Capitolo 4 - Prima Parte
Osservava la strada sottostante attraverso la finestra. Le ronde dei kharzaniani pattugliavano quel tratto ormai da ore: finché non se ne fossero andati, era bloccato lì. «Tre giorni... maledizione! Tre giorni e non sono riuscito a trovare nulla» sibilò. Avvicinò la sedia al davanzale e spinse via il vaso da notte.
Con i soldati liberi di scorrazzare per Lud non poteva utilizzare le sue capacità: lo avrebbero individuato in pochi istanti. La fonte di energia era importante, certo, ma da morto non avrebbe potuto cercare un bel niente. E, se i kharzaniani avessero avvistato un hozmano, non c'era certezza che ne sarebbe uscito sui suoi piedi.
Era già mattina inoltrata e non appena il vicolo fu sgombro dalle ombre dei militari prese il lungo bagaglio ben avvolto tra le pelli e lo sistemò sulla schiena. Passò davanti allo specchio appeso alla porta e indossò un berretto che lasciava in penombra gli occhi a mandorla e nascondeva i lunghi capelli corvini; non avrebbe passato un esame attento, ma almeno le sue origini non sarebbero state sotto gli occhi di tutti a un primo sguardo. Tastò l'anello d'argento al dito, sfiorò appena il simbolo del tramonto cesellato e con la piccola scheggia di Seorite incastonata al centro.
Rilassò le spalle e inspirò a fondo, scese guardingo le scale che terminavano nella sala principale della locanda. Non c'erano clienti tra i tavoli e il pavimento era stato appena spazzato.
«Buongiorno, signor Camiel! Spero che abbia dormito bene!» esclamò l'oste. Quel giorno il proprietario della locanda sembrava avere la pancia ancora più gonfia o forse era solo una sua impressione; la testa, invece, aveva sempre la stessa superficie irregolare per colpa dei buchi. Era intento a pulire la superficie piena di solchi del bancone in legno scuro. Anche da quella distanza, l'alito gli puzzava come un posacenere. «Le ho fatto preparare delle uova coi fiocchi per colazione» disse porgendogli una fondina ricolma di una poltiglia giallastra.
«Grazie, ma preferisco evitare.» Camiel diede un'occhiata al piatto, invitante quanto un pugno tra i denti e ritornò sul volto arrossato del padrone di casa. «Piuttosto, ha delle novità?»
L'oste rimase qualche secondo a fissare l'ingresso, interruppe le proprie mansioni e attraversò la sala a passo spedito. Chiuse la porta con uno scatto e ci si appoggiò sopra.
«Shhh, ci sono kharzaniani dappertutto!» fece mentre osservava dalla finestra. «Mi spiace. Non ho sentito nessuno nominare giacimenti di Seorite» rispose abbassando il tono della voce.
«Ho pagato per avere informazioni e lei ha accettato di buon grado le mie monete d'oro» insistette Camiel, stavolta era serio.
«Beh, per adesso con il Grande Jalme in quelle condizioni... non si parla d'altro.» L'oste asciugò le mani umide sul grembiule e assunse un'espressione di disagio.
«Cos'è questo Jalme?» Fino al quel momento era consapevole di una sola verità: aveva percepito una quantità immensa di Seorite in quella regione e doveva pur essere lì, da qualche parte. L'impulso era stato troppo intenso per passare inosservato e la presenza di un intero distaccamento estero in città era un'ulteriore conferma alla sua tesi. Non poteva perdere altro tempo.
«Si capisce immediatamente che lei è uno straniero» sbottò l'uomo. «È l'albero di Lud: il Grande Jalme dalle foglie rosse,» disse con stupore, «Mai sentito?»
«Solo qualche storiella, ma non ho mai approfondito.»
«Il nostro più grande orgoglio, la natura che mai viene sconfitta.» L'oste agitò le mani per aria. «Proprio ieri uno dei clienti abituali mi ha mostrato una foglia secca. Secca, capisce? Era per terra e ce n'erano altre!»
«Mah! Vi preoccupate che un albero perda le foglie? Certo, siamo in estate, ma non credo che sia così importante.»
L'oste scosse il capo e sospirò. «Dalla nostra esperienza e da quello che i nostri padri hanno lasciato scritto, non è mai accaduto. Deve essere un segno di pestilenza e disgrazia.» La voce cupa.
Camiel portò una mano al mento, quel racconto gli ricordava qualcosa. «Conosco un altro albero capace di non perdere le foglie, ma è distante, molto distante da queste terre. Da quanto tempo il vostro Jalme è in queste condizioni?»
«Se ne parla da due o tre giorni, è successo tutto all'improvviso.»
Qualcosa, nelle parole dell'uomo, stuzzicò il suo istinto. Durante il suo passaggio a sud della Vallata del Giuramento era stato svegliato in piena notte da un'immensa quantità di Seorite, emanata solo per pochi istanti; poi il nulla. Navigava al buio nella sua missione di ricerca e decise di non lasciare nulla di intentato. «Penso che andrò a dare un'occhiata. Dove si trova?»
«Superata la porta ovest. Non può mancarlo, è sul promontorio a ridosso del sentiero» spiegò l'uomo. Sospirò e terminò con un secco colpo di tosse.
«Sarò qui prima di sera. Ho altre cento monete d'oro per lei, ma solo se riuscirà a trovare informazioni sulla Seorite.» Camiel lo seguì e lui gli aprì la porta.
«Allora, buona giornata e buona ricerca.» L'oste si chiuse dentro, immerso nella penombra, e dopo aver controllato la strada, diede due giri di chiave.
Camiel scivolò tra la folla del mercato e imboccò una strada malconcia, evitò una pozzanghera maleodorante sul lato destro, ma quasi infilò il piede in un'altra poco distante. Scosse la testa e trattenne il respiro finché non ebbe raggiunto la piazza dell'orologio. Inspirò a fondo: non che fosse cambiato molto. Accelerò il passo, si infilò nella strada principale e raggiunse la porta ovest.
Lì, alcuni abitanti di Lud erano impegnati in uno strano pellegrinaggio sul sentiero fuori le mura. Tutti avevano dei fiori al seguito: lui li superò a passo spedito.
Alla destra si ergeva un albero gigantesco e completamente spoglio. Le foglie rosse giacevano al suolo, riempiendo il terreno circostante come un tappeto di sangue. L'albero nudo gli parve un bambino appena nato. Una vecchia signora aveva difficoltà a risalire il percorso tra le erbacce. Camiel le tolse dalle mani il grosso cesto e le porse il braccio per appoggio.
In cima alla collina, molti abitanti stavano riponendo corone di fiori e piccole creazioni artigianali alla base dell'albero scheletrico. Ne era sicuro, come lo erano gli altri presenti in quel luogo: quella quercia era morta.
Nessuno parlava, ma tutti mantenevano lo sguardo basso, racchiusi nelle proprie preghiere. Camiel assistette a un vero e proprio funerale e non ebbe il coraggio di spezzare il silenzio.
Decise di avvicinarsi al tronco per toccarne la corteccia secca e coriacea. L'accarezzò e capì che sarebbe bastato tirare per staccarne una buona porzione. Gli girò intorno, evitando le radici e i vari doni accatastati.
«È stato privato della sua energia vitale» sussurrò con espressione incuriosita. Osservò l'area circostante per trovare un indizio, ma contro ogni previsione il terreno era sano e l'erba cresceva in modo naturale tra le foglie cadute. La morte dell'albero era stata una semplice coincidenza.
«Un buco nell'acqua» sussurrò. «Non sono stati i kharzaniani a ridurlo in questo stato.»
Guardò in alto, in direzione dei rami più lontani, non era rimasto nulla di vivo attaccato a essi. Deluso, salutò l'albero con riverenza e lasciò la collina per tornare dentro le mura di Lud. Camiel aveva evitato le ronde dei soldati di Edel durante i giorni passati, ma adesso pensò che fosse giunto il momento di scoprire cosa sapessero. Si mescolò tra i mercanti, fino a individuare tre uomini con la divisa verde. Questi, dopo aver parlato con i cavalieri di Lamia, presero una via secondaria e Camiel li seguì.
Durante il cammino, li aveva ascoltati lamentarsi di un alveare, sembravano amareggiati per non poter assistere a un certo evento a causa della loro missione. Camiel continuò a pedinarli quando perlustrarono i quartieri a sud della città e proseguirono verso la strada che li avrebbe portati all'uscita est di Lud. Si avvicinò quanto poté con molta cautela, ma i tre parlarono poco e non dissero nulla di utile.
Subito dopo il tramonto, i kharzaniani uscirono dal perimetro della città e calpestarono il sentiero in direzione nord. Camiel si mantenne a debita distanza e sempre con una copertura valida tra gli alberi. Avanzò nel boschetto per superarli e proseguì fino a quando il sentiero iniziò a curvare. Compì un rapido balzo, si aggrappò a un ramo e salì a cavalcioni su di esso. In breve tempo i tre soldati gli passarono sotto, svoltando per il lungo percorso alberato.
Arrivarono nei pressi di una sfarzosa abitazione, illuminata da una decina di lampioni sparsi per il giardino. Camiel udì lo stridìo di sistemi Cec antiquati unirsi ai rumori del bosco poco distante.
Uno dei soldati parlò con il custode all'interno della guardiola. L'uomo prese a sudare e lasciò il suo posto per entrare in casa. Ritornò in breve tempo, accompagnato da un signore borghese sui cinquant'anni, ben vestito, con molti capelli bianchi e la barba curata. In mano stringeva un bastone da passeggio.
Camiel si avvicinò fino al limite della parete di alberi che l'occultava e spostò il bagaglio dietro la schiena per evitare che oscillasse.
«Suppongo che lei sia Ludvig Allet?» domandò stridulo il soldato a capo del gruppo. Fece qualche passo verso il padrone di casa. Camiel aveva osservato per bene quel militare durante tutto il pomeriggio. Degli occhi inespressivi e il viso pallido come il latte; sembrava una maschera di cera.
«Sì, sono io!» esclamò il signor Allet. Aggrottò la fronte. «Che cosa vuole la grande nazione kharzaniana da me?» Inarcò un sopracciglio. «E poi, avrei preferito parlare con un vostro ambasciatore, piuttosto che con dei semplici soldati mandati alla mia dimora!» La voce grossa, un atteggiamento fiero e colmo di sfida. Ravviò i capelli all'indietro e mise entrambe le mani sul bastone, piantandolo davanti a sé. «Non ha nemmeno avuto la decenza di presentarsi» disse senza batter ciglio.
«Scusi i miei modi» disse il soldato. «Capitano Nelson Vega, Sezione Speciale Recupero Seorite» parlò con garbo. «Vorrei scambiare due parole con lei, se non le dispiace.»
«Sì che mi dispiace, Capitano!» tuonò Ludvig. Il bastone tremò sotto la stretta delle sue mani.
Vega fece una smorfia e inclinò appena il capo. «Mi sembra abbastanza scortese non darmi il tempo di spiegare. Comunque non sono qui di mia volontà, ma ho ricevuto l'ordine dai miei superiori di intrattenere una conversazione con lei.»
«Dica ciò che le hanno detto di riferirmi. Prima finiamo, meglio è per tutti.»
«Volevo chiederle se è al corrente di un trasporto di Seorite rilevato a Lud la scorsa settimana.»
Il signor Allet sbottò davanti ai soldati. «Avete un intero plotone in città e venite da me per sapere se ci sono pietre in questa regione? Avete fatto delle ricerche anni fa, no? A est della Vallata del Giuramento non ci sono giacimenti.»
«Forse non ha compreso bene,» lo interruppe Vega, «non ho detto giacimenti. La squadra di rilevamento ha identificato un carico di grosse dimensioni circa sei giorni fa... proprio qui a Lud.» Scandì bene le parole. «Abbiamo richiesto informazioni al Senato, ma non è in nessun registro di transito a Clodia» concluse.
«E siete venuti a vedere con i vostri occhi? Quando la smetterete? Pensate di poter dettare legge come se la Repubblica di Lamia fosse il cortile di casa vostra. Maledizione! Siamo una nazione sovrana e libera, mettetevelo bene in testa!» Ludvig alzò il tono della voce, rosso in viso dalla rabbia. Il custode, dietro di lui, torturava il berretto tra le mani.
Il Capitano Vega si sistemò con cura il polsino. Prese una sigaretta dal taschino e l'accese. «Non c'è bisogno di alterarsi. Nessuno mette in dubbio la collaborazione del suo paese.» Ritornò a fissarlo. «Tuttavia... ci sono accordi internazionali firmati da entrambe le parti. Possiamo dire che siamo pienamente autorizzati a gestire i commerci di Seorite all'interno dei confini della vostra nazione.» Vega fece una rapida nuvola di fumo.
«Non ne sappiamo nulla, ve l'ho detto! Abbiamo altro a cui pensare al momento. Dovrei anche dar conto alle vostre accuse? Un po' di rispetto!» ringhiò Ludvig Allet.
Vega socchiuse gli occhi e massaggiò le tempie. «Ah, giusto. Il Grande Jalme. Sì, abbiamo controllato» disse indifferente. «Ma restiamo sull'argomento, per piacere. Siamo venuti a parlare con lei poiché conosciamo il suo passato e i suoi commerci... una lista infinita di contatti con la città libera di Amanastre e una certa tendenza ad attraccare nei porti dell'Impero di Hozma.»
«Se sapete così tante cose sul mio conto, non credo vi sia sfuggito il particolare principale! Ho smesso di fare affari con entrambi da molto tempo!»
«Mhmm... sarebbe... come posso dire... ecco, spiacevole! Molto spiacevole se saltasse fuori il suo nome a un controllo più accurato» disse Vega con voce pungente. «Le ipotesi che qualche individuo isolato voglia armare Hozma, però, continuano a rimbalzare nelle stanze del nostro governo.»
«Sta scherzando? Le sue sono solo illazioni!» Ludvig respirò a fatica, sbatté più volte il bastone a terra. «Ho vecchi documenti in casa che danno conferma alle mie parole e potete consultarli in ogni momento. Basta portare con voi un'autorizzazione firmata dal Senato.» Si premurò di sottolineare l'ultima parte.
Vega abbozzò un sorriso e spense la sigaretta con la punta della scarpa. «Signor Ludvig Allet, è stato un piacere conoscerla. Direi... quasi istruttivo. Comunicherò ai miei superiori l'esito del nostro piccolo incontro.»
Il Capitano gli porse la mano, ma Ludvig ricambiò solo con un'espressione contrariata. «Abbiamo finito?».
«Viste le premesse, credo proprio di sì» rispose Nelson Vega. Passò in mezzo ai suoi uomini, rimasti immobili come statue per tutta la durata della discussione. «Ah, dimenticavo!» fece Vega, voltandosi un'ultima volta. «Le auguro una buona serata.»
Ludvig digrignò i denti e rientrò in casa con il custode. Le sue imprecazioni si udirono anche una volta chiuso l'ingresso.
Camiel rimase nascosto ancora per un pezzo. Quello che aveva visto era stato davvero curioso. Che cosa aveva spinto un Capitano di Edel a incontrare quell'uomo?
Sorrise. Non aveva ottenuto le informazioni che cercava, ma ora possedeva una piccola certezza: i kharzaniani non sapevano ancora dove si trovasse la Seorite e il padrone della villa aveva trascorsi con l'Impero e Amanastre. Un mosaico d'informazioni prese forma davanti agli occhi. Doveva scoprire chi fosse il signor Allet. Sarebbe stata una valida risorsa.
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