapidamente e fece l'ultimo passo sul portico davanti a lei, "Lo so, lo so," sputò Athena, "Va tutto bene, so che è difficile per te."
Draco e Theodore si avvicinarono a loro, fermandosi poco lontano. Non volevano interferire, eppure non potevano lasciarla andare in una trappola. Amelie poteva sentirli entrambi che la fissavano così protettivamente.
"So che potrebbe non essere appropriato-" disse sua madre, muovendo nervosamente le mani in aria mentre parlava, "Ma ti dispiace se io-"
Non finì la frase fino al cenno del capo di Amelie, che le diede il permesso di avvolgere le braccia intorno a sua figlia e stringerla più forte di quanto avesse mai fatto - ma Amelie non ricambiò l'abbraccio.
Rimase semplicemente congelata nel suo tocco, la sua mano ancora incollata a quella di suo fratello.
"Mi dispiace, mi sei mancata-" sussurrò Athena schiettamente, non pensando due volte a ciò che ha detto, "Non posso dirti quanto sono dispiaciuta per averti fatto questo."
Staccandosi da lei, gli occhi di Athena si allargarono alla vista di sua figlia, cresciuta e stupenda. Non poteva crederci. Non poteva immaginare che la persona che le stava di fronte - era veramente la stessa ragazza che aveva abbandonato.
Amelie sembrava ancora la gentile, tenera bambina che le aveva insegnato di essere. Tutto intorno a loro si illuminò quando Amelie si avvicinò.
"Io non-" Amelie continuò a scuotere la testa, così insicura se voleva o no, "Mi dispiace, ma io-"
Sua madre sentiva quanto sua figlia si sentiva incerta, e tutta l'attenzione puntata su di lei peggiorava la cosa. Invece - fece un passo oltre Amelie, più vicino ai ragazzi dietro di lei.
Gettò le mani in aria mentre sorrideva cordialmente, "Teddy," piegò la testa verso il ragazzo, "O è Theodore? Ti chiama ancora-"
"Athena," lui contrattaccò aspramente. Affatto contento con sua madre, "È Theodore."
Amelie si voltò, ancora con Atlas nella mano mentre guardava come Theodore si ritirava un po' da sua madre, prendendo grande distanza, e lui guardò sospettosamente la donna mentre lei annuiva verso il biondo.
"E tu devi essere Draco Malfoy, presumo?" disse gentilmente, "Non penserei che i capelli biondi potessero appartenere a un'altra linea di sangue."
Draco strinse la mascella, e distolse lo sguardo, sconcertato dalla donna mentre annuiva fermamente, "E tu sei la madre, immagino?" la sua voce fredda, "La stessa madre che se n'è andata quando aveva undici anni-"
"Draco," la morbida voce di Amelie lo interruppe immediatamente i suoi occhi grigi, pieni di disprezzo, incrociarono i suoi, "Per favore."
Athena cercò di mandare avanti la conversazione con Theodore, avvolgendo le braccia intorno al ragazzo che una volta conosceva, ma Amelie non poteva concentrarsi su quello.
Vedendo quanto Malfoy fosse affollato di criticismo, desiderava che non si arrendesse. Non avrebbe lasciato che sua madre usufruisse della sua gentilezza, e avrebbe spinto finché Athena non si sarebbe ritirata.
"Draco-" Amelie disse di nuovo, guadagnando la sua attenzione, e lui raddrizzò le spalle, guardandola cautamente, "Vieni qui, vorrei che conoscessi una persona."
Fece quello che credeva avrebbe tolto dalla sua mente gli atti passati di sua madre, e sorrise leggermente al biondo mentre camminava verso di loro, fermandosi solo a pochi centimetri da lei. Lo sguardo di Malfoy non si staccò nemmeno una volta da lei.
Torreggiando su di lei, fissandola curiosamente così vicino che Amelie poteva quasi sentire i suoi respiri sulle labbra, "Cosa?" mormorò bruscamente mantenendo il suo manto fermo.
Amelie fece guizzare i suoi occhi sulla sua pelle grigiastra. Nemmeno una situazione simile a questa poteva fermarla dall'essere meravigliata da lui, e una piega si formò sulla sua bocca mentre lo notava.
"Vorrei che conoscessi Atlas," cercò di leggere il biondo, ma lui non lasciò correre nemmeno un'emozione su di lui mentre lei abbassava lo sguardo di lato, Draco seguì il movimento, e vide il bambino, che teneva la mano di Amelie.
L'aveva visto prima ma non poteva conoscerlo prima che Amelie gli chiedesse di farlo. Non voleva esagerare o farla sentire scavalcata in qualcosa che doveva essere sotto il suo controllo.
Il bambino alzò lo sguardo, piegando il collo per guardare l'intera figura di Draco. Infatti era alto, specialmente per un bambino.
Ci fu una pausa, una piccola esitazione da parte del biondo per mezzo minuto dove guardava il bambino, la sua mente annuvolata da cosa doveva fare, e senza preavviso, Draco si mise su un ginocchio, ancora più alto del bambino.
Posò le sua braccia sul ginocchio. I suoi palmi piegati verso l'alto mentre guardava Atlas lasciare andare Amelie e allungare dubbiosamente la mano verso Draco.
Il calore lo inondò sulla sua pelle pallida mentre sentiva le mani di Amelie scivolare gentilmente sulle sue spalle, e si tirò più vicino a Draco, tenendolo fermo mentre lui rimaneva su un ginocchio.
Amelie sorrise alla vista di Atlas che posava la mano in quella di Draco così spontaneamente - come se non conoscesse alcun diavolo in questo mondo.
"Draco," disse il biondo, gentilmente questa volta, la sua voce tenuta bassa, "Draco Malfoy, e tu sei?"
Notò come le guance di Atlas si arrossivano e cercò di stare correttamente dritto come faceva Draco, si schiarì la gola, "Atlas..." ci fu una breve pausa, e i suoi occhi brillarono mentre catturava gli anelli che ricoprivano le dita di Draco,
"Atlas Avery-" si affrettò il bambino, prima di accigliarsi leggermente, "Come puoi avere tutti quegli anelli in una sola mano?"
Draco sigillò gli occhi per un veloce minuto, sentendo le dita di Amelie accarezzargli i capelli dietro la testa, intrecciando le punte con le ciocche bionde. Amava il tocco che gli dava, anche se era inconsapevole.
Amelie non pensava chiaramente a cosa stava facendo, che era dietro di lui, tracciando le dita sulle sue spalle e risalendo. Era diventato così naturale per lei, mostrare affetto al biondo.
"Beh, non è così difficile, in realtà," disse Draco, guardando dritto negli occhi scuri del bambino, "Ti ci abitui dopo un po'."
Atlas annuì con entusiasmo e tolse la mano da Malfoy, indicando la scatola nel cortile nel centro di esso, "Anche io ho un anello, ma è in quella scatola, e il sopra è pesante. Puoi aiutarmi-"
Malfoy premette le labbra insieme, accigliandosi per non lasciare che guardassero la sua bocca che desiderava arricciarsi in un sorriso alla domanda di Atlas. Era infatti sorpreso che il bambino fosse così fiducioso. Che non esitò a creare una conversazione e chiedere una mano.
"Naturalmente," mormorò, spingendosi in piedi mentre Atlas camminava sull'erba. Draco si voltò verso la ragazza, notando un debole sorriso sulle sue labbra, "Possiamo andarcene, Amelie,"
Malfoy si irrigidì, sentendo il suo caldo abbraccio raffreddarsi, "Non dobbiamo stare qui, e tu non devi farlo."
Muovendo la mano sulla sua mascella, lei inclinò la testa su di essa, baciando gentilmente il suo palmo, "Lo so, ma credo che dovrei parlare con lei, giusto?"
Draco sbuffò, "Non devi farlo. Se non vuoi, non dovresti farlo. Dì la parola, e ti porterò via da qui."
Amelie inclinò la testa, annuendo mentre faceva indugiare la mano per un attimo, sentendo la pelle contro polpastrello del suo pollice, e poi - si ritirò, seguendo il bambino vivace.
"Così ha qualcuno adesso, capisco..." sussurrò Athena, guardando oltre la sua spalla per vedere il moro dietro di lei, "Sono felice per lei, che abbia incontrato qualcuno che-"
Theodore sentì i suoi denti stringersi e il suo corpo filtrare le parole che stava dicendo, "Non lo direi se fossi in te," mormorò, tenendo il suo sguardo fermo su Amelie, "Non hai idea di cosa stai parlando."
Athena si voltò, guardando completamente Theo, e uno sguardo angoscioso crebbe su di lei, "So esattamente cosa ha passato mia figlia, Theodore," disse onestamente, "Solo perché non ero lì di persona non significa che non vegliavo su di lei."
"Col cazzo," ribollì Theodore, facendo un passo indietro da lei, il suo viso in una smorfia infastidita, "Se lo avessi fatto, perché l'avresti lasciata a quello? Come avresti potuto solo aspettare e guardare mentre lei si sgretolava così?"
Iniziò ad arrabbiarsi, "Come potresti anche dirlo? Che hai vegliato su di lei, se lo avessi fatto allora non-"
"Mio figlio..." sussurrò Athena, ondeggiando la testa, "Non avrei potuto fare niente senza che mettessi in pericolo mio figlio."
Theodore non si era mai sentito così deluso come adesso, "Allora l'hai semplicemente lasciato a lei? Scegliere un figlio al posto dell'altro?" diventò cattivo, quasi intimidatorio, "È veramente elegante da parte tua, Athena, non avrei mai-"
"Cosa ti è successo?" ansimò Athena, fissando il ragazzo, "Eri un'anima così luminosa, Theodore, e adesso... adesso sei-"
"Se tu fossi stata qui, se avessi visto cosa siamo stati obbligati a vedere-" deglutì il nodo nella sua gola, "Se avessi visto ciò che lei ha passato come me, saresti cambiata anche tu."
Athena non disse altro. Si voltò per guardare sua figlia mentre scivolava su uno dei gradini, il suo mento riposava nel palmo della sua mano, "Io-" abbassò la voce, facendo dei passi lontano dal moro, "Mi sei mancato, Theodore, per quel che conta, è vero."
Roteando gli occhi via da lei, lui si prese un minuto - una calma pausa per rilassarsi e radunare i suoi nervi prima di presentarsi alla bambino con cui giocava Draco.
Gli faceva male, parlare a sua madre in quel modo - qualcuno che era molto importante per lui nel passato. Qualcuno per cui aveva pianto e sofferto. Qualcuno che sperava fosse meglio.
Passandosi una mano tra i capelli, sistemando i riccioli castani che aveva, sbuffò e andò dai due ragazzi.
Amelie sorrise contro il palmo della sua mano, guardando come Theodore cadeva a terra vicino a Draco e Atlas. Stranamente non si sentiva a disagio col bambino. Non nei modi in cui pensava.
Le venne subito. Come se avesse incontrato qualcuno che già conosceva, e non sentiva l'odio che temeva di provare.
Amelie era terrorizzata di detestare il bambino innocente, suo fratello, perché sua madre l'aveva abbandonata per proteggerlo, ma non sarebbe la Amelie per cui era cresciuta se lo facesse. Non avrebbe mai potuto avere un pizzico di odio nel suo corpo.
"Amelie, ti dispiace-" Athena entrò nei suoi profondi pensieri, facendole alzare lo sguardo e guardare il sole lucente mentre l'ombra di sua madre lo copriva, "Vorrei parlarti se posso? Non devi parlare con me, ma vorrei che tu ascoltassi."
Temporeggiando, per cominciare, il suo sorriso svanì brevemente, e i suoi occhi guizzarono per guardare il cortile ghiaioso tracciato dall'erba, "Certo," disse a bassa voce.
Sua madre non perse un secondo mentre si piegava sul legno accanto a sua figlia, e - proprio come faceva sempre Amelie, abbracciò le ginocchia al petto.
"Sono contenta che hai deciso di venire qui," iniziò Athena, guardando discretamente sua figlia mentre Amelie sedeva, accoccolata, fissando i ragazzi, "So che ho reso difficile per te trovarci, e spero che tu capisco perché l'ho fatto."
Amelie annuì, mordendosi il labbro.
"Ma lo volevo, volevo che ci trovassi. Solo non volevo che qualcun altro ti seguisse," disse, guardando ancora la ragazza, "Era pericoloso per tutti noi, e volevo-"
Athena si schiarì la gola, "Ho riprodotto questo scenario nella mia testa probabilmente mille volte, Amelie. Non sapevo quando ti avrei rivista, così, con te che sai," cercò di confortarla nei momenti più disperati.
Colpì dritto Amelie, sentire le parole di sua madre in quel modo, ma Athena capì velocemente che non era contenta di sentire le cose di cui stava parlando.
"Non c'è un modo semplice per dirlo, ma-" sapeva di non avere molto tempo, non abbastanza tempo per dire tutto quello che voleva dire.
"Ho conosciuto qualcuno," disse Athena, catturando finalmente l'attenzione di sua figlia che desiderava. Amelie mosse il collo, guardando sua madre, "Ho conosciuto qualcuno circa...dieci anni fa, qualcuno che non avrei mai pensato di conoscere, e mi sono innamorata, perdutamente."
Amelie si accigliò, la sua pelle rabbrividì alla verità che stava per ascoltare, "Ma tu non stavi con mio padre?"
"Sì," Athena alzò la testa, e guardò l'ambiente con uno sguardo veloce. I suoi occhi atterrarono su Draco.
"Ma credo che sappiamo entrambe com'è innamorarsi di un salvatore mentre si è promesse al diavolo."
Gli occhi di Amelie caddero sul biondo mentre riposava sull'erba, le sue mani posate dietro di lui per reggersi, e il suo petto si alzava e abbassava rudemente. Doveva essere difficile per lui, pensava. Dare così tanto di se stesso per farle piacere.
"Immagino di sì," sussurrò, tenendo lo sguardo fisso su Draco, e solo per un secondo, lui la guardò da lontano, guardando Amelie nel modo in cui solo lui faceva, "O io sì..."
"E quando l'ho fatto-" Athena continuò, "E quando ho fatto l'errore di tradire tuo padre, non sapevo se più tardi sarebbe stato usato contro di me, e tutto è andato al diavolo se posso dirlo,"
Prese un respiro, "Ero davvero infelice con tuo padre, Amelie. Ero intrappolata in un matrimonio con un matrimonio che ci faceva del male, a entrambe, e non potevo - non c'era un modo per andarcene, non vive e non insieme. Lui era troppo potente, e-"
La sua voce tremava, "Ci avrebbe fatto delle cose, Amelie, cose che non puoi nemmeno iniziare a capire, e quando ho scoperto che ero incinta di questo uomo... decisi di andarmene. Mi avrebbe uccisa prima che Atlas potesse nascere. Ci avrebbe ucciso tutti."
Amelie chiuse gli occhi, solo per lasciare che le parole di sua madre penetrassero dentro di lei.
"Così ho fatto ciò che pensavo fosse giusto. Pensavo di aver fatto tutto quello che potevo per salvarvi, ma non era così, e quando ho capito che-"
"Era troppo tardi," Amelie esalò in silenzio, "Sembra sempre essere troppo tardi, vero?"
Sua madre si voltò, guardando totalmente sua figlia, "Era troppo tardi. Mi avevate già seppellita, e non potevo tornare."
"Amelie, vieni qui, adesso," ringhiò suo padre, allungando la mano dall'interno della macchina, "Non ho tempo per i tuoi giochetti. Puoi giocare quando torniamo a casa, ma ora dobbiamo andare."
Amelie guardò la bambola nella sua mano. La portava ovunque. Non lasciava casa sua nemmeno una volta senza quella, "Devo solo prendere la mia bambola!" urlò, correndo nel cortile dov'era la scatola dei suoi giochi.
Piegò la schiena e prese l'altra bambola, appaiata con quella che aveva già.
"In questo istante, Amelie o giuro su Dio che brucerò tutti i tuoi giocattoli," gridò Andrew crudelmente e uscì dalla macchina nera, scattando le dita contro di lei mentre lei si precipitava nel veicolo.
"Mi dispiace, signore," la sua voce incredibilmente sottile, come se sapesse che le avrebbe fatto del male per avergli disobbedito, ma aveva bisogno di portare anche l'altra bambola. Amelie doveva fare una cosa nel luogo dove stavano andando, "Dovevo prendere-"
"E pensare che hai undici anni con quelle maledette bambole, patetico!" la afferrò per il braccio, e quasi la lanciò nei posti dietro della macchina prima di sedersi accanto a lei.
Amelie poteva sentire le lacrime negli occhi per il segno bruciante delle sue dita, che le strappava la pelle, ma come faceva sempre - deglutì, e giocherellò con la cinta, che la proteggeva e posando le bambole sulle sue gambe.
Era vestita di nero quel giorno.
Di solito non le piaceva quel colore - sua madre diceva che era per le cose tristi. Quando sua nonna aveva smesso di fare visita, aveva indossato un vestito nero nel giardino, e si ricordava di aver visto tutti gli altri intorno a lei vestiti di nero.
"Niente scherzi oggi, Amelie." mormorò suo padre al suo fianco, sfogliando le pagine del giornale mentre l'autista cominciava a uscire dal vialetto, "Non voglio vederti correre in giro, facendomi fare la figura dello stupido. Questo è già abbastanza imbarazzante."
Andrew stava indossando gli occhiali da sole. Lo faceva solo quando era giù.
"Sono chiaro?" il suo collo scattò, guardandola, ma tutto quello che lei vedeva era il suo proprio riflesso, "Non voglio che sia un maledetto circo, Amelie. Ci saranno delle persone importanti, e non ho intenzione che rovini tutto. Capito?"
Annuì mentre teneva strette le bambole, "Capito, signore."
Amelie sapeva che se non avesse risposto a quella domanda - lui avrebbe reso le notti peggiori di quanto fossero già.
Non disse un'altra parola per il resto del viaggio, nemmeno quando arrivarono. Lui la aiutò a scendere dalla macchina, sollevandola prima di posarla a terra, e inclinò la testa, spingendo gli occhiali da sole.
I suoi occhi le facevano sempre paura.
"Ricorda di cosa abbiamo parlato, Amelie?" chiese di nuovo, il suo tono pericoloso, "Riguardo al comportarsi bene?"
"Sì, signore."
Il sole brillava su di loro mentre camminavano nel cimitero. La sua pelle era così calda, e si sentiva sudare sotto il vestito, ma non c'era niente che potesse fare.
Amelie aveva solo vestiti a manica lunga così che nessuno potesse vedere i segni e le ferite sulle sue braccia e sulle spalle.
Andre la afferrò per la mano, notando mentre la bambina cominciava a distrarsi dalla realtà e inciampare nel suo mondo dell'immaginazione, "Amelie," la avvertì, "Buone maniere."
Lei raddrizzò la schiena, guardandosi intorno mentre vedeva le sedie messe in fila e la bara al centro. Gli ospiti si sederono e ruotarono le teste mentre i due Avery rimasti camminavano nel sentiero fino ai posti davanti a tutti.
Amelie avrebbe detto addio a sua madre.
Suo padre ogni tanto piegava la testa, accogliendo le persone che riconosceva prima fare un gesto con la mano perché Amelie si sedesse nelle sedia accanto a lui.
Scivolando su di essa, cercò con tutta se stessa di sedersi adeguatamente, non esitando una volta mentre si concentrava su ciò che stava dicendo il prete.
Non passò molto tempo prima che gli ospiti si alzassero in piedi, e Andrew posò una mano sulla spalla di Amelie, "Diciamo addio a mamma, okay?"
Quella era la prima volta, addirittura in pubblico, in cui il tocco di suo padre non la torturava.
Non le faceva male.
Spingendosi dalla sedia, si alzò accanto a suo padre, fece passi gentili verso la bara. Amelie non riuscì a non sorridere alla vista, come le rose rosse la incorniciavano perfettamente mentre la abbassavano nella terra.
Si aggrappò a suo padre e tenne le due bambole in mano. Non si azzardava a fare un passo falso mentre il suo sorriso cresceva.
Era veramente bellissimo, pensò, proprio come sua madre.
"Posso dire addio adesso?" chiese, inclinando la testa verso l'alto mentre suo padre annuiva fermamente mentre si avvicinava alla cassa.
Sentendo il suo sorriso svanire gradualmente, guardò le rose e poi le bambole nelle sue mani.
"Mi manchi, mamma." sussurrò Amelie, le lacrime pungevano i suoi occhi, "Mi dispiace di non poter più stare con te. Non voglio che stai da sola."
Le sue mani tremavano, le lacrime scivolavano lungo le sue guance, "Ho portato queste per te," disse a bassa voce, "Hai sempre detto una per me e una per te, ma ora non ho più nessuno con cui giocare, e tu sarai tutta sola, quindi hai bisogno di entrambe."
Amelie le abbracciò più forte che poteva prima di farle cadere dalle sue mani, fino a terra.
"Prenditi cura di loro, e io mi prenderò cura di me," sussurrò, sapendo che non ci sarebbe stato un viceversa. La madre di Amelie si prendeva cura di lei, e lei accudiva le bambole, ora - ora sua madre non poteva più prendersi cura di lei.
"Ti voglio bene," pianse, sentendo il petto stringersi, "Ci vediamo presto."
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Amelie credeva veramente di aver seppellito sua madre quel giorno.
Abbassò lo sguardo sul legno rovinato dei gradini su cui sedeva, la sua testa di nuovo appoggiata contro le sue ginocchia, "Perché?" Amelie cercò di equilibrare le sue parole, "Perché ci è successo questo? Quale uomo con cui hai tradito che ha fatto tutto questo-"
La colpì. Una realizzazione la colpì dal cielo chiaro sopra di loro, facendo battere il suo cuore nelle orecchie e il suo respiro bruciare mentre inspirava fortemente. La sua testa scattò, afferrando il legno con le sue mani tremanti e scivolò indietro da sua madre.
"No..." ansimò con angoscia, "Dimmi che non l'hai fatto. Dimmi che non hai tradito mio padre con-"
Amelie non osava neanche dirlo.
Ora tutto aveva senso.
Tutto si collegò nel circolo estenuante in cui era stata incastrata per quella che sembrava essere una vita intera. Tutte le cose che aveva fatto, ogni volta che Draco cercava nella sua testa, la volta in cui il Signore Oscuro aveva dato il suo corpo ad Adrian per quello che Draco non era riuscito a fare.
Il perché lei era la ragione del perdono di Lucius, perché Draco doveva ingannarla, per cominciare, perché la sua mente era il più grande bene prezioso. Perché i mangiamorte non potevano eliminare Draco, perché il Signore Oscuro le aveva salvato la vita.
Perché era stata trascinata in tutto questo. Perché non ha mai vissuto liberamente.
Tutto divenne chiaro.
"Voldemort," il labbro inferiore di Amelie tremava, anche se da qualche parte lo aveva saputo per tutto il tempo, "Avevi una storia con Voldemort e Atlas è suo figlio."
Gli occhi di Athena avevano un pizzico di tensione, "Sì, Amelie. L'ho fatto, e sì, Atlas è il figlio del Signore Oscuro."
Le lacrime cominciarono a formarsi nei suoi occhi, e guardò i tre ragazzi, Atlas che insegnava a Draco qualcosa con le mani, e sentì come se non potesse respirare.
Tutto si sommò, lucido a un punto in cui la sua testa diventò pesante.
"Cos'è lui?" chiese a voce così bassa che sua madre capì a malapena, "Deve essere qualcosa, no? Perché il Signore Oscuro lo vuole così tanto."
Ferendosi la gola mentre parlava, dei pugnali continuavano a lacerare i suoi polmoni.
Athena quasi sentì il cuore pesante che Amelie portava, "Lo chiamano Horcrux, un pezzo della sua anima. Di solito non succede in questi casi. Normalmente un Horcrux può essere fatto quando prendi una vita, ma certe volte, sono raramente creati così."
Amelie chiuse gli occhi mentre le lacrime rotolavano sulle sue guance, "Lui lo sa? Atlas, voglio dire, sa perché ti nascondi?"
"No," ammise Athena, guardando le mani di Amelie, notando il modo in cui le sue dita si contorcevano contro i palmi. Anche Atlas lo faceva, "Sa che il mondo è pericoloso e che siamo cauti, ma niente di più."
Amelie annuì, "Allora non sarai mai al sicuro? Lui non sarà mai al sicuro dal Signore Oscuro?"
Il silenzio le avvolse per un breve minuto.
"Non sarà mai in grado di vivere una vita normale, no," sua madre sbuffò dolorosamente, "Lui è una delle ragioni per cui Voldemort è ancora vivo, e se le persone sapessero di lui, avrebbe un'etichetta sulla schiena per il resto della sua vita, così lo tengo nascosto."
Guardando di nuovo le scale, Amelie singhiozzò in silenzio.
La sua mano sulla bocca per silenziare i suoni, ma Draco poteva riconoscere quel piccolo, inaudibile lamento che faceva lei da chilometri, e volò da terra senza esitazione mentre marciava verso di lei.
"Non posso-" pianse Amelie in silenzio, "Non posso più farlo. Non voglio più farlo-"
Il suo dolore non era niente contro il dolore che provava per suo fratello. Il suo corpo tremava mentre sigillava gli occhi, togliendosi dal mondo solo per un momento.
"È solo un bambino, è-" i suoi denti affondarono nel suo labbro inferiore, ed era insopportabile, "Non lo merita."
Anche se non lo conosceva, solo pochi giorni prima aveva saputo della sua esistenza, non riusciva.
Amelie aveva un cuore unico - tutti, buono o cattivo, entrava nel suo petto fragile, ed era doloroso, fino a un punto in cui non sapeva più come respirare.
Faceva male.
"Amelie-"
La voce di Draco la fece sussultare. Piegò la testa all'indietro mentre si asciugava velocemente le lacrime. Non voleva spaventarlo. Non voleva mai che Draco sentisse di nuovo il suo dolore.
"Amelie, cosa-" strinse Draco, scrutando sua madre mentre la donna distoglieva lo sguardo, evitando lo sguardo mortale che aveva.
Si inginocchiò, proprio sull'ultimo gradino, e le sue mani avvolsero dolcemente i suoi polsi, portandoli via dalla sua testa, "Guardami, Amelie."
Lo fece, senza esitazione, alzò il mento, e i suoi occhi rossi, mischiati con le lacrime, potevano frantumarlo immediatamente in mille pezzi.
Malfoy cercò di mantenere uno sguardo freddo, per non mostrare alcuna emozione vicino a sua madre.
"Vieni qui," disse teneramente. Tenendo il tono basso per il suo bene, anche se desiderava soffocare la donna accanto a lei per aver fatto piangere la ragazza il cui cuore soffriva per lei.
Alzandosi, le sue mani erano ancora intorno ai suoi polsi, ma in un attimo, Amelie inclinò la testa sul suo petto, seppellendosi nel morbido tessuto della sua camicia, e fu nascosta dal mondo, con le sue braccia intorno a lei.
Draco la strinse fermamente, premendo le labbra nella sua testa e sussurrando tutte le cose che sapeva che lei avesse bisogno di sentire. Tutto ciò che sapeva l'avrebbe salvata in uno stato come questo.
"Solo-" Amelie soffocò debolmente. Non ce la faceva più, "Voglio andare a casa."
Draco mugugnò, i suoi palmi presero la sua mascella mentre le piegava la testa, facendole alzare lo sguardo, "Allora andiamo a casa," disse, "Fammi prendere Theodore, e andiamo a casa-"
"Perché stai piangendo?"
Il suo corpo sussultò di nuovo, e fecce annegare Malfoy, sentendo il suo corpo sobbalzare contro il suo. Non esisteva una cosa sulla terra più dolorosa di quello, il suo sussultare.
Amelie prese un respiro profondo, asciugando le lacrime sulla sua pelle col dorso della mano, e forzò un sorriso, inginocchiandosi accanto al bambino che sentiva vicino a lei.
Inclinò la testa, "Io non-" Amelie si interruppe, capendo che non avrebbe dovuto mentire al bambino. Se non altro, tra tutte le bugie nella sua giovane vita in cui sembrava intrappolato, meritava un po' di verità.
"Piango facilmente," lo sguardo di Amelie studiò le ciocche disordinate sulla sua testa, allungando la mano per scostare una ciocca dai suoi occhi, guardando le scure ciglia spesse che aveva mentre lottavano i suoi occhi scuri, "Quando sono triste, arrabbiata, felice. Piango sempre tanto."
Lui annuì, non preoccupandosi del tocco che gli portava, "Anche io piango tanto," disse e sentì come se qualcuno le avesse strappato il cuore, eppure doveva sedere sulle ginocchia e trattenersi, "Magari possiamo piangere insieme qualche volta."
Dovette mordere il suo interno guancia, sentendo una sorta di dolore che non era giusto davanti a lei, "Lacrime felici, spero," sussurrò, "Solo lacrime felici."
"Te ne vai di nuovo?" chiese Atlas, grattandosi il naso e guardandola. Il sole brillava come i suoi occhi.
"Sì," la sua voce bassa.
Atlas sospirò, il suo sorriso sfacciato cambiò in uno sguardo deluso, "Perché te ne vai di nuovo? È perché hai pianto?"
"Tornerò," disse Amelie, le sue dita viaggiarono sul suo braccio, prima di afferrare la sua mano, "Tornerò, e tu puoi mostrarmi i tuoi giochi, d'accordo?"
Gli occhi vuoti brillarono alle sue parole. Il bambino annuì vigorosamente, "Mi mancherai," trattenne il respiro, avvolgendo le braccia intorno al suo collo mentre lanciava il resto del suo corpo su di lei, "Ma tornerai, e giocheremo con i miei giocattoli."
"Tornerò, e giocheremo," gemette lei, e lui seppellì la testa nella sua spalla, chiudendo le dita intorno ai suoi capelli, "Tornerò presto."
Atlas lasciò andare sua sorella, fissando i due ragazzi dietro di lei, e Draco camminò in avanti, posando la mano sulla sua testa mentre spettinava i capelli del bambino, "Ci si vede, piccolo."
Facendo accigliare giocosamente il bambino mentre cercava di spingere Draco, Teddy prese le sue braccia e fermò i suoi movimenti, "Ci rivedremo, Atlas." Theo sorrise graziosamente al bambino mentre lui annuiva.
Athena si alzò, catturando gli occhi di Amelie per un breve secondo prima che la ragazza distogliesse lo sguardo, voltandosi verso il biondo mentre la guardava, vedendo come tutto fosse lontano dal facile.
"Malfoy, Theodore, Amelie," Athena piegò gentilmente la testa, alzando la voce al nome di sua figlia, "Spero di rivedervi presto."
Teddy sorrise con imbarazzo alla donna mentre Draco la ignorava semplicemente, le sue mani circondò di nuovo.
Premuta contro il petto di Draco, rimase solida nel centro della loro stanza, ma non formò una parola. Poteva sentirlo mentre piangeva sulla sua camicia.
"Amelie..." sussurrò Draco, schiarendosi la gola, e la tenne vicina, "Amelie, va tutto bene. Qualunque cosa sia, la aggiusterò. Lo prometto."
Ancora in silenzio, Amelie tremava.
"Dimmi che è successo, cosa ti ha detto?" suonando così preoccupato, la sua voce si spezzò nell'angoscia per la ragazza tra le sue braccia, "Amelie, dimmi cosa ti ha detto."
Niente.
Era come se Amelie avesse escluso tutto - tutto tranne il suo tocco mentre si lasciava cullare.
Col mento sulla sua testa, Draco sospirò, "Tuo fratello-" si interruppe, "Atlas, intendo, è divertente. Sembra uno di quelli buoni, affatto come lo immaginavo."
Malfoy non poteva vederlo, ma sentì il suo corpo mentre si calmava nella sua presa per le parole che stava dicendo.
"Mi ha detto tutti i suoi giochi. Alcuni erano macchine. Alcuni erano bambole. Aveva questo castello blu, non lo so, mi sembrava divertente," Draco continuò a mormorare mentre sentiva il suo respiro rallentare, "Oh, sì, aveva queste due bambole, un paio abbinate. Sembravano vecchie e rovinate, ma erano le sue preferite. Ha detto che le ha avute da qualcuno che vegliava su di lui, ma non saprà mai chi."
Amelie sorrise nel suo petto. Una curva timida sulle sue labbra mentre il calore la inondava.
Sua madre infatti era lì, al suo stesso funerale, e quando tutti se ne erano andati, aveva raccolto le due bambole che Amelie le aveva dato, e le diede al suo fratellino.
Non erano mai soli, nemmeno lei.
"Ma ho visto quelle bambole prima," Draco tracciò la mano lungo la sua schiena, "Nella tua casa, in una di quelle foto di famiglia... Ci ho messo un po' a ricordare, ma chi potrebbe dimenticare delle brutte-
"Draco," Amelie, alla fine, riuscì a respirare, "Non insultare le bambole."
Draco roteò la lingua nell'interno guancia mentre inclinava la testa di lato, tracciando la mano fino al suo collo, e con i pollici sulla sua mascella, fece cadere la sua testa all'indietro.
Il suo cuore perse un battito dalla vista di lei, anche se le lacrime le macchiavano le guance e le sue ciglia lottavano contro di loro. Era ancora mozzafiato per lui.
"Eccola qui," sussurrò Draco, la punta del suo naso strofinò contro il suo, "Ecco la mia bella ragazza."
Piegò l'angolo della bocca, cercando di governare il sorriso che sentiva crescere su di lei, "Anche tu sei bello," emise un sussurro, "Non bello come me, ma quasi-"
"Sì, sì," scuotendo la testa, arricciò il labbro superiore, "Non essere troppo spavalda adesso."
Amelie lo lasciò tenerla così. Come faceva sempre, le sue mani che prendevano a coppa il suo viso e lui che la fissava intensamente - quasi come se la stesse memorizzando, ogni singola volta che stavano insieme, per non dimenticarla mai quando erano tenuti separati.
"Credo che dovrei-" Amelie raspò, deglutendo il sapore amaro nella sua bocca, "Fare una doccia o un bagno, non lo so. È stata una lunga giornata."
Draco accarezzò i pollici sulla sua pelle, annuendo dolcemente, "Posso aiutarti se vuoi? O posso chiedere a mia madre, ma non voglio che tu stia da sola adesso."
"Posso occuparmene-" Amelie spinse una ciocca di capelli dietro l'orecchio, "Sono più che capace di farlo da sola, mi dispiace per aver pianto, ma io-"
Draco le prese la mano mentre stava cadendo lungo il suo fianco, e se la portò alle labbra, baciando gentilmente le sue nocche, "Solo perché puoi stare da sola non significa che devi. Non posso obbligarti a stare con me, se vuoi stare per conto tuo, allora-"
Le punte delle sue dita indugiarono attentamente accarezzando la sua guancia mentre la guardava dall'alto, "Non voglio stare da sola," disse, "Penso sempre di sì, ma non è così."
"Allora non stare da sola. Non tagliarmi fuori e lascia che ti aiuti," i suoi muscoli si rilassarono alla sensazione del suo tocco, che abbracciava dolcemente la sua pelle.
"Chi aiuterà te?" chiese, la sua voce sottile.
"Vederti, stare con te è quello che mi tiene unito, Amelie," Draco diventò un po' freddo, non troppo a suo agio nelle sue parole, "Se tu stai bene, io sto bene."
"Davvero?" le sue mani cercarono le sue, e iniziò ad allontanarsi verso il bagno.
Draco sbirciò per il vortice di calore che aveva portato nel suo petto, "Davvero."
____
Amelie abbassò lo sguardo sull'acqua, metà del suo corpo coperto nella schiuma che aveva versato, e le bollicine catturarono la sua attenzione per lunghi minuti prima che Draco si inginocchiasse accanto alla vasca, incrociando le braccia sul bordo di essa.
"È troppo calda?" chiese, immergendo il dito nelle bolle mentre lei scuoteva la testa, "Bene."
"È perfetta," esalò Amelie, la sua pelle che non arrivava all'acqua, stratificata di sudore per il calore fumante, e mosse il collo per guardarlo.
"Cosa?" disse, sorridendole.
"Niente." immergendo le mani nell'acqua, mese a coppa una mano piena d'acqua, "Sono solo - posso dirti di mia madre?"
Draco si accigliò, premendo fermamente le labbra insieme, "Certo," mormorò, "Non sono certa che mi piacerà, venendo da tua madre ma prova."
Amelie roteò gli occhi, "Sono solo... Mi sento male per essermene andata così presto. Volevo passare più tempo con Atlas," abbassò la voce, anche in quel caso rimbalzava intorno alle pareti di mattonelle, "Non volevo andarmene, ma ha detto delle cose, Draco, cose che..."
Abbassò gli occhi sulla superficie dell'acqua, "Cose che mi hanno ferita e non so davvero cosa farci. Immagino che non so se posso più farlo."
Annuendo, lui prese la boccetta di sapone, versandone una punta nelle sue mani, e lasciò scivolare le mani sulle sue spalle, facendola voltare così che gli desse la schiena.
Non disse niente. La lasciò prendere il tempo che le serviva.
"Atlas..." Amelie sentì un nodo nella gola, "Lui è... C'è una ragione per cui tutti stavano cercando mia madre. Ho sempre creduto si trattasse di lei, ma non era così."
Quasi gemette alla sensazione delle mani di Draco, che le massaggiavano le spalle, "Si tratta di lui. Non aveva senso finché non mi ha detto che aveva una storia e che l'uomo era pericoloso... È il Signore Oscuro, Draco."
Si bloccò, per un secondo.
"Atlas è il figlio di Voldemort, ed ecco perché tutto quello che è successo - tu, io, Teddy che è diventato un mangiamorte, Adrian che è tornato per me, rinchiudermi..." il semplice suono dell'acqua che accarezzava i bordi della vasca scorreva nel silenzio.
"Riconduce tutto a loro, mia madre e Atlas, e non l'ho visto," era frustrata, amareggiata che la verità di lei che non univa insieme i pezzi, "Era proprio lì, davanti a me e io-"
Lui sgranò gli occhi dietro di lei.
"Ti ha obliviata," la fermò a parlare, "Ti ha portato via tutti i ricordi, non c'era alcun modo che tu ricordassi."
"Avrei dovuto," il retro della sua testa si inclinò contro il bordo della vasca, e guardò la sua camicia, arrotolata, e il marchio inciso nella sua pelle, "Avrei dovuto vederlo, pensarci di più. Sono passati più di sei mesi da quando ho scoperto che è viva, Draco. Avrei dovuto fare di più-"
Malfoy odiava l'idea che si incolpasse da sola, "Non dire così. Non è colpa tua. Si stava nascondendo. Non c'era modo per te di trovarla-"
"L'hai sentito?" Amelie domandò schiettamente, "Quando tu non riuscivi a trovare me? Quella sensazione di impotenza come se tutto intorno a te si stesse sgretolando e tutti cadessero a pezzi, e non c'era una cosa che potevi fare?"
Draco strinse la mascella, immergendo le mani nell'acqua mentre metteva a coppa la mano, prendendone un po' per sciacquare il sapone dalle sue spalle.
"Teddy si sta distruggendo davanti a me, e non c'è niente che possa fare per aggiustarlo. Tu..." sussurrò, "Tu stai affogando... e so che non lo ammetterai mai, ma lo vedo, Draco. Ti stai uccidendo lentamente, e non so come aiutarti-"
Alzandosi un po' sulle ginocchia, tenne la testa sulla sua, guardandola dall'alto al basso, "Tu mi stai aiutando, Amelie," mormorò, le sue labbra toccavano la sua fronte, "Respirando, essendo viva e non cedendo - tu mi stai aiutando."
Chiudendo gli occhi, Amelie ansimò mentre lui le baciava le tempie, "Voglio fare di più per te," era quasi una mezza supplica, "Voglio fare di più per te, e non posso perché non so cosa fare."
Le sue ginocchia abbracciate al petto, "Voglio aiutarti come tu stai aiutando me."
"Lo stai facendo, Amelie," Draco non sapeva in che altro modo metterla, come farle capire, "Lo stai facendo, credimi."
Il silenzio li avvolse, dove nessuno di loro parlò per dei momenti, guarendosi nel silenzio.
"Voglio tornare alla capanna, credo..." disse Amelie, spaventata di sapere quale sarebbe stata la risposta. Non fallì a notare il rancore che portava per sua madre, "Voglio tornare, e voglio sistemarlo, Draco."
Pensò per un minuto, lasciando scorrere il tempo a immaginare a cosa questo avrebbe portato veramente.
Ora lei era onesta con lui. Gli aveva detto di voler andare - non era sgattaiolata, e non era scappata senza dirglielo.
Amelie gli stava dando la giusta occasione in cui la sua opinione sarebbe stata valida, e lui, sapendo che viveva per pentirsene - accettò.
"Torniamo alla capanna."
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