Capitolo 10
Guardò il soffitto della camera, mentre ascoltava i respiri regolari di James e Cha.
La serata era stata tranquilla, dopo che Giaspra aveva assegnato loro la camera da dividersi e accennato, in una piccola stanza, a poche informazione essenziali, tra queste: che si trovavano su un pianeta chiamato Thule composto da svariati continenti tra cui quello più piccolo e popolato, sotto i loro piedi, Nereide.
Quest'ultimo, formato da dieci distretti con nomi strani e impronunciabili.
Aveva chiarito che presto avrebbero imparato a parlare una nuova lingua, il Nerediano, e sarebbero diventati dei veri e propri Thuleniani, senza nessuna traccia della loro vita Terreste e privati dalla speranza di tornare a casa.
Con questa ultima affermazione, James era andato di matto.
Alzandosi di colpo, dalla strana sedia in legno bianco, con fare minaccioso, aveva detto: "Sicuramente non ci siamo capiti, tutta questa storia non ha senso, voglio risposte subito..." e allungandosi sul tavolino anche esso del medesimo colore, puntando gli occhi in quelli di Giaspra, aveva iniziato a elencare più di mille domande in fila.
Le stesse che si poneva Lia.
La giovane donna aveva risposto semplicemente che erano collegati a Thule più di quanto immaginassero. La sua forza vitale agiva in loro e la vita sulla terra, per loro due, presto sarebbe stata molto pericolosa.
Erano predestinati a vivere su Thule.
Poi dopo un lungo silenzio riconciliatore, dove James
respirando a pieni polmoni, si era riseduto accanto a Lia serrando la sua mano in torno a quella della ragazza, Giaspra aveva detto poche e ultime parole:
"Benvenuti a Thule, la vostra nuova casa".
Silenziosamente erano usciti dal piccolo uscio con solo una indicazione: andare a cena tra dieci minuti.
Ma avevano mangiato in solitudine su un tavolo enorme con piatti stra colmi di strano cibo buonissimo per Lia.
James non aveva toccato nulla, nonostante gli inviti di Cha.
Si era seduto con le braccia incrociate a guardare accigliato Lia.
Essa, appena tornata in camera, aveva scoperto una vestaglia sul letto stranamente della sua taglia e lo indossò come pigiama.
Ora si trovava sotto le coperte cercando di addormentarsi, fallendo a causa dei troppi pensieri per la testa.
La stanza, intorno a lei, era costituita interamente da mobili in legno castagno, con una sola finestra che mostrava all'interno della caverna, vicino al terzo letto, quello di James.
Le pareti composte da mattoni grigi di diverse tonalità, lisci e ben curati, mentre la pavimentazione assomigliava al Parquet terreste dorata.
Essa comprendeva tre letti e altrettanti comodini, una vecchia scrivania spoglia, tranne per due libri polverosi appoggiati disordinatamente nella libreria adiacente e un piccolo corridoio che portava in un altra stanza, il bagno (munito di tutto il necessario).
Lia sperava fosse un'occupazione temporanea, le donava una strana tristezza e malinconia.
Si girò verso il comodino di fianco, dove aveva appoggiato gli unici vestiti che portava.
Vicino alla lampada sul comò, giaceva tranquillo anche il suo telefono, con il cinquanta per cento di carica.
Ovviamente non aveva con se il cavo della batterie, e per la casa non c'era l'ombra di una possibile presa elettrica, sempre se li veniva usata, cosa piuttosto improbabile.
Le luci sulla sua testa, era più che sicura fossero magiche.
Prese lo Smartphone e osservò subito le tacche della rete dove in maiuscolo era indicato - segnale assente-.
Pensò a sua madre e a più possibili reazioni, affranta a causa della mancata via di comunicazione.
Sospirò e allungo la mano per rimettere il telefono al suo posto, poi si accoccolo nel letto cercando di rilassarsi, ma presto si raggirò irritata.
Perse la speranza.
"Lia stai dormendo?" Chiese a un certo punto una leggera voce.
"Em...no, non riesco, tu?" rispose Lia.
"Neanche io, e poi come si può dormire con una che geme, sospira, si muove nel letto in continuazione, fa luce con quel coso e così via?" disse Cha ironico, ma Lia non la prese bene.
Si mise a sedere verso il biondino e lo guardò dritto negli occhi, disse "mi stai dando una colpa? Be a me non me ne frega se tu non riesci a dormire per colpa mia. Io sono affranta, stanca e confusa." fece una pausa.
"Non è causa mia se una certa persona mi ha catapultato in un altro mondo, e per tua informazione questo.." E lo prese in mano porgendoglielo, "si chiama t-e-l-e-f-o-n-o." scandendo le parole.
Non finì la frase che Cha si mise a sedere e le prese una mano osservandola intensamente "Lia stavo scherzando, lo so come ti senti" cercò di dire Challor, ma lei scosse la testa e declinò: " no che non lo sai, tu non ti sei appena visto crollare tutto a dosso, scoprire cose che ormai ero sicura neanche esistessero e non capire niente di quello che sta succedendo".
"Lia, vorrei aiutarti, ma quello che sai tu so io, sono confuso quanto te" poi prese il telefono dalla mano di lei e aggiunse: "comunque so cos'è, vi ho studiato molto, andate matti per la tecnologia, ma qui non ti servirà più".
Lo guardò un altro instante poi riporgendolo a Lia, disse: "ora dormi che domani inizierà qualunque cosa
Giaspra abbia in mente e per quale causa", le strinse debolmente la mano e si coricò.
Lia si passo le mani tra i capelli e si sdraiò sospirando, chiuse gli occhi e dopo qualche minuto o ore, difficile dirlo, si addormentò con un sonno agitato.
***
Spalancò gli occhi fissando il soffitto bianco.
Uno strano rumore l'aveva scrollata dal letto.
Mosse gli occhi di lato e trovò un'ombra scura chinata, intenta nel afferrare qualcosa dal pavimento.
Cercò di muoversi, e mise un piede sulla pavimentazione fredda mentre veniva perversa dai brividi.
La figura si alzò con in mano uno strano oggetto appuntito alla sua estremità finale, brillante di grigio alla luce della notte stelletta, una notte senza le due lune.
Lia si era accorta della mancanza appena tornata da cena, e Challor le aveva spiegato tutto.
L'ombra si avvicinò a lei e si rivelò James, vestito di tutto punto.
"Io me ne vado, e ti conviene seguirmi, stavo per svegliarti" le disse inserendo lo strano oggetto in un fodero marrone.
Lia rimase senza parole e lo osservava confusa.
"Ho preso questa..."e gli porse l'oggetto, "la spada di Cha, ci sarà utile" aggiunse James.
"Tu sei matto, hai sentito cosa hanno detto? Non possiamo tornare a casa e poi come cavolo facciamo
ad uscire da qui?, Lo hai notato anche tu che il palazzo della cascata vola per aria e l'unica porta per andarcene è diretta proprio lì" esclamò Lia in un soffio.
"Non è detto, c'è sempre una porta posteriore, e poi io non credo a tutto quello che hanno detto, ci stanno incastrando Lia, vogliono qualcosa da noi ...ma non glie la daremo" rispose James convinto.
Lui era sempre stato molto particolare, piuttosto intraprendere e pronto a trovare la soluzione a tutto, almeno ci provava.
Forse un po' troppo egocentrico, ma su una cosa Lia poteva giurare: James non si sarebbe mai arreso fin quando non avesse escogitato ogni via e soluzione possibile pur di raggiungere i suoi scopi.
Gli lanciò i suoi vestiti e per finire declinò "mettili, ti do cinque minuti, poi andrò via con o senza di te".
Lei era impacciata e stravolta , seduta sul letto.
Prese i suoi vestiti e li osservò pensierosa, mulinandoli nelle mani.
"Lia, io ci tengo a te, spero farai la scelta giusta" disse ancora James vicino alla porta opaca, con un filo di voce.
Lei si alzò dal letto e iniziò a vestirsi.
Guardò Cha stravaccato nel letto a pancia in su, dormiva così serenamente.
Ci aveva messo poco a fidarsi di lui, e forse sbagliando.
In fondo era stata trasportata li senza il suo volere e si sentiva come in gabbia, con nessuna via di scampo.
Accelerò i movimenti e presto fu pronta vicino a James.
Il fratello le sorrise e l'abbraccio "sapevo avresti fatto la scelta giusta", Lia annuì.
James aprì la porta e uscì, Lia esitante si voltò verso Cha.
Lo guardò per qualche secondo presa ancora dall'indecisione, poi si convinse e seguì suo fratello.
Ma proprio negli ultimi istanti aveva notato qualcosa, come se Challor, con gli occhi semi aperti, la stesse osservando, senza fare nulla per fermarli.
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