1. Scherzo del destino
Giulia sapeva bene che il destino a volte era beffardo. Infatti sembrò prendersi gioco di lei quando, solo due settimane dopo l'accaduto ad Hyde Park, si ritrovò, nel ristorante dove lavorava il Dreams, la guardia del corpo di Williams, quella che l'aveva fermata all'ingresso del parco. L'aveva riconosciuto quasi subito, era difficile da dimenticare per Giulia.
Per fortuna l'uomo non la vide, perché era ancora nei locali antistanti la cucina e l'energumeno stava parlando con il proprietario, voltato di spalle a lei. Sperava vivamente che il cantante non fosse arrivato al punto di cercarla per Londra dal momento che lei non l'aveva contattato. Scosse la testa per quanto assurdo era quel pensiero, di sicuro non si ricordava nemmeno più quello che era successo.
Quando fu sicura che l'uomo se ne fosse andato uscì dal suo nascondiglio e chiese a Marcel il proprietario del Dreams: «Ci sono problemi, capo? Ho visto un tipo non molto raccomandabile parlare con te mentre stavo per uscire. Tutto bene?»
Marcel la guardò con gli occhi spalancati e un enorme sorriso come se gli avessero appena fatto un regalo di Natale grandioso e inaspettato.
«Giovedì prossimo avremo un evento privato, il locale resterà chiuso al pubblico, faremo il party per il nuovo singolo di Harry Williams, a Londra.»
Appena sentì queste parole Giulia pensò di darsi malata, o andare lontano da quella città. Forse non era stata una buona idea venire nella capitale della Gran Bretagna. Quel dannato ragazzo sembrava ovunque. Beh, lei sapeva benissimo che era inglese, però da anni viveva a Los Angeles, o almeno così diceva sempre sua sorella. E ora invece era proprio lì e lei se lo trovava dappertutto, come era possibile?
«Ehi, Giulia ci sei? Mi servi sveglia e attiva perché per quella serata avrò bisogno di più personale e quindi ti farò servire ai clienti; se le cose andranno bene potrei toglierti dalla sezione lavapiatti e farti servire in sala per sempre» disse il suo capo ridestandola dai sui pensieri su Williams.
In un'altra occasione, quella sarebbe stata una notizia fantastica, la paga sarebbe aumentata molto e finalmente avrebbe potuto cominciare a mettere seriamente da parte i soldi per il corso da chef, però il solo fatto che quella festa fosse per Harry Williams le stava facendo attorcigliare lo stomaco, tanto da non saper se dire sì o no a quella proposta.
Marcel, non avendo avuto risposta dalla ragazza, lo prese per un assenso e senza aspettare oltre era già partito per andare a parlare con lo chef di come organizzare il buffet.
Era quasi uscito dalla sala quando Giulia sentì dire fugacemente: «Allora ci conto, da domani inizierai un paio d'ore in sala a pranzo per imparare a servire, in modo da essere pronta per il party.»
La ragazza rimase impalata dov'era, cercando di calmare il tumulto del suo cuore. In fondo era solo una misera serata, ci sarebbe stata tantissima gente, forse non l'avrebbe neanche visto. Si morse un labbro cercando di convincersene.
«Sei pronta per tornare a casa?» la voce calma e profonda del suo collega Al la fece sobbalzare.
«Sì certo, andiamo» rispose ancora sovrappensiero. Aveva già indossato il suo piumino leggero quando si era fermata per via della guardia del corpo di Williams.
«Mi vuoi spiegare cosa ti ha detto il capo per sconvolgerti così tanto?»
Giulia sbuffò leggermente, mentre si stringeva al braccio dell'amico, nonché coinquilino.
«Niente, è solo che mi ha... mhm come dire... promosso alla sala» disse continuando a camminare spedita verso la fermata dell'autobus.
Al non mollò la presa, ma fece un urletto poco virile. «E me lo dici così? Non sei contenta? Come e perché, voglio i dettagli...»
Giulia scosse la testa ma rallentò un po', in lontananza si vedeva che l'autobus non era ancora arrivato.
«Giovedì prossimo abbiamo un party esclusivo, credo, per il lancio del nuovo singolo di Williams, il cantante, e Marcel mi ha chiesto di essere in sala a servire perché ha bisogno di più personale» rispose Giulia con voce incolore, come se fosse una cosa normale essere promossa di livello e avere una pop-star con amici famosi nel loro locale. In realtà lo era, Giulia sapeva che il Dreams era un locale molto in voga a Londra, frequentato da diverse celebrità.
Al fece un fischio di stupore. «Avevo capito che qualcosa bollisse in pentola, ma non credevo fosse questo. Però, d'altro canto, Williams viene spesso al locale, col suo amico Nathan Green, quando è a Londra.»
Giulia lo guardava stupita, lui lo conosceva?
Al Abbas Quazi, detto Al, era di origine pakistana, ma cresciuto in Inghilterra da sempre. Viveva da solo da quando i familiari l'avevano cacciato di casa ancora minorenne, dopo aver scoperto la sua omosessualità. Era scappato da Manchester dove abitava e aveva vissuto per strada per un certo periodo, passando da un ente benefico all'altro, fino a quando non aveva incontrato, in una mensa della Croce Rossa internazionale, Sven Brunner, suo attuale compagno, svedese, di alcuni anni più grande di lui.
Vivevano insieme in un appartamento nella zona nord della capitale Inglese e la scorsa primavera, per arrotondare le entrate e permettere ad Al di inseguire il suo sogno di partecipare a X-Factor UK, avevano deciso di subaffittare una stanza della loro casa e così avevano conosciuto Giulia.
Da quando la ragazza italiana era arrivata, la loro routine aveva preso una piega insolita. Giulia era dolce, malinconica e molto determinata a diventare una chef.
Al l'aveva aiutata col lavoro e Sven finalmente aveva smesso di cucinare, visto che ci pensava sempre la ragazza da quando era con loro. Per esercitarsi, diceva lei, ma in realtà si vedeva che Giulia cucinava quando era nervosa o stava male.
Facevano comunque un bel trio e chiunque li incontrasse pensava che fossero in qualche modo imparentati, molto spesso scambiavano Sven e Giulia per fratelli. Lei sorrideva tristemente e diceva a tutti che non aveva fratelli. Entrambi i ragazzi pensavano che non fosse del tutto vero, ma lei non amava parlare della sua famiglia e loro rispettavano questa sua scelta. In fondo anche loro avevano storie familiari complicate.
Se Al era stato cacciato dai suoi familiari, Sven si era allontanato di sua volontà, ma di fatto non andava d'accordo con i genitori e il fratello maggiore. Non ne parlava mai, anche per non rattristare il compagno; la sua famiglia non aveva accettato la sua scelta di vita e per lui era più semplice non frequentarli. Non avevano senso le cene formali in cui il padre, ambasciatore Svedese, mostrava agli ospiti i figli come fossero dei trofei. In questo quadro perfetto, un figlio gay che faceva il tecnico del suono e conviveva col suo compagno pachistano era un neo molto scomodo. Sven lavorava per una radio di Londra e a lui piaceva, era sempre stato affascinato dalla musica, dalla produzione e tutto il resto e poi, da quando aveva conosciuto Al che cantava, questa passione la condivideva con lui.
Adesso loro tre erano una famiglia, strana ma bella. Come per Stitch, il protagonista dell'omonimo cartone animato della Disney, così diceva sempre Giulia che lo adorava.
«Ehi, aspettami!»
«Muovi quel culo, fai palestra no? L’autobus non ci aspetta, sai?»
Giulia era quasi arrivata alla fermata, sapeva che ancora ci sarebbero voluti circa dieci minuti prima che il loro autobus arrivasse e poi mezz’ora almeno per tornare a casa.
«Allora, che hai detto al capo?»
«E che dovevo dirgli? Mi ha praticamente promosso, mica potevo rifiutare.»
«Brava!» disse il ragazzo stringendola per le spalle per poi continuare: «Perché sei triste, allora? Non è una bella notizia? Forse potremmo già cercare un corso da chef...»
«Per il momento sono solo in prova e lo sai pure tu che quei corsi costano un occhio della testa. Più delle tue lezioni di canto private. Anche se, ora che ci penso, potrei subaffittare il balcone della mia stanza. Il piccione che viene ogni mattina lo trova interessante.»
Al rise di gusto. «Dubito che ti ripaghi se non in natura, e non credo che sia una buona cosa, forse dovremmo mettere dei dissuasori per quelle bestie.» Giulia gli sorrise, il pensiero di Williams lontano. Avrebbe fatto la serata e tutto sarebbe andato per il verso giusto.
Peccato che non ci credesse neppure lei, non fino in fondo almeno.
Da quando Gianluca era morto aveva sviluppato una specie di patologia, non sapeva nemmeno come definirla, non era andata da uno psicologo per quello. Sapeva solo che quando sentiva nominare il cantante, ascoltava le canzoni o lo vedeva, si bloccava, lo stomaco le si chiudeva e iniziava a tremare. Riusciva in genere a dominare questi attacchi, inspirando ed espirando più volte. Finché era stata in Italia non era stato un grosso problema. Adesso, però, l’aveva incontrato di persona e stava per crollare. Cosa sarebbe successo in un'intera serata in cui per di più doveva servire lui e altre persone?
Giulia prese fiato, il cuore le batteva forte nel petto. Non poteva cedere, quella era la sua occasione, doveva prendersela, Williams o non Williams.
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