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Sto nuotando nel lago ma l'acqua è molto più fredda di quanto ricordassi, continuo a muovermi cercando di scaldarmi.

Con uno slancio mi immergo spingendomi sempre più in profondità.

Le orecchie mi si tappano per la pressione.

Non riesco a distinguere ancora il fondale e continuo a scendere sempre più giù, la temperatura si abbassa ad ogni secondo che passa.

Noto un riflesso sotto di me: non è il fondale, è una luce.

Che strano, spunta dal nulla e galleggia così, come sostenuta da un filo invisibile, nel bel mezzo del lago.

Non ho mai visto nulla di simile, mi avvicino.

La luce cresce sempre di più, adesso fa quasi male agli occhi osservarla.

Sembra una stella.

Sembra fatta di fuoco, ma non brucia.

È tiepida, è un calore accogliente.

Allungo una mano e proprio mentre sfioro quei raggi luminosi al loro posto compare una figura femminile.

Ha un'aria familiare, è come se l'avessi già vista, forse in un sogno.

La donna mi guarda dritta negli occhi, hanno lo stesso colore dei miei.

Aspetta... cosa ti succede?

Qualcosa nella sua espressione cambia.

Vedo un riflesso, sulle sue guance scivola lento.

Lacrime.

Perché piangi?

Non devi piangere adesso sono qui.

Mi vedi? Mi puoi sfiorare se allunghi una mano.

Sono qui!

Sento il bisogno di confortarla, deve sapere che questa volta non mi perderà.

Questa volta...

La figura inizia ad allontanarsi.

Nuoto più veloce che posso, ma braccia e gambe sembrano essere diventate più pesanti e si muovono lentamente.

Muoviti!

Ma non mi muovo, non riesco ad avvicinarmi.

Se ne sta andando... mi sta lasciando...

No, no, no... non voglio rimanere sola!

Non lasciarmi qui!

Non andare, ti prego, non andare!

NON ANDARE!

La guardo con il panico negli occhi.

Piange ancora, piange ed allunga una mano e la vedo!

La vedo chiaramente: una macchia blu.

È lì, sul palmo della sua mano, la stessa voglia che compare sul mio braccio.

Stessa forma, solo di diverso colore, sulla sua mano.

Cerco di chiamarla ancora ma mi rendo conto di non avere più aria a sufficienza, l'acqua mi riempie i polmoni e mentre perdo i sensi sento una voce.

Mi sveglio pronunciando quella stessa parola.

Che cosa?

Scatto seduta sul letto, sono un bagno di sudore, la camicia mi si è appiccicata alla schiena, sento il cuore rimbombarmi nelle orecchie. Respiro a fondo e cerco di fare mente locale: sono seduta sul mio letto, vedo mamma dormire poco lontano, ha un braccio allungato sul lato vuoto del materasso, papà deve aver fatto il turno di notte. Quindi è stato tutto solo un sogno. Cerco di riprendermi, ma provo questa strana sensazione che non mi vuole abbandonare, è come se ci fosse qualcosa che devo assolutamente ricordare, ma più mi sforzo più il sogno sembra annebbiarsi. Ricominciamo da capo: ero dentro il lago, c'era quella luce, poi la donna, sono sicura di averla già vista da qualche parte, ma dove? E poi quel simbolo... mi tocco l'avambraccio destro, il marchio rosso sotto le mie dita sembra quasi pizzicarmi. Improvvisamente ricordo: sento il tono di quella voce, era una donna a parlare, era qualcosa di importante, che cosa diceva? È assurdo, ne ricordo il suono calmo e rilassato, ma non le parole. Mi porto le mani tra i capelli mentre appoggio la testa contro il muro alle mie spalle.

Un soffio di vento entra dalla finestra socchiusa, mi accarezza la schiena sudata facendomi rabbrividire. Era solo un sogno, non c'è bisogno di farne un dramma. Guardo fuori dalla finestra, è ancora buio, forse dovrei cercare di rimettermi a dormire. Mi stendo nuovamente ma i pensieri mi affollano la testa e la camicia da notte mi si appiccica alla pelle, mi dà fastidio. Sbuffo e mi siedo sul bordo del letto: a questo punto tanto vale alzarsi. Mi tolgo gli abiti sudati e ne cerco di puliti nel buio della camera, sento il frinire dei grilli provenire da fuori la finestra, mi affaccio e vedo che il cielo non è poi così scuro, ci sono ancora parecchie stelle ma la loro luce si sta affievolendo e ad est, sull'orizzonte, si vedono già i primi segni dell'alba in arrivo.

Mi sto allacciando i sandali quando sento dei rumori provenire dall'ingresso: il portone di casa cigola e si chiude, dei passi si avviano verso la cucina. Papà deve essere appena tornato da lavoro. Lascio perdere le stringhe e mi fiondo fuori dalla stanza da letto.

«Buon giorno»

Mio padre sobbalza e per poco non lascia cadere la brocca d'acqua che ha in mano.

«Mi hai spaventato! Che ci fai sveglia a quest'ora?»

«Non riuscivo a dormire» mi affianco a lui e mi verso anche io da bere, considero se parlare a papà del sogno, lui deve vedere qualcosa sul mio viso perché improvvisamente mi chiede con aria preoccupata se va tutto bene, «Sì, ho solo fatto uno strano sogno»

Mi guardo l'avambraccio e non esito oltre, ho bisogno di sapere.

«Questa non è una semplice voglia, vero?»

Mi volto appena in tempo verso mio padre per notare i suoi occhi stanchi spalancarsi. Mi sembra di vederci della paura riflessa, ma dura solo un secondo perché subito si ricompone e sorridendo allunga una mano per scompigliarmi i capelli.

«Non pensarci Dhara, era solo un sogno» mi guarda come per cercare una risposta nel mio sguardo, «È stata una lunga nottata, ho bisogno di dormire un po', dovresti tornare a letto anche tu»

Scuoto la testa, «Penso che andò a fare una passeggiata»

«Non allontanarti troppo allora» mi dà un bacio sulla fronte e si dirige verso la camera da letto.

So che papà mi ha mentito o che perlomeno mi sta nascondendo qualcosa, ciò che non capisco è il motivo di questo suo comportamento. Credo che anche mamma si sia svegliata perché sento dei bisbigli provenire da dietro la porta della camera, per un attimo ho la tentazione di rimanere lì ad ascoltare ma so che sarebbe scorretto. Esco di casa e mi incammino senza una vera destinazione nell'aria fresca del mattino incombente. La mia testa continua a tornare a quel sogno. Ora ho quasi la certezza che questo simbolo indichi veramente qualcosa di più e il non sapere cosa mi fa diventare pazza. Possibile che fosse davvero solo un sogno? Vorrei riuscire a ricordare le parole di quella voce, forse se ci riuscissi tutto avrebbe più senso. Alzo lo sguardo dai miei piedi e mi rendo conto che inconsciamente sono arrivata al lago. Un'idea mi balena in testa. Mi guardo intorno, è ancora molto presto e non c'è traccia di anima viva in giro, così mi spoglio velocemente e mi avvicino all'acqua. Mi fermo con i piedi a metà tra la fanghiglia e la superficie del lago. Sono completamente nuda a parte un paio di slip, mi sciolgo i capelli e borbotto un "devo essere totalmente impazzita" tra me stessa. Mi addentro nel lago e in pochi secondi l'acqua mi arriva alla pancia, rabbrividisco, è fredda ma non quanto nel mio sogno. Respiro profondamente e senza ulteriori esitazioni mi tuffo. Do qualche bracciata per assicurarmi di essere scesa abbastanza in profondità prima di aprire gli occhi. Appena lo faccio avverto quel pizzicore momentaneo, inizialmente ho la vista appannata ma mi abituo quasi subito: l'acqua è molto più torbida di quanto ricordassi ma nonostante tutto distinguo chiaramente il fondale sotto di me, illuminato dal chiarore dell'alba. Mi guardo attorno come se sperassi di vedere quella luce o addirittura la donna con gli occhi ambrati, ma ovviamente ci siamo solo io e qualche pesce. Inizia a mancarmi il fiato e sono costretta a risalire in superficie. Prima di darmi per vinta, mi immergo ancora un paio di volte in due punti diversi del lago, ma tutto è inutile, non trovo ciò che cerco. Cosa mi aspettavo dopotutto? Era solo un sogno.

Esco dal lago, sono totalmente intirizzita e le punta delle mie dita sono rugose come quelle di una vecchia signora. Intanto il sole ha già fatto capolino, mi siedo sull'erba che cresce di fianco allo specchio d'acqua e cerco di asciugarmi un po' prima di indossare nuovamente i vestiti. E se ne parlassi con Vies? Probabilmente mi prenderebbe per pazza, ma sono sicura che, almeno per quanto riguarda i miei, mi aiuterebbe a trovare una soluzione.

Qualche goccia d'acqua mi cade ancora dalle punte dei capelli ma decido comunque di rivestirmi e tornare verso casa. Lungo la strada incontro l'unica persona che avrei volentieri evitato: Zayra. Non so esattamente cosa le abbia fatto per farle accumulare così tanto risentimento nei miei confronti, fatto sta che ogni volta che ci incrociamo non può non fare un'osservazione malevola o qualche gesto di cattivo gusto, giusto per ferirmi o imbarazzarmi. Abbasso la testa per cercare di evitare il suo sguardo ma ovviamente non funziona e dopo pochi passi me la ritrovo a sbarrarmi la strada, sono costretta a fronteggiarla.

«Permesso» cerco di superarla sulla sinistra, ma con un passo lei mi si piazza nuovamente davanti.

«Non ti hanno insegnato a dare il buon giorno quando incroci qualcuno per strada?»

«Buon giorno! Ora se non ti spiace dovrei...»

«Vi ho visti ieri!» mi interrompe, «Sappi che se non riferisco nulla agli adulti è solo perché non voglio che Visy finisca nei guai»

«Non so di cosa tu stia parlando»

«Non fare la finta tonta con me Garison, so del vostro posticino segreto... ed è vietato! Ti do un avvertimento...»

«Ci hai seguiti?» sono io ad interromperla questa volta, vedo una signora girarsi verso di noi e osservarci con aria indispettita, così abbasso la voce: «Perché non ci lasci in pace una volta per tutte?»

«Perché tu sei...» i suoi occhi scuri mi fulminano, «Sei così irritante! So benissimo che è stata tutta una tua idea. Lui non farebbe mai nulla di così avventato!» mi sento ribollire dalla rabbia, ma cerco di resistere dal tirarle una manata sulla faccia, «Non si può salire sulle mura e soprattutto non si può andare oltre, quindi non pensarci nemmeno! Per colpa tua Vies finirà nei guai prima o poi. Vedi di stargli alla larga o...»

«O cosa? Se hai finito avrei una certa fretta!» non le do nemmeno il tempo di rispondermi, mi sto già allontanando.

Sento i suoi occhi sulla schiena.

«Se ci tieni a lui lascialo stare! Sei pericolosa, sei diversa da noi. Se solo Gari ti avesse lasciata là! Ecco, l'ho detto... tu non dovresti nemmeno essere qui!»

Rallento, ho l'istinto di voltarmi e chiedere spiegazioni.

«Che cosa? Lasciarmi dove?»

Ma non faccio nemmeno in tempo a finire la domanda che Zayra è già scomparsa dietro l'uscio di una casa. Sento la rabbia montarmi dentro. Noto che sto stringendo i pungi talmente forte che quando allento la stretta sul palmo della mano rimangono i solchi lasciati dalle unghie. Riprendo a percorrere infuriata la strada di casa. Di solito non mi lascio trasportare dalla collera quando si tratta di Zayra, ma oggi è un caso particolare, sembra che abbia scelto il momento più adatto per tirare fuori tutti quegli strani discorsi. Prima il sogno, ora questo: la giornata è appena iniziata e mi trovo davanti a tutti questi rompicapo da risolvere.

Poco prima di giungere a casa il sentiero si dirama e dall'incrocio si riesce a scorgere l'entrata dell'abitazione di Vies e suo nonno. Penso agli avvertimenti di Zayra. Normalmente irromperei in casa loro come se nulla fosse, ma dopo tutta quella storia dell'essere pericolosa e che potrei farlo finire nei guai mi sento titubante. Mi fermo al bivio, incerta sul da farsi e istintivamente alzo la testa in quella direzione. Quasi come se avesse percepito la mia presenza, vedo Vies spuntare da dietro la porta, ma non guarda me.

Non mi nota nemmeno a dire la verità, ha la testa china, gli occhi puntati su un pezzo di carta che stringe tra le mani. È talmente assorto che preferisco non muovermi, come se staccando un piede da terra rischiassi di rompere qualcosa di estremamente fragile. Continuo ad osservarlo incuriosita quando alza la testa e mi nota, inizialmente sembra sorpreso, quasi a disagio, come se lo avessi beccato a fare qualcosa di incriminante, ma si riprende quasi subito.

«Ne avrai ancora per molto?»

«Cosa?»

«Mi stai fissando come se avessi visto una delle creature magiche delle storie di nonno. Sei inquietante, Garison!»

Non gli rispondo e mi avvicino, come mi muovo lo vedo appallottolare in fretta e furia il pezzo di carta che stringeva tra le mani, sto per chiedergli cosa c'è di tanto segreto da nascondere ma mi precede.

«Perché sei tutta bagnata?»

«Avevo voglia di fare una nuotata nel lago» taglio corto.

Vedo che sta per dire qualcos'altro ma non gliene do il tempo: con uno scatto mi fiondo su di lui e riesco ad afferrargli il polso in cui stringe la lettera appallottolata. Devo averlo colto alla sprovvista perché perde l'equilibrio e finisce a terra, tirandomi giù con sé. Cadendo perdo la presa, cerco di riavvicinarmi al foglio, ma Vies è un osso duro e non me lo rende un compito facile. Rotoliamo in mezzo al giardinetto distruggendo un paio di aiuole, Gil ce la farà pagare cara! In un momento sono sopra di lui, ho una posizione di vantaggio, rido sotto i baffi e cerco di approfittarne prima che sia troppo tardi, ma nel giro di mezzo secondo mi ritrovo schiena a terra con le braccia immobilizzate sopra la testa. Cerco di liberarmi ma il peso di Vies mi blocca completamente.

«Si può sapere che cos'hai da nasc...» ma mi zittisco immediatamente quando noto il suo viso preoccupato.

Vies accorgendosi del mio cambiamento allenta istintivamente la presa e si sposta di lato mettendosi a sedere sull'uscio della casa. Massaggiandomi i polsi mi appoggio di fianco a lui, lo guardo con aria interrogativa. Di solito è sempre sorridente e di buon umore, quindi è strano vederlo in questo stato.

«Non c'era bisogno di aggredirmi!» esclama togliendosi la polvere e qualche filo d'erba dalle ginocchia.

Aspetto che prosegua, non oso dire una parola, mi sento improvvisamente in imbarazzo. Sento la necessità di alzarmi ed andarmene per lasciarlo solo con i suoi pensieri, quando lo vedo allungare verso di me il foglio di carta stropicciato e impolverato.

Lo prendo, ancora un po' titubante, alliscio le pieghe e inizio a leggere il contenuto. Mi bastano poche righe per capire il motivo della sua ansia. Ripiego in quattro il foglio e mi volto a guardalo.

«Vengo con te!»

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