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{21} Ricordi del passato


(Il video non centra nulla. Pensavo rappresentasse questo capitolo abbastanza bene e l'ho messo. Godetevi la lettura!)

Ci avevano provato tutti ed avevano fallito tutti. Nessuno riusciva a dormire. Rumor stava stesa col busto sul tavolo con le occhiaie mentre le sue ali ronzavano debolmente, Maria stava girando e rigirando nella vasca smuovendo delle piccole onde, Grim chiudeva gli occhi e poi sobbalzava allarmato, spaventato che potesse accadere qualcosa, i Root Pack stavano ad occhi chiusi schiena contro schiena contro schiena, ma non riuscivano comunque a prendere sonno e Khal fingeva di russare, aprendo un occhio di tanto in tanto per controllare che fosse tutto a posto. L'ape si alzò.

-Devo andare a controllare Hilda...-

-Siediti e stai calma...-

La intimò Maria, costringendola a sedersi. Rumor non si lasciò fare e volò fino alla porta del corridoio.

-Non mi sento al sicuro lasciandola sotto il controllo di quel buffone!-

-R-Rilassati, Rum-Rumor... So che è un p-p-pagliaccio, ma prende cose come qu-questa molto seriam-mente...-

Replicò pigro il drago dopo uno sbadiglio. 

-Sia quel che sia, è sempre meglio controllare!-

Si precipitò verso la camera di Hilda ed assunse una faccia annoiata. Beppi era seduto con la schiena al muro accanto alla credenza, con Popper sulle ginocchia, completamente addormentati entrambi.

-Come sospettavo...-

Verificando che la porta fosse effettivamente chiusa, spaventata di poter svegliare anche Hilda, prese a battere le mani impazientemente accanto alla faccia del clown per farlo reagire.

-Beppi! Porca puttana, Beppi, svegliati!-

Al suo posto si svegliò il pinguino. Non capiva cosa stesse succedendo, ma l'espressione arrabbiata dell'ape lo preoccupò abbastanza da spingerlo a svegliare il suo padrone con una pinnata in faccia.

-Ahio... Perché gli orsi polari mi prendono a salmoni in faccia?-

Altre due pinnate prima che il clown si svegliasse completamente. Non fece in tempo a rimproverare Popper che Rumor lo afferrò per la tuta.

-È... È già mattina, Rumor cara?-

-Ti piacerebbe, pagliaccio scansafatiche! Avevi detto che avresti fatto la guardia!-

-È quello che ho fatto! Finché... Beh... Mi sono appisolato un secondo... Però ho sognato di vivere in un mondo di ghiaccio popolato da orsi polari antipatici che mi prendevano a salmoni in faccia! Visto perché preferisco l'Antartide?-

Popper vide la possibilità di evitare di essere sgridato e fece il paraculo, abbracciando il suo padrone sotto lo sguardo accusatorio dell'ape.

-Comunque, puoi stare tranquilla, capo!-

Esclamò Beppi con un saluto militare mentre la sua amica apriva la porta.

-Non me la sono lasciata scappare!-

Ironicamente parlando, le coperte del letto erano in disordine e la finestra ancora aperta; la stanza era vuota. Rumor si volse a fissare il clown con le mani sui fianchi e lo stesso sguardo accusatorio che aveva assunto qualche minuto prima. Il ragazzo era arrossito e stava ridacchiando nervosamente.

-Ah, non era mia... Insomma, io non... Eheh...-

-Ottima guardia, bicolore!-

Gli diede le spalle e tornò nel salone in volo, mentre Popper dava un altro leggero schiaffo al suo padrone. Grim sobbalzò per l'ottava volta in quella serata all'entrata della regina e Khal cadde dal tavolo bofonchiando.

-R...Rumor? Ape della malora, cos'è questo baccano?-

-Hilda non è in stanza.-

Uno sbuffo collettivo si levò nella stanza mentre tutti si prepararono alla ricerca, quasi entusiasti di avere qualcosa con cui passare il tempo. Il gruppo uscì e si divisero, cercando ognuno in un posto diverso.

-Cercate bene! Non può essere andata lontana!-

-Ehm... Rumor?-

-Che c'è?-

Psycot le puntò il tetto di una casa, a pochi passi dalla torre di Grim. Hilda stava seduta con le ginocchia raccolte al petto fissando mestamente il cielo notturno.

-Come ci è arrivata là sopra?-

-Sa volare, Moe, mi preoccuperei di più a vedere te sul tetto di un tizio a caso!-

La patata non ribatté: nessuno l'avrebbe ascoltato, tanto erano intenti a fissare l'astrologa con una punta di curiosità. Perché uscire dalla stanza quando meno di tre ore prima era svenuta? E perché mettersi a fissare il cielo sul tetto del giocoliere? Passò qualche minuto prima che Hilda si muovesse: prima strinse gli occhi, costringendosi a non piangere, ma poi non resistette ed abbracciò le sue gambe facendo, con voce spezzata appena udibile a tutti:

-Perché?-

Il gruppo si scambiò un'occhiata carica di sottintesi.

-Credo che qualcuno di noi dovrebbe andare a confortarla!-

-Chi? Io non so volare, ricordi?-

La canzonò Moe. L'ape fece una smorfia stizzita ed alzò un pugno.

-Giochiamocela a mora cinese! Chi si candida?-

-Io!-

-Oh! Io, io!-

Fecero Beppi e Maria insieme.

-Va bene: se perdo io, andiamo io e Under Root...-

-Ehi! Ma come ti...-

-Se perde Maria, vanno lei, Grim e Weepy, e se perde Beppi, andranno lui, Khal e Psycarrot. Domande?-

Scossero tutti la testa.

-Uno... Due... Tre!-

Rumor mise forbici, Beppi sasso e Cala Maria carta.

-Evviva! Ho vinto io!-

-Ma che stai dicendo, Maria?-

-È chiaramente un pareggio!-

-No! Vedi: tu hai messo zero, Rumor ha messo due ed io ho messo cinque! Quindi ho vinto io!-

-Per la propoli, non è così che si...-

Khal tappò la bocca all'ape appena prima che prendesse ad urlare, davanti alla faccia perplessa di Cala Maria.

-Andiamo tutti insieme! Ok?-

Nessuno si oppose. Hilda stava singhiozzando a scatti, quasi con vergogna, e poi sentì un fruscio d'ali alla sua destra. Rumor le poggiò una mano sulla spalla opposta.

-Hilda... Che ti prende? Perché piangi?-

-Non sto piangendo...-

Tirò su col naso.

-Che ci fate voi qui? Non stavate dormendo?-

Il suo tono era molto acido, ma la voce era ancora spezzata dal pianto. Si stava asciugando rapidamente le lacrime nella falsa speranza che i suoi amici non le avessero viste. Maria intervenne:

-Andiamo, Hilda... Siamo tuoi amici! Qualsiasi cosa non vada, basta che ce ne parli!-

-Non c'è NULLA che non va, ok?-

Tornò a nascondere il suo viso tra le ginocchia, ma gli artigli di Grim la costrinsero gentilmente ad alzare lo sguardo, pizzicandole leggermente il mento.

-L-La verità...-

L'astrologa lanciò un'occhiata anche a Khal, a Beppi ed ai Root Pack (che stavano ai piedi dell'edificio, comunque ascoltando) e sospirò.

-È che... Non siamo riusciti a salvarlo... Lui è ancora là dentro...-

-Cara! Abbiamo fatto tutto il possibile! Hai fatto tutto il possibile! Non ti devi colpevolizzare di nulla, tesoro...-

-Poi, non è detto che siano sp-spacciati! V-Voglio dire... Il Di-Diavolo ha offerto due scel-lte e...-

-CHI VUOI PRENDERE IN GIRO, GRIM?! CONOSCIAMO TUTTI MUGMAN! SAPPIAMO CHE SCEGLIERÀ LA SECONDA OPZIONE!-

Le lacrime continuavano a scorrere sulle guance di Hilda, con maggiore frequenza di prima, e facevano un grandissimo contrasto con il suo viso arrabbiato per l'affermazione dell'amico. Grim ebbe paura dell'astrologa in quel momento, ma Maria gli fece cenno di stare calmo.

-Hai ragione. Non ci sono dubbi a riguardo... Mugman darebbe la sua stessa vita piuttosto che lavorare per il Diavolo. Come avresti fatto tu, d'altronde...-

Maria sembrava una di quelle educatrici di animali professioniste, a cui bastano poche parole ben piazzate di tono o un fischietto per calmare il suo cucciolo. Era una sirena, dopotutto... Le veniva naturale.

-S-Scusa, Grim... Sono solo... Mi dispiace...-

Berg abbassò lo sguardo, ma il drago l'aveva già perdonata.

-Si può sapere che ti prende? Voglio dire, sì, siamo tutti turbati da quello che è successo oggi...-

-Ieri!-

Le strillò il dottore da sotto. Rumor sbuffo annoiata.

-Sì, ieri. Ma tu...-

-Noi siamo tuoi amici, Hilda! Puoi dirci tutto!-

Strillò anche Psycot mentre i suoi fratelli annuivano. Beppi non aveva ancora preso la parola, forse imbarazzato per aver lasciato l'astrologa fuggire quando tutti i suoi amici l'avevano incaricato di tenerla d'occhio. Hilda attese un secondo prima di annuire debolmente e di inspirare per trattenere le lacrime.

-Va bene... È tutto un po' collegato con la mia famiglia... King Dice e... Il motivo per cui sono rimasta chiusa in casa per diciannove anni...-

-Allora non erano solo voci!-

Esclamò Weepy da sotto.

-Sei davvero rimasta chiusa nell'osservatorio fino a due anni fa circa!-

Hilda si sporse per annuire in modo che i Root Pack la vedessero. Poi riprese:

-Sarebbe davvero... Complicato dividere la storia in vari pezzi, perciò... Sarebbe meglio raccontarvi tutto dall'inizio...-

-Oh, no! Non vogliamo la storia della tua vita, ti prego, risparmiaci!-

Fece Rumor esasperata.

-Zitta, Rumor!-

Le sibilò Cala Maria con gli occhi gialli. L'ape si tappò la bocca con una risata nervosa mentre Beppi si rilassava, ora che qualcun altro aveva fatto una figura di merda.

-È tutto cominciato quando avevo nove anni:

All'epoca, per me esistevano solo due cose: le stelle e lo studio. Passavo le giornate chiusa in casa sui libri e le nottate con l'occhio incollato al telescopio. La persona che si occupava della mia istruzione era mia madre. Non ricordo di essere mai uscita se non due volte: la prima per andare dal medico per un piccolo incidente casalingo (un libro di quelli che Moe non riuscirebbe a leggere neanche se si sforzasse mi era caduto sull'alluce) e la seconda per fare la spesa. Fu proprio la seconda a dettare il mio destino... Essendo poco abituata ad uscire, mi sono persa e non mi sono accorta di aver passato le rotaie del Phantom Express. C'era nebbia e l'unica luce che vedevo nella distanza era quella del Casinò. Ero piccola ed avevo paura. Sono entrata. L'atmosfera era senz'altro cupa, ma tutte le luci la facevano sembrare il posto ideale per riposarsi un attimo. Mi sono seduta al bar, arrampicandomi sulla sedia con evidente difficoltà.

-Una bambina?-

Il barista mi aveva squadrata perplesso, ma prima che potesse aggiungere altro, qualcuno lo fermò:

La sua faccia mi aveva immediatamente urtato, portandomi a fare una leggera smorfia ed a ritrarmi sullo schienale. Non sembrò per nulla infastidito dalla cosa e ridacchiò prima di chiedermi:

-Ti sei persa, piccola?-

-Beh... Ecco... Sì.-

-Aaaaw... Poverina... Quale genitore lascerebbe qualcuno di così piccolo e fragile girare da solo con questa nebbia? Tutti potrebbero perdersi!-

-Non sono la prima che viene qui?-

-No! Stai tranquilla e fa' come se fossi a casa tua!-

Dovevo essere molto stanca per annuire e fare quello che mi aveva detto il dado. Tre persone mi affiancarono, prendendosi un drink. Erano una roulette, un cavallo scheletrico ed un bicchiere di Martini molto femminile. Mentre chiacchieravano del più e del meno, riuscii ad udire distintamente Dice mentre parlava col barista:

-Ma è solo una bambina...-

-Guardala bene: capirai subito!-

Si volsero entrambi nella mia direzione e feci finta di fare qualcos'altro, accartocciando il tovagliolo davanti a me.

-Può essere la figlia di Archer?-

-Secondo me, lo è. Tenetela occupata mentre vado di là a prendere il contratto!-

Fece un occhiolino e scomparve dietro le slot machine. Non avevo capito cosa stesse succedendo. D'altra parte, avevo vissuto tutta la mia vita chiusa nell'osservatorio, protetta da tutte queste complicazioni. È per questo che appena Dice mi diede un foglio, dicendo che dovessi firmarlo per restare in quel posto, lo feci. Ero piccola e stupida, lo so, ma non avevo altre alternative se volevo tornare a casa prima del coprifuoco. I tre, che non mi stavano minimamente calcolando prima di quel momento, mi sussurrarono spaventati, non appena Dice se ne fu andato:

-Non avresti dovuto firmare!-

-Cosa? Perché?-

-Ora la tua anima appartiene al Diavolo, il padrone di questo Casinò!-

-Chi? Cos'è un Casinò? Io pensavo che questo fosse un bar!-

I tre amici si squadrarono perplessi, prima che la roulette mi dicesse:

-Finché sei in tempo, piccola, fuggi di qui! È già successo che qualcuno fosse dimenticato dalla lista dei debitori! Puoi riuscire a scappare! Vai!-

-Pirouletta!-

La donna smise di parlare e scorsi il terrore nei suoi occhi.

-Stai intrattenendo la nostra ospite? Buon lavoro... Spero non ti sia scappato dalle labbra qualcosa di...-

Tirò fuori una carta.

-Proibito?-

-N-Naturalmente no, King Dice...-

-Sarebbe davvero un peccato se fosse il caso!-

Deglutii e mi allontanai dal bancone con una spinta.

-Io... Credo proprio che andrò!-

Mi alzai e presi a camminare lentamente verso l'uscita.

-Sei sicura di non volere un accompagnatore? Come farai a tornare all'osservatorio da sola con tutta questa nebbia?-

Mi bloccai all'improvviso, con il sangue che pulsava nelle tempie.

-Io non ho mai nominato l'osservatorio.-

Mi volsi lentamente verso il dado e vidi la sua espressione irata per il suo stesso errore. D'istinto, afferrai il contratto e presi a correre il più velocemente possibile mentre sentivo la sua voce urlare:

-Che vi prende? Inseguitela! E tu, Pirouletta... Faremo i conti dopo!-

Appena fuori, l'umidità mi invase i polmoni, ma non ebbi il tempo di pensarci. Corsi il più velocemente possibile, urtando pure qualche povero cittadino al mio passaggio. Sentivo le voci di quei tre alle mie spalle e sapevo che mi stavano inseguendo. Per questo, solo per un resoconto, mi girai a guardare nel momento sbagliato.

-Ragazzina, attenta! Sto facendo un...-

Mi ritrovai in aria urlante dopo aver appoggiato il mio piede su quella che sembrava una molla. Vidi il cavallo avvicinarmisi in volo, così mi voltai di nuovo, mi tappai gli occhi ed inspirai per non urlare. Nulla mi colpì. Non caddi a terra. Invece, sentii un qualcosa di gelido e spumoso infilarsi tra le mie labbra mentre inspiravo e mi gonfiai tutta, cominciando a fluttuare. I tre non se l'erano aspettato ed avevano rallentato la loro andatura guardandomi meravigliati. Nonostante ora potessi scappare, avevo difficoltà a capire come funzionasse questo nuovo, chiamiamolo "potere", e precipitai addosso un negozio. Senza accorgermene, cominciai a pedalare su un motociclo preso in picchiata al negozietto ed all'improvviso il mio volo si stabilizzò. Presi a pedalare più veloce e seminai i tre del Casinò, oppure smisero di inseguirmi una volta che ebbi superato la terza isola.

Mi sgonfiai appena davanti alla porta di casa. Esitai a bussare. Nella fretta della fuga, la spesa era caduta e giudicando dalla posizione delle stelle e dal colore del cielo, il mio coprifuoco era passato da due o tre ore. Mi feci coraggio, strinsi il foglio e la mia mano batté docilmente cinque colpi prima che riuscissi ad udire la voce fredda di mia madre:

-Avanti.-

Entrai strascicando ogni passo, sguardo incollato al pavimento e le mani dietro la schiena. Gli occhi gialli di mia madre si soffermarono su di me.

-Ciao, madre. Scusa il ritardo, ma...-

-Dove sono le cose che ti avevo commissionato di comprare?-

-Le... Le ho perse, ma è stato perché...-

-Prima che tu inizi a fantasticare...-

-Non è fantasia, madre!-

-Ho detto, prima che tu inizi a fantasticare, Hilda Berg, questa storia ha a che fare con i tuoi studi?-

-No, ma...-

-Ha per caso a che fare con una costellazione o una nebulosa che hai visto mentre tornavi ed avremmo potuto guardare insieme se fossi tornata in orario?-

-No, ma...-

-Allora non c'è "ma", signorina! Non ho tempo di ascoltare le bizzare fantasie di una fanciulla come sei tu!-

La stretta del mio pugno sul contratto si strinse a tal punto da accartocciarlo e da essere sentito da mia madre. Lanciò uno sguardo curioso alla mia mano e chiese:

-Cos'hai lì?-

-È solo... Un pezzo di pergamena di riserva per la lezione di domani...-

Non riuscii a finire la mia scusa che mi strappò il foglio di mano sotto i miei lamenti:

-Madre! Ridammi quel coso! È mio! Non sai nemmeno cos'è!-

L'espressione sul suo volto passò dallo stizzito allo stupito fino ad arrivare allo spaventato. O meglio dire, terrorizzato. Smisi quasi immediatamente di insistere per riaverlo e mi allontanai da lei. Quel viso era privo della freddezza a cui ero abituata! Sembrava che fosse pietrificata in quell'espressione di puro terrore e la cosa... Mi faceva sentire a disagio.

-Madre? È tutto... A posto?-

Non mi rispose. Arrotolò velocemente il contratto e lo buttò sul suo tavolo di studio, accanto al compasso. Aprì l'armadio ed armeggiò con un non so che facendo molto più rumore del previsto. Di solito, tutti i suoi movimenti erano mirati e lenti. Chiesi nuovamente cosa stesse succedendo, ma continuai a non avere risposta. Mia madre smise di armeggiare e si abbassò alla mia altezza. Con mani tremanti, mi scostò i capelli dietro le orecchie, un contatto fisico che mi fece rabbrividire, e mi chiese, con una dolcezza timorosa:

-Ti... Ti hanno ferita?-

-Cosa? No, non mi hanno...-

-Hanno osato anche solo toccarti? Non ti sei fatta niente, vero?-

-No, madre, non mi hanno fatto nulla... Sono riuscita a scappare da quei tre... Ma che succede? Come mai sei così spaventata?-

Si rialzò, con un'espressione diversa, sempre spaventata, ma anche rigida.

-Mamma deve andare un attimo a riprendere le tue commissioni.-

Si precipitò sulla scrivania e prese il contratto.

-Madre? Non capisco... Perché hai l'aria così spaventata da quel pezzo di carta?-

-Non è un semplice pezzo di carta! La tua anima appartiene al Diavolo ora! Ma sistemerò le cose...-

Chiuse l'armadio violentemente, facendomi sobbalzare.

-Come sarebbe a dire? Non capisco! Mi dici che cosa sta succedendo?-

Stavo quasi urlando ed ero anche sull'orlo delle lacrime.

-Tu non ti muovi di qui! Intesi? Resterai chiusa qua dentro come hai sempre fatto e non aprire a nessuno! Nel caso in cui non dovessi tornare...-

-Come "non dovessi tornare"? Non succederà!-

-Nel caso in cui non dovessi tornare, Hilda...-

-Non voglio più sentire! Dimmi solo che succede!-

-HILDA BERG! Se io non dovessi tornare, promettimi che rimarrai qui e finirai i tuoi studi...-

-MAMMA! DIMMI CHE TI PRENDE! PERCHÉ DEVO RESTARE QUI?!-

Mentre delle lacrime mi bagnavano gli occhi, mia madre mi abbracciò. Non l'aveva mai fatto prima d'ora. La sensazione che mi pervase in quel momento era così diversa, così nuova che non ricambiai. Grosso errore. Me ne sarei pentita per tutta la vita. Si staccò e mi fissò dritto negli occhi, con un guizzo di quello che mi era mancato oppure che non mi ero mai accorta ci fosse dietro al ghiaccio della sua severità: affetto. Forse mi voleva dire qualcosa, perché esitò un secondo. Però poi serrò le labbra e si rialzò, prima di uscire. Sentii due giri nella toppa. Quello con cui aveva armeggiato nell'armadio era il doppio fondo dove aveva nascosto le chiavi di casa di riserva. Fu troppo tardi quando me ne accorsi. Battei sulla porta con violenza per mezz'ora buona, urlando e pregando mia madre di tornare indietro quasi mi potesse sentire. Non capivo più nulla, ma avevo paura. Cercai di calmarmi e di pensare razionalmente, perché se c'era una cosa che avevo imparato in tutti quegli anni chiusa all'osservatorio era che l'unico modo di risolvere problemi più grandi di me era usare ciò che già conoscevo con razionalità. Il Phantom Express era partito da una decina di minuti, probabilmente con mia madre sopra. Fu allora che sbirciai fuori dalla finestra e scorsi una nuvola passeggera. Riflettendoci, l'unico modo con cui mi ero riuscita a gonfiare prima era quello. Ispirando una nuvola. Ringraziai il cielo che mia madre non mi aveva chiesto della mia fuga, altrimenti avrebbe chiuso tutte le finestre. La aprii e saltai fuori, ripetendo gli esatti movimenti di qualche ora prima. Una volta gonfiata, raggiunsi goffamente il monociclo parcheggiato davanti alla porta e mi diressi verso il Casinò.

-Voi tre ve la siete lasciate scappare!-

-Cose che capitano...-

-Cose che capitano, Phear Lap?-

Sentii si nuovo silenzio.

-Vi siete lasciati seminare da una bambina di nove, ripeto, NOVE ANNI!-

Mi venne da pensare come facesse a sapere quanti anni avessi, ma a quel punto avevo smesso di farmi domande.

-Andatevene via! Qui ci penso io...-

Rumore di passi. Stavano obbedendo. Mi sporsi dal mio nascondiglio e vidi Dice mentre si rigirava una delle sue carte tra le mani, borbottando. Il barista puliva i bicchieri a mano guardandolo preoccupato. 

-Dice...-

-King Dice per te, Lucas!-

-Sì... King Dice... Non credo che valga la pena aspettarla! Non tornerà sicuramente!-

-Stai zitto! So quel che faccio!-

-Lascia stare, Dice! Non ti conviene!-

-Non conviene a te! Non credere che non sappia cos'hai provato a fare...-

La porta si aprì proprio mentre  il dado aveva afferrato la farfalla per il bavero, con tutta probabilità pronto a picchiarlo. Sentito il rumore, lo lasciò e si volse per vedere chi fosse.

-Guarda chi c'è! Benvenuta!-

-Stai zitto. Sono qui per un reclamo.-

-Un reclamo? Di che si tratta?-

Scorsi mia madre tirar fuori il contratto e srotolarlo sotto il naso di Dice.

-Tu hai fatto un contratto a mia figlia!-

-E allora?-

Si permise una risatina dopo quell'affermazione, ma non sembrava che quel Lucas fosse d'accordo.

-I bambini non possono ricevere un contratto! È il regolamento!-

-Jade Anemone, cara... Il regolamento può essere cambiato.-

-Certo, quando ti conviene cambi le regole per evitare di pagarne le conseguenze, giusto Dice?-

-Il Diavolo sta cercando nuove anime, Jade. Dopo il colpo Archer...-

-Non voglio sentire la storia della tua patetica vita! Ritira il contratto ora e potrei andarci leggera!-

-Se proprio insisti... Questo chiama un duello!-

Smise di rigirarsi la carta tra le mani e sghignazzò, mentre mia madre faceva scivolare uno dei piedi all'indietro.

-Se vinci tu, ritirerò il contratto di tua figlia. Ma se a vincere sarò io...-

-Sì?-

-Mh. Vedremo...-

Mia madre ringhiò e mosse in cerchio le mani mentre i suoi polsini scintillavano. Delle stelle le circondarono le braccia prima che le lanciasse addosso a Dice. Una carta lo coprì mentre levitava alcuni bicchieri appena puliti dal barista. La battaglia andò avanti per più di un'ora, sotto il mio sguardo terrorizzato, e con un colpo imprevisto mamma cadde a terra. Era troppo ferita per continuare, si vedeva. Quattro carte la circondarono mentre Dice ridacchiava.

-Ebbene... Siamo arrivati ad una situazione critica, non pensi?-

Diede uno sguardo al suo orologio da polso e ridacchiò nuovamente.

-Un'ora! Sei durata più di Archer, senza dubbio...-

-Non ti dò il permesso di pronunciare quel nome, Dice!-

Sputò mia madre coperta di sangue. 

-Voglio rendertela molto facile: dammi il contratto ora e ti lascio andare. Altrimenti, ti mollo il colpo di grazia!-

Strinsi la tovaglia del tavolo sotto il quale mi ero nascosta, tremando. Avevo paura. Sentendo una sottile risata levarsi nella stanza, ero convinta che venisse dal dado, ma sorprendentemente veniva da mia madre. Si stava sforzando per sorridere.

-Credi davvero che l'anima di mia figlia valga così poco? Tu sogni, Dice!-

King Dice non disse nulla: mosse semplicemente il braccio e l'urlo di mia madre scosse la stanza, seguito dal mio:

-MAMMA!-

Copertura saltata. Dice ed anche Lucas, che faceva capolino da sotto il bancone, puntarono gli occhi verso di me. Ero uscita dal mio nascondiglio e stavo fissando il corpo di mia madre terrorizzata. Nessuno si mosse, nemmeno le carte. Trattenendo il pianto, mi riscossi e corsi via, senza voltarmi. Arrivai a casa di corsa e mi chiusi a chiave, prima di sedermi con la schiena sulla porta in lacrime. Ricordando quello che aveva detto prima di uscire, passai i successivi dieci anni a studiare, senza mai uscire. Ordinavo il cibo per lettera e me lo portava un'ascia di cui non ho mai saputo il nome. Quando tornai con il naso fuori da casa, tutti mi guardavano stralunati. E questo è quanto...-

Tutti avevano il viso stravolto e gli occhi incollati all'astrologa. Passarono più di due minuti prima che qualcuno trovò il coraggio di parlare:

-Ma... Ma è terribile!-

Hilda non disse nulla: era tornata a guardare la punta dei suoi piedi. Aveva però smesso di piangere.

-Non... Non intendevamo farti rivivere tutto questo... Mi... Dispiace tantissimo...-

Balbettò Rumor.

-Ha ucciso mia madre. E probabilmente anche mio padre.-

Quelli sotto l'edificio si stavano squadrando mesti e sbigottiti.

-Ed ora... Mugman... Era probabilmente l'unico amico che mi capisse!-

-Mi scusi?!-

Strillò il dottore. Hilda si tappò la bocca e si corresse:

-No! Non intendevo... Ovvio, siete tutti miei amici! Ma lui... È stato il primo!-

Non sembravano convinti, così Berg fece lo sforzo di spiegare:

-Il giorno in cui quella faccia da dado mi ha detto che non avevo più il contratto, ero felicissima! Ma appena sono tornata alla prima isola, un gruppo di cittadini che non riconobbi mi insultò, prese a canzonarmi, ad evitarmi... Per tutti ero diventata la Senza Contratto! Pensavo che bastasse fregarsi degli altri, ma poi è arrivato lui. Lui che mi ha salvato dalla possibilità di prendere fuoco, lui che si è fidato di me quando gli altri non l'avrebbero fatto... Lui che mi faceva sentire normale!-

Rumor e Maria si scambiarono un'occhiata eloquente.

-Per la prima volta, hai provato cosa significhi avere un amico! Giusto?-

Chiese Beppi urlando. Hilda non seppe cosa dire.

-Amico?-

-Eri sempre stata sola con una madre...-

Lanciò uno sguardo al suo pinguino.

-Severa. Non sapevi cosa significasse l'amicizia finché non hai incontrato noi!-

Berg annuì. Grim le sorrise.

-Tranquilla, H-Hilda! Noi ci s-s-saremo per te!-

-Mi dispiace comunque... Davvero tanto...-

Senza pensarci, l'astrologa tornò a piangere e strinse l'ape in un abbraccio.

-Avrei voluto poter fare qualcosa...-

Detto questo, nessuno parlò più, sotto la luce della luna piena.


Mugman camminava senza opporre resistenza, con suo fratello dietro. Arrivato nelle prigioni, gettò un timido sguardo ad alcune delle celle. Porkrind stava in una di queste, seduto a fissare il muro opposto annoiato. Sentendo i passi si volse ed impallidì alla vista di Mugman. Senza notarlo, il ragazzo aveva rallentato l'andatura.

-Porkrind...-

-Cammina, prigioniero!-

Strillò Cuphead spingendolo, quasi contento di poterlo finalmente fare. Arrivati davanti ad una delle gabbie vuote, il rosso esitò.

-Da quest'altra parte!-

E lo spinse nella stanza opposta.

-Non so perché, mi ispira!-

Chiuse le sbarre ridendo mentre Mugman fissava una panca di legno, il suo letto, piuttosto disgustato. Si sporse alla finestra, dalla quale si riusciva a scorgere la luna, così distante da lui. Trovò non sapeva nemmeno lui da dove la forza di sorridere.

-Dici che i miei amici stanno guardando la luna in questo momento?-

-Ma che ne so? Che vuoi che mi importi, prigioniero?-

Replicò Cuphead, che si era poggiato schiena al muro. Mugman lo fissò triste e poi tornò con gli occhi al pavimento. Quello non era più suo fratello: era una marionetta senz'anima. Le lacrime trovarono una via, nonostante il ragazzo tentasse disperatamente di trattenerle. Non seppe quanto tempo si fosse trattenuto a singhiozzare, ma a farlo bruscamente smettere fu la vista di qualcosa sul pavimento. Era un foglio leggermente strappato ed ingiallito dal tempo. Mugman si alzò da terra e lo raccolse. La scrittura era incerta e calcata: fece molta fatica a capire cosa ci fosse scritto.

Mugman,

scrivo basandomi sulla fiducia che tu riceva questo foglio. Credo che qualcuno dei sudditi di King Dice te lo abbia appena consegnato, vero? Tre di loro sono dalla nostra parte o almeno sembra... Volevo togliermi questo peso dallo stomaco. Non mi resta molto tempo. Volevo spiegarti perché sono entrato senza aspettarti. La verità è che volevo lasciarti a casa dall'inizio. Salta pure a conclusioni affrettate, ma non eri tu. Ero io. Nel Casinò sono stato io a scommettere la nostra anima. È stata tutta colpa mia. Durante le nostre battaglie, vedevo i debitori ferirti... Ed era tutta colpa mia. Era diventato un peso insopportabile. Il mio fratellino che veniva ferito per colpa mia. Così ho preso questa decisione drastica: andare ad affrontare il Diavolo da solo! Ma ho paura che le parole non bastino... Non sono riuscito a vincere ed ora parlano di uccidermi o di prendermi l'anima. Qualsiasi cosa mi succederà, voglio che tu non ti immishi in questa faccenda. Ti ho già messo sufficientemente in pericolo. Rimani a casa e non venire a cercarmi. Mi dispiace per tutto. Sono stato stupido. Ti ho sempre voluto bene, anche se ho sempre dimenticato di dirtelo.

Man mano che andava avanti nella lettura, Mugman impallidiva. Le lacrime tornarono, ma fu impossibile determinare se fossero di gioia o di tristezza.

-Mi dispiace, Cup...-

Fece il ragazzo con un filo di voce. Giurò di aver sentito suo fratello muovere la testa nella sua direzione, destato dal sonno che lo aveva aggredito qualche minuto prima dell'inizio della lettura,

-Ma la tua lettera è arrivata in ritardo...-

E cadde sdraiato sulla panca piangendo. Vari pensieri si sovrapposero nella sua mente: tutte le battaglie con Cuphead, i suoi sorrisi, i sorrisi dei suoi amici, il ricordo delle urla di tutti loro mentre venivano colpiti per aiutarlo, le risate di Werner e gli altri che lo scuotevano ancora, e poi una domanda:

-Se il foglietto sta qui... Può darsi che Cuphead mi abbia chiuso in questa cella perché lo ricevessi... Forse... C'è ancora speranza... Mio fratello è ancora lì... Da qualche parte... Ed io troverò il modo di recuperare il suo sorriso... Anche a costo di morire...-

E si addormentò, con un timido sorrisetto ed una lacrima sul bordo di un occhio.

Cuphead cadde di schiena trattenendo le urla e perse i sensi. Esultai immediatamente.

-Bel lavoro, Boss! Siamo riusciti ad ucciderlo!-

Ma Devil non sembrò per nulla euforico.

-Non è morto, Dice.-

-Ah no?-

-No. Guarda cosa gli è caduto.-

Allungai lo sguardo e proprio accanto al corpo del ragazze si era frantumata una bottiglietta. Una spilla a cuoricino ci stava sopra.

-Una pozione di Porkrind...-

-È svenuto e basta.-

Mi preparai a completare l'opera con una delle mie carte, ma esitai.

-Non ci pensare neanche, Dice!-

-Oh, meno male...-

Pensai immediatamente rilasciando un sospiro di sollievo.

-Ho un'idea migliore!-

Erano passati due giorni ed era diventato davvero stancante sorvegliare quel ragazzino. Picchiava i muri, sparava, tirava sia le sbarre della finestra che quelle della cella. Non si arrendeva.

-Cosa avete intenzione di farmi, bastardo?-

-Non lo so! Il Boss non mi ha ancora detto nulla!-

-Fai presto a chiamarlo Boss! Sembra più un fantino, siccome tu sei il suo galoppino!-

Phear Lap sbuffò e Cuphead si schiarì la gola.

-Senza offesa! Naturalmente...-

-Non sono il galoppino di nessuno!-

-Dici davvero? Fai tutto quello che ti ordina lui!-

-Si chiama "essere fedeli"!-

-Si chiama "essere stupidi", faccia cubica!-

-Parli tu che sei dietro le sbarre...-

-Quanti anni hai?-

Non volevo rispondere inizialmente, ma mi punzecchiò a tal punto che gli ringhiai:

-Quarantadue! Sei contento?-

-Hai quarantadue anni e te la sei presa con un ragazzino di dodici anni? Hai pure perso! Vergognati!-

Mi alzai rovesciando la sedia e battei il palmo su una delle sbarre, facendola tremare ed illuminare di viola. Cuphead aveva indietreggiato, ma non aveva abbandonato il suo sguardo accusatorio. Le parole non mi vennero. Phear Lap mi aveva rimesso al dritto la sedia e mi ci risedetti con garbo, accavallando le gambe. Ci furono venti, magici minuti di silenzio, in cui più volte mi sembrò di sentire dei sussurri, poi quello:

-Sei d'accordo con il Diavolo?-

Avevo chiuso gli occhi per godermi la pace e li riaprii stupito.

-Che razza di domande fai?-

-Rispondi! Sei d'accordo con tutto quello che ti fa fare il tuo fanti... Intendo, Boss?-

Ci presi del tempo per riflettere. Non ci avevo mai pensato prima di allora; avevo sempre seguito ciecamente gli ordini senza prendermi eccessive libertà.

-Fatti gli affari tuoi!-

-La risposta è no?-

-Giuro che ti lancio questa sedia in faccia se non stai zitto!-

Il mio eccessivo tono di voce lo aveva con tutta probabilità convinto. Mi presi il resto di quel giorno per pensare a quello che mi aveva chiesto, senza trovare una risposta.


-Cosa vedi?-

-Un contratto?-

Risposi dubbioso con un sopracciglio alzato.

-No, idiota! Ho usato un nuovo incantesimo! Questo è un controllatore!-

-Non capisco...-

Il Diavolo schioccò la sua lingua biforcuta.

-Ovvio che non capisci, stupido...-

-Perché non mi spiega, allora?-

Chiesi con il mio tono annoiato.

-L'anima che verrà contenuta in questo contratto piegherà il suo possessore al nostro volere!-

-Abbiamo già la grotta del controllo e poi...-

-No! Per questo non servirà quella stupida formula di Honeybottoms! L'effetto non svanirà MAI! Avremo una marionetta piegata al nostro volere, pronta ad uccidere senza rimpianti!-

-Ah... Ora capisco...-

-Tieni!-

Me lo mollò tra le mani, cogliendomi di sorpresa.

-Cosa ci devo fare?-

-Abbiamo bisogno di una cavia da laboratorio per questa novità... Saprai di chi parlo, immagino...-

-Certo che sì!-

Sentii qualcosa muoversi dentro il mio cuore e la mia testa. Avevo sempre avuto questa strana sensazione e continuo ad averla al giorno d'oggi. Ma che significa? Perché mi viene?

-Che aspetti, servo della malora?-

-Nulla! Vado immediatamente!-

A dieci giorni dalla sua cattura, Cuphead si era finalmente deciso a smettere di provare ad uscire. Mi dava le spalle quel giorno ed era seduto a terra.

-Che fai?-

Si volse di scatto spaventato e lasciò qualcosa scivolare dietro la sua schiena.

-Nulla!-

-Siamo arrivati ad una conclusione, ragazzino...-

-Volete uccidermi?-

-Dipende... Puoi firmare questo contratto e continuare a vivere oppure finire molto male! Almeno quanto Archer!-

-Chi è Archer?-

Allo sguardo confuso del ragazzo mi resi conto di aver fatto un errore a nominarlo. Mi era scappato. Non so ancora il perché.

-Lascia stare! Piuttosto, prendi una decisione!-

-Non ci devo pensare su: dammi questo contratto.-

Lasciai il foglio arrotolato sporgere tra due sbarre mentre il ragazzo lo afferrava. Firmò con una penna che non gli avevo dato io e me lo riconsegnò.

-Ottimo.-

-Non avete ancora vinto... Non riuscirete mai a catturare mio fratello e...-

La frase gli morì in gola e cadde a terra tossendo e contorcendosi. Notai solo in quel momento che il foglio si era illuminato di un verde ed un nero innaturale, come se il mondo intorno a quell'aura fosse stato colorato in negativo. Cuphead stava urlando di dolore ed io osservai impotente. Quando gli urli strazianti finirono, il contratto tornò tra le mie dita automaticamente. Il ragazzo si alzò, sotto lo sguardo mio e di alcuni miei sudditi che si erano allarmati. Appena aprì gli occhi, notai che non avevano più espressione o volontà.

-Comandi e sarà fatto.-

Dice chiuse la valigia mentre quest'ultima visione sfumava dalla sua mente. Aveva vissuto al servizio del Diavolo per innumerevoli anni ormai ed ora se ne stava andando. Peggio ancora, era stato lui a dimettersi. Perché l'aveva fatto? Non riusciva a rispondersi... Dove sarebbe andato? Nell'unico posto sicuro. Anche se sarebbe stato rischioso... Non poteva fare altro. Diede un ultimo sguardo alla sua scrivania e pensò a tutti i suoi sudditi ed allo strano affetto per loro che gli era cresciuto in petto nel corso degli anni. Sbuffò ed uscì dalla stanza.

-Non smettono di piangere! Perché non smettono di piangere?-

Gridò Jack Stageplay in preda ad una crisi di panico. Louise e Marguerite, i loro due bambini, piangevano con ossessi e lui e sua moglie non riuscivano a farli stare zitti.

-Non lo so, caro! Ho provato tutto quello che mi viene in mente!-

-Magari si sono stufati del biberon e vogliono tornare al... vecchio metodo?-

Sally arrossì e si portò le braccia al petto involontariamente.

-Non fare lo stronzo, Jack!-

-Scusa... Mi sono finite le idee...-

-Oh, per l'amor del cielo! State zitti!-

I bambini non obbedirono. Ovviamente.

-Dici che sta per succedere qualcosa di terribile?-

-Cosa?-

Chiese la donna, alzando la faccia dal tavolo (dove l'aveva schiacciata per la disperazione).

-Magari sono proprio come i cani e sentono una tragedia prima che avvenga...-

Si sentirono solo i pianti dei gemellini per un paio di secondi.

-Sei un coglione, Jack Stageplay! A volte mi chiedo perché ci siamo sposati...-

Jack sorrise ed afferrò sua moglie per un fianco.

-Perché mi ami... In fondo.-

-Molto in fondo...-

-Un po' anche alla superficie!-

I due si baciarono. I pianti non erano ancora terminati, così i due si costrinsero a smettere ed a trovarvi rimedio prima che gli altri attori scrivessro una lettera di reclamo.

Wally stava sdraiato di lato nel suo nido, profondamente addormentato.

-Pssst... Papà!-

Nessuna risposta.

-Papà!-

-Cos...-

Socchiuse gli occhi solo per vedere suo figlio William in piedi sulla soglia della porta della sua stanza.

-W... Willy, che ci fai sveglio?-

Bofonchiò sbadigliando l'uccello.

-Ho fatto un brutto sogno...-

Wally aprì le ali per stiracchiarsi un attimo e poi gli fece cenno di raggiungerlo. Il pulcino si accoccolò sotto l'ala di sua padre, schiacciandosi sul suo piumaggio per sentirsi protetto. Passò qualche minuto.

-Papà?-

-Cosa?-

-Pensi che stiamo facendo la cosa giusta?-

-In che senso?-

-Con Mugman! Non sembra cattivo...-

-Fidati: lo stiamo facendo per una buona causa.-

-Cosa direbbe la mamma?-

Il suo punto debole. William era sveglio ed aveva capito che per vincere contro suo padre bastava nominare la sua controparte femminile. Storse il becco.

-Non ci pensare ora! Dormi.-

-Per questa volta hai vinto tu...-

Sbadigliò.

-Solo perché ho molto so...nn...-

L'ala di Wally si chiuse sul fianco di suo figlio, stringendolo a sé. Sorridendo, si addormentò a sua volta.


Baroness stava caricando il suo fucile quando qualcuno entrò: uno dei suoi rappresentanti era trafelato.

-Che c'è? Come mai l'urgenza? Hai idea di che ore siano?-

-Un messaggio da parte di un certo Werner.-

La baronessa lasciò perdere il fucile e si alzò di scatto.

-Prosegui...-


-Mugman è stato catturato!-

Cagney si mise a ballare come un idiota mentre Ribby e Croaks si sorridevano.

-Finalmente! Chi è l'idiota ora?-

-Significa che riceveremo la nostra ricompensa?-

Chiese il rospo verde euforico. Il messaggero esitò.

-In realtà...-


-Siccome non siamo stati noi, ma piuttosto Cuphead a catturarlo, non ci daranno il becco di un quattrino?! È inaccettabile!-

Strillò Briney sporgendosi dalla sua barca. Il messaggero indietreggiò.

-Mi dispiace! Sono solo un messaggero!-

-Allora togliti dalla mia vista prima che ti ammazzi!-

Il messaggero annuì spaventato e scappò. Il capitano si appoggiò con il gomito sul bordo della barca che, per le urla, si era svegliata.

-Non avresti potuto colpirlo comunque!-

-Non ho bisogno di buon senso...-

Scese nella stiva sbattendo forte la porta.

-Ahio! Piano, capitano!-

Si lamentò la barca.


Cuphead fu svegliato da un lamento fastidioso.

-Che cacchio?-

Proveniva dalla cella alle sue spalle.

-Quel tizio...-

Si alzò determinato a svegliarlo con le cattive, poi lo sentì mentre sussurrava:

-Non loro... Non far loro del male... Prendi me, piuttosto!-

Si trattenne. Guardarlo mentre su agitava lo faceva sentire diverso... In qualche modo, non gli era indifferente. Scacciò quei pensieri e tornò a dormire.

























PUFF!

6327 parole di capitolo! Non dico altro!

Spero di aver risposto a tutte le vostre domande con questo capitolo! Ora però vado a dormire... Ho molti sonno...

Commentate in tanti!

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