::6 cavaliere
—Ti chiami Jessica Bradley, hai diciassette anni e vivi a Doncaster— mi sussurravo ad ogni passo corto che facevo —. Sei...—cercavo di continuare però già da qualche metro non mi sembrava sufficiente mantenere la mia saggezza con me stessa.
Le mie ossa si sentivano tese, la mia pelle sembrava di carta, il mio mento non smetteva di tremare e le ferite sulle mie gambe sembravano aprirsi di nuovo con ogni centimetro che riuscivo ad avanzare. Ero completamente disorientata; tanto che ancora non riuscivo ad assimilare completamente se questo fosse totalmente reale, perché in verità quello scenario dove mi trovavo solo sembrava degno di un film che racconta storie magiche.
Forse ero ancora un po' distante per tutte quelle cose che mi avevi messo nel corpo per riuscire a portarmi fino lì, anche se aspettavo che tutto quello togliesse l'incessante dolore nel mio stomaco che sembrava mangiarsi tutto quello che c'era intorno ad esso.
Affamata, persa, e probabilmente prossima alla pazzia.
Ci fu un momento in cui i miei pensieri riuscivano ad uscire dalla mia mente; mi diceva che tutto quello era una bugia, che la cosa più probabile era che io stessi nel mio letto immaginandomi tutto.
Però dopo arrivava il vento freddo che mi colpiva come decine di palle di neve lanciate da bambini dopo la scuola, che mi dimostrava nuovamente che mai avrei potuto svegliarmi da quell'incubo.
Stavo per cadere, stavo per arrendermi in un battito di ciglia, però per qualche ragione mi riempivo di speranze completamente vuote e queste non lasciavano smettere i miei piedi fra quei manti di neve che coprivano la prossimità del fitto bosco.
Toccavo con delicatezza tutte le foglie perenni degli alberi che mi circondavano; bagnati da cristalli che l'unica cosa che facevano era dimostrarmi quanto potesse essere pacifico e silenzioso. E questo non mi causava tranquillità in assoluto, perché sentivo che poco a poco cominciavo a morire e sarei finita essendo parte di esso.
Senza dubbio, stavo impazzendo.
Volli indagare tutto il tempo che camminai, e anche se il dolore sulle mie gambe era opprimente e che tutto mi sembrò succedere in pochi minuti, il cielo solo mi mostrava un freddo tramonto che si mangiava il gelido cielo azzurro nascosto dalle ombre degli immensi alberi che presto sarebbero stati testimoni della mia inesistenza.
Come finirà tutto? Sarei caduta in qualsiasi parte di quel luogo e avrei aspettato di morire? La mia vita sarebbe stata così corta e triste per terminarla coperta di neve, in un luogo di cui non sapevo dove si trovasse e che la cosa più probabile sarebbe stata non incontrare il mio corpo che presto sarebbe stato mangiato da animali in primavera; o anche prima.
—Oh Dio, no, no, no.
Non potevo smettere di tremare, le mie lacrime uscirono sole a pensare che fossi stanca di tutto quello. Non mi piaceva piangere, mai mi è piaciuto. Cominciai a gridare; chiamai i miei genitori, chiamai i miei amici, e nel momento più disperato chiamai te.
Il vento soffiò di nuovo e con i miei vaghi intenti di mettermi in piedi riuscii a crollare. Rimasi lì, osservando il cielo scurirsi, aspettando che il destino facesse il suo lavoro, muovermi era dolore, respirare era spaventoso e battere le ciglia solo significava che stavo a punto di cedere.
Mi incisi quell'immagine dentro di me; quella dove il cielo emanava uno splendore così accecante che era contrastato dalle ombre dei rami degli alberi di cristallo, come se essi impedissero assaporare la mia libertà.
L'azzurro del cielo si spense, e con un battito di ciglia questo fu sostituito da quello del tuo sguardo.
—Ci sei quasi riuscita— la tua voce arrivò alle mie orecchie dopo aver ascoltato solo i miei sentimenti per ore. Suonavi come se sapessi che questo sarebbe successo, anche se devo accettare che anche io lo sapevo. Facesti uno sforzo e sentii come mi staccasti dal suolo per avvolgermi in qualcosa di più caldo —, e devo darti credito perché credevo che saresti arrivata solo alla metà— ascoltavo il tuo respiro agitato quando cominciasti a camminare. Volevo aprire gli occhi, però questi si negavano.
Fu solo qualche metro quando ti fermasti.
—Sei sempre stata testarda—smisi di sentire il tuo tocco di nuovo quando qualcosa di congelato tocco il mio corpo. Mi svegliai di colpo e ti vidi di fronte a me, cercando qualcosa dentro lo stesso zaino che usavi il giorno dell'aeroporto. Mi sorridesti senza malizia quando tirasti fuori un termos —. Sei seduta sulla mia roccia di riflessione—segnalasti vedendo la mia confusione.
Sbattei le ciglia molte volte, cercando di confrontare quello che era appena successo. Mi incorporai velocemente, sentii la mia testa esplodere e cercai di allontanarmi da te nuovamente senza importarmene.
—Tranquilla— ridesti servendomi qualcosa nella piccola tazza di plastica per poi porgermela. Riuscii a prenderla ancora con la paura che si impossessava di me di nuovo. Il calore arrivò alle mie mani e per un momento sentii che ritornai alla vita.
Togliesti il cappotto che avevi su di te per mettermelo sulle spalle, rimanendo con una semplice felpa verde con il cappuccio, come se il freddo non ti facesse del male. Abbassai lo sguardo e mi guardai seduta su un'enorme roccia quasi della grandezza del mio letto, era impossibile non vederla, però sembrava che io non l'avessi fatto. Ti sedesti al mio fianco.
—Supponevi che io sarei riuscito a sopportare che te ne fossi andata solo perché si?—suonò come un divertente reclamo che evidentemente solo a te faceva ridere.
Il the nelle mie mani profumava. Rimasi lì senza rispondere, cercando di recuperare la mia temperatura.
—Avrai un lungo e freddo inverno, se hai un corto e freddo cuore— ripetesti dopo.—Mi leggesti quella frase dal libro che tuo padre ti aveva dato da leggere allora. La leggesti a un ragazzo che osservava tutti quei bambini felici che ricevevano i loro genitori in un giorno normale di scuola, a un ragazzo in un luogo pieno zeppo di persone e pieno di speranze vuote—dicesti con un tono più serio —Senza dubbio, il tuo non è così— finisti, permettendomi di accettare tutto quello. Rilessi la frase nella mia mente, allacciai i momenti, gli anni, il significato, anche mi presi la libertà di guardarti attentamente per analizzare il tuo volto con disperazione dove notai quella incertezza così significativa e che senza dubbio rimaneva sempre la stessa. Guardai i tuoi occhi assorbere l'ultimo raggio di sole che riuscì a passare dai rami degli alberi, questi brillarono, offrendomi un calore inspiegabile che per poco non mi fece uscire il cuore.
—¿Louis...?— balbettai.
*Libro: Il cavaliere nell'armatura arruginita.
Sembra proprio che la nostra Jess conosca il ragazzo... mhmh.
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