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Capitolo 28

Luna pov's

Forse avevo sbagliato a parlargli in quel modo e a non dargli una possibilità, dopotutto mi aveva salvata dandomi la possibilità di vivere una vita normale.

Come potevo essere stata così egoista?

Dovevo ascoltarlo tempi addietro, avrei risparmiato sofferenze su sofferenze ad entrambi.

Ho dovuto mentire dicendogli che ero fidanzata per non averlo fra le palle, ma la verità era che mi vergognavo di guardarlo in faccia dopo aver saputo la verità.
Perché era colpa mia se avevamo sofferto e se ero cambiata.
Perché non gli avevo mai dato l'opportunità di parlare, ricordavo bene quanto eravamo legati e come ci eravamo legati.

E il mio cuore non faceva altro che dirmi quanto stessi sbagliando nell'essere così fredda con lui perché sapeva perfettamente quanto mi amava, da non fare una cosa simile.
Quindi per andarsene i motivi dovevano essere ben ovvi.

Avevo bisogno di parlargli e dirgli la verità, di quanto mi sentissi in colpa e di quanto in realtà in tutto questo tempo mi era mancato.

Io lo amavo ancora con tutto il cuore, ma una parte di me si rifiutava di tornare ad essere normale con lui perché potevo solo vergognarmi per come ero diventata indifferente, per come avevo allontanato la gente che mi voleva bene dando persino loro le colpe di una cosa che in realtà mi aveva logorata così.

La sua assenza era diventato il mio veleno.

Lo amavo, lo volevo e non avevo mai pensato ad altro in tutto il tempo se non a come magari fosse cambiato, a come sarebbe stato rivedere i suoi occhi, baciare di nuovo le sue labbra e fare di nuovo l'amore con lui.

Sarei stata molto più trasgressiva a riguardo e sorrisi al pensiero.

Rientrai a casa e mi piombai affamata in cucina, ma ciò che trovai era tutt'altro che l'immagine della mia famiglia serena intenta a mangiare e del ragazzo che volevo vedere.

"Tesoro è scomparso da più di un ora, dovrebbe essere già tornato. Il tempo lì fuori non è dei migliori e se fosse rimasto bloccato nella bufera?" Sentii dire da mia madre a mio padre.

Improvvisamente i loro occhi si posarono su di me e parvero persino delusi.

"Oh sei tu, pensavamo fosse Aron." Sospirò mia madre.

"Che succede?" Chiesi con finto tono indifferente, mai avrei dato loro la soddisfazione del fatto che mi importava.

"Aron è scomparso, è uscito nel pomeriggio e non è ancora tornato." Rispose Julian preoccupato.

I miei occhi si sgranarono dalla preoccupazione e li capii che non potei evitare di darlo a vedere.

"E cosa aspettate qui? Bisogna andare a cercarlo! Fuori si gela e la neve è sempre più fitta ogni minuto che passa!" Lì rimproverai.

Sapevano che era scomparso e stavano lì impalati senza fare niente?

"Papà dobbiamo andare a cercarlo, dobbiamo rischiare. Il borgo non è grande, lo troveremo da qualche parte. In una strada o sotto un portico." Rispose mio fratello mettendosi il giubbotto pesante.

"Hai ragione, però di qui al borgo non è vicino. Ci metteremo un po' di tempo... A meno che..." Mio padre si bloccò sulle parole.

"La Jeep Grand Cherokee." Sussurrai.

Avevo la soluzione!

Era adatta per la neve ed era parcheggiata in garage.

"Luna, sei geniale!" Julian mi aveva sentito benissimo e mi scoccó un bacio sulla guancia per poi andare a cercare le chiavi fra i mazzi, nel cassetto del mobile presente in soggiorno.

Un gesto che mi scaldó il cuore e pensare che lo avevo tenuto lontano per più di un anno...

Una lacrima cercò di uscire, ma me la asciugai prima che qualcuno potesse vedermi.

Mi ero mostrata forte per così tanto tempo che mostrarsi debole ora... Beh era una vera presa in giro.

Nel frattempo papà si era coperto e dopo cinque minuti uscimmo ritrovando Julian in auto ad aspettarci, non lo avevo nemmeno visto uscire per andare in garage.

Troppo presa dalle mie emozioni.

Non vi era un minuto da perdere.

Una volta arrivati Julian lasciò l'auto all'ingresso del borgo, ai piedi della salita e scese con me e mio padre alla ricerca di Aron.

Il tempo passava e la neve era sempre più fitta, il naso gelava, le mani erano intorpidite e il respiro sempre più corto.

Stare fuori man mano che il tempo passava risultava impossibile...

Poteva essere morto d'ipotermia e noi sulle sue tracce invano.

Papà mi raccomandó di aspettare e di non gironzolare per le stradine strette, restai lì per dei buoni venti minuti ad aspettare da sola, al buio con la torcia del cellulare a guardarmi attorno. Nel più tetro silenzio della sera... Fino a quando non tornarono con il fiatone.

"Allora?" Chiesi speranzosa e carica di ansia.

Julian scosse la testa e il mio cuore sembrò crollare...

Non poteva essere scomparso nel nulla.

Papà e Julian si appoggiarono alla Jeep con la testa fra le mani disperati.

E poi improvvisamente ricordai...

"Dove hai preso l'accendino?" Mi chiese avvicinandosi al letto.

"L'ho fregato a Ginevra.
Sapevo di portarti qui stasera.
Era il mio intento.
Vedi questo è il mio rifugio, non ci ho mai portato nessuno qui.
Gli altri non sanno nemmeno che esiste. Quando voglio isolarmi e restare da sola vengo qui.
È il posto perfetto per contemplare la bellezza della notte o del giorno, non credi?"

"CAZZO!" Dissi per poi cominciare a correre nel borgo a perdifiato.

"Luna aspetta! Non puoi allontanarti! LUNA!" Le urla di mio padre divennero sempre più lontane man mano che correvo.

Io sapevo dove si trovava!

Era nel mio rifugio, dove avevamo fatto l'amore!

Come avevo potuto non pensarci subito?

Come avevo potuto dimenticarlo?

"Luna, aspetta!" La voce di Julian che mi raggiungeva col fiatone mi risvegliò dai miei pensieri.

"Io lo so Julian, so dov'è!" Quasi senza fiato continuai arrivando in fondo agli ultimi edifici del borgo, incespicando di tanto in tanto nella neve.

"Qui non c'è niente ed è tutto buio." Disse accendendo la torcia del cellulare Julian, abbastanza frustrato.

"È lì!" Indicai l'edificio e notai la porta non chiusa perfettamente.

Io e Julian ci avvicinammo e la aprimmo trovandoci davanti una scena da film drammatico!

Il mio cuore si ruppe e in quel momento anche le mie ginocchia cedettero cadendo a terra.

Mi ritrovai a piangere a singhiozzi mentre Julian correva verso il letto.

Aron era rannicchiato in posizione fetale, tremante nonostante la candela accesa. Per fortuna era di una cera molto doppia che sarebbe durata ore e ore.
Anche se poca, era una piccola fonte di calore.

"Amico siamo qui! Finalmente! Ma sei impazzito?" Julian abbracciò forte Aron cercando di riscaldarlo.

"L..L..U..NA.." Balbettó Aron che non mi aveva ancora vista.

"Sta tranquillo ora non ci pensare. Mia sorella ti ha proprio fottuto il cervello eh?" Cercó di essere ironico Julian.

"I.. IO... LA... A..AMO"

"Luna presto, chiama papà. È troppo ghiacciato e credo sia appena svenuto di nuovo."

Non avevo mai visto mio fratello così agitato e così anche io.

"Papà lo abbiamo trovato! L'ultimo edificio in fondo."

Dopo cinque minuti mio padre spalancò la porta facendo entrare una folata di vento che spense la candela...

"Prendete, avvolgiamolo in questa coperta. Lo porteró in braccio tipo involtino, ma almeno si riscalderà un po'." Disse papà dandoci una grande coperta con cui avvolgemmo Aron con cura.

Uscimmo dall'edificio che richiusi accuratamente per poi seguirli verso la Jeep, che papà aveva lasciato con le luci accese per riferimento.

La neve era fitta e per fortuna avevamo il mezzo giusto e le catene alle ruote.

Si poteva sprofondare ad ogni passo, ma la cosa più importante era che Aron fosse salvo.

E tutto ciò per colpa mia.

Lui mi aveva salvata ed io invece lo avevo indotto a morire.

Non me lo sarei mai perdonato.

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