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Mi manca il fiato, mi sento come se qualcuno mi avesse appena colpito alla bocca dello stomaco, cerco di osservare un punto fisso perché la testa mi gira vorticosamente, lo trovo negli occhi di mio padre, per quanto la notizia sia stata sconvolgente, li trovo pacati e calmi.

«Come?» è l'unica parola che riesco a pronunciare.

Questa volta è mamma che prende la parola.

«Quando tuo padre ti ha trovata eri ancora così piccola, avrai avuto al massimo un paio d'anni. Mi ricordo che quando ti portò a casa eri avvolta nel suo mantello invernale e non volevi lasciarlo andare, lo stringevi tra le manine come se fosse l'unica cosa che ti tenesse in vita»

«Il lavoro sulle mura lo avevo iniziato da pochi anni. Mi ricordo perfettamente quel giorno, è stato uno dei più belli della mia vita, per non dimenticarcene abbiamo deciso di fissarlo come data del tuo compleanno. Stavo guardando fuori distrattamente, come sempre non mi aspettavo di vedere nulla al di là della barriera, quando notai uno strano movimento dietro ad un albero: è in quel momento che vidi la tua testolina bionda fare capolino»

Si ferma e cerca di osservare una mia reazione, ma per quanto io tenti di smuovermi da questo stato, per quanto provi a dire qualcosa, è tutto inutile, rimango muta e immobile sulla sedia. Sono totalmente assorta dalle loro parole: è come se stessi ascoltando una favola, quasi come sentirmi raccontare una delle storie di Gil, solo che questa volta è la verità ma non riesco ancora ad accettarla.

«Mi precipitai fuori dalle mura» riprende, «Era inverno, aveva persino nevicato, faceva un freddo tremendo eppure tu te ne stavi tranquilla a piedi nudi, completamente bagnata dalla testa ai piedi, aggrappata al tronco di quell'albero spoglio come se nulla fosse»

«Avevo una paura tremenda che fossi malata o che ti fosse successo qualcosa» la mamma mi accarezza una guancia «Non hai proferito parola, nemmeno un suono, per diversi giorni, ci guardavi e basta con quegli occhioni ambrati, proprio come ora...»

Sto per chiederle come fossi arrivata all'ingresso della città ma sembra leggermi nel pensiero e la sua risposta mi precede.

«Non sappiamo cosa ti sia successo prima di arrivare davanti alle mura di Espaor. Non avevi segni di violenza sul corpo, sembravi solo un po' scossa, avevi sempre lo sguardo così triste»

«Ma se mi avete trovata, allora io da dove vengo?» riesco a domandare in un sussurro.

«Non siamo riusciti a scoprire nulla. Non portavi niente con te, non un indumento, un oggetto, un nome... c'era solo questo marchio, era così vivido quel giorno: pensavo che fosse una ferita tanto era rosso»

Papà mi accarezza l'avambraccio destro dove compare il disegno a spirali.

«Vorrei poterti dire di più Dhara, ma questo è tutto ciò che sappiamo. Ti abbiamo cresciuta come se fossi nostra e ti abbiamo amato fin dal primo istante»

«Perché nessuno ha mai fatto parola di questa cosa?»

«Quando ti abbiamo presa con noi abbiamo dovuto promettere che non ti avremmo mai svelato la verità. Gli altri abitanti avevano paura che avresti cercato le risposte nel mondo esterno e che per questo avresti messo in pericolo Espaor...» mamma si ferma, noto che è titubante, come se non volesse raccontarmi qualche particolare, così calzo la mano.

«Voglio sapere ogni dettaglio, non nascondetemi nulla per favore!»

Mamma sospira e a malincuore riprende il discorso.

«Ecco... c'erano delle famiglie che non erano d'accordo sul fatto che iniziassi a vivere con noi. Dicevano che avresti portato solo guai, che per quel che ne sapevamo potevi essere un pericolo...»

«Come Zayra e la sua famiglia» concludo, capendo finalmente il significato delle sue parole.

«Ma abbiamo dimostrato a tutti che si sbagliavano!» esclama papà.

Cala il silenzio.

Passano alcuni minuti prima che qualcuno abbia il coraggio di dire qualcosa.

«Grazie» sussurro.

Sento che le lacrime hanno iniziato a scorrermi sul viso, non so bene a cosa attribuirle, se siano davvero dovute alla gratitudine che provo per queste due persone o se sia la rabbia a farmi piangere. La mamma si alza di scatto e corre dall'altra parte del tavolo, si inginocchia ai miei piedi e abbracciandomi le gambe inizia a singhiozzare, non riesco ad avercela con loro. So che hanno fatto tutto il possibile per proteggermi e farmi crescere felice, le accarezzo i capelli cercando di rassicurarla. Sento un altro paio di braccia che mi avvolgono da dietro, papà mi posa un bacio delicato sulla nuca.

«Avevamo così tanta paura di parlartene, pensavamo che ci avresti odiato per non avertelo detto prima» dice mamma tra un singhiozzo e l'altro.

«Non vi odio» e lo penso davvero, non importa cosa sia successo, loro sono comunque i miei genitori, «sono solo così confusa...»

Per un po' regna il silenzio, ma nella mia testa sento una chiasso frastornante che non riesco a chiudere fuori. Alzo lo sguardo e trovo gli occhi lucidi di papà.

«Ho bisogno di sapere»

Nessuno dei due mi risponde ma so che se dovessi decidere di lasciare Espaor non mi ostacolerebbero. Abbraccio entrambi con tutta la forza che ho.


***


«Stai scherzando, vero?» Vies mi guarda con occhi spalancati, «Proprio oggi hai deciso di diventare una persona simpatica e di farmi uno scherzo, giusto?»

Lo guardo storto.

«Quindi tu non ne sapevi niente»

«Diamine, non stai scherzando!» crolla seduto di fianco a me e si porta una mano tra i capelli.

C'è qualche imbarazzante minuto di silenzio. Non so cosa dire, non credo di aver ancora metabolizzato la cosa e quindi non so come reagire.

«Effettivamente, con quei capelli strambi, c'era da sospettare che non fossi nata qui» ride.

Alzo gli occhi al cielo, sto per rispondergli ma mi coglie alla sprovvista e mi trovo schiacciata dentro un abbraccio. Anche se non c'è niente di romantico tra di noi non riesco a non sentirmi bene tra le sue braccia. Tutto è così familiare: il suo modo di muoversi, il suo odore, mi sembra di aver imparato a riconoscere anche il battito del suo cuore, il suo corpo mi circonda, ma questa volta è come se lo sentissi davvero per la prima volta, snello e atletico contro il mio.

«Per me rimani sempre Dhara» mi sussurra all'orecchio.

Per quanto vorrei, non riesco a fare la dura, cingo le braccia attorno alla sua vita e mi lascio coccolare per un po'. È in quel momento che realizzo quanto mi senta veramente sola, come in realtà non abbia nessuna informazione su chi io sia, cosa mi sia successo o da dove venga, è sconfortante. Una miriade di sensazioni si fa spazio dentro di me: un vuoto incolmabile, tristezza, rabbia, ma anche curiosità e una voglia pazza di saltare da quel muro, iniziare a correre via, lontano da qui e scoprire chi sono veramente, ma sono terrorizzata! Sento il naso che mi pizzica, cerco di trattenere le lacrime, ma gli occhi mi stanno andando a fuoco, un paio, traditrici, scivolano atterrando sulla spalla di Vies.

«Ehi! Non cambia nulla. Per quanto mi riguarda potresti provenire anche dalla luna, non ti vorrei diversa nemmeno un po'. Sono sicuro che i tuoi la pesano uguale. Chi se ne frega se non sei nata ad Espaor, anzi... questo significa che tu hai visto cosa c'è là fuori! Ti rendi conto che potresti essere la risposta a tutte le domande che ci facciamo da sempre?»

Mi scuote allontanandosi solo leggermente. È come se mi risvegliassi per un secondo: ha ragione, ma ero troppo piccola, non ho nessun ricordo di tutto ciò. Guardo con gli occhi ancora lucidi oltre il muro su cui siamo seduti.

«Non ho memoria di quei giorni Vies, non diamoci false speranze»

«Quello che dicevi ieri su mia madre potrebbe essere la verità Dhara, lo capisci?»

Vies mi sorride e mi ristringe a sé, la cosa mi fa più piacere di quanto mi aspettassi.

«Se ci fosse di più al di là di questo muro, se noi potessimo...» si ferma come se stesse riflettendo, «Facciamoci una promessa: un giorno salteremo insieme tra quei cespugli, arriveremo ai confini del mondo e scopriremo insieme se vieni da un qualche posto nascosto su questo pianeta o se sei effettivamente un'abitante della luna»

Quella paura si fa improvvisamente un po' più piccola, mi sento meno sola.

«Va bene» lo stringo più forte, «È una promessa!»

Non mi voglio staccare e sembra che nemmeno lui voglia lasciarmi allontanare, rimaniamo così, il suo profumo mi entra nelle narici e nonostante tutto mi sento al sicuro, a casa. Apro gli occhi, scruto l'orizzonte oltre la sua spalla e per la prima volta mi sembra di vedere qualcosa di concreto oltre quella superficie piatta.




ANGOLO SCRITTRICE

Ciao a tutty, chiedo scusa anzitutto per aver pubblicato in ritardo questa parte e per la lunghezza, un po' più striminzita del solito. Spero che la storia vi stia piacendo! Mi sento ancora un po' sotto pressione nel pubblicare tutto ciò, ma era un'idea che mi girava per la testa da tempo e ho deciso di ascoltarla.

Buon proseguimento di lettura a tutty, ci aggiorniamo il prossimo lunedì ❤


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