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«Non sei obbligata a venire se non ti va...»
«Non ricominciare, se sono qui è perché voglio esserci»
Vies si volta verso di me e mi sorride, ma nonostante ciò riesco a notare la tensione dietro quello sguardo. Continuiamo a camminare sulla stradina imbrecciata senza scambiarci parola. Sono passati anni dall'ultima volta: lo avevo accompagnato fino a metà strada e, proprio come allora, l'atmosfera è più tesa che mai.
«Vedrai che questa volta andrà meglio» Vies non mi risponde, alza solo le spalle e continua a camminare a passo lento, «L'ultima volta ti avevano detto che stava facendo qualche progresso, no? Se non fosse migliorata ulteriormente non ti avrebbero convocato, insomma...»
«Dhara» mi interrompe, «Non c'è bisogno che cerchi di rassicurarmi, sto bene. So perfettamente qual è lo stato psichico di mia madre, ormai ci ho fatto l'abitudine, non ti devi preoccupare. Sono tranquillo»
Vorrei dirgli che non ha bisogno di fare il duro davanti a me, ma decido di tacere, finiremmo per discutere. L'ultima volta che Vies andò a trovare sua madre non ero con lui, ma so che non finì molto bene: incoraggiato dai curatori Vies aveva provato ad avvicinarsi e stringerle una mano, ma appena percepito quel contatto fisico lei aveva iniziato ad urlare e dimenarsi, così fu costretto ad andarsene. Nessuna lettera è più arrivata da quel giorno, per diversi anni, fino a ieri.
La casa di cura si trova in una parte isolata di Espaor, in genere ci vanno persone che hanno gravi problemi fisici o malattie virali in modo che il resto della città non venga contagiata. Quello di Kora però è un caso a parte: non è una malattia infettiva quella di cui stiamo parlando. Secondo la versione di Gil, la madre di Vies non è mai stata una persona emotivamente stabile: fin da ragazza aveva sempre mostrato un carattere estremamente insicuro ed era soggetta a grandi sbalzi d'umore, passava dal ridere a crepapelle al piangere a dirotto senza una vera ragione. Quando iniziò a frequentarsi con il padre di Vies la situazione sembrò migliorare, ma in realtà non riuscirono mai a trovare piena stabilità. Capitava spesso, soprattutto quando in casa c'erano delle discussioni, che perdesse il controllo, veniva presa da furiosi attacchi d'ira e servivano almeno tre persone per tenerla ferma e farla calmare. Era una donna buona, ma totalmente instabile. Gil si trasferì permanentemente con loro quando nacque Vies perché i due non riuscivano a prendersi cura del piccolo da soli. La presenza del bambino però sembrava placare tutti i mostri che la donna nascondeva dentro di sé: lentamente la situazione prese a migliorare. Le crisi erano sempre meno, tanto che quando si iniziò a parlare di una squadra di esplorazione verso il mondo esterno il padre di Vies pensò di aderirvi. Inizialmente ne erano entrambi entusiasti. Ardes passava molto tempo fuori da Espaor, ma la madre di Vies sembrava tranquilla, dipingeva suo marito come un eroe e ne era fiera. Ogni volta che tornava stavano ore a parlare, si faceva raccontare tutti i più piccoli dettagli: la forma degli alberi, l'odore del vento, il suono degli animali. Gil dice che non vennero mai riportate informazioni realmente significative, ma che Kora sembrava affascinata da ogni singolo dettaglio di quel mondo.
Il padre di Vies partecipò a diverse spedizioni, l'ultima a cui aderì doveva durare cinque giorni ma l'alba della sesta mattina arrivò e nessuno degli uomini usciti dalle mura fece ritorno. Inizialmente nessuno voleva pensare al peggio, tutti credevano che sarebbero tornati, ma intanto i giorni passavano e non si avevano notizie. Non fu un peggioramento graduale, arrivò così di punto in bianco, non se lo aspettava nessuno: una mattina Gil si svegliò con il rumore di qualcosa che andava in frantumi, corse fuori dalla stanza e trovò Kora coperta di sangue e circondata da pezzi di vetro. Aveva rotto una delle finestre della casa perché sosteneva di averci visto riflesso qualcuno che la stava minacciando. Da quel momento la situazione divenne irrecuperabile: non riconosceva più i visi delle persone, divenne violenta e irascibile, farneticava di vedere mostri che volevano aggredirla. La goccia che fece traboccare il vaso arrivò nel giro di poche settimane: una notte Gil si svegliò e trovò Kora con un lungo coltello in mano avvicinarsi al letto del bambino addormentato, riuscì a fermarla prima che fosse troppo tardi. Gil non ebbe altra scelta che quella di farla portare via. Vies ha memoria di pochi e per lo più confusi momenti assieme a sua madre, ma quell'occasione dice di ricordarsela bene: era stato svegliato da delle grida che avevano rotto il silenzio della notte. Spaventato, aveva visto suo nonno strattonare Kora che si dibatteva e cercava di liberarsi. Quando sua madre venne rinchiusa, per lungo tempo Vies non fece che incolpare Gil per quanto era successo e solo crescendo riuscì a capire la realtà dei fatti.
Da quel momento Vies e suo nonno aspettano di settimana in settimana un avviso da parte della casa di cura, sperando ogni volta in una notizia positiva. Quando arriva la lettera significa che Kora è rimasta stabile per una quantità di giorni adeguata per ricevere visite. Quando eravamo più piccoli era il vecchio Gil a recarvisi, non permetteva a Vies di seguirlo per paura di turbarlo, ma una volta cresciuto non c'era stato modo di fermarlo.
Vedo Vies dire qualcosa, ma bisbiglia così piano che non capisco
«Cosa?»
«Ho detto: grazie per essere qui»
Lo vedo arrossire un po' e non resisto alla tentazione: «Non c'è di che, Visy!»
Si gira verso di me e mi guarda male, non riesco a trattenermi e lascio che mi scappi una risata, lo vedo sorridere di rimando e la cosa mi fa sentire meglio, meno tesa. L'atmosfera sembrava essersi alleggerita quando lo vedo di nuovo rabbuiarsi, mi giro e scorgo di fronte a noi il massiccio portone dell'istituto. Ci siamo.
I lunghi corridoi bianchi si susseguono uno dopo l'altro, seguiamo il curatore che ci guida attraverso il labirinto, tutto intorno regna il silenzio. I suoi passi sono rapidi e fatichiamo a stargli dietro, sembra quasi che abbia fretta di liberarsi di noi per tornare al suo vero lavoro. Le pareti sono totalmente spoglie, l'unica interruzione di quella monotonia è segnata dalla miriade di porte blindate, ognuna recante una scritta diversa. Credo che siano nomi delle varie malattie o problemi che affliggono i pazienti dello stabilimento, sono parole lunghissime, che non hanno nessun significato per me. Mi concentro a leggerne una particolarmente contorta quando vado a sbattere contro la schiena di Vies. Ci siamo fermati e il curatore è in piedi davanti ad una porta più imponente delle altre. Sta rigirando tra le mani un mazzo di chiavi, quando finalmente trova quella giusta. Il grosso uscio metallico di apre cigolando appena. Sento Vies fare un profondo respiro e istintivamente gli prendo la mano.
Una donna vestita di bianco ci si avvicina e ci guida attraverso le stanze, anch'esse bianche. Se non fosse per i suoi capelli corvini raccolti in uno chignon, potrebbe mimetizzarsi con le pareti. Cammina in un modo stranamente delicato, i suoi passi non fanno nessun rumore, è come se il suo corpo si fosse completamente adattato alla pacatezza di quel luogo, iniziando ad imitarlo. Ad un certo punto ci troviamo di fronte ad una parete di vetro, dall'altra parte c'è una camera da letto. L'arredamento è molto semplice: un tavolo rettangolare occupa il centro della stanza, ai suoi lati sono accostate due sedie, sulla parte destra della stanza è presente un letto a piazza singola, delle lenzuola leggere sono ammucchiate sul fondo, sul materasso si intravvede ancora la traccia lasciata da un corpo. Poco dietro il letto, una parete della stanza perfettamente quadrata ha una rientranza, da lì si apre un secondo vano, probabilmente il bagno. Noto come tutto l'ambiente sia completamente monotono: pareti bianche, arredamento bianco, lenzuola e materasso bianchi, non è presente nemmeno un quadro o un mazzo di fiori ad adornare quella strana abitazione. Mentre osservo il tutto da un lato all'altro, noto una figura esile raggomitolata nell'angolo destro più vicino a noi. Vies si volta a guardare nella mia stessa direzione e sento la sua mano stringersi nella mia.
«Da questa parte, prego»
La voce rompe il silenzio in modo così inaspettato che entrambi sobbalziamo. La donna vestita di bianco ci sta indicando una porta aperta: l'ingresso alla stanza di Kora.
Sono la prima a muovermi e trascino dietro di me Vies, ancora titubante. La curatrice entra dietro di noi e si chiude la porta alle spalle, gesto che attira l'attenzione di Kora che finalmente si volta nella nostra direzione. I suoi occhi mi inquietano, sono piccoli, ridotti ad una fessura, estremamente arrossati e contornati da scure occhiaie, vagano prima su di me, poi si fermano su Vies. Sembra confusa, si alza lentamente in piedi e si avvicina, ha l'aria spaventata, nessuno dei tre osa muovere un muscolo. Quando Kora allunga una mano verso il volto di Vies trattengo il respiro.
«Sei tornato da me?» è quasi un sibilo.
«Sono tornato, mamma» risponde lui lasciandosi accarezzare il viso.
Il volto di Kora, fino a quel momento teso, si distende in un sorriso e incredibilmente riesco a rivederci una somiglianza con quello di Vies.
«Sapevo che saresti tornato! Nessuno ci sperava più, ma io sapevo che non mi avresti abbandonata qui... Ti ho aspettato per tutto questo tempo, Ardes!»
Vedo lo sguardo di Vies farsi confuso. Cerca di spiegare a sua madre chi lui sia veramente ma lei non lo sente, il suo sguardo si è spostato, adesso è concentrata ad osservare qualcos'altro: le nostre mani intrecciate. I suoi occhi si puntano improvvisamente sui miei, non sorride più, ha di nuovo il volto teso e quello sguardo minaccioso mi spinge ad indietreggiare di un passo.
«Chi è questa, Ardes?»
«Mamma sono Vies, questa è Dhara, non ti ricordi? Eravamo...»
«Hai scelto loro quindi... sei tornato solo per lasciarmi» il tono della sua voce si alza improvvisamente, «Avevi detto che non mi avresti mai lasciata per loro! Che amavi me!»
«Allontanatevi!»
Sento la voce della donna alle nostre spalle, ma viene presto sovrastata dagli urli di Kora.
«Ti vogliono portare via da me! Ti hanno lavato il cervello Ardes! Tu ami me! Me! Non farti ingannare, dillo al resto della squadra! Arriveranno! Ci uccideranno tutti!»
«Mamma...»
Vies lascia la presa dalla mia mano e si avvicina lentamente a sua madre che continua a urlare frasi disconnesse. Sembra quasi che stia recitando una filastrocca per bambini. Gli occhi sgranati, fuori dalle orbite, si aggrappa alla camicia di Vies.
«Too-too-toom! L'acqua non toccare...»
«Mamma mi fai male!» le urla di Vies si uniscono a quelle di Kora mentre cerca di liberarsi dalla sua presa.
«L'acqua non toccare, se in aria non vuoi saltare... Too-too-toooooooom!»
Una risata da pazza le deforma il volto, si stacca improvvisamente da Vies simulando con le braccia un esplosione e continuando a ripetere quel too-too-toom. All'improvviso due uomini irrompono nella stanza, allontanano da noi Kora e la immobilizzano sul letto, intanto la donna in bianco ci spinge fuori. Too-too-toom... L'acqua non toccare... Se in aria non vuoi... le urla si spezzano quando la porta si chiude alle nostre spalle.
***
I piatti cucinati da Gil sono sempre invitanti, ma ho lo stomaco chiuso e non riesco a mandare giù nemmeno un boccone. Appena siamo tornati in paese non me la sono sentita di lasciare Vies solo, così ho deciso di fermarmi per pranzo. Suo nonno ha provato a farci qualche domanda su com'era andata la visita, ma Vies non ha voluto affrontare l'argomento. C'è un silenzio inquietante a tavola. Gil finisce il suo pasto in fretta ed esce dalla stanza con una scusa per lasciarci soli. Lo supplico con lo sguardo di non andarsene, ma non coglie la mia richiesta di aiuto o forse la ignora volontariamente. Vedere Vies in questo stato mi spezza il cuore e mi sento inutile perché so che non posso fare niente per alleggerire la situazione o tirarlo su di morale. Lascio ricadere il cucchiaio nella scodella, mi alzo in piedi e vado a sedermi di fianco a lui.
Quando scosto la sedia alla sua destra mi guarda come se si rendesse conto della mia presenza solo in quel momento, leggo l'imbarazzo nei suoi occhi.
«Mi dispiace Dhara, non avrei dovuto coinvolgerti»
«Vies...»
«Sapevo che sarebbe andata a finire così, sarebbe stato meglio se...»
«Vies!» riesco a zittirlo, «Va bene così, sto bene. Sono solo preoccupata per te.»
«Credeva che fossi mio padre» lo dice come se la cosa lo divertisse.
Non so cosa rispondere quindi preferisco tacere e aspettare che continui, ma non lo fa. Si appoggia allo schienale della sedia e guarda il soffitto. Rimaniamo così per diversi minuti, senza muoverci, né dire una parola. A un certo punto sento la sua testa appoggiarsi sulla mia spalla. All'inizio è strano, mi irrigidisco a quel contatto, ma vedo che lui non si muove, con il passare dei minuti finisco per abituarmici anche io e mi rilasso, istintivamente appoggio la mia testa contro la sua.
«Non avevo una giornata così interessante da non so quanto tempo. Ci pensi? Ben due donne che vogliono che ti stia lontana nel giro di poche ore!» lo dico quasi senza accorgermene e me ne pento immediatamente.
Vies si sposta dalla mia spalla, sento i suoi occhi puntati su di me.
«Ho incontrato Zayra prima di venire da te stamattina...» mi sento in dovere di continuare e spiegarmi «Dice che sono pericolosa» pronuncio l'ultima parola impegnandomi a far sembrare il mio tono di voce quello di Zayra.
«E perché lo saresti?»
Sentirlo parlare in qualche modo mi fa sentire meglio.
«Ci ha visti sulle mura ieri sera, dice che per colpa mia Visy finirà nei guai!»
Lo vedo sorridere e il cuore mi si alleggerisce ulteriormente, sto pensando di parlargli del resto della conversazione, ma non lo faccio. Ha già abbastanza problemi da affrontare per oggi, non voglio metterlo di fronte a complicazioni che non lo riguardano.
«Usciamo! Stare qui dentro mi uccide»
Annuisco e lo seguo fuori di casa.
Il sole è alto nel cielo ed è caldo, così tanto che sembra che Espaor vada a fuoco. Rimpiango quasi subito di aver lasciato la frescura della casa in ombra, ma non propongo di tornare indietro cercando invece di assecondare i desideri di Vies. Noto che sta seguendo la strada che porta verso i campi di grano. Le spighe sono alte e dorate, tra qualche giorno verranno raccolte e la sera si celebrerà il Sithàri per festeggiare la buona annata. Con mia sorpresa Vies inizia a correre in mezzo al campo dorato, lo seguo, il sudore mi appiccica la maglia al petto e il respiro diventa affannato dopo pochi metri. Inizia una salita e non riesco a stargli dietro, presto lo perdo di vista. Cerco di accelerare perché perdermi in mezzo ad un campo di grano non è una prospettiva che mi attiri più di tanto, soprattutto con un caldo del genere. Continuo a correre fino a che non mi sento svenire e all'improvviso mi trovo sulla cima della collina, vedo Vies poco lontano da me, sta ancora correndo. A pochi metri di distanza il verde dell'erba si sostituisce al giallo delle spighe, qualche albero spunta qua e là creando penisole d'ombra. Vies si siede sotto uno di essi, mi affretto per raggiungerlo. Quando arrivo mi getto a terra con il fiato corto, grondante di sudore, mi giro verso Vies che mi guarda con aria sbeffeggiante, noto che al contrario di me lui non sembra per niente provato dalla corsa.
«Acqua...» è l'unica parola che mi esce di bocca mentre cerco di recuperare il fiato.
«Non ne ho, mi spiace. Se ti va puoi scendere giù e andare a prenderla»
Con un dito indica la direzione da cui siamo venuti, mi lamento sofferente mentre mi volto a guardare Espaor che si stende sotto ai nostri occhi. Vedo le mura in lontananza tracciare una linea netta tutto attorno al paese per poi scomparire dietro al profilo della collina. Non si riesce a scorgere nulla al di là di esse. Mentre osservo quelle pareti altissime riesco solo a pensare alle urla della madre di Vies. Una volta fuori la curatrice si è scusata con noi, ci ha spiegato che di tanto in tanto Kora ritorna a questo stato di paranoia in cui si sente minacciata da tutto e tutti. Vies crescendo deve aver preso sempre di più le sembianze di suo padre tanto da ricordarglielo e far scattare in lei qualche molla. Eppure, nonostante mi renda conto del fatto che quella donna non fosse totalmente lucida, non riesco a non ripensare alle sue parole.
«Non penso che tua madre sia pazza, Vies»
«Non sei divertente»
«Non sto scherzando! Lo penso davvero: le parole che ha detto hanno un senso. Se tuo padre fosse davvero entrato in contatto con qualcosa o qualcuno e fosse questo il motivo per cui è scomparso? Pensaci: ha senso!»
Lo vedo riflettere per un momento.
«Perché nessuno sa nulla di questa storia, allora? Sarebbe una scoperta troppo grande per riuscire a tenerla nascosta»
«Se non ne parlò con nessuno se non con tua madre, forse potrebbe...»
«SMETTILA!»
Sentirgli alzare il tono della voce mi lascia senza parole, abbasso lo sguardo a disagio.
«Scusa...»
Lo sento sospirare.
«Apprezzo le tue buone intenzioni Dhara, ma stiamo parlando di una persona instabile! Too-toom l'acqua non toccare... Parli sul serio? L'hai sentita anche tu!» questa volta il tono della sua voce è calmo, «Quella donna cercò di uccidermi quando ero ancora solo un bambino perché pensava che fossi un mostro pronto ad aggredirla. È questa la persona di cui stiamo parlando!» fa una pausa, posso immaginare quanto debba fargli male riportare alla memoria certi ricordi. «Non puoi dare credito a ciò che hai sentito oggi in quella stanza.»
Annuisco, non voglio affondare ulteriormente il coltello nella piaga. Capisco il suo punto di vista ma nonostante ciò dentro di me continuo a pensare che i deliri di Kora abbiano un significato più profondo e non siano semplici allucinazioni. Vorrei poter trovare un modo per dimostrare di aver ragione, avere una prova oltre che una semplice sensazione. Alzo di nuovo lo sguardo su quelle mura, ogni volta che le osservo mi sembrano diventare più alte e invalicabili. Non riesco a trattenere un sospiro di sconforto. Mentre osservo il panorama, tra le tante abitazioni scorgo casa mia, improvvisamente ricordo di non aver avvisato mamma e papà. Ho lasciato casa all'alba dicendo che sarei andata solo a fare una passeggiata, ormai l'ora di pranzo è passata da un pezzo, saranno in pensiero. Mi alzo di scatto e Vies mi guarda allarmato.
«Non ho avvisato i miei, devo tornare a casa!»
«A domani!» mi fa un gesto di saluto con la mano e si ristende sull'erba.
Inizio a correre verso casa, ho un po' d'ansia, probabilmente mi aspetta una bella ramanzina. Arrivo davanti al portone con il fiato corto e la fronte sudata, appoggio una mano sul pomello e spingo l'uscio. I miei sono seduti al tavolo da pranzo, quando mi vedono entrare sembrano quasi sorpresi, ho come la sensazione di aver interrotto un'importante conversazione.
«Scusate se ci ho messo tanto, ho incontrato Vies e siamo...»
«Dhara...» mi interrompe mio padre, ha gli occhi ancora più stanchi di prima, sembra che non abbia dormito nemmeno un po', «Siediti con noi, dobbiamo parlare»
Confusa mi avvicino al tavolo, scosto una sedia e noto gli occhi gonfi della mamma, ha pianto, ha lo sguardo preoccupato e la cosa mi mette in agitazione. È papà che rompe il silenzio per primo.
«Dhara, io e la mamma ne abbiamo parlato a lungo, credo che sia giunto il momento che tu sappia la verità»
Si ferma, incrocia le sue mani con le mie e mi guarda negli occhi. Ho smesso di respirare e sento la tensione a fior di pelle. Il mio corpo crolla contro lo schienale della sedia quando sento le sue ultime parole: «Io e tua madre non siamo i tuoi genitori biologici».
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