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Stesa nel letto continuo a rigirarmi senza sonno, quel nome continua a tormentarmi. Per quanto cerchi di spremermi le meningi nessun ricordo affiora, niente di più della familiarità di quel suono. L'ho sentito per ben due volte, ne sono certa, eppure non ha nessun significato per me. Forse ha ragione Vies, l'unica cosa logica da fare è cercare risposte e la sola persona che possa darmele è quell'uomo. Non mi piace l'idea di rimanere sola con lui, provo un senso di inquietudine al suo fianco, ma se voglio davvero arrivare in fondo a questa storia è l'unica cosa da fare. Mi sento improvvisamente motivata e decido di non aspettare un secondo di più. In punta di piedi scendo dal letto, stando attenta a non far scricchiolare le assi del pavimento. Papà sta russando pesantemente e anche mamma sembra addormentata, non dovrei correre rischi. Scruto il cielo per averne conferma: sì, sarò di ritorno ben prima dell'alba. Tiro un sospiro di sollievo mentre chiudo la porta alle mie spalle: è buio pesto a parte la luce della luna sopra di me, ma non ho paura, conosco la strada a memoria, non corro rischi, basta seguire il sentiero. Tutto è calmo, nell'aria si sente ancora il profumo di legna bruciata. Ormai tutti stanno dormendo dopo la grande festa, non si avverte nessun suono a parte il frinire dei grilli e il ticchettio dei miei sandali sul terreno imbrecciato. Da lontano inizio a vedere alcune luci provenienti dalla piazza: alcune fiaccole non si sono ancora consumate a quanto pare. Un pensiero improvviso mi assale: e se ci fosse ancora qualcuno sveglio? Qualche ragazzo troppo ubriaco per tornare a casa. Come giustificherei la mia presenza in questo luogo, nel pieno della notte? Mi nascondo nell'ombra di una casa e cerco di percepire ogni minimo suono sospetto proveniente dal centro della città. Rimango così, nascosta per qualche minuto, continuo a non sentire nessun segno d'allarme, mi avvicino di più alla piazza che, come speravo, è del tutto vuota. È proprio mentre tiro un sospiro di sollievo che mi rendo conto del grande errore commesso: sono uscita nel cuore della notte convinta di trovare quell'uomo nello stesso punto in cui lo avevo visto l'ultima volta, ma come logico che sia, la piazza è completamente deserta.
«Stupida! Stupida! Stupida!»
Mi batto tre volte la testa come se potesse aiutarmi a trovare una soluzione. Mi guardo intorno cercando di capire dove possano aver sistemato quell'uomo per la notte: a casa di uno degli abitanti? Alquanto improbabile, nessuno si sarebbe fidato di ospitare un forestiero venuto da fuori le mura. Nella cascina di qualche falegname? O assieme agli animali in una stalla? Nel deposito del grano? Nella serra? Mi rendo conto dell'infinità di luoghi in cui potrebbe essere, non farò mai in tempo a controllarli tutti prima del sorgere del sole. Mi siedo in mezzo alla piazza polverosa, mi porto le ginocchia verso il viso e vi appoggio la fronte. Ripenso intensamente a quegli occhi rossi, come se la cosa potesse aiutarmi e condurlo in qualche modo da me. Chiudo gli occhi e attendo nel silenzio: nulla cambia. Sono ancora sola. Mi guardo intorno per l'ultima volta e mente mi rialzo la fiammella dell'ultima fiaccola si spegne lasciandomi di nuovo nell'oscurità.
«Umarth...»
La parola esce dalle mie labbra silenziosa, cercando di nuovo un senso a quello strano suono. Perché era nei miei sogni e perché continuo a sentirla?
«Non è un nome che pronuncerei con tanta leggerezza»
Mi volto di scatto, trattenendomi a stento dall'urlare. Ero convinta di essere sola, ma una figura umana si muove nel buio a pochi metri da me. L'oscurità non mi permette di distinguerne i lineamenti, sento solo i suoi passi avvicinarsi ulteriormente.
«Come conosci quel nome?»
La voce sconosciuta spezza di nuovo il silenzio della notte. Cerco di rispondere, ma ho la gola secca ed è come se la lingua mi si sia attaccata al palato. Prendo fiato, la bocca tremante. La figura è in piedi al limitare della piazza, solo pochi passi ci separano. Nel chiarore della luna riesco a distinguere solo alcuni dettagli: vedo un braccio sollevarsi verso una delle fiaccole ancora fumanti, la mano è ben aperta e protesa verso l'oggetto.
«Allora?» la voce è più severa e impaziente ora.
Cerco di scuotermi, temo che l'uomo possa afferrare la fiaccola per cercare di colpirmi con essa se non otterrà risposte.
«Io...»
Non riesco a completare la frase perché improvvisamente la torcia torna ad ardere. La luce del fuoco compare così senza preavviso, la mano dell'uomo è ancora protesa verso di essa, non stringe nulla fra le dita. La figura si avvicina di più al chiarore della fiamma abbassando lentamente il braccio, riesco a distinguere i lineamenti del volto incappucciato e finalmente lo riconosco.
«Come hai... le tue ferite sono...»
Il forestiero mi guarda incuriosito e cammina qualche altro passo nella mia direzione, spaventata indietreggio, i miei movimenti lo spingono a fermarsi e osservarmi da lontano.
«Abbiamo passato a setaccio questa zona centinaia di volte eppure non abbiamo mai trovato questa città. Hai pronunciato tu il richiamo? Come conosci quel nome, ragazzina?»
«Non so cosa...» le parole mi escono tremanti, non riesco a completare la frase.
I suoi occhi rossi mi scrutano da capo a piedi come in cerca di una risposta. Non ho il coraggio di pronunciare altro quindi mi trovo ad osservarlo a mia volta: i lineamenti sono gli stessi dell'uomo che ho visto seduto ai piedi del falò poche ore prima, ma le bruciature sono completamente guarite. La pelle candida del viso non mostra alcuna cicatrice sotto la luce della fiamma, in queste condizioni sembra molto più giovane di quanto mi fosse apparso di primo impatto.
«Come hai acceso il fuoco?» non so con che coraggio riesca a pronunciare la domanda, ma sento le parole uscirmi di bocca prima che io possa controllarle.
L'uomo mi guarda ancora più incuriosito, «Mi stai mettendo alla prova? Con la magia, ovviamente»
«Magia?» una risata nervosa mi sfugge dalle labbra.
«Anche tu possiedi il dono»
Scuoto la testa vigorosamente.
«Eppure ho percepito una strana forza provenire da te. Chi sei, ragazzina?»
«Mi chiamo Dhara. Dhara Garison»
Mi osserva per un lungo momento prima di riprendere.
«Garison? Hai un nome comune, come puoi emanare questa energia? Sei stata in contatto con un altro ibrido prima di me? Avete stretto un Vincolo?»
«Ibrido?»
«Una donna magari, un'altra straniera. Non mentirmi, posso sentirlo»
«Non ti ho mentito... Davvero, io...»
«C'è stato qualcuno qui prima di me, ammettilo! È da quella persona che hai sentito il nome che stavi pronunciando»
«No! Non so di cosa tu stia parlando»
Vedo il petto dell'uomo alzarsi mentre inspira profondamente. I suoi occhi rossi si incatenano ai miei cercando la verità. Trovo il coraggio di non distogliere lo sguardo. Non sto mentendo, non ho nulla da nascondere. Con grandi passi la sua ombra arriva a coprirmi completamente. L'istinto mi dice di allontanarmi ma non lo faccio.
«Permettimi...»
Senza che io abbia il tempo di reagire mi ritrovo il polso sinistro incatenato tra le sue mani, con due dita preme sulla mia pelle scostando leggermente l'orlo della manica. Sento la vena pulsare improvvisamente più forte sotto il suo tocco e un leggero formicolio mi attraversa la mano. Una strana sensazione, come un'eccitazione improvvisa mi pervade. I suoi occhi tornano a spostarsi sui miei.
«Nessun'altro prima di me ha oltrepassato quelle mura?»
«No!»
L'uomo si stacca da me con un movimento rapido. Quella strana sensazione mi abbandona, tutto dentro di me torna come prima. Lo straniero porta entrambe le mani alla testa strofinandosela come se dovesse risolvere un difficilissimo rompicapo. Il cappuccio si abbassa rivelando la pelle delicata del collo.
«Non stai mentendo, ma se non puoi darmi risposte non ho bisogno di te» con passi veloci inizia ad allontanarsi.
«Fermati!»
Non mi ascolta e continua a camminare, sono costretta a corrergli dietro. Non posso ignorare quello che i miei occhi hanno appena visto.
«Aspetta... Il tuo collo...»
L'uomo si blocca, in pochi istanti sono di nuovo al suo fianco. Si volta verso di me, una mano sale toccando un marchio blu. Lo sfiora come se solo in quel momento si fosse ricordato del disegno che spunta poco sotto il suo orecchio sinistro. È così piccolo da notarsi a malapena.
«Conosci questo simbolo?» il suo sguardo è di nuovo acceso di interesse.
Annuisco e lentamente scopro il mio avambraccio destro fino ad ora coperto dalla manica della camicia da notte. Gli intrecci rossi spiccano nitidi sulla mia pelle chiara. Il marchio è identico, solo il colore li distingue l'uno dall'altro. Lo sguardo incredulo dell'uomo vacilla tra i miei occhi e il mio braccio, come se avesse bisogno di una prova tangibile allunga le dita sfiorando i contorni del simbolo. Un sorriso soddisfatto e inaspettato gli taglia il volto.
«Sei tu allora...»
«Sono cosa?»
Il suo sguardo si sposta verso est, «Manca poco all'alba. Non c'è più tempo»
Inizia ad allontanarsi nuovamente, ma prima di scomparire nell'ombra si gira un'ultima volta verso di me, i suoi occhi brillano come il fuoco.
«Domani, dopo il tramonto, nel bosco al limitare del lago. Vieni sola e avrai tutte le risposte che cerchi»
Il buio lo risucchia, mi ritrovo nuovamente sola. Il cuore mi martella nel petto.
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