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Capitolo 21 - Seconda Parte

Aran e gli altri fecero come richiesto, ma non appena furono all'esterno tornarono ad affacciarsi. La preoccupazione per Cora camminava di pari passo con la curiosità.

Hyon afferrò lo scettro a due mani e chiuse gli occhi. La fronte passò piano piano da rilassata a contratta, le labbra si strinsero e si curvarono verso il basso. La pietra rossa rimase inerte. Qualunque cosa il maestro stesse tentando, non gli riusciva.

Hyon portò una mano alla collana e le rughe tra le sopracciglia e ai lati della bocca si fecero più profonde. Alla fine riaprì gli occhi, scosse la testa e prese un respiro profondo, sembrava quasi un sospiro di sollievo.

«Per quanto simile, questa non è Seorite e questo non è un ramo di Dormin. È argento hozmano!» esclamò. Restituì il lungo scettro di metallo a Cora. «Impugnalo, forza!» disse con autorità.

Cora lo strinse. Sulla superficie liscia presero forma una districata serie di solchi. Partivano dalla punta della base fino ai lembi che trattenevano la pietra. L'energia si sprigionò dalla sfera rossa, si fece strada tra gli incavi e li riempì di luce.

«Sembra che solo tu possa governarlo» Hyon si grattò la fronte, «ovviamente» terminò.

Cora allentò la presa. Ma il flusso di luce non accennò a diminuire. Con l'altra mano tappò l'orecchio, lo strinse e fece altrettanto con il pugno serrato sullo scettro. «Urla, Hyon!» disse.

«Chi sta urlando?» fece il maestro. Cora si mosse a scatti, in preda a spasmi via via più decisi. «Urla! Fallo smettere!» continuò il ragazzo. La sua pelle si cosparse di bagliori. Quando Camiel provò a trattenerlo venne sbalzato indietro.

«Non ci sono sistemi Cec in questa casa! Non ci sono sistemi Cec in tutta la città!» continuò Hyon. «La pietra, ragazzo... dove l'hai messa?» Gli tastò il corpo fino a recuperare della Seorite nascosta sotto la tunica. Era interamente carica. «Il Rito» ringhiò il maestro. Si voltò verso gli altri che erano appena entrati. «Avete nascosto sistemi Cec in questa casa?» urlò. Il bagliore aumentò ancora una volta, pulsava in intervalli lunghi e diveniva sempre più intenso.

Elidana scosse il capo e anche Fez fece altrettanto.

«AVETE PORTATO SISTEMI CEC A LAETH?» abbaiò il maestro.

Aran stava per dare il suo diniego ma s'interruppe. «L'orologio» mormorò. Lo sguardo fisso su Cora. Deviò sul maestro e annuì. Scattò via oltre la cucina e si diresse nella stanza dove dormivano. Riversò la sua sacca sul letto e lo vide. L'orologio che gli aveva regalato suo padre ticchettava, il sistema Cec attivo.

«MALEDIZIONE!» Tolse il cristallo, ma le urla di Cora non cessarono. Ritornò dagli altri con il cuore in gola.

Hyon indietreggiò e afferrò il bastone sacerdotale. «Tieni duro e non cedere!» Creò una barriera di luce tra sé e il calore che emanava il ragazzo. Cora si guardò attorno. Agitò di nuovo le mani, ma un turbinio di fiamme avvampò attorno a lui. «Aiutami!» Lo sguardo carico di terrore era fisso sul maestro.

Hyon tentò di avvicinarsi. Come un soffio su una bolla di sapone, un'onda di energia infranse la difesa che aveva eretto, e lui volò contro la parete.

Elidana, da sotto lo stipite, urlò.

Lei tremava, e Aran non aveva dubbi sul perché. Si trovavano davanti a uno spettacolo che non avrebbe mai immaginato: Cora bruciava. Lei strinse i pugni e fece un passo avanti. Una saetta di energia partì dal corpo di Cora. Aran si lanciò in avanti e afferrò Elidana per le spalle. Il raggio perforò la parete a un soffio dal suo braccio.

Cora era circondato da un velo cremisi che fluttuava a pochi centimetri dal corpo e formava intere frasi in Lingua Perduta; si componeva e si disintegrava in un ciclo continuo. Gli occhi erano due orbi luminescenti.

«Riprenditi, ragazzo... so che sei ancora lì dentro» urlò il maestro. Si aiutò con il bastone per tornare in piedi e allungò le braccia per contrastare l'impeto della luce.

Questa si mantenne viva per pochi istanti. Aran udì una melodia, la stessa che aveva già sentito nella piramide. Tutte le pietre di Seorite sul tavolo esplosero. Piccoli frammenti schizzarono per la stanza, gocce di liquido rosso e denso rimasero sospese in aria, senza peso. I flussi generati andarono a vorticare attorno a Cora. La terra prese a tremare. Le pareti si creparono.

Camiel riprese conoscenza. Si appoggiò allo stipite e avanzò tenendosi al muro. Barcollava più di quanto non facessero le fondamenta della casa di Hyon. Doveva essere allo stremo delle forze. «Cora!» urlò.

L'uragano di energia polverizzò tutto ciò che era all'interno dei suoi confini, compresi tetto e mobilia, e rimasero interi soltanto i due uomini e le loro armi. Una colonna di luce si scagliò in cielo, squarciò i rami alti e le fronde dell'albero di Dormin. Aprì un buco sulla superficie della cupola a protezione di Laeth, che adesso ondeggiava visibile.

Gli occhi di Cora tornarono normali e l'aura che lo circondava si ammansì. Cadde sulle ginocchia.

«Non c'è più tempo» disse Hyon, «Camiel, prendilo, dobbiamo scappare. I Saggi e i Sacerdoti saranno qui a breve!»

Elidana artigliò la spalla di Aran, la mano tremante. «Hyon, che sta succedendo?»

Camiel afferrò Cora, lo caricò in spalla e arrancò verso l'esterno. «CORRETE! ADESSO!» Puntò l'entrata della città. Fez, Aran ed Elidana lo seguirono. Marmorel, invece, rimase qualche passo indietro, immobile come una statua.

«Sbrigati...» sbottò Elidana.

Ma il volto di Marmorel era glaciale. «Sono stanca!» abbaiò. Perlapelo balzò dalle sue braccia e s'intrufolò di corsa tra i vestiti di Aran. Dall'isolotto vicino li raggiunse lo scalpitio della gente. «Mi spiace. Io resto qui!» disse la ragazza decisa. Camiel, già in fondo alla strada, rallentò e si fermò.

«Tu verrai con noi!» sbottò Elidana.

«Perché fuggire ogni volta? Tanto saremo sempre braccati. Qui stiamo bene... possiamo rifarci una vita.»

«Cattureranno Cora!»

«Chi l'ha spinto ad afferrare quella cosa? Perché non possiamo vivere tranquilli? Sono mesi che vi seguiamo senza sapere neppure il perché. Elidana, questa è pura follia! Hai visto cosa ha fatto Cora, non è normale, non è umano.» Marmorel incrociò lo sguardo di Aran. Lui serrò la mascella. Scosse la testa e mandò cenno a Camiel. «Andiamo.» Si voltò verso il ponte che portava all'ingresso della città.

«Aran, ascoltami... sai cosa c'è in gioco!» gridò Marmorel.

«ANCHE TU SAI COSA C'È IN GIOCO!» urlò Elidana. Si bloccò per un attimo, gli occhi spalancati e il volto rosso. «Ci siamo noi» continuò a voce bassa, «e se tu rimani, non resterà più nulla.»

Due lacrime scesero sul volto di Marmorel, abbassò lo sguardo e si strinse tra le braccia. «C'è qualcosa di più importante di noi.»

«Ti lasceranno morire fuori dalla città. Sarai in balia delle belve, sciocca!» urlò Hyon. Marmorel fece per protestare, ma il maestro roteò il bastone e la colpì alla nuca. Lei crollò su se stessa e lui l'afferrò prima che finisse a terra. «Non abbiamo tempo. Smettila di starnazzare! Vedremo dopo come distribuire le colpe.»

Elidana non riuscì a trattenere il pianto. Fez la prese per le mani; anche lui era contratto in una smorfia.

«Dove andremo?» chiese Camiel.

«Tu hai un giuramento da onorare. Porterai con te Fez, Aran e le ragazze» disse Hyon.

«E Cora?»

«Cora verrà con me, deve imparare a governare questo potere o sarà sempre in pericolo.»

«Non se ne parla!» sbottò Aran, lo sguardo virò su Marmorel.

«Anch'io non voglio lasciarlo...» mormorò Fez.

Hyon scosse la testa con vigore. «Siamo troppi e diamo nell'occhio. Voi sarete più al sicuro a Farendal, mentre io potrò portare avanti le mie ricerche e prepararlo a ciò che verrà.» E riprese la corsa.

Salirono per le scale che portavano alla galleria d'ingresso della città. Aran guardò in basso, verso le macerie dell'abitazione di Hyon. Lì, si era già radunato un gruppo di curiosi. L'esplosione di Cora aveva causato danni permanenti. La cupola di Laeth, invece, si stava riformando sopra le loro teste senza lasciare alcuna crepa e scomparve nell'oscurità della notte.

A metà della galleria, Cora gemette e cominciò a muoversi. «Fammi scendere, posso proseguire» borbottò a Camiel.

«Sicuro che riesci a reggerti in piedi?» gli chiese il guerriero.

«Sicuro, sicuro.» Si voltò verso Elidana che lo fissava colma di apprensione. Camiel lo appoggiò sul terriccio e lui si resse sullo scettro che non aveva abbandonato neppure da svenuto. «È successo di nuovo?»

«Sì» rispose lei, e gli strinse l'altra mano con forza.

All'entrata, Hyon arrestò il passo, al limite della barriera e sbatté il bastone sul terreno. «Elena, Miria, mostratevi.» Disegnò il simbolo di Laeth come durante il loro primo accesso e i due spettri si manifestarono in tutta la loro bellezza ed eleganza.

«Vi chiedo il permesso di passare» disse Hyon.

«Noi non negheremo la tua fuga dalla terra di Dormin, Viaggiatore...» disse Miria. Lo sguardo su Cora. «Hai adempiuto alla tua parte della promessa.»

«Bene, allora fateci passare» controbatté lui ancor più rapido.

«Sì, Viaggiatore. Sarà fatto come tu richiedi.» Elena si voltò e ritornò dalla sorella. Entrambe alzarono il braccio e la barriera si aprì in un piccolo passaggio. «Ma tutti voi non potrete più calcare questa soglia. Adesso che la città sacra si è purificata dall'oltraggio di fiamme, i figli di Dormin si raccoglieranno attorno all'albero; in attesa del ritorno predetto.»

«Fate ciò che volete» sbottò Hyon. Indicò ai ragazzi di proseguire e quando ormai il gruppo ebbe raggiunto l'accampamento, le due sorelle scomparvero nella luce e ritornarono alle loro pietre.

«Non potrai mai più rivedere casa...» sussurrò Aran.

«Non importa» bofonchiò il maestro mentre indicava la via da seguire.

Attraversarono le tende e Camiel recuperò tra di esse alcune sacche e abiti strappati. Superata la pianura, raggiunsero gli alberi che anticipavano la grande foresta del Dremis. Fez rallentò e altrettanto fecero gli altri. «Non siamo ancora al sicuro» gli disse Hyon.

Il ragazzo si guardò intorno. «Ma non dobbiamo aspettare gli Yllin?» chiese. In pugno il bullone era stretto così forte che le nocche divennero bianche.

«No,» disse Hyon. «I sacerdoti di Laeth ci staranno addosso. Dobbiamo inoltrarci nella foresta, è l'unica possibilità di raggiungere Ragoon.»

«Maestro, saremo un boccone facile per le bestie» appuntò Camiel. Il passo pesante e affannato.

«Lo so, ragazzo mio... lo so, ma dobbiamo rischiare.» Hyon diede un rapido controllo tra i rami degli alberi e fece cenno di proseguire il cammino.

«State vicini, io chiuderò la fila» suggerì Camiel. Impugnò la spada hozmana, la presa tremante.

Hyon si fermò all'ingresso di un sentiero, alzò la testa, rimase in silenzio per un momento e riprese a camminare. «Vi imbarcherete per Meliro. Io dovrò trovare un'altra nave non appena arriveremo al porto.»

«È davvero necessario separarci?» chiese Aran.

«Io e Cora abbiamo bisogno di molto tempo e le distrazioni non sono permesse.»

Cora si bloccò e l'afferrò per un braccio. «Ehi, cosa dobbiamo fare?» tuonò.

«Io non voglio lasciarlo» disse Elidana. «Farò qualsiasi cosa, Hyon, ma non voglio lasciarlo.»

«È per il suo bene. Non può andare nelle terre dell'Impero hozmano... non così. Scatenerebbe un putiferio,» continuò Hyon, «e non può lasciare andare lo scettro. Non so spiegarlo, ma entrambi sono collegati tra loro da un mistico legame che ho tutta l'intenzione di approfondire.»

Elidana portò la mano al volto e strinse le labbra.

Aran guardò Cora e poi si rivolse a Hyon. «Quanto tempo sarà necessario?»

«Non saprei dirlo. Entreremo in territori che mi sono oscuri. Io potrò solo insegnargli le basi che conosco, il resto dovrà venire da sé.»

Fez fece spola con lo sguardo tra Cora e il maestro. «E dove andrete con i kharzaniani che setacciano l'intero continente?»

«In un luogo dove è possibile avere un po' di pace e fuori dalla portata delle grandi nazioni.»

Camiel osservò in cielo. «Frama Ramones.»

«Esatto, quelle isole sono il luogo ideale per temprare Cora ed evitare di attirare troppe attenzioni se dovesse avere una ricaduta.»

«Ma ospitano anche tagliagole e furfanti» ribatté Camiel.

«Beh... saprò gestirli... se ci sei riuscito tu... posso farlo anch'io» concluse Hyon.

Calpestarono un lungo tratto dei sentieri battuti dagli Yllin. Quando ormai la luna scomparve, Marmorel si espresse in un lamento e portò una mano alla testa. Subito Aran le fu a fianco e Hyon l'adagiò a terra con delicatezza.

«Scusami, davvero. Ma andavo di fretta» disse il maestro.

Marmorel lo guardò stordita e si massaggiò la nuca. «Saresti stata bandita da Laeth. Nemmeno Mellinda avrebbe potuto far niente» si premurò di spiegare.

«Maestro, dobbiamo cercare un posto dove riposare,» interruppe Camiel. «Noi due rimarremo di guardia.»

Il vecchio gli lasciò l'onere di guidare il gruppo e annuì. «D'accordo» mormorò infine.

Trovarono un albero adatto alla richiesta di Camiel e Hyon creò due piattaforme di luce da sfruttare per salire. I giovani si disposero in fila su un paio di rami più lunghi.

Aran appoggiò la schiena e alzò lo sguardo sul ramo sopra di loro, dove Marmorel stava sdraiata con una mano sulla fronte. Trattenne la tentazione di andare a confortarla. Avrebbe destato sospetti, avrebbe inasprito la tensione con Fez.

Elidana si spostò di lato. Anche lei sembrava presa da qualcosa. Aran seguì il suo sguardo fino a Cora. Conosceva quell'espressione, era la stessa che aveva Marmorel quando lo guardava negli occhi. Elidana si tolse il fermaglio e una ciocca di capelli le attraversò il volto. Tenne l'oggetto sul palmo, lo fissò.

Aran tornò su Marmorel. Erano tutti così stanchi, così presi dai propri pensieri che forse nessuno ci avrebbe fatto caso. Ma Marmorel non sembrava avere bisogno di lui, non per il momento. I suoi occhi, carichi di curiosità, erano su Elidana e sul fermaglio.

L'amica si riscosse, infilò l'oggetto tra i capelli e mostrò a Marmorel un sorriso incerto. «Posso capire come ti senti,» le sussurrò, «ma sappi che quando avrai intenzione di parlare, io ci sarò.»

Lei voltò il capo dall'altra parte. «No, Elidana. Non puoi capire assolutamente nulla stavolta.»

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