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Capitolo 4.


Iris

«Oggi lavorerete in gruppi. Dovete creare la trama di un romanzo storico. Usate la fantasia e lasciatevi trasportare. Voglio un lavoro presentabile. A fine ora ritiro.»

 La voce della professoressa risuona per l'aula mentre cammina avanti e indietro con passo deciso. Fortunata o sfortunata? Ancora non l'ho deciso. Davanti a me ci sono Alex e Scarlett Harvey, il pezzo mancante per completare il mio puzzle mentale sui fratelli Harvey.

 Ripensandoci, però, questa potrebbe essere una buona occasione. Conoscerli potrebbe tornarmi utile. 

 «Potete iniziare» annuncia la professoressa, uscendo dall'aula con un ultimo sguardo severo. Scarlett prende subito le redini. «Per una buona collaborazione è importante presentarci e conoscerci. Io sono Scarlett, e lui è Alex,» dice indicando il ragazzo accanto a lei.

 Alex è la rappresentazione vivente della noia: schiena mollemente appoggiata alla sedia, braccia incrociate e sguardo perso nel vuoto. L'aria di chi ha cose molto più importanti da fare, anche se probabilmente non è vero. I suoi capelli scuri, perennemente disordinati, gli cadono sulla fronte, quasi a nascondere quegli occhi altrettanto scuri, pronti a lanciare battute taglienti. Un piccolo piercing sull'orecchio sinistro cattura la mia attenzione, aggiungendo un dettaglio al suo look da bad boy. 

Non è male, peccato che porti il cognome sbagliato.

 «Io sono Liam» si presenta il ragazzo biondo accanto a me, con un sorriso amichevole. Ora tocca a me. 

 «Io sono Iris» dico semplicemente. La curiosità di Alex si accende all'improvviso, come se solo in quel momento si fosse accorto della mia presenza. 

«Tu sei la ragazza che era con Killian alla festa,» annuncia con un sorriso malizioso.

 Il solo ricordo di quella festa mi fa venire un formicolio allo stomaco. Il suo profumo, il suo tocco... 

 'Devo smetterla.' Sento le guance prendere calore. Annuisco, cercando di tornare a concentrarmi sul lavoro.

«Devo dire che Killian ci ha proprio saputo fare,» aggiunge Alex, scrutandomi con uno sguardo d'approvazione che non mi piace per niente. «Grazie del complimento indiretto, ma tra me e tuo fratello non c'è niente. Probabilmente hai capito male,» ribatto, cercando di mantenere la calma.

«Ma certo, fiorellino,» replica lui con tono sarcastico. Lo guardo, incredula. «Come?» 

 «Ti chiami Iris, no? Non è un fiore?» Sorride soddisfatto, come se la sua battuta fosse brillante.

 «Hai proprio un talento nel dare soprannomi,» rispondo, carica di sarcasmo. Non sa che l'ultima cosa a cui potrei essere associata è un fiore. 

 «È solo uno dei miei pregi» ribatte, orgoglioso. «Hai un ego davvero spropositato» mormoro, infastidita. Solo allora mi accorgo che Scarlett mi sta osservando con uno sguardo freddo.

 I suoi occhi grigi, orgogliosi e distanti, sembrano scrutarmi come se fossi sotto esame. I suoi lineamenti eleganti, incorniciati da lunghi capelli scuri lucenti, rendono la sua figura impeccabile. È di una bellezza veramente rara. Degna di un Harvey, immagino. 

 «Direi che possiamo iniziare » taglia corto con voce fredda. Liam annuisce. «Avete idee?» aggiunge Scarlett, alzando un sopracciglio. «Facciamo che c'è una principessa che viene rapita e poi salvata dal principino» interviene Alex, divertito. 

 «Idea geniale,» rispondo, carica di sarcasmo. «Alex, smettila,» lo riprende Scarlett con tono severo. Poi, rivolta al gruppo, propone: «Potremmo raccontare la storia di una principessa che si sacrifica per salvare il suo regno.» 

 «Ok, ma rendiamolo meno fiabesco, altrimenti sembra troppo infantile» aggiunge subito dopo, valutando le sue stesse parole. 

 «Che ne dite di una principessa costretta all'esilio per evitare una guerra? Il principe di un altro paese la vuole, ma il re rifiuta di cederla.» suggerisce Scarlett, con una luce di soddisfazione negli occhi. «Sì, mi piace,» dice Liam convinto, e Scarlett gli rivolge un raro sorriso di approvazione.

 Poi guarda me e Alex in cerca di conferma. «Va bene» concordo io, cercando di non sembrare troppo distante. «Fate quello che vi pare, basta che finiamo in fretta,» borbotta Alex, annoiato.

 «Ma perché il re non vuole cedere la figlia al principe?» chiede Liam, cercando di approfondire. «Perché il principe è un lurido bastardo,» interviene Alex con il solito tono sarcastico. Scarlett lo fulmina con lo sguardo, e io e Liam iniziamo a confrontarci su altri dettagli della storia.

Dopo mille discussioni su nomi, trama e dettagli, completiamo finalmente il lavoro. Consegniamo il progetto alla professoressa e, appena uscita dall'aula, mi dirigo al bar della scuola. Non ho mangiato niente stamattina e la fame si fa sentire. 

 Mentre cammino, mi accorgo che Alex mi sta seguendo. Diverse ragazze, vedendolo, mi lanciano sguardi carichi di odio e invidia. Mi giro, esasperata. «Se hai dubbi sul lavoro, chiedi a tua sorella.»

 «Non è sul lavoro che ho dubbi, ma su di te,» risponde con noncuranza. 

 «E sentiamo, che dubbi hai?» ribatto, incrociando le braccia. «Mi chiedo cosa abbia visto di interessante in te Killian. Di solito ha un sacco di ragazze che gli sbavano dietro, ma non rivolge loro neanche mezzo sguardo,» dice con sarcasmo. 

 «Te l'ho già detto, ma pare che tu abbia bisogno di sentirlo ancora. Tra me e tuo fratello non c'è niente,» ribatto con un tono tagliente. 

 «Però, a guardarti bene, sei proprio interessante » aggiunge, ignorando completamente le mie parole. 

 «Però, a guardarti bene, sei proprio uno stronzo» rispondo senza esitazione.

 Ride, come se nulla potesse toccarlo, e ricomincia a tormentarmi con domande su Killian. Questo è sicuramente il peggior Harvey con cui vorrei avere a che fare. Ma se ciò mi aiuterà a scoprire la verità, sono disposta a sopportare persino lui. 

Raggiungo il bar cercando di ignorarlo. Prendo un croissant alla crema e un cappuccino al latte, poi mi siedo in uno dei tavoli vuoti del bar. Alex non sembra aver intenzione di lasciarmi in pace e continua a stuzzicarmi con la sua solita aria da fratellino impertinente. Non faccio in tempo a rispondergli che una voce familiare lo interrompe.

«Ciao, Iris.»

Mi giro e vedo Killian appoggiato allo stipite della porta, con un sorrisetto divertito sulle labbra. La divisa che indossa sembra esaltare ogni suo tratto, rendendolo, se possibile, ancora più affascinante.
«Ciao» rispondo, cercando di apparire distaccata.

Lui avanza verso di me senza neanche degnare Alex di uno sguardo. Si siede di fronte a me, appoggiandosi al tavolo con un'aria che grida provocazione. Alex, nel frattempo, si incammina verso l'uscita, ma non prima di lanciarmi un occhiolino e un sorriso malizioso. «Hai bisogno di qualcosa?» domando, fissandolo con aria stizzita.

«No.»
«Allora perché sei qui?» incalzo, visibilmente infastidita.
«Perché volevo vederti» risponde con una naturalezza disarmante, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Si appoggia al tavolo, sostenendo il mento con la mano, e mi osserva, aspettando una reazione.
'Voleva vedermi?'
Impossibile. E anche se fosse vero, lo avrebbe fatto solo per divertirsi. «Ora mi hai visto, puoi anche andare via» dico, mentre la fame prende il sopravvento.

Lui, però, non si muove. Resta lì, con quella sua espressione indecifrabile, e io non posso fare a meno di ignorarlo per concentrarmi sul croissant che ho davanti. 

 Addento un primo morso, lasciandomi travolgere dal dolce sapore della crema, e per un momento dimentico tutto: la presenza di Killian, i pensieri negativi, persino il motivo per cui sono qui. Bevo un sorso del mio cappuccino e torno a mangiare, ma il suo sguardo divertito mi riporta bruscamente alla realtà. «Perché sorridi?» chiedo, cercando di capire cosa stia passando per la sua mente.
Lui non risponde subito, si limita a fissare le mie labbra con aria compiaciuta.

 'Mi sono sporcata?'

 Passo il pollice sopra le labbra, ma non trovo niente. Killian, però, si sporge verso di me e, con un gesto del tutto inaspettato, passa il suo pollice sulla mia bocca. Il calore del suo tocco mi incendia la pelle, e il mio stomaco si agita in una danza incontrollabile. Quando si ritrae, è ancora più divertito di prima. «Avevi dei bellissimi baffetti» commenta con un sorriso che mette in mostra due fossette irresistibili. 

 Sento il calore salire alle guance e mi schiarisco la voce nel tentativo di mascherare l'imbarazzo. Riprendo a mangiare, questa volta con una cura quasi maniacale per non sporcarmi di nuovo. «Devo ammettere che ieri mi sono divertito parecchio» dice all'improvviso, scompigliando i capelli con una naturalezza che mi irrita e mi affascina allo stesso tempo.

«Anche io, davvero. È stata la miglior serata di sempre» ribatto, carica di sarcasmo. Il suo sorriso si allarga, e quelle fossette tornano a farsi strada sul suo viso.
'Smettila, Iris.'

 Non riesco a spiegarmi come questo ragazzo riesca a farmi dimenticare il motivo per cui sono qui, come riesca a confondere tutto ciò che credevo fosse chiaro. È un ostacolo, e lo so bene. Ma una strana sensazione mi dice che liberarmi di lui non sarà affatto semplice. «A proposito, non ti ho ancora restituito la tua felpa. La lavo e te la porto» dico, sperando di riportare la conversazione su binari più neutri.
«Puoi tenerla, ne ho tante» risponde con un'alzata di spalle.
«No, te la riporto. Non mi serve più, ma grazie lo stesso.»
Lui mi fissa per un istante, poi scrolla le spalle. «Come vuoi.»

Finisco di mangiare e mi alzo per andare a pagare, ma Killian mi precede al bancone. Alcune ragazze, notando il suo gesto, iniziano a indicarmi e a ridacchiare. «Non dovevi farlo» dico, visibilmente imbarazzata.
«È per scusarmi per ieri. Non volevo ferirti.» 

 Non avrei mai pensato che si sarebbe scusato con me, nemmeno lontanamente. Eppure, anche così velate, quelle scuse arrivano a toccare qualcosa dentro di me, come un calore che lentamente si diffonde, senza che io possa fermarlo. È sempre così quando sono con lui: tutto il resto svanisce. Il dolore, la rabbia, persino il mio obiettivo... si dissolvono, lasciandomi sospesa in un vuoto dove esistiamo solo noi due. Ma questo è qualcosa che non posso permettermi, perché significherebbe smarrire il senso stesso della mia esistenza. 

Perché, in fondo, è il bello a nascondere il pericolo più grande, è il desiderio a incarnare il peccato, ed è la luce a generare l'ombra più profonda. Perché le leggi della vita sono crudeli, o almeno della mia: ciò che desideri sarà per sempre ciò che ti è vietato avere.

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