Capitolo 17 - Terza Parte
Il resto della giornata passò a imbastire un piccolo accampamento, a trovare della legna secca e ripararsi dall'afa che imperversava sulla pianura. Sfruttarono i resti di alcune tende abbandonate e presero posto attorno a uno dei falò spenti lì vicino. Con l'arrivo del pomeriggio il caldo sembrò diminuire e un lieve venticello portò frescura all'ombra delle tende.
Camiel e Aran accesero il fuoco e Hyon si premurò di preparare il pasto serale con della cacciagione offerta da Iak.
«Perché quella barriera invisibile?» chiese Elidana durante la cena. Fez non aveva parlato per tutto il tempo, ma continuava a stringere in pugno il bullone e contrarre il volto.
«È Il motivo per cui il Dremis è il luogo più sicuro del continente» rispose Hyon.
«Credo proprio che il nostro arrivo non verrà accolto nel migliore dei modi» disse Camiel.
Marmorel avvicinò uno spicchio di mela al ponci e sorrise mentre questi lo divorava. «Cosa sono quelle cose?» chiese. «Non erano neppure umane.»
«Miria ed Elena: le prime sacerdotesse di Dormin. Devote a tal punto da dedicargli sia la vita che la morte. Lui stesso le trasformò in esseri di energia, mettendole a tutela della città.»
«Perché?» chiese Cora.
«La loro storia ormai si è persa nel mito e nelle leggende di queste vecchie montagne. Adesso vivono all'interno della pietra, in bilico tra l'eternità e il nostro mondo.»
Aran diede un calcio al terriccio. «Continueremo a campeggiare qui davanti fino a quando quel maledetto di Vega non si metterà sulle nostre tracce?»
«Domattina riproveremo. Adesso, per favore, concedetemi una notte di riposo.» Hyon si tirò in piedi, si fermò un momento a raddrizzare la schiena e si avviò verso una delle tende.
«Io farò la guardia. Se dovesse arrivare qualcuno non voglio farmi trovare impreparato» fece Camiel. Aveva l'aria di chi avrebbe dovuto riposare più degli altri. «E poi, un cielo così limpido permette di godere meglio delle stelle.» Mandò un cenno ai ragazzi e si trascinò qualche passo più in là, in direzione della legna accatastata.
«Cos'ha?» domandò Marmorel, stranita. «È da quando siamo partiti che è in quello stato.»
«Hyon mi ha detto che sono gli effetti del giuramento che ha fatto davanti agli altri hozmani. Non sarà un grande spettacolo, almeno fino a quando non ritornerà nella sua terra» spiegò Elidana.
Cora si rivolse ad Aran che aveva lo sguardo fisso sul fuoco. «Ehi, dovresti darti una calmata con quei due...»
Il giovane Allet strinse lo sguardo. «Come lo chiamavi?» gli chiese. «Il maledetto hozmano? Ricordamelo perché l'ho già dimenticato.»
Cora divenne rosso in volto. «Ci ha salvati!»
«Lo so, ma non significa che dobbiamo prendere come oro le loro scelte!» Aran si alzò. «Piuttosto che restare lì ad attendere che ti dicano cosa fare, fatti sentire! Sarò stato sgarbato, ma almeno ho abbastanza sale in zucca da capire che nemmeno loro sono sicuri delle loro azioni. Potevamo andare a Meliro... o a Farendal, al sicuro. Agire in qualche modo, ma siamo qui in attesa di venire divorati da quelle trigri o chissà cos'altro.» Anche lui si ritirò verso una tenda e Marmorel dietro a seguirlo.
Cora sbuffò e diede un calcio al terriccio. «Per questa sera finiamola qui» borbottò. «Io vado a dormire.»
Nel suo giaciglio, non riusciva a prendere sonno. Sdraiato, Cora teneva gli occhi fissi al cielo, alle stelle che brillavano tra i buchi della tenda. Era la prima volta che poteva passare la notte da solo, senza i calci di Fez o le manate di Aran. Un silenzio che riportava alla mente tutti i ricordi delle settimane passate e smuoveva le acque di un senso di colpa che non era riuscito a vincere.
Elidana spostò il tessuto. «Posso?» domandò.
Cora si sedette e annuì. «Se aspetti un attimo vado a cercare un sasso che valga la pena darti, mi spiace per questi giorni disse.
Lei scosse il capo. «Non è stata colpa tua.»
«Non dovresti starmi accanto, c'è il pericolo che possa farti del male.»
«Tu non mi faresti del male...»
Lui ebbe un fremito, si mosse d'istinto e le rivolse la fronte. Elidana abbozzò un sorriso forzato e portò il ciuffo dietro al fermacapelli. Gli diede un bacio e lo fece prendendo più tempo del solito.
Cora alzò lo sguardo. «Buonanotte, Elidana,» sussurrò, «che sogni gioiosi ti accompagnino fino all'alba.» Stavolta non fingeva, nessun artifizio dietro quel gesto. Per quanto poteva valere, Cora voleva davvero che per una notte lei dimenticasse tutto.
Elidana trattenne il respiro e si alzò. Uscì dalla tenda senza neppure controbattere o ringraziare. Lui passò una mano sugli occhi e scivolò sul giaciglio.
Le palpebre, alla lunga, divennero pesanti e non riuscì più a distinguere il sonno dalla veglia.
Udì un boato.
Un fragore così intenso che lo assordò. Scattò in piedi e corse fuori. L'idea che i kharzaniani li avessero trovati gli strinse il petto. Si voltò verso il falò, ormai spento. Controllò tenda per tenda e vide che ognuno degli amici era a dormire al suo posto. «Ma cosa...» disse ad alta voce. Si voltò a cercare Camiel: lui riposava seduto, aggrappato all'elsa della spada di Iak. Come se nulla avesse turbato il suo riposo.
Cora superò l'accampamento con il dubbio a crescergli dentro. Una folata di vento risalì da terra, gli scombinò i capelli e lo avvolse in un turbine che lo spinse in avanti.
Prima di rendersene davvero conto, si ritrovò ancora una volta al cospetto dei monoliti.
Cercò di osservare l'interno dell'apertura. C'era qualcosa. Strinse gli occhi, forse era solo un'illusione. Ma a un secondo sguardo intravide una piccola fiammella, un bagliore che prese a pulsare. Il cuore iniziò a battere con vigore. Un'arsura incomprensibile gli asciugò la bocca e la fronte si riempì di sudore. Quella fiamma, grande come una candela per quanto lontana, aveva rapito la sua attenzione.
Elena gli apparve a meno di un braccio di distanza. «Chi sei tu?»
Lui fece un passo indietro. «Cora» rispose.
«Cosa ne sai del quarto Dogma?» intervenne Miria. Le gemelle, adesso, erano due semplici donne fatte di carne, la penombra data dalla luna ne segnava soltanto il contorno.
«Eh?» Cora ritornò a osservare la galleria.
«I colori dell'albero di Dormin sono quelli del mare e del cielo, ma il fuoco che alimenta il Rito del Patto è rosso come il sangue e tu lo hai appena osservato» disse Elena in un tono a metà tra il timore e la curiosità.
Entrambe rimasero ferme, rivolte verso di lui.
«Cos'è quella luce?» domandò Cora.
«Non lo sappiamo. Nessuna di noi è stata coinvolta in ciò che non fu Dormin a creare.» Miria parlò calma, «Una menzogna necessaria affinché la terra sacra di Laeth arridesse ancora ai suoi figli.»
«Sto sognando?» domandò Cora, la luce dentro il tunnel schioccò come la fiamma di una torcia, lui sobbalzò.
«Questo è il nostro mondo, il luogo dove risiedono le nostre coscienze. Che sia sogno o realtà, cosa importa?» domandò Elena, «Hai visto oltre il nostro giudizio, Viaggiatore. Tanto basta per non donarti la morte.»
«Vogliamo solo trovare un posto dove nasconderci» spiegò Cora. «E voi siete capaci di fermare chi vuole farci del male.»
Elena e Miria lo fissarono ancora una volta. Cora sentì i loro occhi addosso anche se non riusciva a scrutare nella loro espressione. «Un dono, il tuo. Un dono antico più di queste montagne. Accogli un fiore che non è ancora sbocciato e che mantiene ogni stilla della propria essenza in attesa di risvegliarsi» disse Miria.
«Basterà?» chiese Elena.
Cora faceva spola con lo sguardo tra le due.
«Districherai l'inganno di Laeth, Viaggiatore? Ne sarai capace?» dissero in coro. «Nei secoli trascorsi sei il primo che abbia scoperto il fuoco nascosto.»
«Non so di cosa state parlando, ma se è necessario per poter entrare vi chiedo di darmi una possibilità.»
Loro piegarono il capo e si strinsero nelle vesti. Sembrava di assistere a un rito. Per Cora fu un assenso fatto dal solo cenno del capo. «E sia» dissero nello stesso istante.
Cora aprì gli occhi di soprassalto, si risvegliò stordito. Hyon ed Elidana urlavano come forsennati.
«Presto, sbrighiamoci!» fece la ragazza con la testa nella tenda.
«Che è successo?» domandò lui, zuppo di sudore. Non era ancora giorno.
«Forza! Hyon ha detto di prendere le nostre cose. Le guardiane non sono nei monoliti, la barriera si è aperta proprio davanti al passaggio.
Cora afferrò la sacca e si fiondò dagli altri. Camiel si trovava già al lato dell'ingresso e continuava a lanciare pietre all'interno della galleria.
«Correte!» disse Hyon. Saltellava con la sacca in braccio e si aiutava con il bastone per evitare che gli cadesse qualcosa. Aran, Fez e Marmorel erano al suo fianco.
«Passate...» disse Camiel. Lui entrò per ultimo e la barriera gli si chiuse alle spalle.
«Ma che...» sbottò Hyon una volta all'interno. Nelle grosse pietre era ritornata la luce. Stranito, gettò uno sguardo su Camiel.
«Prendiamolo per quello che è, maestro» disse l'hozmano. «Un colpo di fortuna.»
Hyon fece di no con il capo. «Non esiste il caso da queste parti, di questo puoi starne certo.»
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