Paradiso
L'acqua, se così si può chiamare, è calda e avvolgente come le spire di un serpente.
Di un colore rossastro, dovuto al sangue dei poveri sventurati, che capitano in questo Inferno.
So di cosa parlo.
Ho passato un anno intero all'Inferno.
Se non fosse stato per Luca...
Mi passo una mano sul viso per scacciare le lacrime e prendo un respiro profondo.
Non puoi mollare adesso, Erika!
Il cielo, sopra di me, è coperto da nubi temporalesche.
Di tanto in tanto un fulmine rischiara la via.
Avanzo con fatica nella Palude.
La melma in cui sono immersa, un composto di acqua, sangue e dolore, si aggrappa ai miei vestiti, rendendo difficoltosa la camminata.
All'improvviso risuona, nel silenzio tombale, un ringhio minaccioso.
Mi guardo intorno in cerca di un riparo.
Un arbusto rinsecchito, ma dal tronco abbastanza largo, fa al caso mio.
Mi appiattisco, con la schiena contro la corteccia ruvida come carta vetrata, e aspetto.
Arriva annunciato da un rumore di zoccoli.
Mi arrischio a dare un'occhiata, sporgendomi un poco.
È un Demone Maggiore.
La parte inferiore del suo corpo assomiglia a quella di un cavallo, con un numero spropositato di zampe.
La parte superiore, invece, è un tripudio di muscoli sfilacciati e spuntoni ossei.
Il volto...
Non possiede in vero e proprio viso.
Ma soltanto un occhio nero, privo di iride, pupilla e sclera.
Tremo.
Il Demone si ferma.
Mi ha sentito.
Odoro di strega.
La loro preda preferita.
All'improvviso mi sento cadere.
Sprofondo nelle acque torbide e velenose della Palude.
Qualcosa mi afferra un polso, trascinandomi fuori da quella melma.
Riesco nuovamente a respirare.
Annaspo mentre il mio cervello rimette insieme i pezzi.
Il Demone ha distrutto il tronco con uno dei suoi tentacoli e io sono stata sbalzata in acqua.
Ora sono prigioniera.
La pelle viscida dei tentacoli scivola sulla mia, lasciandomi umida e violata.
Dopo l'esame, il Demone si rimette in viaggio, scalpitando dalla gioia.
O almeno credo.
Non è facile capire i suoi ringhi e i suoi sbuffi.
Con malagrazia mi scaraventa sulla sua groppa: i tentacoli si avviluppano ai miei arti, immobilizzandomi.
Dopo un tempo imprecisato, raggiungiamo un Palazzo.
Una sorta di roccaforte dei demoni dove veniamo accolti da una moltitudine di mostri che vogliono toccarmi.
Sfiorarmi.
Leccarmi.
Ognuno di loro vuole una libbra di carne.
Della mia carne.
Ma Lui ha la precedenza.
Il mio carceriere, infatti, tiene a bada tutti e continua la sua avanzata, fra le rocce fumanti e le carcasse abbandonate.
Mi piange il cuore nel riconoscere ossa umane nelle cataste che sorpassiamo.
Quante vite spezzate.
Quante morti inutili.
Quante persone scomparse senza lasciare traccia.
Ricaccio indietro le lacrime.
Sono inutili.
Ho bisogno di mantenere la lucidità mentale necessaria per... fare quello che devo fare.
Scendiamo.
Ovviamente Lui ha il suo Trono sottoterra.
Il Demone Maggiore mi getta in un buco fra le rocce.
Atterro con dolore, su ginocchia e gomiti.
Rimango intontita per qualche istante.
Quando la vista mi si schiarisce, studio l'ambiente in cui sono finita.
È una grotta.
Ampia e buia.
Illuminata soltanto da due fiaccole poste ai lati.
Accanto a me, scorgo altre ossa, ma, stavolta, non sono umane.
Troppe escrescenze.
Alzo lo sguardo.
La volta rocciosa è tappezzata di teste.
Appese per i capelli come macabri trofei.
Deglutisco, ingoiando terrore misto a saliva, e poi mi rialzo.
Mi spazzolo i pantaloni rovinati e laceri in più punti.
Un rumore sordo mi fa voltare di scatto.
Lui è lì.
In piedi, alle mie spalle.
Ha il suo volto.
《Luca...》mormoro il suo nome nell'immobilità delle tenebre.
Ottengo un sibilo in risposta.
Per poi venir scaraventata lontano da una zampata.
Atterro contro una parete rocciosa.
L'impatto mi lascia stordita e senza fiato.
Non è il mio Luca...
Devo tenerlo a mente.
Ancora accasciata a terra, strappo i pantaloni all'altezza del ginocchio, scoprendomi il polpaccio.
Devo avvicinarmi.
Lui mi fissa.
I suoi occhi sono così... familiari...
In un battito di ciglia, me lo ritrovo davanti.
Ringhia.
Urla.
Sbava.
Ma io non arretro di un passo.
Allungo una mano verso il suo volto, trasfigurato dalla follia.
La sua pelle rosea è morbida al tatto.
Piacevole.
Lui lascia che io mi avvicini.
Si siede a terra, con le gambe, massicce e nodose, incrociate.
È paziente.
Curioso.
Lo abbraccio, con l'immagine di Luca impressa nella mente.
La mia mano destra giunge al mio polpaccio nudo, dove si trova il pugnale, celato sottoforma di tatuaggio.
È ora.
Mi poggia una mano artigliata sulla schiena, strappando il top e ferendomi a sangue.
Però io non mi muovo.
Lascio che lui mi lecchi una guancia mentre il pugnale si materializza nella mia mano.
Stringo l'elsa gelida con dita decise.
《Chiudi gli occhi...》gli sussurro dolcemente, sorridendo.
Lui non capisce, ma, stranamente, fa ciò che gli chiedo.
Gli poso in casto bacio sulla fronte e poi lo pugnalo al cuore.
Subito vengo sbalzata via dall'esplosione di energia che si scatena quando il cuore viene assorbito dalla lama.
Atterro sulla schiena, strisciando le ferite fresche a terra e lasciando così una scia scarlatta.
Lui mi guarda.
Una lacrima nera come la pece gli solca il volto.
Un viso che non è più quello del mio amato.
Il pugnale cade a terra con un rumore metallico.
La gemma, incastonata nell'elsa, è diventata rossa.
Missione compiuta!
Un boato mi fa rabbrividire.
I demoni hanno compreso che il loro Padrone è morto.
Devo fuggire.
Senza badare alla mia nudità e alle ferite, ancora sanguinanti, mi alzo da terra e recupero il pugnale per poi aprire il portale che mi porterà a casa.
Da Luca.
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Non riesco a dormire.
Strano vista la mia recente... avventura.
Appoggio le mani al parapetto di legno della barca e fisso la luna rossastra sopra di me.
Ho scelto Shamazan.
Mi piace come Paese.
La vita scorre tranquilla e pacifica da quando io e Luca abbiamo ucciso Farlan.
Luca...
Appena il mio pensiero va a lui, avverto due braccia calde e muscolose cingermi la vita.
《Amore...》
Il suo respiro mi accarezza l'orecchio, facendomi piacevolmente rabbrividire.
《Non volevo svegliarti》mormoro nella quiete della notte.
《Non sei stata tu a svegliarmi...》
Lo immaginavo.
Incubi.
《Mi dispiace...》
Luca rinserra la presa su di me e appoggia la guancia sui miei capelli.
《Non devi. Sono felice di essere qui con te. La donna che amo e che amerò per sempre.》
A quelle parole lacrime silenziose cominciano a scendere dai miei occhi.
《Scusa... Io... Non...》
Poggio le mani sopra le sue, più calde.
《È così raro che tu mi dica che mi ami e...》
《Lo so. Sono imperdonabile...》
La sua voce è densa di dispiacere e malinconia.
《No, non imperdonabile. È proprio perché lo dici raramente che lo apprezzo di più.》
Mi giro nel sicuro abbraccio del mio compagno così ci troviamo faccia a faccia.
Uno di fronte all'altra.
Il redivivo e la strega.
Un risolino mi sfugge dalle labbra.
Luca mi guarda confuso.
Scuoto la testa e lo bacio.
Il passato non ha importanza.
Quello che conta è il presente.
E io voglio viverlo con lui.
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