Capitolo 14
La serata con Vivian non dovrà ripetersi.
I suoi modi di fare, la sua voce dolce e bassa, il suo sguardo intenso. Tutto in lei mi ha fatto venire voglia di rimanere là fuori con i piedi a mollo e raccontarle tutti i miei segreti.
Il fatto che si sia confidata con me non significa nulla, non deve significare nulla perché altrimenti...
Scuoto la testa e cerco di concentrarmi sul libro di testo che sto tentando di leggere da ore. Sono passati due giorni dalla festa in piscina e non ho ancora rivisto Vivian: la cosa mi rende triste e felice allo stesso tempo.
«Ah sei qui» commenta una voce familiare, facendomi sobbalzare.
Benjamin si siede davanti a me con un piccolo tonfo.
«Ehi. Sì, sto cercando di studiare» mormoro senza alcuna voglia di fare conversazione.
«Buh. Domani non abbiamo lezioni quindi pensavo che potremmo andare in città e divertirci al posto di studiare» butta lì il ragazzo, alzando e abbassando le sopracciglia in maniera speranzosa.
«Innanzitutto parla più piano: siamo in biblioteca» puntualizzo, chiudendo il libro e spostando lo sguardo su di lui «e poi che intendi per divertimento?»
Sto seriamente pensando di uscire con lui?
«Beh, Mila voleva fare qualche acquisto e noi la seguiamo. Tutto qui» mi rassicura Ben, con uno strano luccichio negli occhi.
«E io dovrei crederci?» replico, appoggiandomi meglio allo schienale della sedia in legno.
«Dai. Ogni volta che ti chiedo di uscire mi dici sempre di no. Stavolta potresti cambiare risposta» obietta lui, incrociando le braccia al petto.
Un fulmine squarcia il mio cuore inaridito dal dolore: senso di colpa. Lo avverto in ogni cellula del corpo. Benjamin ha pienamente ragione, però credevo avesse capito che non ho voglia di stringere amicizia con nessuno. D'altra parte, lo zio mi incoraggia, durante ogni singola telefonata, a creare legami sia col mio compagno di stanza sia con chiunque altro frequenti questo campus.
Glielo devo...
«Ok. D'accordo. Verrò con voi» sospiro, dimostrando poco entusiasmo, anche se Ben non si fa frenare dalla mia mancanza di emozione.
«Ottimo. Fantastico. Avviso Mila. Ci troviamo fra mezz'ora davanti casa.» Detto ciò, si alza e corre fuori dalla biblioteca, forse per avvisare la sua migliore amica che lo scontroso ragazzo nuovo ha accettato l'invito.
Sospiro nuovamente per poi mettermi a sistemare le mie cose. Metto nello zaino il libro di testo, la penna e il quaderno per gli appunti quasi in bianco dopodiché mi alzo e rimetto a posto la sedia, dando un ultimo sguardo al tavolo. Detesto dimenticarmi qualcosa in giro.
«Come sei bravo» mi prende in giro una voce delicata e femminile.
Oh, cavolo!
«Cos'è? Hai parlato con Ben?» mormoro in tono sarcastico, voltandomi di scatto.
Lei è lì, in piedi di fronte a me, con un paio di jeans attillati e una maglietta tinta unita. A tracolla l'onnipresente borsa malconcia e la guardia del corpo due passi dietro alla sua sinuosa figura.
«No. Perché? Avrei dovuto?» replica, con un'espressione confusa in volto «Comunque sia, ti ho cercato perché volevo avvisarti che fino a lunedì non ci vedremo. Devo assentarmi un paio di giorni.»
Rimango in silenzio un minuto intero mentre le sue parole attecchiscono nel mio cervello.
«Dove vai?» le domando prima di potermi frenare.
Mi mordo subito il labbro inferiore e mi do dello stupido per averle chiesto una cosa del genere. Non sono di certo affari miei, ma...
«Impegno di famiglia» risponde lei, incurvando le labbra in un sorriso dal sapore triste.
Vivian non aggiunge altro e io non parlo più. Ci fissiamo in silenzio per svariati secondi prima che il suo amico russo si faccia avanti e le sfiori una spalla. La ragazza trasale lievemente per poi farmi l'occhiolino e girare i tacchi col possente siberiano al suo fianco.
L'incontro mi lascia addosso una patina di inquietudine che non riesco a comprendere: Vivian ha nominato la famiglia, cosa che non l'ha mai fatto prima, e aveva un viso mesto, molto in disaccordo col suo solito buonumore.
Cammino a passo lento verso l'uscita e il sole di metà mattina mi acceca per un istante appena varco la soglia della biblioteca. Scendo i gradini due alla volta e noto che l'idea di Ben è diventata virale: ci sono un sacco di studenti che si divertono e solo pochi, probabilmente i secchioni, hanno lo sguardo basso su un libro.
Si respira un clima rilassato e giocoso, che non mi contagia affatto, però prometto a me stesso che non rovineró il giro o di svago di Ben e Mila.
Mi affretto per rientrare all'appartamento e ciò nonostante trovo i due amici appoggiati a una piccola utilitaria verde pistacchio che mi attendono.
«Scusate» borbotto, stringendo la cinghia dello zaino e abbassando gli occhi.
«Figurati» esclama Mila con voce allegra «sono arrivata un po' prima per fare due chiacchiere. E comunque Ben è sempre in ritardo quindi ci sono abituata.»
Il ragazzo si mette a ridere così forte da farmi rialzare lo sguardo di scatto. Benjamin mette un braccio sulle spalle di Mila e le schiocca un bacio sulla guancia. Lei, in risposta, gli rifila un lieve spintone che lo fa scostare.
«Smettila, scemo» ridacchia la giovane, pulendosi la guancia con una mano.
Oggi indossa pantaloni a zampa d'elefante abbinati a una maglietta verde, quasi in tinta con la macchina.
«Molla lo zaino e prendi il portafogli» aggiunge, rivolgendosi a me con occhi luminosi «si parte fra due minuti.»
«Ah, ok. Io... vado» balbetto, preso in contropiede dalla loro spensieratezza.
Entro in casa e raggiungo camera mia. Lancio lo zaino sul letto e recupero il piccolo portafoglio nero dal cassetto del comodino: controllo di avere qualche banconota dopodiché torno dai ragazzi.
Mila e Ben sono già in auto così a me tocca il posto dietro. Non che mi lamenti. Stando dietro posso evitare di parlare e confondermi con il sedile. Un punto a mio favore.
«Prima tappa il Bar Lovat poi shopping sfrenato» annuncia Mila, accendendo il motore e cercando una stazione radio decente.
Ho quasi i brividi...
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