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Capitolo 17 - Seconda Parte

Camiel, che nel frattempo aveva adagiato la schiena alla parete della stanza, prese una pesca dal bagaglio e condivise le altre con i tre ragazzi. «Se c'è qualcosa che mi manca dell'Impero è la frutta di Meliro. Anche dopo molti giorni rimane matura e trattiene tutto il gusto.» Addentò il frutto e alzò lo sguardo su Fez che faceva espressioni atterrite a intervalli regolari. «Che ne pensi di Kallup?»

«Sembra un brav'uomo» rispose il ragazzo, in mano stringeva il bullone lucente.

«Ti ho visto molto interessato a lui. Non è comune incontrare uno zalesiano che vive ad Amanastre.»

Fez si grattò la fronte. «Cosa è accaduto realmente alla Zalesia? Mio padre non ne ha mai voluto parlare.»

Camiel diede un altro morso e lanciò il nocciolo dalla finestra.

«Devi sapere che nove anni fa il Sultano ha perseguitato gli oppositori della sua corte. Ha dato loro la caccia per tutto il deserto. Molti sono stati costretti a fuggire dal paese, tra questi anche la famiglia di Kallup. Non sono informazioni che puoi trovare tra i libri di scuola. Il Sultano è stato brutale con i ribelli.»

«Che hanno fatto?» Fez si sedette al fianco di Cora.

«Quando la gente muore di fame e a stento riesce a bere dell'acqua, iniziano a sorgere problemi» rispose Hyon.

«Perché non l'hanno spodestato, se sono tutti d'accordo?» chiese Elidana.

«Ci hanno provato, ma non è servito a nulla. Oltre ad avere un proprio esercito ben addestrato, i Mercanti di Luce di Zaal chiedono supporto ai kharzaniani, con l'appoggio del Sultano. In questo modo riescono a mantenere un'apparente stabilità e chi è contrario viene arrestato o fatto sparire» rispose Hyon. Cora si alzò e andò alla finestra. Si sentì intorpidito. Per un attimo, i problemi dei ribelli, Ethan Standford, Lud... tutto divenne lontano. Osservò le mani e socchiuse gli occhi. Nelle orecchie prese a crescere un ronzio davvero fastidioso.

All'interno della voragine del Dremis il tempo sembrava non passare. Nei due giorni di viaggio che seguirono, uscirono dal labirinto di roccia e si addentrarono in una fitta foresta. La casa dell'Yllin accelerò il passo, come se l'ombra degli alberi, che offriva un gradevole riparo, fosse stata il peggiore dei pericoli. Qualunque fosse il motivo, l'Yllin sembrava non riuscire a stare fermo. Si guardava attorno, grugniva con voce più acuta e, cosa che stranì Cora, a un certo punto prese a lasciarsi dietro grossi pezzi di carne. Il ragazzo seguì quello che poteva essere un buon pasto allontanarsi e sporcarsi con la terra e la polvere. Ma fu in quel momento che capì le motivazioni del padrone del veicolo. Un felino alto più di un cavallo si lanciò sulla carne offerta e la divorò in pochi bocconi.

Cora tirò a sé Fez e gli indicò la belva striata. «Guarda...» mormorò.

Il giovane amico deglutì e fece di no con il capo. «Non ci fermeremo da queste parti, vero?»

Cora alzò le spalle, ma anche lui sperava di non dover passare la notte in quel tratto di foresta.

Quando la vegetazione divenne più rada, si affacciarono su una ridente prateria e fu lì che il mezzo del'Yllin fece una brusca frenata.

A gesti, l'omuncolo invitò i passeggeri a uscire e quando tutti furono all'esterno buttò fuori i loro bagagli. Fece un profondo inchino al maestro e sembrò quasi strapparsi i capelli per la forza con cui li tirò. Infine ritornò al posto di guida e ripartì a briglia sciolta senza degnare gli altri di uno sguardo.

«Molto educato!» sbottò Marmorel. «Davvero molto educato!»

Hyon avanzò e indicò un punto in direzione della montagna. Un lungo serpente di roccia che si perdeva per tutto l'orizzonte. «Avviciniamoci, l'entrata è da questa parte!»

Cora rimase con Fez a chiudere la fila. Continuavano a osservare intorno e indicare i numerosi accampamenti che proseguivano fino ai piedi della montagna, luoghi occupati da ceppi abbandonati e carcasse d'animale in decomposizione.

«Cosa sono?» domandò Fez.

«I viaggiatori respinti da Laeth attendono qui il ritorno degli Yllin» spiegò Camiel. «E di questi tempi non credo che qualcuno sia riuscito a superare l'ingresso.»

La cresta di roccia davanti a loro si perdeva in cielo, una struttura naturale armoniosa nella forma e senza alcun appiglio da dove poter iniziare una possibile scalata. A pochi passi, Cora vide due monoliti dalla forma rettangolare. Si avvicinò e notò che erano ai fianchi di un'apertura nella montagna, un foro di cui non si vedeva la fine.

«Osservate con attenzione» sussurrò Hyon, soddisfatto. Su ognuna delle due opere c'era un mosaico formato da piccoli cristalli di Seorite di diversi colori. Entrambi i disegni raffiguravano una donna con una lunga tunica chiara, che reggeva in mano ciò che sembrava il simbolo di una stella. I loro sguardi si incrociavano in un punto imprecisato al centro, proprio davanti al passaggio.

«Chi ha mai potuto lasciare qualcosa del genere nel bel mezzo del nulla?» domandò Cora.

«Queste creazioni sono più antiche delle città di Lamia e del Kharzan» rispose Camiel. «Forse più antiche del Sultanato stesso.»

Hyon fece cenno di stare indietro. Prese il bastone e colpì il suolo con la punta. La Seorite incastonata si illuminò. Il maestro alzò lo sguardo deciso verso i mosaici. Apparve un simbolo di luce che si innalzò in aria, sopra la sua testa; era la stessa stella che reggevano le due donne. Il profondo rintocco della Seorite anticipò le parole che Hyon profferì: «Miria ed Elena, guardiane della terra di Dormin, custodi del passaggio della verità sin dalle prime lune. Aprite il cammino a me che appartengo a questi luoghi e ai miei amici che cercano rifugio.» Era serio, il maestro, più di quanto Cora l'avesse visto in quei giorni. Da ciò che si erano detti, Laeth era la sua terra.

Le stelle in mano alle due dame si illuminarono: l'energia filtrò dalla terra e riempì di luce ogni tessera di minerale. Cora e i ragazzi fecero un passo indietro nello stesso istante. Due flutti abbaglianti fuoriuscirono dal mosaico e risucchiarono i colori delle pietre per continuare a danzare nel vento come lo scorrere calmo di un fiume. Le masse di energia si aggregarono in una coppia di sfere distinte. Il maestro compì un profondo respiro. Goccia dopo goccia, i globi colarono al suolo e definirono i tratti di due donne, esseri fatti di di pura luce.

I volti delle custodi presero le sembianze di fanciulle. Le sagome mutarono repentine, divennero instabili, ripresero forma e assunsero l'aspetto di donne anziane. Ancora una volta, dopo un istante, tornarono bambine. Una trasformazione che sembrava non avere pace.

La dama di destra fece un passo in direzione di Hyon e parlò con voce leggiadra: «Hyon l'errante, colui che ha abbandonato i Dogmi di Dormin, sapevamo che saresti tornato nella terra sacra dei tuoi padri!»

Hyon si schiarì la voce. «Miria, devo conferire con i Saggi e dare un riparo sicuro a questi ragazzi. Umilmente, chiedo il vostro benestare.»

Anche Elena fece un passo e parlò in tono più greve. «La guida di Laeth lasciò a monito: "Osserva le stelle sotto la mia volta e troverai l'armonia."»

Hyon fece una smorfia di disappunto. «Ho saputo contemplare il firmamento anche da luoghi oltre il vostro orizzonte.»

La voce divenne uno strillo, «La legge... i dogmi che dovresti onorare sono l'unica via. Non esiste salvezza in parole trasportate da mendaci venti stranieri.»

Hyon sbatté il bastone al suolo. «Non è forse per dissetarsi alla fonte della conoscenza che studiamo i lasciti di Dormin? Cosa cambia se voglio anche capire il comportamento di chi ha adottato scelte differenti?»

«Porterai dolore alla nostra gente» disse Elena, mentre la chioma le si gonfiava. La sua consistenza cedette a un tremore irregolare per poi contenersi. Un aspetto raccapricciante che durò solo pochi istanti, ma a Cora sembrò quasi il frutto partorito dal peggiore degli incubi. «Il Rito del Patto è al termine del grande ciclo.»

«Non mi sottopongo ai vostri dettami! Siete solamente esistenze di un tempo ormai passato e a cui non devo nulla!» abbaiò Hyon.

Elena osservò i compagni di viaggio del maestro. «Balean, Ronk, Loriel: la lista dei sacerdoti che hanno ceduto alla tentazione delle tue idee è lunga.»

«Nessuno di voi avrà il nostro benestare per calpestare la terra che fu cara a Dormin. Un atto, il nostro, che è dovuto al sacro ufficio assegnatoci» continuò Miria. Puntarono entrambe il dito verso i ragazzi. Cora non capì se stessero indicando lui o l'intero gruppo. «Le stelle ci hanno mostrato sventura, uno stormo di corvi che fugge dalla malasorte. Uno stormo che si vedrà assottigliare prima del suo scioglimento.»

Hyon richiamò l'energia del bastone. «NON OSATE!» sbottò.

Fez si chinò a terra e si rialzò con il pugno chiuso. «Fateci passare!» urlò. «Fateci passare! Maledetti fantasmi!»

Elidana e Marmorel gli si avvicinarono, Fez corse incontro alla barriera.

Camiel allungò il braccio. «NO! Fermo!» urlò. Ma il ragazzo aveva già lanciato ciò che teneva in mano. La pietra s'infranse contro il mosaico. I tasselli di Seorite sfrigolarono, l'energia si concentrò in un lampo di luce, una saetta dritta verso Fez. Cora trattenne il fiato, pronto a vedere l'amico colpito, certo di non poter fare nulla. Un attimo dopo, Fez non c'era più.

Era per terra, sano e salvo, Camiel l'aveva buttato giù in tempo, lontano dalla traiettoria del colpo.

Hyon gli mandò un'occhiata carica d'ira. «Sei impazzito?»

Le gemelle osservarono la scena senza fare alcuna espressione. «Inesorabile è la volontà di Dormin, una forza contro cui nessuno ha mai avuto ragione» enunciò Miria. Lei ed Elena si scomposero in energia amorfa e ritornarono ai monoliti per rinvigorire il mosaico. Infine, si spensero.

«E ora che si fa?» domandò Aran.

«Onestamente, pensavo che ci facessero passare» abbozzò Hyon. «Ma con il Rito del Patto in arrivo, anche le fondamenta stesse della città diventano nervose.»

«Grazie Hyon» sbottò Aran, «grazie a entrambi.» Fece una smorfia verso Camiel e il maestro.

«Ehi...» sussurrò Elidana.

«Beh, credevo che il grande guerriero di Hozma e il potentissimo maestro della Seorite fossero più lungimiranti. Abbiamo fatto tanta strada solo per vederci sbarrare il cammino.»

Camiel stava per rispondere, ma Hyon lo fermò e si voltò verso gli altri ragazzi. «Dal momento che non abbiamo molte alternative, direi di accamparci e pensare a una soluzione quando saremo più rilassati.»

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