Capitolo 3
La stanza lugubre era appena rischiarata da una candela appoggiata su uno scaffale.
Con la sua luce riusciva a illuminare solo in parte l'ambiente dove si potevano notare molti scaffali pieni di libri polverosi, e qua e là piccole boccette trasparenti con al loro interno liquidi di svariati colori.
Il silenzio era placato ogni tanto da piccoli rumori, lievi scricchiolii.
Ad un certo punto si aprì la porta.
Due uomini andarono verso il centro dove si trovava un piccolo tavolino di legno pregiato, e su di esso un libro, sigillato con un lucchetto che mandava una strana aurea azzurrina.
Si guardarono a lungo, le loro menti piene di pensieri.
L'uomo più vecchio tra i due accarezzò il libro delicatamente, quasi fosse un oggetto molto prezioso, e forse lo era veramente.
Il volume era interamente d'oro, molto grosso e massiccio.
Sulla copertina veniva illustrato un albero, precisamente un Mandorlo, solo che le sue foglie non erano del solito colore rosa, ma bianche, tranne per una piccola parte dove erano nere.
Era da ormai più di cento anni che esso era sigillato con un lucchetto.
Una volta si trovava in bella vista al centro della biblioteca principale di Thule.
Tutti potevano sfogliarlo, ammirarlo, e anche leggerlo, per chi conosceva la lingua con cui era stato scritto.
Ma un giorno venne suggellato è spostato dal Custode, nessuno sapeva il perché.
Semplicemente, quel giorno stesso il bibliotecario, perlustrando l'edificio prima dell'apertura, si era accorto, sbiancando, che il libro era sparito dalla sua solita postazione.
In panico, era corso fuori urlando che qualcuno lo aveva rubato.
Era nata una confusione inimmaginabile, un sacrilegio era appena stato compiuto.
Ma il Custode era accorso per risolvere il problema.
Aveva tranquillizzato gli animi dicendo che il libro era stato spostato per ordine dei Vigilanti e che nessuno avrebbe più potuto osservarlo.
A lui era stato dato il compito di custodirlo e proteggerlo.
Ovviamente all'inizio nessuno lo credette, accusandolo come traditore e minacciandolo affinché lo restituisse, ma per fortuna Giasbra era corsa in suo soccorso risolvendo il tutto.
L'uomo rialzò lo sguardo e sospirò, un minuto dopo parlò con una voce saggia e sonora che dava i brividi sulla schiena.
"È grave quello che hai fatto Cha!!!, Non puoi fare incantesimi sugli umani, loro non hanno il legame con il Syla, non te l'ha mai detto nessuno?"
Fece una pausa indicando il Mandorlo del libro, riordinò le idee e poi continuò: "Praticamente, con il tuo atto credo che tu l'abbia collegata e non va affatto bene se è così"
Fece un'altra pausa.
"Sei venuto a chiedermi semplicemente perché è svenuta?" disse poi alzando la voce.
"Te lo dico io perché è svenuta! Perché la forza del Syla è troppo potente per un semplice umano, Cha tu... non sai, ma non sarebbe dovuta rimanere in vita"
"Cosa?" esclamò Cha sgranando gli occhi.
"Gli umani non hanno il legame, la forza vitale dell'albero è potenzialmente pericolosa per loro, causa situazioni spiacevoli. Con il tuo incantesimo l'hai messa a stretto contatto con essa" ribadì il Custode per chiarire di più le idea a Cha, ma lui ancora non capiva.
"Ma perché ?" chiese ancora Cha, stranito.
Il vecchio lo guardò esitante senza rispondere, poi precisò "Perché così è stato deciso, ci sono cose che non possiamo comprendere, tipo questa"
Cha scosse la testa, era sicuro che gli nascondesse qualcosa, nel suo paese giravano spesso voci, dicevano che un tempo gli umani erano a stretto contatto con i Thuleniani.
Tuttavia era inutile insistere, non gli avrebbero mai detto nulla, e ora anche suo nonno si mischiava nel giro.
Ricordava che gli aveva sempre spiegato tutto, ma a caro prezzo : non parlare mai di umani e non andare nel loro mondo, come molti Thuleniani facevano con disinvoltura, e ora, con il suo ultimo atto aveva messo a rotoli il loro patto.
"Proprio non capisco" continuò Cha, dato che il vecchio continuava a guardarlo senza dare segni percepibili di voler continuare il discorso.
Challor stava per alzarsi irritato ma il vecchio lo fermò prendendolo con una mano al polso e stringendo così forte da fare quasi male.
Il ragazzo non si sedette, era troppo seccato, si girò semplicemente verso di lui con un sospiro, rimanendo impassibile.
Il vecchio sembrò leggere i suoi pensieri. "Ti prego perdonami, ma non posso proprio dirtelo, io vorrei, ma..." disse il vecchio sperando di rifarselo amico, ma Cha non c'è la fece proprio più.
"Ho diciannove anni, sono responsabile, posso riuscire a reggere la verità" sbottò, urlando.
"Non posso" rispose secco il Guardiano, poi continuò "Se proprio vuoi sapere qualcosa, devi andare nella zona proibita della grande biblioteca, dove i libri della magia oscura e sulla storia del regno antico sono protetti da forti incantesimi, devi riuscire a spezzarli"disse lui fermandosi a riflettere, poi continuò "Per farlo potresti provare con un incantesimo che si basa sul superare i campi protettivi magici con il pensiero, entrerai nella zona proibita con la mente" disse il vecchio.
Cha annui, anche se non aveva la minima idea di come creare un incantesimo del genere.
Ma forse non gli interessava veramente, forse alla fine stava bene pure non sapendo, magari meglio.
Un motivo sicuramente c'era se a tutti i giovani era proibito conoscere.
Poi il vecchio disse con un sorrisetto inquietante "Ti spiegherò l'incantesimo più avanti ma a una condizione."
"Spara tutto" disse Cha riacquistando la curiosità.
Il vecchio rispose "È un lavoretto che devi fare per me, devi spiare la ragazza, e vedere se si è collegata in qualche modo allo Syla"
"Ma.... Ma che devo fare esattamente?" disse Cha perplesso.
"Spiala, fattela amica, trova un modo per sapere se si è collegata allo Syla e poi magari escogitare un buon modo per scollegarla." Rispose lui.
"Cha non possiamo permettere che gli umani ci scoprano, soprattutto per quello che successe nel regno antico, loro possono essere piuttosto pericolosi" continuò poi il Custode.
La storia del Regno Antico era molto famosa, un susseguirsi di guerre, massacri e morte, avvenimenti che durarono quasi cinquecento anni.
Si sapevano tutti i nomi dei grandi malvagi e potenti distruttori, tutti tranne uno, l'ultimo e il più potente.
Si diceva fosse una creatura totalmente diversa, diversa addirittura dai suoi malvagi predecessori, il male in persona.
Ma alla fine era stata anche essa sconfitta, come i primi tre, e nessuno ne aveva più sentito parlare.
Anzi non esattamente, si era quasi dimenticato tutto sulla sua presa al potere e la sua sconfitta, quasi come se non fosse mai esistita.
Erano passati ormai cento anni e nessuno si ricordava più quei avvenimenti, ma soltanto che qualcosa c'era stato.
Nonostante questo, i più anziani continuavano a dire che Thule era cambiata, che l'ultima guerra aveva profondamente scavato le sue radici.
C'era chi perfino pensasse che l'ultimo non era nemmeno stato distrutto totalmente, ma che dormisse, pronto a tornare al momento giusto.
Ma ovviamente, in tutte le guerre descritte, non c'era traccia degli umani.
Non ci provò nemmeno a fare un'altra domanda e rispose semplicemente con un okay, sospirando.
"Allora accetti?" Disse con un sorriso il vecchio.
Cha ci pensò su, poi disse sconvolto: "Anche se accettassi non avrei la minima idea di come farmela amica, ha dichiarato esplicitamente che non vuole più vedermi, non avrà esito questa spedizione, sarà un vero fallimento"
"Se la pensi così e ovviò che sarà un fallimento, non devi solo farlo per imparare l'incantesimo, ma per il bene di tutta Thule, e non dire che non te la senti, sei stato tu per primo a aggiungere con molta enfasi, che sei e ti senti responsabile" disse il vecchio con un tono molto pacato e sorridendo, sapeva che avrebbe accettato, l'aveva preso nel segno.
Cha, preso dall'orgoglio alla fine accettò, anche se non riusciva a capire da cosa stesse salvando Thule.
Forse semplicemente si preferiva tenere nascosto il loro mondo per proteggere gli umani.
Thule era un mondo fantastico, quello sì, ma pieno di pericoli e insidie.
Quella era l'unica spiegazione possibile.
Ma allora perché non dirglielo? Perché tutti questi giri di parole?
***
Si svegliò sobbalzando nel letto, faceva terribilmente caldo ed era tutta sudata.
L'orologio sul comodino segnava le tre e mezza.
Sbuffò, era tutta la notte che si addormentava e si risvegliava da strani incubi che non avevano senso.
Rosso era ancora accanto a lei, assopito dolcemente.
Guardò il soffitto della sua camera buia, pensando all'ultimo incubo:
Si trovava in una zona circolare, spoglia rispetto all'intero bosco intorno a lei.
In mezzo c'era un albero grande e rigoglioso, fiero come se avesse capacità proprie.
Lia si incantò a quella vista, meravigliosa e lugubre allo stesso tempo, osservando il tronco.
Notò che esso era di strana bellezza, con il suo legno che pareva oro, grande e alto, che sembrava toccasse il cielo.
La chioma era voluminosa e lucente, con foglie grandi e perfette di un bianco brillante, tranne per una piccola zona, quasi nascosta, che le aveva rinsecchiti e nere come la pece.
Dai Rami più bassi pendevano anche delle lanterne.
Erano legate ai rami con un filo quasi trasparente, e si muovevano leggermente, spostate dal vento lieve.
Erano pressappoco dieci, e circondavano tutto il tronco dell'albero illuminandolo di blu.
Parve passare un secolo, che la luce dell'albero diminuì, e uno strano urlo pieno di disperazione sembrò scuotere la radura circolare.
L'urlo continuava e dava l'impressione che provenisse dalle viscere della terra, poi una foglia bellissima vicino alla zona scura, cadde.
Il tempo si fermò mentre la foglia cadeva toccando delicatamente il terreno.
L'urlo cessò lasciando posto a un silenzio stranamente assordante.
La foglia a terra si distrusse in polvere argentata e innocua, che diventò nera e tornando sull'albero rimpiazzò la fronda caduta, creandone una simile ma rinsecchita e nera.
Subito dopo, una risata e poi il nero più assoluto.
A quel punto si era svegliata ansimando e sudata fradicia.
È solo un sogno, un semplice sogno, non tormentarti Lia, torna a dormire, si disse tra sé e sé.
Ma passati dieci minuti era ancora sveglia.
Sbuffò e si alzò dal letto.
Quando mise i piedi scalzi sul pavimento le vennero i brividi.
Si diresse verso la porta della stanza e stava per uscire sul corridoio quando si sentì toccare la gamba.
Saltò presa dallo spavento, soffocando un urlo.
"Oh mamma mia Rosso, sei solo tu!" Bisbigliò.
Il gatto fece un lieve miagolio e si avvicinò di nuovo a lei.
Cercò di calmarsi, si era appena spaventa a causa del suo gatto, era ovvio che era agitata.
Sentiva ancora quello strano urlo che aveva sognato, non riusciva a toglierselo dalla tasta, insieme a tutti gli avvenimenti del giorno prima.
Percorse il corridoio facendo meno rumore possibile.
Passò le tre stanze dei suoi fratelli e quando si trovò nei paraggi di quella di sua madre, si fermò.
Aspettò qualche secondo insicura, e poi si avvicinò alla soglia della porta.
Sua madre era lì, che dormiva tutta composta, con i suoi capelli corti spettinati e il vestitino nero che copriva i lineamenti.
Accanto a lei uno spazio vuoto con un cuscino viola.
Il capezzale era perfettamente pulito e ordinato, segno che più nessuno dormiva li da molto tempo.
Quell'immagine suscitò a Lia dei sentimenti molto profondi.
Angoscia e tristezza le fecero visita salutandola con la mano.
Se le immaginava, le due emozioni che prendevano consistenza e che diventavano concetti concreti.
L'angoscia aveva un aspetto molto rassicurante, ma ti bastava seguirla per cadere nel suo tranello.
Tristezza, la sua amica, invece aveva l'aspetto opposto.
Tu scappavi da lei, ma lei ti ricorreva, e essendo più veloce di te, ti raggiungeva e cercava di consolarti per porre rimedio alle tue sofferenze, ma fallendo.
Sospirò, guardò un attimo di nuovo sua madre, e poi passò anche la sua stanza.
Rosso continuava a seguirla con il suo andatura silenzioso, ogni tanto si fermava annusando in giro, ma subito correva da Lia per non perderla di vista.
Lia scese le scale velocemente e si diresse in cucina.
Accese la luce che fece un leggerò click, tintinnó due volte per poi accendersi definitivamente.
Lia si accorse di avere fame, la sera scorsa non aveva cenato e il suo stomaco brontolava come non mai.
Andò nel ripostiglio affianco al frigorifero, pieno di calamite che raccontavano tutti i viaggi trascorsi all'estero con i suoi fratelli, lo aprì e prese una piccola scatoletta con su scritto "cibo per gatti".
La diede a Rosso, nemmeno lui la sera prima aveva cenato per stare con Lia, e in effetti quando glie la porse si scaraventò su di essa facendo leggeri versi di gratitudine.
Per lei si preparò dei cereali con il latte, si sedette al tavolo in metallo ricoperto con una tovaglia verde molto brillante e accese la Tv.
Alzava il cucchiaio ritmicamente e fissava lo schermo, ma in realtà non lo stava davvero guardando.
Ad un certo punto si sentirono dei passi dalle scale e spuntò all'ingresso della cucina Sarah, sua sorella.
"Lia ma cosa stai facendo ? E quante volte ti ho detto di non dare da mangiare a Rosso di notte..." disse lei rimproverandola.
"Ciao Sarah, anche tu sveglia?" disse Lia senza rispondere alla sua domanda.
"Già, ma sono scesa solamente per bere, mi hai fatto venire un colpo quando ho visto la luce in cucina" disse Sarah andando verso il frigorifero.
Bevve un sorso dalla bottiglia e si voltò verso Lia.
"Oh, scusami.." disse Lia immergendo il cucchiaio nella tazza e abbassando gli occhi su di esso.
"Ma perché sei sveglia? È successo qualcosa? Sai che posso aiutarti" chiese la sorella maggiore.
"No, avevo solo fame " disse Lia.
"Um va bene, allora torno di sopra?" Chiese ancora dubbiosa Sarah.
"Si sì, vai" rispose Lia, continuando a guardare la tazza.
Sua sorella la guardò un attimo, sapeva che le stava mentendo, ma decise di non insistere.
Lia alzò lo sguardo cercando di non piangere.
Sarah le sorrise, la baciò sulla guancia e salì le scale sbadigliando.
Anche Rosso non c'era più.
Mise la testa sul tavolo e stette per molto tempo a fissare il muro di fronte.
Quel muro, il muro che lei odiava.
Era tappezzato di foto, foto di lui con la mamma, altre mentre abbracciava i suoi figli, altre nelle vacanze.
Forse era quello il motivo del nuovo comportamento della mamma.
Una lacrima scese giù lungo la sua guancia.
Chiuse gli occhi.
***
Spazio autore
Iniziano a vedersi qualche spunto della magia, spero che questo capitolo vi abbia incuriosito a tal punto di proseguire.
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Pagina Instagram: il_mondo_di_thule.
Un bacione a presto ♥️
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