Capitolo 28
EDEN
È così difficile. Non dovrebbe esserlo, dato che per gran parte della mia vita ho avuto guardie del corpo, uomini pronti a beccarsi un proiettile per me o a portarmi un tesoro dal valore inestimabile di un posto arcaico se glielo avessi chiesto. Non ho mai fatto caso a loro, proprio perché era normale essere seguita ovunque. Mentre quegli uomini riuscivano a mimetizzarsi, lui... lui non puoi ignorarlo. Le sue iridi sono come graffi sulla mia pelle, scorrono in posti profondi, scavano e scavano, mi rendono inquieta.
Dante abbassa il viso per qualche istante, inspira ed espira sempre più in fretta; in guerra tra la voglia di avvicinarsi e quella di creare una significativa distanza. Alla fine, prevale quest'ultima.
«Gira i tacchi e vattene, adesso», sibila un ammonimento, stringendo i pugni in vita. «Non farmi ripetere», freme.
Senza sapere la ragione effettiva, voglio provocarlo. Anzi no, voglio umiliarlo come lui sta facendo con me continuando ad avvicinarmi, a farmi impazzire dal desiderio per poi respingermi e farmi sentire inadatta, poco apprezzata. E voglio ignorare tutti quei brividi deliziosi che continuano a scivolarmi lungo la schiena. Perché sono sbagliati. Perché non posso provare niente di diverso dall'odio per lui.
Sollevo il mento, sfoderando un ampio sorriso. Lui inarca un sopracciglio preparandosi al contraccolpo. Il mio cuore volteggia come un uccellino. «Sai, prima ti sbagliavi. Sei tu quello che mi sta rovinando la vita».
Gli occhi tremano, bruciano. Lacrime affiorano e come pezzi d'anima strappata, rischiano di precipitare lungo le mie guance.
Nell'ultimo periodo ho riscoperto quel lato fragile di me. Non me ne vergogno, ma è così strano percepire e sentirsi sul punto di spezzarsi. È così deleterio da mandarmi ulteriormente al tappeto, perché sono costretta a nasconderlo.
Esco fuori, in giardino, dove la pioggia al momento si sta abbattendo ovunque.
Dante mi segue, affatto preoccupato di potersi inzuppare. Il suo obiettivo è un altro e niente lo fermerà.
«Perché lo stai facendo?», la domanda mi esce spontanea, in un sussurro; evito di guardarlo direttamente per non farmi condizionare o chiedere scusa.
«Sono un'anima macchiata, lacerata e sul punto di spegnersi per sempre. Io non sono capace di amare», soffia le parole mentre la pioggia picchia sempre più forte su di noi, incapaci di muoverci anche solo di un passo perché il tempo potrebbe scorrere e noi potremmo perderci in un battito di ciglia.
Lacrime scivolano sul mio viso unendosi alle gocce fredde. Si nascondono ma, a quanto pare, non abbastanza.
«Mi dispiace», aggiunge, indolente.
La delusione brucia più del freddo che mi si appiccica addosso insieme ai vestiti, ormai zuppi e appesantiti; proprio come questo cuore che si rifiuta di non battere ancora al ritmo frenetico di un sentimento che non ha pace.
Brucia sulla pelle. Brucia nel mio cuore come sostanza tossica, la consapevolezza che non sarà mai abbastanza ciò che sento. Non per lui.
Stringo i pugni in vita. «Non sono disposta a farlo. Io non posso lasciarti andare. Non ci riesco!», il tono mi esce stridulo, mentre lui, accorgendosi che sto tremando, si avvicina provando ad avvolgermi nel suo abbraccio.
«Devi farlo».
Immersa in quel veleno, scuoto la testa, mi dimeno e infine, riesco a divincolarmi.
«Uccellino, guardami».
Ha una voce troppo seducente per ignorarla. Eppure, a causa del mio istinto ribelle, come sempre, gli dichiaro guerra e invece di obbedire al suo comando silenzioso, abbasso gli occhi, trovo qualsiasi distrazione pur di non restare vittima di quell'intensità rovente emanata dal suo sguardo.
«Uccellino», ripete perentorio.
«Ci sento ancora bene. Ho capito».
«No, non credo tu abbia capito».
Finalmente trovo il coraggio e li affronto quei suoi occhi profondi e intricati come le foglie di una foresta incontaminata. «Invece sì. Devo solo adattarmi all'idea».
Solleva il sopracciglio sul quale ha quel sensuale taglio netto. «Quale?»
«Che non mi vuoi», pronuncio talmente piano, con voce spezzata, da non riconoscermi.
«Io... non sono quello giusto per te».
«Ottima spiegazione, davvero», scuoto la testa sentendomi umiliata. «Ho capito. Inoltre è proprio una perdita di tempo. Non so nemmeno perché continuo a sbatterci il muso neanche fossi una dannata falena accecata dalla fiamma. Io vedo bene quel fuoco. So quanto sia pericoloso, dannazione», stringo i pugni in vita. Il petto mi si stringe a ogni respiro e le guance mi prendono fuoco quando mi rendo conto di avere pronunciato il discorso ad alta voce.
«Ma?»
«Non posso fare a meno di scottarmi».
Il silenzio che intercorre non è imbarazzante, solo carico di tensione.
Dante non mostra soddisfazione alcuna. «Eden», mormora invece il mio nome con esasperazione. In seguito impreca. Passa la mano coperta dai tatuaggi tra i capelli, lasciando ricadere quel ciuffo scuro sulla fronte. Preleva lo Zippo dalla tasca e prende ad accenderlo e spegnerlo in un gesto nervoso. «Mi dici come cazzo devo fare con te?»
Deglutisco a fatica. «Ho capito, me ne vado», giro sui tacchi, senza aspettative. Poi però mi fermo un momento, ho bisogno che sappia come mi sento. Allora glielo confesso una volta e per tutte quello che provo per lui, anche se fa paura.
«Sei come un graffio che non brucia, che non fa male. L'incisione profonda ed eterna di un amore incontrollabile, imprevedibile, indelebile. Ma non posso illudere ancora il mio cuore. Amare a senso unico è deleterio».
Ha saputo cosa attaccare e dilaniare, su quale punto doloroso premere a lungo. Ha reciso, inciso, richiuso e poi riaperto ogni singola ferita inferta. Si è insinuato, ha trovato il suo posto ed egoista, non l'ha più lasciato.
Non è più possibile disfarmi di lui.
È vero, certe persone ti si incidono nel cuore. Non ti lasciano neanche quanto fai di tutto per cancellarne ogni ricordo, per sbarazzarti di ogni sensazione.
Che cosa assurda, brutale e letale l'amore.
Dante mi afferra il polso costringendomi a voltarmi. «Dove vai?»
«Ovunque e non con te!»
I suoi occhi penetranti creano un buco nero nel mio cuore, nel quale rischio di precipitare.
«Che cosa vuoi ancora da me? Sei stato chiaro. Adesso lasciami!», urlo spezzandomi.
Un brivido mi frusta la pelle quando esitante, mette via lo Zippo e si avvicina tirandomi al contempo a sé con una certa forza. Le sue labbra sfiorano le mie, offrendomi il gusto amaro di un bacio non dato.
«Se ci fossimo incontrati in un'altra circostanza, la mia bocca sarebbe già sulla tua per regalarti uno di quei fottuti baci da film che ami tanto. Ma i bastardi non baciano mai così».
Ogni volta in cui penso di essere mentalmente preparata a reggere il peso consistente di ogni sua parola, di ogni suo sguardo, di ogni sua espressione, mi ritrovo ancora una volta al punto di partenza. Sepolta dalla sensazione di essere tenuta in gabbia, di poter essere domata dal bastardo che rende instabile il mio corpo, che fa tremare il mio cuore.
«No, non lo fanno. Proprio come i codardi», replico mettendo un piede dietro l'altro per rientrare e togliermi di dosso ogni sensazione appena provata.
«Vieni qui».
Ce l'ha scritto in faccia la parola pericolo. Accompagnata dal pulsare frenetico del mio cuore, faccio ancora un passo indietro. Non una mossa intelligente, solo un tentativo inutile di tenerlo a debita distanza.
La sua risata provocatoriamente sensuale e perfida, mi rimbomba dentro, facendomi agitare. «Dove stai andando, uccellino?»
È incredibile come sia in grado di anticipare ogni mia mossa. Strizzo le palpebre, e prima che possa anche solo reagire, sono in trappola. Dannazione.
Sento alle mie spalle la parete, mentre davanti a me si trova l'uomo deciso a braccarmi. Bagnato dalla testa ai piedi e con la sicurezza temprata in ogni spigolo di sé. Il problema? Una parte di me non può più resistere.
«Non provi niente, eh? Nessuna forma di attrazione, nessuna scintilla».
Mi ritrovo a sbattere le palpebre un paio di volte e a ricacciare quel maledetto nodo che mi si è incastrato in gola. Sollevo la testa e i miei occhi vengono rapiti dai suoi, che non hanno la solita scintilla fredda. «No, niente di niente», mento.
Annuisce pensoso, facendo un passo verso di me.
Vorrei tanto arretrare, ma non posso.
Il suo profumo... è così buono, cosi dolce.
Lui mi fa sentire come se stessi giocando una partita con il diavolo in persona.
«Sono contento che non provi niente. Mi rincuora sapere che il bacio non ha avuto significato», ghigna perfido. «In fondo non è neanche stato un granché», inarca un sopracciglio e attende.
Lurido...
Contraggo le labbra, facendo una smorfia. «Non sei bravo a baciare, decisamente».
Avvolge le braccia intorno alla mia schiena, emettendo una bassa roca risata. «Davvero?»
Incapace di emettere anche solo un suono, annuisco. Ho le guance in fiamme e le gambe sul punto di abbandonarmi.
Dante abbassa gli occhi sulla mia bocca, poi mi bacia intensamente per un lunghissimo istante. «Bugiarda», mima prima di staccarsi e lasciarmi senza fiato, a guardarlo mentre si allontana. «Preparati, uccellino. Tra poco andiamo in missione».
Scosto una ciocca dal mio viso e abbasso le spalle. Fisso la finestra scorrevole lasciata aperta e come un automa mi sposto in camera. Durante il tragitto, gocciolo sul pavimento, ma non me ne curo. Raggiunto il bagno, sono pronta a fare una doccia calda e calmarmi.
Non so dove andremo. Non ho neanche avuto il tempo di chiedergli di potere parlare con Jo perché mi ha distratta.
Questa storia non mi piace per niente. Dapprima mi sono rifiutata di pensare che lei potesse avere a che fare con Darrell. Ma più i giorni passano, più riesco a mettere insieme i pezzi, a incastrare una verità scomoda.
La porta scorrevole del bagno si apre con uno scatto. Atterrita, emetto uno squittio e oso voltarmi, coprendomi con le mani. «Dante, che cosa pensi di fa...»
Una spinta, appena accennata. Mi ritrovo con lui dentro la doccia, incagliata all'angolo dal suo corpo statuario.
Con un passo indietro toglie i pantaloni e i boxer insieme, buttandoli fuori dalla doccia. Posiziona il soffione sulle nostre teste e gira la manopola, azionando il getto dell'acqua. Vengo colpita da uno spruzzo freddo e non ho lo spazio per scansarmi, tantomeno il coraggio per emettere un solo fiato e lamentarmi.
Dante non accenna alcun sorriso. Rimane impassibile. Poi, come una fiera, posiziona i palmi ai lati delle mie braccia.
Sono un filo scoperto sul punto di andare in cortocircuito. Mi ci vuole uno sforzo immane per non guardare i tatuaggi, quel piercing al capezzolo e non abbassare ulteriormente lo sguardo verso la sua erezione.
Di fronte un'attrazione così pura, la pelle formicola, il cuore batte forte e la mente diventa un posto caotico, incontrollabile.
Devo ricompormi, e in fretta. Dico a me stessa.
«Ti stai godendo la vista, vero?», sibilo a denti stretti.
«Bisogna pur guardare quando non hai la possibilità di toccare con mano ciò che desideri ma non puoi avere».
Avvampo e lui piega le labbra in un ghigno.
Maledetto.
Abbassa il viso all'altezza del mio, spostandosi verso l'orecchio per sussurrare: «Mi piacerebbe lasciare la mia impronta dappertutto su questa pelle delicata. Hai intenzione di smettere di scappare o vuoi provare ancora un assaggio dei miei denti?»
«Smettila. Non è divertente».
Inspira lentamente ed io seguo il movimento del suo petto facendo lo stesso. «Volevi parlare? Bene, parliamo».
Inizio a sentirmi braccata e l'aria viene meno a ogni singolo battito che mi ruba con i suoi occhi profondi. «Non qui! Non mentre siamo nudi».
Ci provo a spingerlo per potere uscire, ma è come abbattere un muro di cemento armato con un chiodo.
«Qui va benissimo», china la testa lasciando che il getto abbassi la sua chioma ribelle, per poi spostarla indietro con un gesto svelto della mano. «Avevi qualcosa da dire e non sarà di certo un po' di pelle esposta a fermarti».
«Mi hai spezzato il cuore, l'hai calpestato. Non te ne sei accorto», è quello che la mia bocca dovrebbe pronunciare. «Vorrei tornare indietro e cancellare quello che c'è stato. Ma non esiste un tasto per azzerare tutto», replico invece, consapevole della menzogna appena pronunciata.
«Vuoi che dica che ho sbagliato?», alza il tono, sentendosi accusato.
«Non avrebbe senso adesso e non sarebbe sincero».
Morde il labbro. «Io non so tenermi le persone, uccellino. Io le lascio andare. Non trattengo nessuno e non penso mai per due. Sono egoista, lo sarò sempre».
«No, tu hai solo paura», sbotto con un filo di voce. «Ma sei troppo orgoglioso per ammetterlo».
«Ah sì? Pensi questo?»
Scuoto la testa e riuscendo a superarlo, esco dalla doccia più in fretta che posso. Prima che le lacrime fuoriescano e vada in pezzi un'altra volta.
Mi abbraccio, sentendo il freddo penetrarmi nelle ossa.
«Eden?»
Mi volto e lo affronto. «Io ti odio!», urlo.
L'asciugamano che tento di avvolgermi intorno, precipita a terra, perché prima di afferrarmi il viso con impeto, me lo strappa via dalle mani.
«Hai ragione, ho paura. Quando ti ho vista la prima volta sapevo che mi sarei perduto. Ed è successo», adesso parla contro la mia bocca. Quando le sue dita si artigliano tra i miei capelli sulla nuca, emetto un gemito, mi aggrappo alle sue spalle e alzandomi sulle punte dei piedi, vado in contro al suo bacio.
Dapprima è solo uno sfiorarsi lento, a poco a poco si trasforma in disperazione, in pretesa, in impeto.
Geme sulla mia bocca e facendomi indietreggiare verso le piastrelle, mi solleva per le natiche. La sua dura erezione sbatte contro le mie cosce e la mia mano scivola giù lungo gli addominali mentre lui prende a mordermi la pelle del mento, del collo, della spalla.
«Cosa ne è stato del "dobbiamo parlare?"», ansimo.
«Lo faremo», mi si schiaccia addosso muovendo i fianchi per strofinare il suo membro tra le mie pieghe. Divarico le gambe e grugnisce stringendo i denti. Impreca persino afferrandomi un seno. A occhi chiusi, la fronte premuta contro la mia, mi bacia la punta del naso con tenerezza. «Farai la brava durante la serata?»
«Stai cercando di manipolarmi?», pigolo, percependo le sue dita tra le mie gambe.
«No. Sto solo cercando di tenerti al sicuro», il pollice accarezza il capezzolo e risale verso le mie labbra, mentre con l'altro gioca con il mio sesso. «Non voglio che succeda qualcosa mentre sei con me».
«Non puoi prevedere tutto».
«Posso evitarlo».
Intuendo quanto sia inutile continuare a giocare questo duello, non replico. Schiarisco solo la gola e cambio argomento. «Dovrei prepararmi. Posso almeno sapere dove siamo diretti?»
Non si scompone, non si volta e nemmeno si sposta. Il suo corpo scolpito rimane premuto sul mio per interi secondi. Le sue dita continuano a stuzzicarmi, i miei fianchi ondeggiano lentamente andando in contro ai suoi movimenti. «Indossa qualcosa di elegante. Nigel e Andrea hanno organizzato una festa».
«Pensano di anticipare le nozze», deduco, e lui non lo nega. «Perché aspettare ancora?», solleva appena una spalla, sorvolando sul reale motivo. «Ma lo scopriremo una volta essere arrivati nel luogo che hanno scelto».
«Ci sarà anche Jo?»
Torna di colpo serio. «Non dovrai avvicinarti a lei», afferma minaccioso.
«Di, ho bisogno di parlarle. Non so se Terrence te lo ha detto, voglio aiutarvi. Non creerò nessun problema».
«Parlare con lei sarebbe come rivelare ogni nostra mossa a partire da adesso», spiega con fare pratico, strappando via le mani dal mio corpo sempre più bisognoso, lasciandomi insoddisfatta. «Se Jo sta facendo il doppio gioco come si suppone, non aspetterebbe neanche un secondo per avvisare uno degli uomini di tuo padre o Darrell stesso, prenderti e strapparti dalle mie mani. Ecco perché non sa che ci saremo anche noi stasera».
«Allora lascia che venga fuori. Se è davvero dalla parte dei Rose, sarò io a incastrarla».
Dante mi fissa curioso. Ho attirato la sua attenzione. «Cosa intendi fare?»
«Solo parlarle, all'inizio».
Inarca un sopracciglio. «Potrebbe essere pericoloso».
«Ci sarai tu».
Valuta con attenzione. «Potrebbe avere già un piano. È furba».
Gioco con uno dei suoi tatuaggi. Quando me ne accorgo smetto per replicare: «Ne ho uno anch'io».
«Mi stai chiedendo di fidarmi di te?»
Le mie dita risalgono verso il suo collo. Abbasso il suo viso trattenendolo per la nuca. «Non dobbiamo essere per forza una squadra. Ma se una persona tenta di farmi del male più di una volta, voglio affrontarla».
«Non hai risposto».
«Sì. Voglio che ti fidi di me. Io lo sto facendo con te, persino adesso».
Strofina la punta del naso con il mio. «E se qualcosa va storto?»
Chiudo gli occhi. «Potrai urlarmi "te lo avevo detto" e punirmi».
«Cosa che farò in ogni caso. Nessun passo falso, uccellino», preme la bocca sulla mia fronte e si allontana, lasciandomi addosso solo la voglia di rincorrerlo e chiedergli di più.
* * *
Il posto scelto da Nigel e Andrea per la loro festa è un hotel di lusso nelle vicinanze della costa. Hanno prenotato l'intera struttura, ecco perché non c'è nessuno eccetto gli invitati, il personale e guardie sparse ovunque.
Tra palloncini, rose bianche e rosa profumate, candele accese, i due si sono sposati in anticipo. Una notizia che i presenti hanno preso bene.
I tavoli sono pieni di cibo, ottima musica si diffonde in sala insieme a tante voci e risate che si frappongono.
Dopo avere fatto i miei migliori auguri ai neo sposi, in particolare ad Andrea, la quale mi ha voluta come sua testimone, spiazzandomi, facendomi scoppiare in lacrime e commuovere, cerco Jo.
Non appena sono arrivata, lei si è avvicinata tempestandomi di domande. Il tutto prima che uno degli organizzatori mi trovasse e trascinasse via per portarmi da Andrea; agitata e ansiosa della mia risposta.
Come avrei potuto dirle di no?
Non vedo Faron da nessuna parte, così come non vedo Terrence e Dante. Joleen se ne sta seduta in uno dei tavoli più appartati. Sembra scontenta e sul punto di gettare qualsiasi pensiero insieme a quel calice che tiene distrattamente tra le dita. Non appena mi vede, cambia subito espressione.
«Hai un minuto?», le chiedo impacciata.
Si ricompone sfoderando il suo più bel sorriso. Il mio stomaco, al contrario, si strizza, mosso dall'agitazione.
«Eccoti», mi fa cenno di seguirla fuori.
Al contrario io le indico una delle sale adiacenti. Non c'è nessuno e lì potremo parlare senza essere interrotte.
Chiusa la porta, cammino un po' nervosa da una parte all'altra, cercando un modo per intavolare la conversazione; in modo tale da raggiungere lo scopo per la quale sono qui da sola con lei.
«È folle trovarsi a un matrimonio senza saperlo», comincia sorridendo. «Sono così felice per loro».
Ha portato con sé il bicchiere e beve un sorso di champagne. Forse per darsi coraggio. «Ti ha persino voluta come sua testimone. Insomma, la conosci da quanto?», domanda indicandomi.
Ignoro il tono e la gelosia che trapelano dalle sue parole. «Sì, chi lo avrebbe mai detto», osservo con attenzione ogni suo movimento. Ho una strana sensazione.
«Allora, come sta andando la convivenza con Dante?», muove le dita sulla superficie del bicchiere. «Qualche dettaglio piccante da condividere?», solleva e riabbassa le sopracciglia con fare allusivo. «Lo stronzo non mi ha permesso di vederti. Seamus è furioso perché ha dovuto cambiare i suoi piani».
Ci troviamo in una stanza non molto grande rispetto a quella in cui vi è il ricevimento. Un pianoforte all'angolo, una vetrina piena di dischi autografati posizionata quasi al centro, illuminata da due fari. Quadri moderni appesi su una delle due pareti libere. Un bellissimo ed elegante camino.
La luce in questa stanza è soffusa e romantica. Ampie vetrate offrono uno scorcio degli yacht attraccati, dell'acqua increspata, colpita dalle luci e da una luna piena mozzafiato.
«Non mi hanno detto dov'eri», continua prima che possa aprir bocca. «Ero così in pensiero per te».
«Smettiamola con questa farsa, per favore», sbotto, incapace di reggere ancora un altro minuto.
Colta alla sprovvista dal mio atteggiamento così freddo, spalanca gli occhi.
«So tutto».
Il suo volto, nonostante sia truccato, sbianca. «Non capisco», sbatte le palpebre, aggrottando la fronte.
È una brava attrice, glielo concedo. «So cosa stai facendo, Jo. Non devi più mentire, non con me. Voglio solo capire perché l'hai fatto. Perché hai messo in pericolo la mia vita».
Dapprima continua la farsa, poi però la sua postura cambia e dai suoi occhi scompare ogni traccia di dolcezza. «Come l'hai scoperto?», vaga con gli occhi ovunque, ma non ha possibilità di fuga. Ho calcolato bene le mie mosse e studiato l'ambiente. «Non sei stata poi così attenta come credi».
«Loro... lo sanno?»
Mi stringo nelle spalle, decidendo di rimanere sul vago per non darle la possibilità di scappare, di avvisare quel qualcuno con la quale complotta e ferirci. «Quello che conta in questo momento è quello che so io. Adesso che siamo faccia a faccia, dimmi, perché l'hai fatto?»
Stringe il pugno in vita. «Che figlia di puttana, come se non lo sapessi», sbotta togliendosi la maschera, picchiando il calice sul tavolo basso da caffè.
Adesso è il mio turno di spalancare gli occhi. «Sapere cosa?»
«Tu. Tu sei la ragione di tutto, Eden. Vuoi che ammetta che sono stata io? Sì. E sai che c'è? Lo rifarei ancora e ancora pur di riavere indietro la mia vita! Se potessi ti rapirei altre volte e ti trascinerei per i capelli ai piedi di Darrell».
Sconvolta, mi abbraccio. Indietreggio. Per poco non sbatto contro il tavolo basso e rischio di cadere. Voglio allontanarmi da questo posto, da questa stanza che emana l'odore acre della vendetta, ma non riesco a convincere le mie gambe a collaborare, a mettersi in moto, quindi resto ferma, comincio a tremare dentro, preparandomi a qualsiasi cosa lei stia per dire o fare. Perché non si fermerà fino a quando non mi avrà ridotta in minuscoli pezzi, fino a quando non avrà saziato la sua sete, quell'odio che ha nutrito fino a farlo crescere in un mostro incontrollabile.
«Quindi mi hai venduta a quel pezzo di merda per...»
«Per informazioni. Già. Non è stato difficile. Voleva solo il tuo numero, nient'altro. Certo, ho dovuto faticare e non poco per trovare il modo giusto e non destare troppi sospetti. Cosa che si è rivelata abbastanza complicata».
Indietreggio di un passo. «Hai tradito la fiducia di Faron e Dante, lo sai? Sono la tua famiglia. Come hai potuto?»
Strofina le dita sulla fronte. «No. Non lo sono. Ma risolverò tutto».
«Quindi non t'importa se hai ferito qualcuno? Sei hai ferito me?»
Ride isterica. «Non m'importa niente di te. Mi servi solo per avere quello che voglio».
Il cuore sta per uscirmi dalla gabbia toracica. Inspiro piano ed espiro nel tentativo di non ribollire dalla rabbia che comincia a far formicolare la mia pelle, rendendomi instabile. «Era tutto una menzogna», sussurro.
Si appoggia con un fianco a uno dei divani in tessuto di camoscio verde pino. «Pensavi che ti avrei accolta a braccia aperte e mi sarei affezionata davvero a te?», scuote la testa, disgustata. «Oh, sei sempre così ingenua, Eden Rose. Così tanto in cerca di attenzioni e affetto. Puoi abbindolare chiunque, non la sottoscritta».
Apro e richiudo la bocca. Stringo i pugni in vita, fissando un punto imprecisato in questa stanza che odora di talco. «Che cos'ha Darrell che tu vuoi?»
«Non lo sai?», tamburella le dita sulla spalliera del divano. Di seguito incrocia le braccia al petto. «Ti hanno tenuta lontana dalla verità, a quanto vedo. Se neanche Dante ha avuto la decenza di renderti partecipe, significa che non hai poi così importanza per lui come vuole far credere», affonda un altro colpo dentro di me. Questa volta sfoderando un sorrisino. «Mi domando dove sia disposto a spingersi pur di ottenere quello che vuole. Insomma, è venuto a letto con te. Cos'altro potrebbe fare per tenerti buona e pronta al suo scopo?»
Sta distorcendo tutto per distrarmi.
«Illuminami, allora», la incalzo.
«Tuo padre», inizia. «Ha rivendicato la morte di tua madre non molto tempo dopo la disgrazia».
«Che cosa ha fatto?», la mia mente prova a non ritornare a quel giorno.
Per quanto ci provi, il dolore mi afferra e mi trascina verso quel vortice oscuro, pieno di ricordi. Al giorno in cui il mio incubo peggiore si è manifestato strappandomi via la felicità.
Joleen si lecca le labbra rimpolpate dal gloss, portando i capelli mossi dietro la schiena. «Ha teso una trappola ai Blackwell chiedendo un incontro e alla fine ha preso il fratello di Dante facendolo sparire», schiocca le dita. «Nel frattempo ha fatto saltare una bomba dietro l'altra in uno dei nostri ritrovi e non solo», racconta con occhi pieni di rabbia. «Ha portato via tutto. Ha strappato ogni nostro legame come qualcuno aveva fatto con lui e tua madre», digrigna i denti. «Mi domando ancora perché abbia scelto proprio il figlio e non Seamus. Ma non trovo mai una risposta. So solo che tuo padre è un mostro!»
Corrugo la fronte. «In tutto ciò tu cosa c'entri?»
I suoi occhi fiammeggiano. Digrigna i denti. «Ha attaccato la mia famiglia».
«Che altro?», non me la bevo. Manca una tessera.
Avvampa. «Io... io amavo, uno di loro», si agita non appena lascia uscire la verità.
Indietreggio di un passo quando mi rendo conto di quanto sia vicina e pronta ad attaccarmi.
«Non ami Faron?»
Scuote la testa con decisione. «L'ho solo usato e mi sono anche divertita, non fraintendermi. Ma non è lui che voglio, che amo».
All'inizio non colgo il senso delle sue risposte, poi spalanco gli occhi. «Il fratello di Dante», soffio fuori.
Joleen si irrigidisce, come se le avessi appena riaperto una ferita grattandola. «Adesso basta con le domande. È giunto il momento di riportarti al mittente. Per la cronaca, ho scelto io i fiori per le tue nozze, spero ti piacciano», con un ringhio, mi attacca.
Finiamo entrambe sul pavimento. I miei riflessi, grazie alle ore di allenamento passate con Terrence, sono pronti e riesco a rotolare sopra di lei, a fermarla prima che possa conficcarmi nel collo il minuscolo ago di una siringa che ha tirato fuori da sotto il lungo vestito. La disarmo sentendo la siringa di vetro impattare contro il parquet e rompersi.
Joleen, con un altro ringhio, ribalta la situazione e stringendo le mani intorno alla mia gola mi sbatte la testa contro il pavimento. «Dovevo solo stordirti senza farti male. Ma non mi lasci altra scelta se non provocarti qualche livido. Darrell capirà».
Vedo le stelle, ma riesco a farle male mollandole un pugno in faccia dopo averle graffiato la guancia.
«Dante ti farà a pezzi per questo».
«Non sei niente per lui. Mettitelo in testa, principessa: non sei altro che la sua moneta di scambio. Quando avrà finito con te, ti butterà e dimenticherà in fretta di averti conosciuta».
È come se avessi ricevuto un pugno in pieno stomaco. «Ti sbagli».
Mi sento ferita e allo stesso tempo sono sconcertata dal suo odio nei miei confronti.
Si ferma, le mani salde intorno alla mia gola, mi guarda negli occhi sollevando appena l'angolo del labbro. «Mi sbaglio?», mi schernisce con quell'espressione divertita e quel tono prettamente provocatorio.
Cerco di mantenere ferma la mia voce e rispondo: «Non sono una merce di scambio. Mio padre non ha fatto niente per riavermi, da questo dovresti capire che non è stato lui. Non sono nemmeno una sprovveduta come mi stai dipingendo», replico, studiando la sua reazione.
Joleen muove la testa da una parte all'altra. A un tratto si ferma, la piega di lato e ripete con sprezzo: «Non sei niente».
Sarà che ho accumulato, sarà che non riesco ancora a capacitarmi o ad accettare che lei mi abbia fatto così tanto male complottando con l'uomo che odio di più al mondo, sta di fatto che, prima ancora di riuscire a contare fino a dieci, le sbraito contro: «Credi che non mi sia accorta di come lo guardi? Sei solo accecata dalla gelosia. Sai che lui prova qualcosa di reale per me, e sei consapevole che non proverai niente di tanto profondo. Questo ti spinge a vendicarti. Ma non otterrai altro che polvere».
Ride istericamente, nascondendo la reale reazione che vorrebbe avere. «Sei solo una ragazzina che non ha ancora avuto l'esperienza necessaria per distinguere l'amore da una semplice scopata».
«E tu presto farai i conti con la realtà e ti accorgerai di avere perso tutto».
La porta si spalanca prima che una delle due possa muoversi. Faron entra fissando dapprima la scena poi Jo con disprezzo.
«Che diavolo...», sentiamo qualcun altro esclamare alle sue spalle. Lui con un gesto della mano non gli permette di entrare. «Me ne occupo io».
«Oh, ecco qui il mio uomo!»
Faron cambia subito espressione. «Il tuo uomo? Credevi davvero ti potermi abbindolare? Ti ho fottuta solo perché eri disperata dopo la morte di mio fratello e tuo padre ha fatto un accordo con il mio per farti rimanere con i Blackwell», le dice con ferocia e affanno.
Joleen deglutisce a fatica, volta il viso verso di me. Mi sta chiedendo aiuto perché ha notato quanto lui sia inferocito?
«Raccogli ciò che hai seminato, stronza».
Non riesco a guardarla in faccia. Il peso di quanto mi ha raccontato, rischia di annientarmi. Era disposta a farmi male pur di vendicarsi di mio padre. È questo quello che succede in famiglie come le nostre. I peccati dei genitori, vengono pagati sempre dai figli.
Ancora frastornata, porto le dita dietro la testa, sulla nuca. Per fortuna non sono ferita.
«Lurida puttana! Te la farò pagare!», prova ad avventarsi ancora su di me.
Faron si lancia verso di lei, le sale a cavalcioni e le stringe i polsi sopra la testa, mentre Jo urla e si dimena per liberarsi. «Non azzardarti a toccarla», gira la testa. «Stai bene? Se la tua risposta è affermativa, devi farmi un favore».
«Credo di avere solo un bernoccolo, sto bene. Cosa vuoi che faccia?»
«Ti farò controllare da un medico più tardi. Abbiamo perso Dante e lui ci serve qui, adesso».
«Perché pensi che riuscirò a trovarlo? Non può farlo Terrence?»
Quando con la testa mi fa cenno verso Joleen, con riluttanza, mi rimetto in piedi, aggiusto il vestito.
«Non ti accorgi proprio di come ti guarda, vero? Lui non sta mentendo sui suoi sentimenti per te. Non dubitarne mai, neanche se persone che vorrebbero vederti morta provano a farti pensare il contrario. È l'unica cosa sulla quale è sincero».
Apro e richiudo la bocca, notando il rancore che porta dentro per essere stato tradito e ferito dalla persona che ama. «Per favore», sporgendosi, mi afferra e stringe il mio braccio. «Ho bisogno che lo trovi e lo porti qui. Vi farò entrare quando avrò finito con lei».
«Sei sempre stato il suo cane», sbotta Jo.
Faron la stende con una sola occhiata, azzittendola. «Con te sto per fare i conti, sporca bugiarda! Non aspettarti nessuna pietà da parte mia e preparati a dirmi tutta la verità».
Lei ride. «Tanto morirete tutti quanti nel giro di poco tempo. È quello che vi meritate».
Quando è cambiato tutto? Come siamo arrivati a questo punto?
Esito. Non so se posso lasciarli soli. Poi però comprendo di doverlo fare. Faron ha bisogno di sbattere contro la dura realtà, cadere e rialzarsi. Inoltre so che non le farà male fisicamente.
«Vedrò cosa posso fare. Ma ti avviso, se si trova a fare sesso con qualcuno, io me ne ritorno qui», mi rivolgo a Joleen, «e farò in modo che il terrore che mi hai causato, contattando Darrell, non sia vano. Ti caverò dalla bocca ogni singola risposta, anche a costo ti strapparti uno a uno i denti».
Il pensiero che possa andare in questo modo, mi allarma.
«L'importante è che lui sappia che lo stiamo aspettando», dice Faron.
«Aspettando per cosa?»
Non attendo che mi dia il permesso. Esco dalla stanza, chiudo la porta e alle mie spalle sento l'urlo furioso di Joleen, seguito da quello di Faron che esplode come una mina nel silenzio, insieme a qualcosa che si schianta.
* * *
Cammino lungo il corridoio dell'hotel. Passo al setaccio prima il piano inferiore, dove la musica è talmente forte da costringere le persone a urlare per riuscire a conversare, ma non c'è traccia di Dante. Al secondo piano il silenzio è quasi inquietante. Controllo nei bagni, fuori in piscina, nel giardino. Torno indietro. Mi fermo di fronte al bancone della hall dove una ragazza sembra stia giocando con il suo telefono. Non appena si accorge di me, lo adagia subito e mi rivolge un sorriso. «Le serve aiuto, signorina?»
«Sembra di sì. Cerco la mia stanza, per favore», le do il mio nome.
Efficiente, trova in fretta quello che cerco.
Oltre ad avermi messa in una suite, mi toccherà condividerla con Dante.
La ragazza mi porge la chiave elettronica. «Buona notte, signorina».
«Grazie, buon lavoro», replico turbata di fronte al suo sorriso furbo e malizioso.
Prendo l'ascensore e una volta avere raggiunto la stanza numero 7173, mi fermo valutando le mie opzioni. Poi però mi dico che non è il momento per i ripensamenti e apro piano la porta. Appena sbircio, rimango spiazzata.
Se ne sta lì, sdraiato sul divano del salottino, una bottiglia di champagne adagiata sul tappeto di pelo morbido bianco. Tiene un braccio a coprire il viso e l'altro penzoloni.
Sentendomi entrare non si scompone.
«Che cosa vuoi?»
«Faron ti cerca».
«Tu no?»
«Indirettamente l'ho fatto».
Si solleva malamente. Ha gli occhi un po' arrossati e i capelli scarmigliati. È talmente bello da lasciarmi senza parole.
Durante il breve rito, non sono riuscita a smettere di guardarlo di nascosto. Lui era accanto a Nigel insieme a Faron e Terrence, tutti agghindati a festa, felici per l'amico. Erano magnifici, certo, ma lui... porta qualsiasi cosa come se fosse stata creata appositamente per il suo corpo.
«Solo perché te lo ha ordinato», precisa sprezzante. «Deve essere successo qualcosa che richiede la mia presenza», deduce.
Mi giro pronta a uscire, lasciando a Faron il compito di occuparsi di tutto. Perché a breve Dante cambierà atteggiamento e come sempre mi farà a pezzi, mi dico abbassando la maniglia.
Il suo fiato arriva sulla pelle in una folata calda.
Non l'ho sentito arrivare. Si è alzato e adesso si trova alle mie spalle. Lo percepisco solo quando il suo profumo e il suo calore mi avvolgono.
Chiude la porta con il palmo e io mi volto senza fretta. «Vuoi che dica qualcosa a tuo fratello? Sto per andare a fare il culo a Jo. Sì, l'ho fatta confessare e sì ha tentato di sedarmi e portarmi chissà dove. Grazie per essertene interessato, sto bene».
Fissa famelico le mie labbra. Le sue narici hanno un guizzo, e abbassando il viso sfiora con la punta del naso il mio.
Mi schiaccio alla superficie della porta, ma è inutile cercare una via di fuga, mi renderà impossibile scappare. «Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti porti un panino per riprenderti o altro?», provo ancora.
«Quello che voglio o di cui ho bisogno non è possibile».
«Niente è impossibile. Se si vuole qualcosa bisogna non arrendersi», affermo, contrariata.
Riflette e mi accarezza la guancia, poi tenendo il palmo tra l'orecchio e la gola, con il pollice, in maniera rude, mi tocca il labbro inferiore, facendomi mollare la presa dei denti sulla carne.
Si abbassa ancora. «Dici?»
«Da quando sei uno che si arrende?»
Storce le labbra e il movimento lo sento sulle mie. Rabbrividisco, mi agito. «Dovremmo scendere di sotto», balbetto. «Ho ancora molte domande da porre a Joleen».
«Perché invece non resti qui con me? Faron è adulto e sa come cavarsela con lei. La terrà buona fino a quando non li raggiungeremo».
Il cuore si ferma per poi battere allegro nel petto. Ho sentito bene?
«Quanto hai bevuto?», sfioro il ciuffo ribelle togliendolo dalla sua fronte e lui inspira premendosi sul mio corpo.
«Qualche bicchiere. Ma è stato altro a fottermi il cervello».
«Non avresti dovuto farlo».
Torna ad accarezzarmi le labbra. «Volevo non sentire niente».
Adagio la mano sul suo polso, ascoltando il battito del suo cuore. Un ruggito deciso sottopelle. «Scendiamo di sotto, ci aspettano», riprovo.
Muove la testa strofinandosi sul mio collo. «Vuoi fare una cosa per me?»
«Sì», rispondo esitante. «Cosa ti serve?»
«Fatti toccare», le sue labbra percorrono la mia gola.
Sempre più rossa in viso, deglutisco a fatica. «Cosa?»
Non sono sicura di volere cedere un'altra volta, pertanto provo a spingerlo.
Preme la guancia sulla mia, afferra la mia mano e la porta al suo petto mentre la sua, dapprima preme sulla mia coscia sollevandola, poi tira su parte del vestito.
«Dimmi di sì».
«Dante... non è un buon momento».
«Di cosa hai paura?»
«Mi ignorerai di nuovo domani. L'hai già fatto», ribatto d'impulso. «E io non sono più in grado di reggere un'altra delusione o di averti a poca distanza e non poterti neanche sfiorare».
Mi guarda storto. «Dovesti aprire i tuoi begli occhi, uccellino», biascica, «e capire che mento».
Sussulta. Il mio cuore non fa altro. Soprattutto quando le sue dita si insinuano tra le mie cosce, facendomele aprire in automatico.
Il piacere del suo tocco, è così devastante da farmi bramare di più.
«Fatti toccare e torno con te di sotto a svolgere i miei cazzo di compiti».
Afferro il suo viso, nel tentativo di mantenermi lucida, di non permettergli di manipolarmi. «Dante...»
Nega. «Prendere o lasciare, uccellino». Si abbassa. «Non ti farei mai del male». Il pensiero sembra persino inorridirlo.
Trattengo il fiato. «Lo so. È solo che...», ansimo quando con un dito sfiora i miei slip esercitando una pressione maggiore verso il centro, fino a fare contrarre il mio sesso.
«Chiudi gli occhi e sentimi».
Prima di cedere, blocco la sua mano. «Scenderai insieme a me?», provo con un compromesso, anche se so che non appena avrà ottenuto ciò che vuole tutto tornerà come prima.
Affonda la mano libera tra i miei capelli e senza darmi il tempo mi bacia infilandomi la lingua in bocca.
Ricambio il suo bacio stordita, e mano mano sempre più consapevole di quello che sto facendo e che voglio.
Dante scosta gli slip e infila un dito dentro di me, facendomi mugolare sulla sua bocca e continua sempre più affannato e famelico. Stringo le cosce e mi aggrappo alle sue spalle quando sfiora una parte delicata, piena di terminazioni nervose, facendo montare dentro qualcosa di più del semplice piacere.
Mi morde il labbro, lo succhia, lecca appena la parte interessata. «Non puoi sfuggirmi», mi sorride come un diavolo e io mi sciolgo sulle sue dita.
«Non voglio sfuggirti». Slaccio i suoi jeans e afferro il suo membro. Freme e mi si schiaccia addosso. Solleva ancora di più l'abito che indosso portandolo verso la vita, domandando silenzioso di continuare.
Annuisco. Allora mi tiene ferma, si posiziona. «Fammi sentire quanto mi vuoi», sibila tenendo la punta sulla mia fessura fradicia. Quando nota che tremo spinge in dentro una sola volta, una stoccata sufficiente a fare reagire entrambi.
Muove i fianchi e io di riflesso. Ci guardiamo negli occhi e ci prendiamo, ci incastriamo.
Con i denti graffia quel punto sensibile del mio collo. Quando morde, succhia forte e con il membro sfrega quel nervo, un brivido di piacere mi scivola con irruenza lungo la spina dorsale. Urlo perché è un po' troppo rude e lui mi tappa la bocca. «Ti ho fatto male?», controlla guardando i nostri corpi unirsi.
«No, continua».
Come se avessi appena innescato in lui qualcosa di pericoloso, impazzisce. Mentre si abbandona a spinte più profonde e selvagge, i suoi occhi incontrano i miei suggerendomi quello che sta provando.
«Pronuncia il mio nome!»
«Cosa?»
«Fallo. Adesso».
Non posso resistere ancora. È... troppo. Affondo le dita sulla sua schiena. Il suo corpo diventa duro, si tende sotto i miei graffi ed emette un verso virile, roco. Getto la testa indietro, colpita da uno spasmo. «Dante», pronuncio il suo nome, dondolando contro i suoi fianchi, andandogli in contro a ogni sua spinta, lasciandolo raggiungere più e più volte quel bottone che sfalda tutto. Eccitazione e possesso frustano la mia pelle accumulandosi in piacere. Non c'è niente di dolce in quello che stiamo facendo.
Gemo a occhi chiusi, sentendolo tutto, e lui con me. «Dante!», ripeto con affanno e sul punto di venire.
Spinge ancora a denti stretti, affannato e rabbioso e quando sente il primo spasmo del mio orgasmo, si libera anche lui fino a venirmi dentro.
Lo sento, il liquido caldo riempie ogni singolo spazio.
Lui si ferma incredulo, mentre io lo guardo negli occhi stordita.
Notando la mia espressione, mi bacia a lungo facendomi scivolare in piedi, poi si allontana mettendosi in ordine, ma prima che io possa muovermi, corre nel bagno e ritorna con un panno bagnato che passa tra le mie cosce con premura.
Quando ha finito, lo getta all'angolo e mi si avventa ancora sulle labbra.
«Mi sono comportato da animale e avrei dovuto usare il preservativo, mi dispiace».
Sa che prendo la pillola e non avrei voluto che ci fossero barriere. Mi sento confusa al momento e non riesco a rispondere.
Lui legge tutto dalla mia espressione. «Grazie», mormora roco. «Per avermi recuperato».
Mi prende per mano ed è una sensazione piacevole e strana. «Andiamo?»
Osserva le nostre dita incastrate mentre scendiamo al piano di sotto, poi mi lascia andare appena ci troviamo in sala, per avvicinarsi a Nigel e Andrea a passo sicuro. Prende il primo e lo porta a distanza, dietro una delle colonne.
Terrence invece, notandomi impalata, mi conduce verso la parte opposta della sala. «Sbaglio o avete seppellito per qualche ora l'ascia di guerra e vi stavate tenendo per mano?»
«Forse», dico, cercando di non fare trapelare niente di quello che è accaduto poco fa. Sono ancora un po' frastornata e accaldata. Mi fanno persino male le gambe per il modo in cui mi ha scopata.
Ma non lo sono solo per questo. Dante non mostra mai dispiacere per qualcosa.
«Eden».
«Uhm?»
Mi becca a osservarlo.
«Tutto bene?»
Mi riscuoto. «Sì, sì. Era da solo e...»
Terrence scruta attentamente Dante. «È successo qualcosa tra voi due? Ti ha fatto male?»
Mordo il labbro arrossendo. «No, no. Niente. Come al solito abbiamo discusso», mento.
«Sei sconvolta. Ma non è come le altre volte».
«Che ne dici di un ballo?», gli do una piccola spinta e Terrence torna a concentrarsi sulla festa. «Prima o poi dovrai confessare», mi fa notare.
Dante lascia Nigel. Lo perdo di vista per qualche istante, poi lo trovo al bar con una prorompente rossa dalle tette finte, che fa parte del personale, la quale continua a sorridergli e a sfiorargli il braccio.
Il mio stomaco si strizza e la gelosia si intensifica. Scuoto la testa. Sapevo che sarebbe stato effimero.
Terrence, ancora al mio fianco, assiste a tutto. «Balliamo». Mi porta in pista facendomi adagiare le mani sulle sue spalle mentre ondeggiamo.
«Sei riuscita a farlo tornare».
«Ho siglato un patto col diavolo, adesso godetevelo».
Ride e io di rimando.
«Faron è ancora con Jo?»
«Non ha permesso a nessuno di raggiungerli».
«Che cosa è successo?»
Sentiamo una voce schiarirsi.
Terrence si mette da parte, pronto a proteggermi.
«Sparisci!»
«A tra poco», mi saluta, facendomi sentire in colpa.
«Pensavo non fossi un tipo da ballo di coppia», dico a Dante quando mi porta in pista.
Mi preme a sé. «Dopo quello che hai fatto per me, mi va di ricambiare. Prima però voglio che tu sappia che ho liquidato quella barista insistente, dicendole che ho già la mia donna. Ed è la fine del mondo quando viene».
Adagio la guancia sul suo petto e sorrido di nascosto. «Ah, allora è uno scambio di favori? Grazie».
Mi fa fare una giravolta, stringendomi ancora di più al suo corpo. Ci guardiamo fisso negli occhi. «Il mio peccato, la mia condanna», sussurra.
Mordo il labbro e lui preme le dita sulla mia schiena. «Mi hai fatto sentire vivo. Sono rinato dalle ceneri di un'esistenza misera e solo dopo avere sfiorato le tue labbra».
Stringo le dita sulla sua spalla. «Dante...»
«Ti aspetto nella nostra suite dopo che avremo risolto con Jo. Ho bisogno di parlarti».
Provo a oppormi.
«E voglio dormire senza sentirmi un cazzo di mostro. Sembra che l'ultima volta con te io ci sia riuscito. Puoi aiutarmi?»
«Ti costerà più di un ballo».
Sorride, creando altre crepe nel mio cuore. «Non vedo l'ora di pagare il debito».
Si allontana guardandomi intensamente e dopo un istante, come se avessero ricevuto un comando, i presenti iniziano a sparpagliarsi lasciando la sala.
Che cosa sta succedendo?
Terrence mi attende sotto l'arco che conduce verso la stanza dalla quale sono uscita in cerca di Dante. «Pronta per il secondo round?»
♥️
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