Epilogo
EDEN
"Ho passato la vita a cercare di non chiedere troppo amore. Di riceverne abbastanza per riempire parzialmente quel vuoto che ha continuato ad allargarsi fino a diventare un buco talmente profondo da non vederne la fine.
Ho provato ad aggiustarmi da sola, a rimettere insieme i pezzi straziati del mio cuore che ha continuato a battere allo stesso ritmo, seppur stremato dalle scosse di dolore che si sono riverberate nel petto fino a raggiungere l'anima colpendola col chiaro intento di indebolirla. Perché siamo come fili scuciti. Ingarbugliati. Strappati. Legati da un nodo rosso, capaci di resistere a un destino che non ha mai chiesto permesso. Siamo paura che scorre, sguardi affranti che non trovano gioia, che non hanno pace. Passi incerti verso un buio fitto, il peso addosso di un'oscurità che non nasconde il dolore. Siamo una mole di sconfitte, di vittorie sottratte. Siamo lividi che non scompaiono, cicatrici che non si rimarginano. Anime in cerca di un posto da chiamare casa.
Però qualcosa nel corso del tempo è cambiata.
È successo che in mezzo a quel buio silenzioso e profondo, la speranza si è insinuata insieme a un sentimento fragile e al contempo tenace. È successo che è arrivato lui, il mio rapitore, con addosso la sua stanchezza, i suoi occhi distanti, tristi e freddi; con quel carattere feroce e quei gesti bruschi. È arrivato. Si è adagiato come un cerotto e non si è più strappato via dalla mia pelle. Ha medicato la mia vita quando credevo che non esistesse più una cura.
Quando ho avuto paura di non essere abbastanza, ho guardato i suoi occhi e ho pensato di esserlo. Lui è stato capace di vedere lo strappo che mi devasta il petto, con quei ricordi appesi a un filo sempre più sottile. Mi ha visto per quella che sono e non mi ha permesso di nascondermi. Ha continuato ad alimentare il fuoco che tengo dentro fino a farlo divampare.
Lui è l'unico. E ora lo so. Ora so che è lui. È solo lui. E lo sarà ogni giorno della mia esistenza. È lui, un frammento di anima capace di riportare in equilibrio questo cuore rotto che da sempre rischia di non battere più.
Non credevo che lo avrei mai amato.
Non avevo mai sentito niente di tanto forte per qualcuno. Mi spaventa a morte, ma non posso e non voglio smettere. Perché l'amore quando arriva non controlla se sei pronto o se hai il cuore ridotto in polvere e seppellito sotto strati di solitudine..."
«Spero sia la lista delle cose perverse che intendi provare insieme a me, quella che stai scrivendo».
Un unico sussurro e il mio cuore a pezzi si ricuce smettendo di sanguinare. Asciugo la lacrima sfuggita al mio controllo, ripongo la penna, chiudo il mio diario e mantenendo un certo contegno, mi avvicino al letto.
Dante si è appena sollevato a metà busto. Sta seguendo ogni mio movimento come un falco, con quel sorriso che affiora sulla sua bocca intaccata dalle botte prese. Indossa la prova della violenza su quegli occhi verdi, crudeli, stanchi, la lotta per la sopravvivenza sulla pelle piena di segni evidenti, altri tenuti da sempre ben nascosti. Cerchi leggeri gli contornano sotto gli occhi ma è comunque lui, il mio Dante.
Non credo di essermi mai soffermata tanto sulla bellezza del suo aspetto fisico, presa com'ero a non cedere ai suoi colpi psicologici sferrati senza sosta. Mentre adesso, adesso riconosco la scultura perfetta che ho di fronte. Il magnifico quadro che ha un valore inestimabile per la mia vita. Ho il tempo di osservarne ogni singola curva, ogni pennellata e innamorarmi di ognuna di esse.
La stanza è interamente avvolta dal profumo della sua essenza. Un odore che sento parte di me, della mia pelle. È un morso ai sensi.
Dante è tante cose. Alcune belle altre brutte, molte semplici o difficili da comprendere. È buio e luce. È paradiso e inferno.
Con lui al mio fianco, la mia anima è in pace e il resto della vita non è altro che una sfida da accettare.
Chiudo gli occhi e respiro profondamente cercando di trovare la nota al sandalo, quella lieve di colonia costosa, il calore piacevole di una giornata di sole emanato dalla sua pelle.
Le sue dita macchiate dall'inchiostro, prive di anelli di cui sento la mancanza, mi sfiorano la guancia. Sono reali e le sento. Sento il calore e il peso del suo tocco su ogni parte del mio essere.
Facendo attenzione, mi circonda il busto con un braccio, ed io prendo ad accarezzare la sua testa, affondando le dita tra i suoi soffici capelli scuri; a lasciarmi attraversare dal calore del suo fiato, del suo corpo solido a contatto con il mio. Solleva la testa e mi raggiunge premendo la bocca sulla mia, per avere un bacio delicato.
Mi aggrappo alla sensazione di protezione che mi trasmette il suo gesto e, per la prima volta dopo giorni, mi permetto di sentirmi davvero al sicuro.
Siamo soli. Finalmente soli, in un mare calmo, non più prigionieri, non più in pericolo.
«Ciao», mi sussurra.
«Ciao», rispondo con emozione evidente nel mio tono che si spezza.
Dante avverte dolore all'addome e non lo nasconde di certo come avrebbe fatto i primi tempi per orgoglio. Sdraiandosi mi lascia lo spazio per posizionarmi accanto a lui. Ancora dolorante, trovo posto al suo fianco, e con una mano sotto il cuscino e una sulla sua guancia, sollevo gli occhi incatenandomi al suo sguardo.
«Allora?»
«La lista possiamo farla insieme».
Ride ed è il suono che tanto aspettavo di sentire dopo ore di profondo silenzio, paura e dolore.
«Davvero? Sicura?»
Il movimento delle sue labbra si trasforma e in pochi attimi torna quel sorriso sghembo che conosco bene. Ed è tutto mio.
Mi risulta ancora difficile accettarlo, mentre ogni singolo pezzo di me è un filo scoperto.
Formicola.
La mia pelle brucia, pizzica, il cuore mi batte frenetico nel petto.
Dante mi incornicia con delicatezza il viso tra le mani. In un attimo torna a farsi serio. «Ho dovuto mentire per così tanto tempo che adesso ho paura», ammette con un certo cipiglio. «Paura di non ottenere la tua completa fiducia. Paura di dovere ricominciare tutto da capo ed essere solo. Paura di commettere altri passi falsi. Paura di perderti, dannazione», gratta la fronte, in combutta. «So che ho sbagliato, tanto. So che dovrò fare ammenda, chiedere scusa ancora e ancora, ma sono un uomo egoista e non voglio perderti di nuovo. Io voglio sentire ancora il sapore dei tuoi baci, la pressione dei tuoi sguardi, il suono della tua voce per tutto il resto della mia fottutissima vita», si tira indietro cercando nei miei occhi qualsiasi risposta di cui ha bisogno. «La verità è che non ho avuto scelta e il senso di colpa mi sta dilaniando», confessa sgonfiandosi come un palloncino colpito dalla punta di uno spillo. «Io non volevo che fossi davvero in pericolo, ma è stato inevitabile e spero di ottenere il tuo perdono».
Nascondo il sorriso, e il groppo che mi si attorciglia in gola provo a ricacciarlo giù, al ricordo delle notti insonni passate i primi giorni di prigionia, a quegli attimi di cui ricorderò ogni singola parola e gesto.
«Perdonami, uccellino. Perdonami per l'inferno che hai dovuto affrontare», afferma con disperazione che va a mescolarsi a una profonda tristezza; forse anche a un pizzico di paura riguardo il nostro futuro.
«Stavo solo cercando di tenere in piedi i pezzi. Proteggere te e tutte le persone coinvolte, lo giuro».
«Dante», soffoco un singhiozzo di fronte al suo sguardo così affranto. Come può pensare di non essere importante? Anche lui ha rischiato, forse più degli altri dato il segreto che ha dovuto tenere per sé.
«Tu mi hai tenuta al sicuro anche quando negavi di avermi avvolta tra le braccia per salvarmi dal dolore. Non lo dimenticherò mai».
«Mi dispiace», ripete come un disco rotto.
Non deve chiedere perdono. Ma se è di questo che ha bisogno la sua anima per acquietarsi, allora lo farò. Perché lo capisco. Perché lo amo al di là di tutto.
«Devi solo affrontare la paura e smettere di pensare che sia stata colpa tua. Eravamo entrambi parte di un piano. Era inevitabile».
«Sarà difficile. Ma di una cosa però sono certo, sono sempre stato tuo, uccellino».
Non mi rendo conto di stare piangendo se non quando mi asciuga le lacrime e mi avvicina al suo petto. Il solido scoglio al quale mi aggrappo.
«Sei quello che il mio cuore ha sempre avuto paura di chiedere per non spezzarsi», dice in un sussurro roco.
Lo bacio e lo faccio con urgenza, con l'impeto di un desiderio che si intensifica a ogni respiro spezzato dall'affanno; con il bisogno disperato di averne ancora e ancora del suo tocco, della sua voce, del suo sapore e del suo odore. Mi stringo a lui più che posso, sentendolo ricambiare il mio gesto con la stessa fame, con lo stesso bisogno e ardore.
Non riesco a mettere a fuoco a causa delle lacrime che appannano il mio campo visivo ma di fronte a me, so di avere tutto.
Ricambio ogni suo movimento, sentendomi desiderosa e al contempo così vulnerabile di fronte al bisogno, al richiamo sempre più forte verso il suo corpo.
Dante ha la capacità di incatenarti, di farti tremare dalla passione. Dal senso di possesso che riesce a trasmettere con una sola delle sue azioni.
Sta cercando di trovare sollievo dal caos che sente dentro e che porta la mia firma incisa sopra. Lo sta facendo con il suo bacio.
«Ho capito così tante cose...»
«Vuoi dirmene almeno una?», mi incoraggia rubandomi ancora un minuscolo bacio a fior di labbra. «Non chiuderti».
«Ho avuto paura, così tanta paura». Un singhiozzo scuote il mio petto e si insinua sotto la sua pelle.
In risposta, stringe la presa baciandomi la testa. «Sono qui, uccellino. È finita. Finalmente è finita», mi rassicura passando la sua mano enorme lungo la mia schiena.
Mi nascondo nell'incavo del suo collo. «Tutto sommato, è andata bene», smorzo la tensione che si sta innalzando in questa camera dove siamo stati portati dopo avere lottato fianco a fianco contro Parsival e averlo fermato una volta e per tutte.
Risalgo piano, strofino il naso sulla punta del suo e le mie labbra sfiorano l'angolo della sua bocca provocandogli una scossa che mi raggiunge simultaneamente.
«Eden», gli sfugge il mio nome seguito da un ansito.
Sorrido a pochi centimetri dalla sua bocca e da quel peccato che ho intenzione di commettere. «Dante», mormoro il suo nome.
Il suo respiro si ferma. Freme restando a distanza di sicurezza dalla mia bocca. Le sue dita al contrario risalgono, raggiungono la mia nuca e affondano tra i capelli con la tipica sicurezza che non lascia scampo ai dubbi.
«Baciami», lo imploro, smaniosa di assaggiare la tenerezza che vedo riflessa nei suoi occhi.
Ma lui non risponde. So perché. Un solo bacio, potrebbe mandarlo in pezzi.
Su quel muro che ha creato per nascondersi ci sono ormai abbastanza crepe da rendere rischioso qualsiasi urto. Ma devo abbatterlo. Devo farlo sentire mio.
«Adesso so che non riuscirò a stare con un altro uomo. Non potrò trovare conforto in altre braccia, perché solo le tue sono capaci di farmi dimenticare il mondo mentre sta crollando. Perché sei in grado di sedare ogni traccia di dolore o rabbia. Mi fai sentire forte anche quando sono sul punto di cadere».
Si impossessa della mia bocca come se stesse dimostrando al mondo che gli appartengo e che gli incubi, il passato, tutto quanto deve stare alla larga o ci penserà lui a scacciare ogni demone, a strappare ogni pagina ingiallita per riscrivere qualcosa che sia solo nostro e che abbia un po' della felicità che ci è stata sottratta.
«Uccellino?»
«Sì?»
«Sai che da adesso in poi non dovrai più preoccuparti di niente?»
Mi allungo quando mi bacia la fronte per trattenere ancora un po' del suo calore sulla mia pelle. «Me lo prometti?»
«Ci sono io», sussurra stringendomi a sé.
Con la sua voce e la promessa di un posto sicuro, metà dei miei timori svaniscono come nebbia spazzata via da una folata di vento. Chiudo gli occhi e assaporo questo attimo come se fosse l'ultimo. Perché lui fa parte della mia vita. È qui. Non andrà da nessuna parte.
Risale lento e furtivo, proprio come un predatore con la sua preda, gioca con la mia gola lasciando lievi baci e morsi, mentre le sue mani si muovono, sfiorano la mia pelle e il sangue si indirizza in più punti sensibili del mio corpo.
Lo sento dappertutto. Dal basso verso l'alto. In ogni angolo in cui la sua bocca si sposta lasciando il segno. Vado a fuoco, e per un breve istante temo di potermi sciogliere.
«Siamo al sicuro adesso?», domando scivolando sotto il suo peso. La sua mano si ferma sul mio fianco. «Avrò tanto lavoro da svolgere per ripulire tutto il marcio, ma lo siamo. È davvero finita».
Mettendosi comodo mi accoglie tra le sue braccia. Il tutto dopo avermi regalato uno di quei baci che ti assemblano dall'interno.
«Posso farti compagnia?»
Comprende in fretta il significato della mia domanda. «Devi», non esita nel rispondere.
Siamo incastrati. Siamo una cosa sola, l'una tra le braccia dell'altro. C'è appartenenza. C'è possesso. C'è così tanto amore.
Con quel suo sguardo fisso riesce a togliermi sempre il fiato. Dovrei essere abituata, eppure succede lo stesso. Specie quando mi si avvicina cercando un contatto fisico, seppur delicato.
Nel momento in cui stringe la mia mano portandola al petto, non sento un solo brivido ad attraversarmi, bensì una corrente elettrica devastante.
Siamo qui, io e lui.
Sorrido. «Non cambiare mai, Dante Blackwell».
«Amami sempre così, Eden Rose».
* * *
DANTE
«Si è addormentata?»
Con un cenno della testa saluto e annuisco a Terrence, il quale è appena entrato in camera in punta di piedi per non svegliare la donna che dorme profondamente tra le mie braccia. Tiene un cambio di vestiti per entrambi dentro un borsone.
Osservandolo attentamente mi accorgo che ha ancora qualche livido sulla faccia. Il primo istinto sarebbe quello di rimproverarlo, di nuovo. Ma rimango zitto, orgoglioso di lui.
È entrato in azione nonostante il mio ordine fosse quello di registrare tutto e mantenere al sicuro gli altri mentre io e Eden ci occupavamo di Parsival.
Ma quando hanno sentito gli spari e forse intuito quello che avrebbero fatto prima alla donna che amo e poi a me, lui, Nigel, Andrea e Faron, non sono riusciti a starsene nascosti dietro le quinte. Hanno preso parte all'arresto, partecipando alla rissa che è sfociata dopo avere sparato a Parsival; ferendolo in modo tale da costringerlo ad arrendersi.
Quando l'ultimo uomo è stato portato via dalla fabbrica abbandonata usata da Parsival per i suoi sotterfugi, Seamus e i Rose sono stati liberati e scortati in ospedale. Di seguito hanno collaborato liberamente con la mia squadra.
Purtroppo la notizia è trapelata e la stampa ha riesumato il vecchio caso irrisolto della signora Rose alzando un polverone.
Per fortuna, preparati a ogni evenienza, i miei uomini hanno protetto me e Eden portandoci in un ospedale della base dove ci troviamo ormai da qualche giorno; pronti a guarire e ad andare avanti.
Ho ritenuto che fosse necessario non ricevere visite e questo ha fatto sì che riposassimo entrambi e ci preparassimo a un nuovo scontro con la famiglia. Anche se al pensiero un forte senso di minaccia e claustrofobia mi si innalza dentro.
«Ha vegliato ancora su di me».
«Puoi biasimarla per questo? Cazzo, hai elaborato un piano degno di uno psicopatico», accenna un sorrisino dei suoi, lasciando il borsone su una delle poltrone verde pavone. «Sei quasi morto per il lavoro e per lei».
La guardiamo entrambi. «Rifarei tutto».
Mi raggiunge posando una mano sulla mia spalla. «Lo so», dice. «In fondo anch'io rifarei tutto pur di vederti tanto felice e meno stronzo».
Nonostante lui stia scherzando, so che c'è un fondo di verità in quello che ha appena affermato.
«Se dico che mi terrorizza, sembro un imbecille?»
Per poco non scoppia a ridere, incredulo. «Sei innamorato e te lo meriti, Di. Meriti di avere accanto la donna che ha rischiato la vita insieme a te e ti ha appoggiato anche quando non avrebbe dovuto farlo. Meriti di avere qualcuno al tuo fianco. Ed è lei».
Sfioro la guancia a Eden. «Già. Non ringrazierò mai abbastanza il destino per questo».
Terrence fissa Eden con affetto. «Non vedo l'ora di vedere come riuscirà a sottometterti. Perché lo farà».
Lo spingo. «Non darle corda. Ed è mia, ricordalo», lo minaccio, lasciando uscire il mio lato possessivo.
Si imbroncia. «Potrei dire di averla vista prima io ma... so che è al sicuro con te. E tanto per essere chiari, se la fai soffrire, preparati, perché farò in modo che la tua vita sia un inferno», fa schioccare le nocche.
Non avevo capito quanto Eden e Terrence fossero vicini fino a questo istante. Lui nutre un profondo affetto per lei e so che le ricorda tanto sua sorella; ma è anche la ragazza che al di là della situazione, lo ha aiutato e capito e fatto sentire di nuovo una persona. Non si è limitata solo a questo, lei è stata in grado di salvarci tutti.
«Perché siete così chiassosi?»
Ridiamo mentre Eden si riscuote con uno sbadiglio degno di un cucciolo di leone. Trovando Terrence dentro la stanza, si solleva e aprendo le braccia si lascia avvolgere dal mio amico, ignorando di essere in vestaglia di seta.
«Stai bene?»
Dovrebbe irritarmi, ingelosirmi, ma so che lei è fatta così.
«Stiamo tutti bene. Vi ho portato dei vestiti. È ora di tornare a casa».
Lei scioglie svelta l'abbraccio. Sbatte le ciglia incurvate e mi guarda quasi con timidezza e paura. C'è talmente tanta di quella apprensione nei suoi occhioni ancora assonnati da farmi annodare lo stomaco.
«A casa... insieme, vero?»
Se crede che la lascerò andare, si sbaglia di grosso. Affronterò suo padre e i suoi fratelli quando sarà il momento e niente mi impedirà di stare insieme a lei.
«Staremo per un po' nell'attico, se non ti dispiace. Potrai arredarlo come vuoi per renderlo più accogliente. Non ho avuto il tempo di prestare attenzione ai lavori alla villa».
Le affiora subito un sorriso. È come se avesse trattenuto fin troppo il respiro perché lo libera e tendendomi la mano quando gliela stringo, mi tira a sé. L'abbraccio, le bacio la fronte e le sussurro all'orecchio che ho scritto anch'io una lista delle cose da fare insieme. Eden arrossisce e dandomi un colpetto si alza dal letto spostandosi in bagno per cambiarsi. In questo modo rimango solo con il mio amico.
«Sei pronto», mi rassicura, intuendo il flusso dei miei pensieri e dopo avere assistito allo scambio.
Porto la mano dentro la tasca dei pantaloni che mi ha portato. Le dita sfiorano il bordo della scatolina di velluto. Sorrido. «Sì, sono pronto a un nuovo inizio».
Incrocia il mio sguardo e con un sorrisetto si appresta a lasciare la stanza. Prima di uscire però afferma: «Lo troveremo».
Con questa silenziosa promessa, Terrence mi sta dando il suo appoggio, mettendo a disposizione le sue abilità per riuscire a rintracciare mio fratello Nolan.
Non abbiamo che poche informazioni e un nome, nessun dettaglio sul posto o sul numero di uomini con cui lotteremo. Parsival è stato abile a manipolarci un'ultima volta prima di lasciarsi rinchiudere dentro una cella d'isolamento.
Eden esce dal bagno e vedendomi impalato al centro della stanza, mi si avvicina. «Qualcosa non va?», c'è esitazione nel suo tono e un po' di preoccupazione.
«Voglio scrollarmi di dosso questa puzza di ospedale».
Mi indica il bagno. «Allora dovresti cambiarti».
Il mio sguardo fa su e giù lungo il suo corpo. Non si è ancora vestita. Questo mi suggerisce che è stata così accorta da lasciarmi parlare con il mio amico. Come faccio a non amarla?
Sposto il peso da un piede all'altro e senza pensare troppo mi avvicino a lei facendola indietreggiare.
Sto guardando la sua bocca come si guarda un frutto succoso e dolce, pregustando già il gusto del bacio che sono certo non mi rifiuterà.
Lei se ne accorge e prima che questo possa metterla in imbarazzo riporto lo sguardo nei suoi occhi grandi. Ma non mi sfugge quel sorriso nascosto.
Chiudo la porta del bagno con un calcio e con movimenti abili la spoglio mentre le sue mani mi aiutano a fare lo stesso.
«Sei nei guai», la stuzzico.
«Davvero?», si sporge e il suo petto si attacca al mio trasmettendomi una valanga di sensazioni e brividi.
Facendo attenzione a non provocarle alcun dolore e stringendo un po' i denti, la sollevo per la vita fino a caricarmela in spalla ed entro nella doccia tra le risate.
Quello che vivo con lei, so che è permanente. Perché lei è la persona giusta, quella con cui condividere l'inferno senza inorridire delle fiamme, di tutti quei demoni che mi trascino dietro e con cui faccio i conti da tutta la vita.
Fuori dalla doccia, recupero le nostre cose e ci dirigiamo al pian terreno per tornare all'attico.
I miei uomini ci attendono e in silenzio ci facilitano qualsiasi compito.
«Devi essere proprio bravo nel tuo lavoro se eseguono senza emettere una sola protesta», dice con un certo divertimento Eden, mentre viaggiamo sul retro di un SUV guidato da Terrence.
«Se non avessi alcun rispetto per sua madre direi che è un gran figlio di puttana. Ma adoro Adeline e non lo offenderei mai in quel modo per descriverti quanto lui sia abile», commenta il mio amico. «E un po' autoritario però è il migliore».
Eden mi lascia tenere la sua mano in grembo. Un gesto che sembra allentare la tensione che le ho scorto in quei suoi occhi color tempesta poco prima di uscire dalla struttura.
Conosco i suoi timori. Ma da adesso in poi sarà sempre padrona di ogni decisione che prenderà. Sarà lei a decidere dove vorrà vivere e con chi.
Eppure pur non ammettendolo apertamente per non risultare davvero uno stronzo, sono felice che abbia scelto me e per un momento, mi sento davvero un bastardo fortunato.
Con il pollice accarezzo il dorso della sua mano, mi sporgo verso il suo orecchio e le sfioro il lobo. «Non farti illudere, uccellino. Sono indisciplinati e l'unico modo per farli lavorare è rimetterli in riga usando le loro debolezze».
Coglie al volo il senso e sorride a Terrence attraverso lo specchietto retrovisore. «Manipolatore nato», mimano a vicenda.
* * *
Raggiunto il palazzo e infine l'attico silenzioso e in ordine, finalmente soli, abbasso le spalle e vedendola imbambolata davanti all'enorme vetrata alta dal pavimento al soffitto, impegnata ad ammirare il paesaggio mozzafiato e un cielo sconfinato e tempestato di stelle luminose, l'abbraccio da dietro. Le bacio una guancia e lei stringe la mano sul mio braccio ad avvolgerle il petto.
«È bello stare qui con te».
Morde il labbro e si volta appena. «Posso vivere ovunque se ci sei tu».
Chiudo gli occhi. Assaporo il momento, ogni singolo battito, ogni sensazione. Non sono più tagliato a metà, incompleto o smarrito. Ho trovato il mio incastro, la mia strada. Sono tornato a casa.
Vedendomi imbambolato, le sue mani arrivano al mio viso con il loro gelido tocco che sento provocare ai miei nervi scintile di piacere, mi avvolgono le guance e allo stesso tempo mi accendono il corpo in quel suo modo tenero di dirmi che si sta aggrappando alla mia vita come se fossi il suo salvagente. Ho tutta l'intenzione di prendermi cura di lei, le sussurro avvolgendola tra le mie braccia, affondando il viso sulla curva tra il collo e la spalla. Dapprima inalo il suo odore tenue, ai fiori, con quella nota di rosa in risalto, poi imprimo sulla sua pelle un bacio, la mia impronta, il sigillo della mia promessa; quella che saremo io e lei, insieme, sempre.
Si scosta appena e i suoi occhi lasciano i miei per poter fissare la mia bocca.
Stringo la presa sulla sua schiena, avvicinandola quel tanto che basta a farle sentire quanto io sia presente e pronto a dimostrarle quello che provo da quando l'ho rivista e l'ho voluta al mio fianco. Da quando l'ho scelta. Da quando le nostre vite o quei pezzi disincastrati, sono riusciti a trovare il loro posto perfetto, a unirsi senza sforzo, pur lasciando a noi la decisione di sentirci un'unica anima.
Rimango in trepidante attesa di un suo gesto. Solitamente farei la prima mossa, la spingerei a reagire, ma la sua timida sicurezza genera in me una serie di emozioni e mi offre risposte alle tante domande e paranoie che continuo a farmi da quando ho capito di provare amore. Di sentire per lei quello che non ho mai sentito per nessuno.
«Uccellino», la incentivo appena perché sto fremendo e non voglio correre. Voglio solo che sia lei a darmi quello che può.
Eden agisce senza esitazione. Preme le labbra sulle mie. Sono morbide, come una nuvola soffice di zucchero filato che mi viene istintivo mordere e leccare.
Subito, le sue labbra mi implorano di continuare, di essere prese ancora con la stessa ferocia, con la stessa avida fame. La sua bocca aderisce alla mia, segue ogni movimento viziandomi, torturandomi, donandomi un piacere che spero di provare per il resto dei miei giorni. «Dio, mi fai impazzire», schiocco ancora un bacio prima di riportare entrambi con i piedi per terra.
Eden sbatte le palpebre, come se si fosse risvegliata da un bellissimo sogno, prende un lungo respiro per ricomporsi. Ha le guance rosse e le labbra gonfie. Non potrei essere più soddisfatto di così nel vederla eccitata.
«Adesso, che facciamo?»
La fragilità con cui ha appena parlato, mi spinge ancora di più a stringerla tra le mie braccia. Notando il modo in cui ha abbassato la testa, posandole le dita sotto il mento, gliela sollevo.
«Pensi che potresti essere felice con una spia che ti ha rapito e fatto passare l'inferno?», chiedo e quasi trattengo il fiato.
Sorride dissipando ogni mio timore iniziale. Abbassa le spalle e stringe le dita intorno ai miei polsi. «Solo se potrai essere felice con una ragazza che ha ancora tanto da imparare dalla vita e una collezione discutibile di ciabatte da indossare».
«Penso di poterci riuscire. Amo le sfide e ancora di più amo te. Spero davvero che funzioni tra di noi».
«Sarò sincera, tu mi fai impazzire, Dante. Ma non rinuncerò a te. Perché sei esattamente quello che non mi aspettavo di trovare. Vedi, sei pieno di pezzi affilati, pronti a graffiare al minimo movimento, ma quando togli quel mantello, tu sei esattamente l'uomo dei miei sogni. Il mio eroe. Sotto quella spessa corazza fatta di furia e crudeltà, nascondi un amore che pochi riuscirebbero a provare. Io l'ho trovato e non ho intenzione di rinunciarci».
«Bene, perché non ho intenzione di lasciarti andare», sciogliendo la presa, mi allontano un momento dalla stanza per raggiungere la camera da letto. Frugo dentro il borsone e ritornando di fronte a Eden, rimasta turbata, le porgo il suo diario.
Esita appena poi le sue dita lo afferrano. «Hai letto il mio diario?», non appare arrabbiata. C'è solo l'ombra del sospetto nei suoi occhi grandi e fissi su di me e un po' di rimprovero.
«Hai saltato una pagina», picchietto l'indice sulla copertina morbida, pelosa e rosa. È proprio da lei possedere un diario del genere.
Adesso sembra confusa. «Davvero?»
«Sì», non aggiungo nient'altro e lei si agita lievemente. Quando prova ad aprire il diario, la fermo tenendo le mani sulle sue. «Prima che parta il tuo controllo, ho una cosa da dirti».
Le tocco la fronte per impedirle di aggrottarla. «Devo preoccuparmi?»
Nego scrollando il capo. «Sappi che... anche se questo mondo è fatto di caos, dolore, cielo, nuvole e temporali, non smetterò mai di amarti», le bacio la fronte. «Ti amo. Ti aspetto in camera».
«Dante?»
Mi volto. «Sì, uccellino?»
Sorride. «C'è una nuova tela da riempire».
Il cuore batte frenetico e ficco le mani nelle tasche dirigendomi verso la stanza. «Non vedo l'ora di riempirla insieme a te di luce, ombre e colori. Tanti colori», facendole l'occhiolino, la lascio sola. Mi fermo però dietro la porta ad osservarla.
Si siede sul divano raccogliendo i piedi sotto il sedere. «Che strano, non ho notato niente prima», rimugina, aprendo il suo diario. Scorre le pagine fino a raggiungere quella contrassegnata da una pennellata. Tira prima fuori il foglio ripiegato osservando con la mano alla bocca il ritratto che le avevo fatto quel giorno quando ce ne stavamo seduti sul divano. L'ho intitolato "Amore è lei." Potrà sembrare banale o smielato, ma quel momento per me è stato cruciale. È stato tutto. La mia promessa, il mio impegno, il mio sogno.
Con le lacrime agli occhi, Eden legge la lettera che le ho scritto quando era in coma e stavo impazzendo e pregando che tornasse da me.
"Cara Eden,
Mi perdonerai se ho rubato una pagina del tuo diario per scrivere queste parole che da tempo se ne stanno in un angolo a germogliare. (Non alzare i tuoi bellissimi occhi al cielo per l'invadenza, è importante quello che sto per farti leggere e in parte è l'unico modo che conosco per non permetterti di interrompermi. Già, lo fai, oltretutto senza sforzo. Mi distrai, mi indebolisci. E al momento ho solo bisogno di essere forte e abbastanza coraggioso da dirti cosa provo).
Come già sai, i miei errori hanno fatto di me un uomo spregevole. Continuerò a chiedere scusa fino a quando non sentirò più addosso il peso di ogni singola scelta presa per sopravvivere.
Pian piano il senso di colpa si affievolirà. Me lo hai detto anche tu, svariate volte. E io voglio crederci. Voglio credere che anche a un diavolo come me spetta un po' di redenzione.
Ciò che non sai è che sono stato io a volerti. Quando Seamus ha stipulato il patto tra le nostre famiglie, ero lì ad origliare e ho fatto in modo che scegliesse me. Non per compiacerlo, solo per stare con te. Perché quando ti ho vista, ho sentito forte quel legame che ci unisce. Non lo spieghi in modo semplice e non puoi nemmeno ignorarlo l'amore che ti arriva e ti apre dapprima uno squarcio nel cuore poi ti si ricuce all'interno senza più uscire.
È passato un po' dall'ultima volta in cui mi sono fermato a osservare il modo in cui la mia anima era incompleta. Perché la verità è che la vita scorre e a volte neanche te ne accorgi dei giorni passati nella più totale solitudine se non quando ti fermi e noti il modo in cui il dolore ti ha trasformato. Noti nuove cicatrici, segni permanenti sulle ossa. Pensi alle botte prese, alle delusioni incassate.
Perché la vita è un percorso fatto di cadute, di ginocchia sbucciate, di salti in avanti e passi indietro. La vita è fatta di direzioni, di mete e destinazioni. La vita è fatta di cicatrici. Alcune frastagliate, profonde, altre appena visibili. Alcune sai come te le sei procurate e cerchi di non rievocarne il ricordo, per non fare riaffiorare ancora un certo dolore. Altre te le ritrovi sulla pelle, così a fondo nel cuore che neanche il tempo è in grado di farle sbiadire.
Quando però ti ho trovata, ho detto a me stesso basta. Non volevo più vivere con il senso di incompletezza, con quel vuoto dentro, con quella mancanza simile a un arto fantasma. Non volevo rinunciare o negare a me stesso un posto nel tuo cuore. Volevo essere amato anch'io.
Mi sono avvicinato a te e l'ho fatto nel modo sbagliato, lo ammetto. Anche se nei momenti di lucidità, mi sei sembrata solo un sogno, uno di quelli che non vorresti mai interrompere perché la realtà è un orrore senza fine, e quell'attimo di pace è solo un minuscolo strappo alla tristezza.
C'è sempre stato troppo spazio nel mio cuore. Prima non lo notavo perché non avevo mai conosciuto davvero l'amore, ma da quando sei entrata nella mia vita con i tuoi colori accesi, con le tue incredibili sfumature, ho capito di non essere poi così tanto rovinato. Di avere ancora la possibilità, seppur minima, di provare qualcosa oltre la rabbia, il risentimento e quel senso di oppressione tenuto a stento a bada.
Da egoista, ho permesso alla mia avida anima di avere di più, di vivere quel qualcosa che non pensavo di potere meritare. Sei diventata padrona del mio cuore quando hai sollevato quegli occhi e li hai puntati dritti nei miei. Non ero preoccupato che potessi non volermi, avevo solo il timore di doverlo tenere dentro come un segreto per tutta la vita. Ma niente poteva cambiare la realtà. Che sono innamorato di te, Eden Rose. Lo sono così tanto da correre il rischio di restare senza più un battito a disposizione, senza un solo respiro. Ed è fottutamente bello potertelo finalmente dire senza più nasconderlo, senza negarlo.
Ed è così unico che non importa quanto crudele io sia stato in quei momenti. Sono arrivato, ti ho rapita, e anche quando non credevo di meritarlo, mi hai amato.
Mi hai fatto sentire come prima di un salto. Ho provato paura ed euforia insieme. Spero di provare ancora questa e tante altre sensazioni. Perché ti ho odiato e amato con lo stesso impeto con cui si ama ciò che non ti annienta.
Sei come l'impronta delle dita sulla pelle dopo un abbraccio. Il calore di un amore che resta come incisione profonda e indelebile sottopelle. Nelle ossa. Sul mio cuore.
Ti amo.
Tuo, sempre,
Dante."
♥️
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro