Capitolo 6 - Prima Parte
Mansell fermò l'auto in mezzo al traffico, il circuito ormai in vista. Batteva le dita sul volante, accelerava, sbuffava. All'ennesimo arresto si rivolse ai ragazzi. «Mi spiace. Se volete arrivare in tempo per l'inizio dello spettacolo è meglio che scendiate adesso» bofonchiò. «Qui la fila è lunga.»
«E lei? Così perderà la gara!» esclamò Fez. Marmorel aveva già aperto lo sportello anteriore.
Mansell gli strizzò l'occhio e gli fece cenno di andare. «Non vi preoccupate per me. Troverò un buco dove lasciare quest'affare ed entrerò in qualche modo.» Si voltò verso la strada accigliato e tornò a maledire i veicoli strombazzanti.
I ragazzi camminarono sul marciapiede; ad attenderli, un fiume di gente che avanzava a intermittenza. Tra i tifosi sfilavano bandiere variopinte con lo stemma delle scuderie o la raffigurazione del pilota preferito. I giornali quella mattina avevano scritto di spalti gremiti persino durante le prove e ultimi biglietti venduti anche a duemila scudi.
Loro cinque, invece, avevano passato il giorno precedente a visitare Edel; Elidana li aveva costretti a girare per la città alta, ma la breve sortita era terminata con una fuga verso il Giardino dei Sensi: il caos dei sistemi Cec era esagerato, per loro. Marmorel aveva fatto un ritratto di Aran e Fez nella stessa posa di Croden e Orghein sullo sfondo.
Cora aveva deciso di godersi il resto del viaggio e mise da parte le supposizioni su Ethan Standford, ci avrebbe pensato dopo la gara.
«Marmorel, sai come chiamano il circuito di Edel?» Fez urlò per farsi sentire, ma la sua voce a malapena riuscì a passare tra i cori degli ammiratori dei Giaguari di Jalla.
Lei gli lanciò un'occhiataccia. «No, e posso vivere senza saperlo.» Accelerò il passo.
«Si chiama Alveare, giusto?» s'intromise Elidana, e Fez annuì deluso.
Cora scansò un tifoso. «Tu come lo sai?»
Elidana si avvicinò a entrambi. «Era scritto sul pieghevole dell'albergo.» Si voltò verso Fez, «Beh, non farci caso, oggi è un po' acida... non te la prendere» aggiunse infine, senza farsi ascoltare dall'amica.
Fez proseguì, fino a raggiungere Marmorel e Aran già a ridosso dei tornelli.
«Perché si comporta così?» chiese Cora.
«Mah... stamattina, al parco, Aran le ha dato l'ennesima prova del suo disinteresse» rispose Elidana.
«Ecco dov'erano finiti quei due» disse Cora. «Se conosco bene Aran, vuole solo fare il sostenuto. Credo che anche a lui non dispiacerebbe qualcosa di più.»
«Appunto, io non ci sto capendo più nulla.» Elidana scrollò le spalle. «Prima di uscire, mi ha detto che aveva un appuntamento con Aran. Sai com'è... ha perso più di un'ora a sistemarsi i capelli e a scegliere il vestito, sembrava felicissima. Al ritorno, invece, è scoppiata a piangere davanti allo specchio del bagno e non ha più parlato.»
Qualcuno spintonò Cora, che per non cadere fece un passo di lato. «Ehi... sta attento a dove metti i piedi» abbaiò. A colpirlo era stato un ragazzo più giovane di lui con una maglia su cui erano disegnate due lame incrociate. Questi non rispose neppure e proseguì la sua corsa.
Cora sbuffò contrariato. Tuttavia per pochi istanti si ritrovò con la mano a sfiorare quella di Elidana. Alzò lo sguardo. Lei gli sorrise. «Non restare fermo» gli disse infine.
Cora iniziò a guardare a destra e a sinistra per evitare di incrociare i suoi occhi, azzurri come zaffiri. Lei camminò davanti e lui continuò a osservarla come se fosse tutt'altra persona. In quei giorni a Edel, ogni volta che le parlava, doveva sforzarsi al massimo per non cedere all'imbarazzo. Oltretutto, dopo quello che era successo in caserma, dopo che lui aveva condiviso la verità con Elidana, il loro "gioco della buonanotte" gli si era mostrato sotto tutt'altra luce. Non vedeva l'ora che arrivasse quel momento, stavolta non ci sarebbe stato nessun sassolino. Chissà se il sorriso soddisfatto di Elidana nascondeva la stessa contentezza che aveva provato lui.
Ormai a ridosso dell'Alveare, vide la cupola del circuito di Edel: una struttura composta da gigantesche celle esagonali con canali che univano le varie sezioni di vetro; un vero e proprio guscio. All'interno dei solchi, l'energia generata dalla Seorite transitava in un unico flusso continuo, offrendo uno spettacolo di luci danzanti che mutavano colorazione a intervalli regolari.
Fez chiamò in disparte Cora. «Ehm... ho portato una cosina dal ristorante dell'albergo» disse tutto festoso.
«Dimmi che non è quello che penso, perché stasera finirà male» disse Cora. Fez, con fare soddisfatto, prese dalla piccola sacca una bottiglia di idromele. «Aran ha detto che potevo comprare qualcosa» sussurrò.
Cora fece finta di non sentire e abbozzò una smorfia di disappunto prima di ritornare dagli altri. Proseguirono fino a giungere al limite della pista. Aran si bloccò. Un pilota di vaasp firmava autografi a solo un paio di passi da lui. Cora si fermò giusto in tempo per non travolgere l'amico. Alzò lo sguardo sul pilota e sussultò.
Fez strattonò la camicia di Aran. «È Lo-Losh Gani. Il pilota dei Giaguari di Jalla. Guardalo... è proprio lui!»
«Sì!» Aran lo spinse via. «Lo vedo... lo vedo. Sai cosa? Voglio il suo autografo! Devo averlo!» Il giovane Allet aveva gli occhi spiritati. «Anzi, io vado a chiederglielo.» Senza consultare gli altri, li abbandonò e si avvicinò al gruppo di tifosi che accerchiavano il pilota.
«Ehi, Losh!» esordì. «Vengo da molto lontano e non voglio ritornare dall'altro lato del continente a mani vuote» mentì in un atteggiamento così spudorato che persino Cora si stupì della sua sfrontatezza. Losh Gani mostrò un ampio sorriso e Aran gli porse il retro del biglietto da visita di Mansell.
«Sono colpito dal fatto che ci siano tifosi dei "Giaguari" anche oltre il mare di Beiram. Biondino, come ti chiami?» domandò il pilota tutto fiero, avanzando di un passo verso di lui.
«Aran, Aran Allet!»
Losh scrisse una breve dedica sul pezzo di carta e gli strinse la mano con vigore.
«Bene, Aran. Goditi la gara e incrocia le dita anche per me» concluse Losh.
Aran annuì e si tolse dalla calca. Sventolava il prezioso bottino soddisfatto come non mai. Fez e Cora lo osservarono, la loro espressione era a metà tra lo stupore e la voglia di strappargli l'autografo dalle mani. «Ho soltanto chiesto...» disse Aran, alzando le braccia in segno di resa.
«Tu sei la persona più bugiarda e opportunista che io conosca. Potevi aspettarci!» ringhiò Cora. Ma Losh era già andato via, cosa che lo irritò ancora di più.
«Devi saper cogliere l'occasione. Prendi per esempio Fez, guardalo!» continuò Aran divertito, indicando il posto vuoto al fianco di Cora.
Fez aveva appena scavalcato il separatore che delimitava la pista dagli spalti. Correva a perdifiato dietro a un altro pilota che avanzava verso le scuderie.
Cora sgranò gli occhi. «È impazzito!» urlò.
Aran scoppiò in una risata, mentre Marmorel ed Elidana lo incitavano a gran voce.
Gli addetti a bordo pista si lanciarono per afferrarlo, ma Fez schivò la presa e fuggì di lato per sgattaiolare verso il pilota. Questi si voltò e fece cenno alla sicurezza di lasciare che il giovane tifoso si avvicinasse. Dopo averlo fissato per qualche istante, gli scrisse con un pennarello qualcosa sull'avambraccio. Al termine, Fez alzò il pugno verso i suoi amici.
Tutti gli spettatori di quel settore esplosero in un vigoroso applauso che proseguì fino a quando il ragazzo venne scortato fuori dalla pista.
Fez ritornò trionfante. Stanco a tal punto da doversi piegare in due per respirare. «Avete visto? Era Laratt Tena delle Lame di Orghein!» Sistemò con cura la manica della camicia senza neppure leggere la dedica.
Aran gli tirò una pacca sulla spalla. «Bravo Fez! Questo è quello che intendo quando parlo di iniziativa. Adesso manchi tu, Cora.»
Ma Cora proseguì accigliato verso i posti assegnati. Sapeva di meritarsi quegli autografi più di loro eppure era l'unico rimasto a mani vuote. «Datevi una mossa!» urlò.
«Uhm... è un po' arrabbiato.» Elidana gli era giusto alle spalle.
«Gli passerà appena inizia la gara;» convenne Aran, «adesso, però, andiamo a sederci o perderemo la presentazione.»
I posti indicati dai biglietti erano vicini alla penultima curva, a poche file dalla ghiaia e dalle aree di fuga del percorso. La partenza era talmente lontana che non avrebbero visto quasi nulla della gara se non fosse stato per lo schermo sull'erba dall'altro lato della pista e vicino alla loro posizione. La telecamera inquadrava in sequenza i piloti che salivano in groppa alle vaasp.
Mentre i tecnici collegavano il nucleo posteriore della moto alla tuta da corsa, un giudice passava in mezzo alle postazioni di partenza, consegnando un pesante blocco di Seorite alle rispettive squadre: le pietre erano tutte delle stesse dimensioni, lucenti e cariche come appena estratte.
Cora, Fez e Aran non si persero nemmeno un secondo di quello strano rito.
«Cosa fanno?» chiese Marmorel incuriosita, prendendo posto a fianco di Aran.
«Avviano i motori. L'equilibrio tra velocità e resistenza è lo spirito della gara, per questo ognuno ha la stessa quantità di Seorite degli altri» rispose Aran sbrigativo.
«Mhmm, ma non vince chi arriva primo?» domandò la ragazza, tornando a osservare i piloti.
«Sì, certo. Ma non è solo questo lo scopo: la quantità di Seorite assegnata è sufficiente per un certo numero di giri. Quattro anni fa ne hanno fatti venti, quest'anno non conosciamo il limite» spiegò Cora.
Gli altoparlanti, sparsi per l'Alveare, diffusero una fanfara, le luci si spensero e l'intera pista si illuminò d'azzurro. La platea ammutolì, abbagliata dal cambio repentino.
La pista divenne schermo per l'occasione. Un crescente rullo di tamburi si levò per tutto l'alveare e iniziò un filmato: un unicorno di luce sbucò dal nulla e prese a galoppare. Si aggiunsero un giaguaro e un'aquila che si superarono a vicenda durante le curve. I tifosi scoppiarono in urla incomprensibili. Dopo alcuni tornanti, schizzò via un globo di energia con due ali d'uccello che evitò il morso di uno squalo minaccioso, come se parte del circuito fosse uno specchio d'acqua. Le raffigurazioni delle squadre si mossero in fretta, alla ricerca della prima posizione. All'improvviso, due lame rotanti passarono in mezzo alla calca e si conficcarono all'arrivo.
La folla era in visibilio. Cora saltava sul posto abbracciato ad Aran, entusiasta di quello spettacolo. Anche Elidana e Marmorel applaudirono divertite e una volta che la pista si spense si riaccesero i riflettori.
Sulla parte posteriore di ogni vaasp c'erano dei canali di Seorite disposti in modo che l'energia disegnasse lo stemma della propria squadra. I motori sulla griglia di partenza iniziarono a rombare: i sistemi Cec spremevano a fondo la Seorite e il tuono generato coprì il brusìo della gente. Cora portò entrambe le mani alle orecchie.
«Vincent Lewitt, Squali di Boros; Vernon Zala, Unicorni Rampanti; Losh Gani, Giaguari di Jalla...» disse l'annunciatrice.
«Maledizione, Laratt è solo sesto» sbottò Fez, deluso.
Le postazioni sotto le vaasp divennero rossi rettangoli luminosi. Gli spettatori trattennero il respiro, lasciando ai piloti il compito di scatenarsi.
Verde!
Schizzarono sul lungo rettilineo che anticipava la prima curva.
Vernon e Vincent staccarono da subito il resto partecipanti.
«Ehi... Laratt ha già recuperato due posizioni!» gridò Fez entusiasta. Il pilota spingeva a ridosso di Numal delle Aquile di Lafkai già alla seconda curva e lo superò in uscita con uno scatto improvviso.
A metà del giro lo schermo mostrò i tempi parziali: Vernon, Vincent, Losh e Laratt erano il gruppo di testa. Dietro, Numal Verten e Xanter Roha delle Ali di Edel si alternavano al quinto posto in ogni tratto, in una battaglia senza quartiere.
Durante il rettilineo della nona curva, Laratt aumentò l'energia immessa nel sistema Cec; accompagnato dall'esplosione della folla, superò in un sol colpo i tre piloti davanti.
«È in testa! Guarda, Aran, Laratt adesso è primo!» continuò a urlare Fez che si alzò dal posto in un incontenibile stato di esaltazione.
«Sì, è in testa. Ma non festeggiare troppo, se continua di questo passo non arriverà nemmeno al quindicesimo giro.»
Ma in quel momento a Fez sembrava non importare, e neanche agli altri tifosi delle Lame di Orghein che incitarono il loro idolo sventolando delle finte spade di spugna.
«Aran... ma quello lì dietro chi è? Tu lo conosci?» chiese Cora dubbioso, indicando il pilota con lo stemma delle due ali d'uccello. Il pilota delle Ali di Edel si avvicinò al gruppo di testa e si ritrovò ben presto alle spalle di Losh Gani che aveva perso terreno per una curva presa troppo larga. «Xanter Roha, uno nuovo» rispose Aran.
Il fiume di vaasp passò davanti ai posti dei ragazzi. Per pochi attimi, loro udirono un rumore simile ad artigli che affondavano nella roccia. Cora e Aran si alzarono con gli altri spettatori del loro settore e si lasciarono trasportare dall'entusiasmo.
Sul rettilineo finale, Xanter superò Losh: un'uscita azzardata, regalando al pilota dei Giaguari di Jalla una scia luminosa da seguire.
«Sembra davvero un talento!» esclamò Aran.
«È la prima volta che partecipa al Gran Premio» spiegò un uomo seduto dietro di loro. «Le "Ali di Edel" sono la seconda squadra della città dopo le "Lame di Orghein". Ma non ti preoccupare: è solo la foga del primo giro. Adesso siediti che non vediamo nulla.»
Aran chiese scusa e ritornò al suo posto, voltandosi verso lo spettatore. «Non è facile avere la meglio su Losh Gani.»
«Sarà... ma ne parliamo fra cinque o sei giri» disse l'uomo con fare seccato.
«Aran, guarda qui» mormorò Fez. Prese dalla tracolla la bottiglia acquistata in albergo: "Idromele forte di Lafkai".
«Fez! Come sei riuscito a comprarla?» domandò Aran con gli occhi spalancati.
«Ho pagato qualcosa in più al cameriere, non l'ho ancora assaggiato e dall'aspetto sembra buonissimo» rispose Fez tutto fiero. Aprì la bottiglia con il contenuto rossastro e diede un unico, lungo sorso. Deglutì come se avesse appena bevuto una colata di lava e si batté più volte il petto per far scendere il macigno ingerito.
«No, grazie. Non è il momento» replicò il giovane Allet scuotendo il capo.
«Posa quella maledetta bottiglia! Non ho intenzione di trasportarti di peso!» sibilò Cora.
«Passa un po' qui...» disse Marmorel. Cora si voltò verso la pista con disappunto.
«Stai attenta,» Fez tossì, «è veramente forte.»
Marmorel, dopo aver bevuto, rimase in silenzio stringendo i denti.
«Sei stupida? C'è un motivo per cui non vendono certe cose ai ragazzi!» esclamò Elidana che fece spola con il capo tra la gara e l'amica. Marmorel non rispose e si tenne lo stomaco.
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