Capitolo 11
Prima di uscire, prendo un respiro profondo come se dovessi immergermi negli abissi senza bombole. Vassili mi osserva senza dire nulla, il che è abbastanza strano: immaginavo che dopo l'uscita di scena di Victor, il mio russo preferito avrebbe cominciato a farmi raccomandazioni su raccomandazioni.
Ma non è così.
Anzi, nonostante io sia aggrappata al lavandino come se si trattasse di una scialuppa di salvataggio, Vassili non muove un muscolo né prova ad aiutarmi.
《Che succede?》gli domando, alzando lo sguardo su di lui.
I nostri occhi si incrociano attraverso lo specchio: i miei pieni di curiosità, i suoi impenetrabili.
《Nulla》risponde con noncuranza per poi avvicinarsi alla porta e poggiare una mano sulla maniglia.《Possiamo andare?》
Mi prendo qualche istante prima di rispondere e continuo a studiarlo. La sua postura pare rilassata, però, le spalle sono rigide e il suo microsorriso non è gentile come le altre, rare, volte in cui sorride.
《Certo》dico, sperando che la mia voce sia intrisa di forza e certezza.
Abbandono il mio appiglio e faccio qualche barcollante passo in direzione della porta. Il mio equilibrio è un poco precario e la sofferenza si è ormai diffusa in tutto il mio corpo, ma a parte questo sto discretamente bene.
Vassili spalanca la porta e si posiziona di lato, lasciandomi uscire per prima.
Tengo lo sguardo alto e fisso di fronte a me quando torno all'interno del bar: le mie orecchie captano stralci di conversazioni mormorate e devo trattenermi all'inverosimile dall'andare a quel tavolo per scambiare due parole con quelle ragazze.
《Cintuna a camminare...》sussurra Vassili, alle mie spalle, posando una mano sulla mia schiena e sollecitandomi a proseguire.
Non commento in alcun modo e riprendo la mia dolorosa avanzata.
Dopotutto gli studenti hanno cominciato a mettere in giro falsità sul mio conto già da quando mi sono iscritta al college e soltanto perché avevo come unica compagnia il mio russo.
Se sapessero la verità...
Un'ondata di improvvise lacrime tenta di sommergermi mentre penso all'ignoranza in cui vivono i miei colleghi studenti. Stringo le mani a pugno e mi conficco le unghie nella carne per evitare che anche solo una lacrima sfugga al mio controllo.
Non cedere...
Dopo un tempo interminabile, raggiungo finalmente la porta del bar, quella che mi separa dalla salvezza.
Agguanto la maniglia con rabbia e la spalanco, uscendo a passo svelto senza nemmeno sincerarmi che Vassili sia al mio fianco.
Voglio solamente allontanarmi da lì il più in fretta possibile.
Il mio desiderio è tale che ho relegato il dolore sordo, che provo in tutto il corpo, in un angolino della mia mente, del tutto scalzato dal desiderio pressante di rimanere sola.
《Rallenta》mi consiglia Vassili, con voce stranamente tenera.
Obbedisco subito, più che altro per il tono che ha utilizzato, e mi ritrovo con le mani sulle ginocchia, piegata in avanti, nel vano tentativo di riprendere fiato.
Bocchieggio, sudata e con i polmoni a fuoco, mentre la grande mano del russo mi carezza la schiena, cercando di consolarmi.
Ma non è quello di cui ho bisogno.
Io voglio guarire.
Non voglio più sentirmi così dopo aver fatto solo qualche passo.
Voglio poter bere caffè ogni mattina senza il gelido terrore di vomitare dopo il primo sorso.
Quando riesco a riprendere fiato e normalizzare i battiti del mio cuore, mi rialzo e scrollo via la grande mano di Vassili.
《Sto bene》gli dico, con voce incrinata.《Voglio andare nella mia stanza ora.》
Come prima, lui non controbatte e mi lascia spazio così riprendo il cammino, tenendomi, però, rasente al muro: che io lo voglia ammettere o meno, ho bisogno di un sostegno.
Ormai le mie riserve di energie stanno svanendo come neve al sole, tanto che non credo neppure di uscire a raggiungere l'edificio dove si trova la mia camera.
L'unica fortuna è che ci sono pochi studenti in giro: molti si trovano a lezione ed alcuni rinchiusi in biblioteca a studiare oppure con le confraternite a sbronzarsi.
《Sicura che non vuoi un po' d'aiuto?》domanda Vassili, quando svoltiamo a destra e io inciampo leggermente.
《Io...》borbotto sottovoce, lanciando anche una sfilza di imprecazioni davvero colorite.《Forse. Un pochino》ammetto, realizzando che probabilmente non riuscirò a raggiungere la mia stanza sulle mie gambe.
È così umiliante.
Arrossisco per la mia debolezza quando il russo mi prende a braccetto ed adegua il suo passo, forte e sicuro, al mio, incerto e scoordinato.
Non scambiamo una parola finché non giungiamo alla porta dell'edificio: ancora pochi metri e potrò gettarmi sul letto, chiudere gli occhi e riposare.
Sospiro, pregustando quel momento, e non vedo la piccola buca nel terreno che attenta alla mia vita. Vassili mi sorregge mentre mi sento mancare la terra da sotto i piedi e lancio una gridolino di sorpresa.
Evito la caduta, ma solo grazie alla forza della mia guardia del corpo. Infatti Vassili mi sta praticamente tenendo sollevata da terra tanto mi stringe a sé.
《G-grazie...》farfuglio, decisamente felice di aver evitato una rovinosa e imbarazzante caduta.
《Di nulla》replica lui, continuando a stringermi.
Non capisco le sue intenzioni finché non è troppo tardi.
Con un veloce movimento, l'uomo mi prende in braccio, facendo passare una mano sotto le mie ginocchia e ancorando l'altra alle mie spalle.
《Ma che...?》brontolo, iniziando a divincolarmi debolmente.
《Stai ferma》mi ordina lui con voce metallica e priva di calore.《Non c'è nessuno in giro quindi non hai bisogno di fare la commedia. Non hai più forze per reggerti in piedi. Ti porto io fino in camera così non rischi ancora di romperti l'osso del collo. Puoi inveire contro di me, se la cosa ti fa piacere, ma non cambierò idea.》
Non ribatto, soprattutto perché le sue parole contengono un fondo di verità.
Raggiungere quell'edificio è stato faticoso quanto correre una maratoneta senza allenamento ed ora mi sento così stanca che potrei dormire fra le due muscolose braccia.
《D'accordo...》mormoro, quando ormai stiamo entrando in ascensore, diretti alla mia stanza.
Come predetto da Vassili, non vedo anima viva e riusciamo a raggiungere la camera senza incrociare curiosi e pettegoli. Ringrazio Dio per questa piccola concessione.
Vassili riesce ad aprire senza mollare la presa su di me e, una volta dentro, chiude la porta con un calcio. Non accende alcuna luce e lascia l'ambiente immerso in una dolce penombra.
Mi accompagna fino al letto per poi adagiarmi sulle coperte con delicatezza. Appena la mia testa sfiora la morbidezza del cuscino, i miei occhi si chiudono di loro volontà.
《Io...》inizio a dire per bloccarmi subito.
Sono così stanca che le parole mi muoiono in gola.
《Riposa, Vivian. Veglierò io su di te.》
La voce di Vassili mi accompagna in un dolce oblio, dove il dolore è solamente uno sfocato ricordo.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro