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Capitolo 22 - Seconda Parte

Rimase in attesa, in silenzio, per qualche ora. Finché dalle dune fuori dal villaggio, giunse il rumore delle camionette militari. Xanter aveva già sistemato gli altri ribelli, in fila, al centro della piccola piazza con il pozzo. Gli abitanti, destati nella notte, osservavano attraverso le finestre tonde scavate nei muri di fango.

«Tenente, adesso subentriamo noi. Può lasciare i prigionieri» disse il Capitano appena sceso dal veicolo. Xanter consegnò Hyngar Ulsan e i suoi uomini. «Sissignore, ho l'ordine di ritornare alla base.» Il sistema Memo aveva già identificato i commilitoni e il loro grado.

«Può andare» disse il Capitano. Si voltò verso Polvere e gli diede un possente calcio in volto.

Xanter sentì un brivido salire su per la schiena, «Capitano Finnigan... è un prigioniero.»

«Tenente,» l'ufficiale si voltò serio, «esegua i suoi ordini e ritorni alla base!» fece con stizza.

Xanter si morse il labbro per la rabbia, osservò per l'ultima volta l'obiettivo della missione e serrò la mascella. Aprì le ali di energia e si alzò in volo.

«Qui Roha, passo.»

«Esito della missione?» domandò la voce.

«Positivo, ma vorrei conferire con il Colonnello Kyan a capo dell'operazione.»

«Il Colonnello è impegnato in questo momento, può riferire a me.»

«Vorrei denunciare un abuso perpetrato dal Capitano Finnigan» disse in tono serio. «Avrà ogni informazione al mio rientro.»

«Ne prendo atto, le faccio presente che questa conversazione sarà trascritta per il rapporto finale.»

«La ringrazio, mi sto dirigendo alla base, chiudo.» Xanter ritrovò le nuvole e si perse in quei soffici banchi di vapore che levitavano nell'aria. Volare era una sensazione che lo faceva sentire vivo. Un'esperienza che non avrebbe cambiato con nulla al mondo. Accelerò e continuò a salire di quota.

La frequenza video del visore divenne instabile e una serie di spie si accesero a segnalare malfunzionamenti.

«Ehi, che sta succedendo?» si domandò. Rivolse lo sguardo all'orizzonte, dove il deserto e il cielo erano un'unica entità. Udì l'eco di un boato alle sue spalle e quando si voltò, vide una colonna di energia che si levava in alto a sud.

«C'è solo il mare da quelle parti» sussurrò. L'evento durò qualche istante, poi l'energia si disgregò e la luce si affievolì nell'aria rarefatta.

«Qui Roha, passo.» Sul visore lampeggiò il segnalatore degli equilibri di volo. Nessuno rispose alla chiamata e non sentì neppure il rumore di fondo che indicava la presenza della linea di comunicazione.

Cadde in picchiata. Stava per schiantarsi al suolo e le ali di luce scomparvero. Come un sasso, andò a perforare la duna che si innalzava davanti a lui.

Si portò una mano alla testa e si tirò a sedere. «Maledizione! Qui Tenente Xanter Roha, rispondete!» Il sistema di alimentazione e i regolatori di volo emisero scintille. Richiamò l'elmo e dovette accompagnarlo con le mani per farlo rientrare del tutto. «Un attacco?» disse. Si alzò in piedi e osservò intorno. Una piccola esplosione mise fuori gioco il sistema Cec, lui sospirò deluso.

Sfruttò la pendenza della duna per far scivolare l'armatura. Se fosse passato qualcuno, si sarebbe fatto vedere. In caso contrario, almeno aveva una direzione in cui camminare. Proseguì per ore. Di tanto in tanto indossava l'elmo e collegava il cavetto all'alimentazione principale. Provava a chiamare la base, ma l'esito era sempre lo stesso, nessuna risposta.

Dietro di lui, le luci di una camionetta fecero capolino da oltre una curva e illuminarono il percorso. Xanter alzò le mani, nella speranza di attirare la loro attenzione. Il veicolo inchiodò a meno di un passo da lui.

Il Capitano Finnigan abbassò il finestrino. «Tenente, è rimasto a piedi?» ridacchiò.

Xanter fece una smorfia. «Avrei bisogno di un passaggio» disse esausto.

Il Capitano lo invitò a salire e i soldati aprirono il portellone sul retro. Non c'era nessun altro oltre a loro. «Dove sono i prigionieri?» chiese Xanter.

«Mi spiace, Tenente, non sono tenuto a condividere questa informazione» continuò il Capitano. Xanter passò con lo sguardo gli altri militari, tutti con espressione soddisfatta.

«Deve ringraziarci per questo passaggio, l'alba della Zalesia a breve trasformerà il deserto in una padella incandescente.»

«Vi farò un autografo» disse Xanter, le labbra incurvate nel tentativo di mascherare il suo sdegno.

«Ah ah, non le manca il senso dell'umorismo, vedo! Siamo lontani da Edel, e mi stupisco del fatto che l'abbiano mandata da queste parti» borbottò il Capitano. Alzò il dito e lo indicò. «Devo ammettere che ho perso un bel po' di scudi durante il Gran Premio. Il suo sorpasso su Laratt ha bruciato due dei miei stipendi.»

«Mi spiace, ma i militari non dovrebbero scommettere» rispose inacidito Xanter.

«Sarà come dice lei, ma avrei voluto comprarmi un'auto nuova. La sua fermata al ventiquattresimo giro mi aveva già fatto odorare gli scudi, ma poi, chissà cosa è successo.»

Il viaggio con quegli uomini fu una delle rare occasioni in cui Xanter si sentì a disagio con altri membri dell'esercito, tanto che si pentì di non aver continuato a piedi. Ma il silenzio era più pesante dei loro discorsi, così si fece forza e si rivolse agli uomini più vicini.

«Avete visto la colonna di luce che si è alzata a sud?» domandò.

«No, non abbiamo visto nulla. Anche dalla base ci hanno posto la stessa domanda.»

«Io volavo ad alta quota e, dopo che è scomparsa, le strumentazioni si sono disattivate.»

«Altro lavoro per la Sezione Speciale di Recupero Seorite» rispose Finnigan con voce divertita.

Xanter non aveva mai avuto a che fare con gli uomini del Recupero Seorite. Da ciò che diceva Zakin era una squadra predisposta al ritrovamento di miniere, carichi e commerci di pietre. Militari a cui Edel aveva attribuito poteri fuori da ogni logica.

La camionetta entrò nel perimetro della caserma e si fermò davanti l'ingresso. Il Capitano scese insieme a Xanter.

«Quindi è questo il segretissimo distaccamento estero numero otto.» L'ufficiale avanzò di qualche passo, ma quattro soldati di guardia gli sbarrarono la strada. «Signore, prego, da questa parte» dissero.

Finnigan storse il naso. «Non ho le autorizzazioni, eh?» chiese stizzito.

«Ordini del Colonnello. Voi e la vostra squadra attenderete la ripartenza per Prestia nel campo all'esterno.»

Xanter accennò un saluto con la mano ed entrò mentre i militari imbrigliavano l'armatura in una struttura su ruote.

Grets lo raggiunse a passo pesante. «Cosa ha combinato, stavolta?»

«Ho visto un'esplosione in cielo a sud. Poi ha smesso di funzionare...» mormorò lui con una mano a ravviare capelli.

Grets portò l'Aquila d'Acciaio nel laboratorio e la collegò al terminale, l'armatura si riattivò per qualche istante prima di spegnersi ancora una volta.

«Può spiegarmi perché non funziona?» chiese il Tenente.

«Sembra che il sistema Cec principale e quelli secondari si siano bruciati. Ma non c'è nessuna anomalia, è stato un sovraccarico improvviso.» Grets aggrottò la fronte. «Ha informazioni sulla colonna di energia?»

«L'avete rilevata?»

«Purtroppo no.» Lo scienziato si portò una mano al mento. «A sud c'è il Dremis, però» bofonchiò curioso.

«Il Dremis? Ma è lontano da qui!» Xanter.

«Beh, se ne occuperanno i ragazzi del Recupero Seorite. Alcuni di loro sono già passati dai miei laboratori la scorsa settimana. Una delle armature che gli ho fornito aveva il suo stesso sistema di volo.» Ritornò sull'Aquila d'Acciaio, concentrato sulle parti che avrebbe dovuto sistemare. «Le consiglio una bella dormita, domani sistemeremo le calibrazioni.»

Xanter salutò Grets e ritornò in stanza. Era esausto, spossato. Non si cambiò neppure e crollò sul letto. Pensò a Polvere e ai suoi uomini. Pensò a cosa ne avessero fatto il Capitano Finnigan e la sua squadra. Le palpebre calarono in pochi attimi.

Accese la vaasp sotto la pioggia. Una sensazione familiare che anticipava il brivido della velocità. Ripercorse il circuito dell'Alveare, spingeva al massimo. Lui e la sua fidata compagna si piegavano in curva e schizzavano nei rettilinei. Giro dopo giro, gli spalti si riempivano di fantasmi che assumevano una forma concreta. Sagome che lo acclamavano a ogni passaggio. Contò ventiquattro giri e si fermò alla penultima curva. Maledisse la pietra gialla di Seorite che si era appena scaricata.

L'ombra di Laratt lo sorpassò impietosa. Lui alzò lo sguardo sugli spalti e un gruppo di tifosi si accalcò sulla transenna.

«Xanter... Xanter...» urlavano, ma vide in mezzo a essi un ragazzo, immobile. Poco meno che una statua di carne il cui sguardo era fisso su di lui.

L'Alveare scomparve, così come scomparvero i fantasmi. L'eco festoso si perse. Xanter era in piedi nel bel mezzo del nulla, ma il ragazzo era rimasto lì, ancora impassibile.

«Chi sei?» chiese Xanter. Ma non ricevette risposta, «Ho una gara da vincere, maledizione, riportami in pista» gli urlò e allargò le braccia.

Il ragazzo divenne una fiamma e assunse la forma di un cerchio incandescente, sospeso in aria e cosparso di simboli che lui non aveva mai visto. Il cerchio divenne un sole, caldo e abbagliante. Raggi vibranti che schioccavano attorno a quella forma.

«La bandiera dell'Impero hozmano?» disse. La luce del Sole di Aletar si fece più debole, consumata da un'oscurità ancora più intensa di quella circostante. Un nero assoluto che assorbì l'energia del simbolo fino a farlo scomparire del tutto. Xanter rimase solo, spiazzato ed in cuor suo era spaventato come un bambino.

«Ehi, sveglia...»

Xanter si sentì scuotere per una spalla. Si alzò d'impeto e si sedette sul letto. Janus Zakin gli sorrideva come un padre, la divisa impregnata dalla puzza di fumo. «Mi hanno informato dei tuoi problemi con l'armatura» mugugnò il Generale. Afferrò la sedia dalla scrivania e si sedette. Prese la foto di Anya e Xanter con la madre e la rigirò tra le mani.

Il soldato tornò a sdraiarsi. «Beh è una storia lunga. I sistemi Cec si sono bruciati in volo.»

«Ma tu stai bene? Nulla di rotto?»

«Certo che sto bene. Dammi cinque minuti per sistemarmi e verrò a fare un rapporto dettagliato.»

Zakin sbatté entrambe le mani sui braccioli della sedia. Si alzò e gli diede una pacca sulla spalla. «Allora ci vediamo nel mio ufficio fra un'ora. Mangia qualcosa, mi sembri sciupato» fece, «e soprattutto... datti una lavata.»

Xanter annuì, ancora intontito. Portò indietro il capo e osservò il soffitto. Entrambe le mani scivolarono sul volto e sospirò.

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