Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

11 • Intervento femminile

6 luglio 2005

La calma ostentata da Evaristo fece stringere i pugni a Dione. Il respiro pesante. La tranquillità usata dall'amico mentre si staccava dalla schiena del papà di Mara, era un mero insulto al buon gusto. Rivestirsi con l'aria di essere stato disturbato, aggiungeva altra irritazione a Dione. La sua mandibola vibrò quando poi l'altro sostenne il suo sguardo. «Senti...» iniziò a squarciare l'imbarazzo creato dal silenzio che era calato.

«Fa attenzione a ciò che dici. Potrebbe essere l'ultima cosa,» ringhiò Dione. Poi si rivolse all'uomo. «E lei, abbia la compiacenza di rivestirsi!» L'operaio ubbidì scattando.

Mara tornò ad affrontare il padre palesandosi nella camera. "È una situazione surreale. Calma Mara, calma. Mettiamo un po' di ordine, manteniamo la calma".

«Marina, io...»

«Sta zitto, papà! E non chiamarmi Marina, non ho più otto anni!» Il tono e le spalle alzate tradirono l'incazzatura in perfetta lievitazione. Puntò gli occhi lucidi contro Evaristo, surclassando l'urgenza di Dione di avere chiarimenti dall'amico. «Tu, lo conosci?»

Evaristo si sistemò con cura il vogatore in mezzo al petto. Fece una smorfia, e con la faccia serena sostenne anche il suo sguardo. «È la prima volta che lo vedo in vita mia,» rispose, a un passo dall'apparire seccato. Mara abbassò le spalle. "È già qualcosa".

«Se tu avessi saputo chi fosse...» sussurrò.

«Mi sarei risparmiato questa scena patetica,» si affrettò a chiarire in tono piatto. La ragazza annuì.

«Si tratta di una fatalità allora.»

Evaristo fu sorpreso da quella reazione. Studiò lo sguardo di Mara, ora abbassato di poco. Percepì volontà di comprensione. La ricerca di un equilibrio tra le parti.

«No, Mara!» esclamò Dione, insoddisfatto del suo senso di giudizio. «Non vorrai lasciar correre?»

«Dione, siamo tutti quanti adulti e vaccinati. Se fossimo adolescenti avremmo visto la situazione da un punto di vista esasperato. Ed è questa la tua fortuna, papà!» Si rivolse al genitore, che fino a quel momento stava borbottando senza trovare spazio per fare sentire le sue ragioni.

«Marin... cioè, Mara, lascia che ti spieghi, io...»

«Sì, certo che lo farai papà! Mi spiegherai tutto stasera alla tavola calda,» gli sorrise senza gioia.

«Ma io ho degli impegni, non posso...»

«È la tua unica possibilità per spiegarmi da quand'è che sei diventato frocio!» Puntò gli occhi di nuovo su Evaristo. «Senza offesa Eva.» Il ragazzo fece una smorfia d'indifferenza.

«Adesso esci! Mi fa troppo strano che tu stia con Evaristo!» Tornò a puntare l'altro. «Saluta Ubaldo, perché non lo rivedrai mai più!»

«E chi è Ubaldo?» domandò Evaristo.

Mara sbatté le palpebre. «Ma che cazzo? Nemmeno vi siete presentati? Che avete fatto? Vi siete accoppiati così, a prima vista come degli animali?» Evaristo e Ubaldo sollevarono insieme le spalle.

Ubaldo alzò un dito. «A riprova che non ci conoscevamo, dichiaro che solo adesso so che questo bel ragazzone si chiama Evaristo.»

Dione, col dorso della mano, coprì la mezza risata nervosa suscitata dall'atteggiamento sottomesso dell'uomo. Lo osservò lanciare uno sguardo a Evaristo. Era in cerca di un appiglio solidale, ma il ragazzone glielo negò. Quello attese piuttosto di vederlo raccogliere la valigetta degli attrezzi e imboccare la porta. Ubaldo andò via senza dire null'altro. Dione sentì i muscoli rilassarsi e non gli piacque. Aveva voglia di reagire in modo più impetuoso, ma qualcosa nella sua testa lo stava frenando. Seguì con lo sguardo Mara, diretta ora verso la porta dove tese l'orecchio. Si sentì un debole rombo di un'auto svanire presto.

Mara chiamò Dione con un sussurro, e lui si avvicinò alzando l'attenzione su quanto stava per dirgli. «Questa faccenda non riguarda Evaristo. Lui non ha colpa.» Dione ruotò la testa verso l'amico, il quale alzò le mani quasi in segno di resa, e anche per evitare di dirgli: "lasciami in pace".

Il giudizio di Mara restituì a Dione l'onere di scegliere le parole giuste da dire. «Se per te va bene così, allora lo è anche per me.» Riflettendo su come Mara aveva gestito la situazione, convenne che se al posto del padre ci fosse stato uno sconosciuto, lui non se la sarebbe presa con Evaristo.

«Va bene?» insistette lei.

«Okay!» si arrese lui stanco.

«Adesso, tu, vieni con me a casa mia.» Sorrise civettuola, e Dione afferrò al volo l'invito. S'illuminò come un lampadario.

Evaristo fece per aprire bocca. Mara però lo indicò zittendolo. «Dione tornerà qui quando tu avrai messo a posto questa baraonda camuffata da casa!» Il tono da maestrina. Non l'avesse detto. Scoprì infatti che le pulizie Evaristo e Dione una volta le facevano. Uno il giorno pari e l'altro quello dispari. Solo che col passare del tempo si erano dimenticati quale giorno aspettava a chi, e così la casa ne risentì. Partì perciò la rissa verbale tra maschi.

Mara incrociò le braccia sotto il seno e sbuffò. «E io che ho fatto di tutto per non farli litigare,» borbottò con un fil di voce. "Per lo meno questo litigio per le pulizie rientra nella loro normalità". I volti accesi ma divertiti mentre se ne dicevano di ogni, glielo confermarono. Lasciò scemare la finta tensione prima di richiamare Dione e avviarsi insieme fuori casa.

«Sergente Nadal!» chiamò un'ultima volta Evaristo, incuriosito dal braccio dell'amico che cingeva la schiena di Mara. I pensieri si formularono veloci nel suo cervello. "Ecco perché sono venuti insieme! Cazzo! Hanno scoperto lo scherzo! Si sono dimenticati di dirmelo!" Appena Dione si voltò si mise sull'attenti. «Missione compiuta, signore!» Fece anche il saluto militare. Lì per lì Dione non afferrò il gesto. Era troppo desideroso di andar via con Mara. Quando però raggiunse il portone del palazzetto, si ricordò che era stato lui in fondo a consigliare a Evaristo di scopare il primo che fosse stato disponibile. Altresì si accorse di aver dimenticato il motivo principale per cui era incavolato con lui. Lo scherzo del cavolo appunto.

«Aspettami qui, Mara. Ho dimenticato una cosa.» Mara lo vide correre nel corridoio e svanire dietro l'angolo.

«Avrà dimenticavo di menarlo,» borbottò chiudendo gli occhi sfinita. Difatti, si lanciò all'inseguimento, ma si fermò con un tonfo. Sentì Evaristo cantare: «è primavera, svegliatevi bambini...»

«Te la do io la sveglia, mastodontico pezzo di stronzo!» Dione lo assalì così rapidamente da non fargli rendere conto di come si fosse ritrovato con la schiena sbattuta sul parquet. Nonostante ciò Evaristo scoppiò a ridere fino a contagiare l'altro.

«Mi dici perché l'hai fatto?» gli chiese Dione, appena dopo averlo aiutato a rialzarsi. «Lo scherzo, intendo.»

«Perché, se ricordi, ti avevo detto che Mara non è come una qualunque sciacquetta alle quali sei abituato. Tant'è vero che da quando l'hai conosciuta ho smesso di sentire il cigolio del tuo letto di notte.» Fece una pausa per dar modo all'altro di riflettere. «Ti ho dato la possibilità di pensare a Mara come una persona con dei sentimenti. Vorrà pur dire qualcosa, o no? Lei è perfetta per te. Hai visto poi cos'ha fatto prima? Si è fatta in quattro pur di non farci litigare.» Dione scoprì dalle parole di Evaristo un lato di Mara che non era riuscito da solo a mettere in luce. Adesso lo vedeva.

«Ma noi non litigheremmo mai sul serio. Abbiamo affrontato situazioni più serie senza provocare danni.» Dione avvertì l'impulso di abbracciare l'amico, ma l'altro lo respinse con una spintarella al petto.

«Non fare l'appiccicoso,» esclamò Evaristo, «sennò mi confondi le mie parti intime, che sono ancora eccitato!»

«Ancora?!»

«Eh! Me lo hai fatto svegliare! Adesso ha fame!»

La risata dei ragazzi, che Mara ascoltò di nascosto nel corridoio, la rincuorò. Non voleva sciupare il momento cameratesco, perciò sostò a una certa distanza dalla porta aperta. Purtroppo per lei, Evaristo aveva notato la sua ombra, che nel corridoio a quell'ora del pomeriggio erano proiettate lunghe sul muro. Ma lui non fece nulla per sbugiardarla. Piuttosto si limitò a sussurrare all'orecchio di Dione qualcosa.

Cosa aveva sussurrato Evaristo a Dione? Di andarci con i piedi di piombo con Mara, se davvero aveva intenzione di fare sul serio con lei. Visto che stava attraversando in prima linea una situazione poco chiara col padre gay, gli conveniva avvertirla di essersi portata a letto Teresa, alias Marinella, alias Marianella, alias la Barbie bugiardina, prima che fosse la sua migliore amica a ricordarselo e ricordarsi di fare la stronza. «Mara si merita una storia che parta con il piede fermo della sincerità. Dovresti rispettarla anche perché è una ragazza con un figlio. Ricordi cosa aveva detto quel giorno?»

Dione lo ricordò. Il primo giorno che aveva visto Mara, lei aveva detto di aver portato suo figlio dal dottore.

Grazie a tutte quelle premure, Dione riconobbe ancora una volta quello che per lui Evaristo era sempre stato. Un amico.

Il suo consiglio, per tanto, lo prese come un ordine. Un ordine che gli costò il prezzo dell'astinenza, cosa che non turbò affatto Mara. A casa sua infatti trascorse il pomeriggio in attesa del servizio serale in competo relax. Parlò per la prima volta con una donna come non aveva mai fatto. E Mara era un'ottima ascoltatrice, e anche una eccellente oratrice. E quando nella sua bella camera finto shabby chic, Dione le rivelò di aver fatto sesso con la fruttivendola sua migliore amica, lei scoppiò a ridere. Dione era confuso. Si aspettava una reazione di disgusto come minimo. Invece no. Lo baciò in piedi, sotto la cornice della porta finestra che dava sul terrazzo rosso di gerani.

«Per Teresa fare sesso equivale a una stretta di mano! Non mi sorprenderebbe se non se lo ricordasse mai più!» rise ancora, mentre baciava quelle labbra feline di Dione.

Il tempo trascorso durante il servizio serale volò rapido nella tavola calda Eea-Tavola. Evaristo non si mostrò colpevole con nessuno, nonostante il suo scherzo fosse stato smascherato. Seguitò a lavorare in cucina con i nani che lo guardavano più trucemente del solito, e a suscitare risate tra i clienti mentre annunciava i piatti con le solite descrizioni inquietanti.

Sì, il tempo scivolò veloce per tutti, tranne per una persona seduta a un angolo, in un tavolino singolo che traballava seguendo il ritmo della sue ginocchia saltellanti. Era Ubaldo, che attendeva come una rivelazione mariana il momento in cui avrebbe parlato con la figlia Mara. Si sentì fuori luogo, ora che il locale accoglieva quasi solo ragazzi e coppiette. Puntava disperato lo sguardo alla finestra passa vivande in attesa di vedere Evaristo, ma quello lo ignorava tutte le volte.

Alle continue richieste di birra o equivalenti alcolici, Dione gli forniva tanta salutare acqua di rubinetto, dietro ordine di Mara. Lei lo voleva lucido quando all'una di notte si sarebbero ritrovati faccia a faccia. E giunto il momento, la figlia lo fece accomodare al più confortevole tavolo con i divanetti accanto alla finestra più grande. Accanto, a sorpresa, volle la compagnia di Evaristo. Dione, di buon grado, attese fuori. I nani ed Elvira erano già andati via.

Ubaldo stringeva e rilassava i pugni sul tavolo. Mara sospirò. Era sudata e stanca. Odorava di cibo, alcol e sudore. Lo sguardo invece era vispo. Evaristo se ne stava a braccia alzate e incrociate dietro la nuca. Era più attento a fare smorfie a Dione che calciava nervoso la sabbia in spiaggia.

«Dimmi tutto e sii convincente,» esordì Mara.

«Posso iniziare con una domanda?» ribatté il padre. Mara allargò i palmi delle mani, invece di dire: "inizia da dove ti pare".

«Di cosa parlate tu e tua madre quando vi vedete a Roma?»

«Di cosa dovremmo parlare? Del fatto che vi siete separati di comune accordo, e siete rimasti in ottimi rapporti?»

«Mara, io sono gay. E tua madre lo sapeva da prima che ci sposassimo. Ero il suo amico, il migliore.» Mara inarcò le sopracciglia. Dimenticò la ramanzina che aveva preventivato. Era vero. Ubaldo era stato un padre presente, sempre, in tutte le occasioni più significative della sua vita. I compleanni, natali, festa di laurea. Non poteva recriminare su alcunché. Evaristo inquadrò gli occhi cobalto dell'uomo. Erano fermi. Il tremore alle ginocchia aveva smesso di far vibrare il tavolo. Le mani erano adagiate placide sul tavolo untuoso. Mara diede una gomitata al fianco dell'amico.

«Secondo te, c'è da fidarsi?»

Evaristo sobbalzò. «Perché lo chiedi a me?» Il tono indifferente.

«Perché sei un adorabile disonesto e sai riconoscere i tuoi simili,» rispose secca.

«Ma è vero, Marin_ Mara!»

Evaristo lanciò lame di ghiaccio con lo sguardo su Ubaldo, il quale stentò a credere fosse il ragazzone simpatico, tutto battute e scherzi col quale aveva scopato nemmeno dieci ore prima.

«Hai messo alle strette un uomo adulto il doppio di noi. No. Puoi fidarti. E per avere la prova del nove, mettiti in contatto con tua madre, ora, prima che lui possa mettersi d'accordo con lei per una versione edulcorata.» Evaristo ghignò del brivido di piacere che gli aveva procurato lo sguardo incazzato dell'uomo.

«Sei uno stronzo!» realizzò Ubaldo. "Questo ragazzino mi sta facendo sentire sporco".

Evaristo non raccolse l'insulto. Mara, telefonando alla madre, ottenne la controprova seduta stante, e non ebbe il cuore di pietra che voleva avere per tenere il broncio con il padre, per quello che le aveva rivelato. Secondo il suo pensiero, riguardava soltanto lui. Anche le scelte fatte prima che nascesse, sentiva non riguardarle. Un'apertura di mente così ampia però andava oltre il suo essere, ed Evaristo lo capì, era da attribuire in parte anche al ragazzo dagli occhioni verdi che stava cominciando a scavare con i piedi fossati nella sabbia per il nervosismo.

«Se non servo più, io me ne vado,» disse Evaristo, accennando ad alzarsi. Si mosse verso la guancia di Mara, protendono le labbra, senonché la mano aperta della ragazza artigliò la sua faccia.

«Te lo puoi scordare di baciarmi!» esclamò placida. «Ti ho sorpreso con la faccia tra le chiappe di mio padre!» Lo spinse via senza apparire aggressiva.

«Allora divertiti con Dio.» Evaristo andò via senza salutare nessuno, ma Mara sapeva che non era risentito.

Come aveva previsto, Evaristo si ritrovò a casa da solo. Solo. Un concetto che lo accompagnò fino a chiudere gli occhi.

Solo, col ricordo dell'unica persona con la quale avrebbe potuto avere un futuro.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro