Capitolo III: Sentimenti In Subbuglio
Cork, 14 Dicembre.
Nathalie si scontrò con Cassandra. Venne scansata e si ritrovò con la schiena contro lo stipite della porta, fra il salotto e la cucina. La bambina non l'aveva vista. Aveva freddo e fremeva d'impazienza affinché si potesse riscaldare davanti al camino acceso o stendere tra i morbidi cuscini del divano. Oppure...
Poteva essere la stessa Nathalie a non aver prestato attenzione. Da giorni lei vagava come uno spettro, vuota e tormentata. Ogni mattina, guardandosi allo specchio, si riconosceva sempre meno. Insicura e per nulla determinata. Gli spari, l'odore della polvere e del fumo, il sangue e la croce che portava al collo bruciavano sulla sua pelle, nella sua mente.
Non si truccava da mesi, aveva abbandonato i suoi profumi naturali e non si preoccupava nemmeno di pettinarsi. Riprendendosi dal colpo si voltò verso una credenza. Il vetro delle ante la riflesse nel mentre che si concedeva di sussurrare qualche parola scomposta. Infine strinse i denti e infilò una mano nella tasca dei pantaloni; l'altra invece giocò con il sottile filo da cucito, là dove teneva il ricordo di sua nonna.
Dopodiché deglutì, le labbra ridotte a due linee dure e lo sguardo concentrato verso l'esterno. Alexander e Abegail discutevano animatamente, lui era sconvolto. Nat immaginò che avesse scoperto fin dove si erano spinti Hereweald e Abby - o almeno - pensò che ne sentisse il sentore. Ricordò il terrore negli occhi dell'amica, le gote arrossate per l'imbarazzo e la felicità. Tuttavia era quella paura che la scuoteva. Lei l'aveva riconosciuta: era la paura di deludere.
Strinse la croce in argento di sua nonna, tanto che le estremità le graffiarono i palmi. In seguito avanzò di due passi, osservando i ragazzi da lontano. Accanto a lei comparve immediatamente Hereweald. Nathalie non si lasciò ingannare dalla sua natura. Protese un braccio e impedì al demone di uscire, frenandolo prima che abbassasse la maniglia della porta. Lui la fissò con un certo divertimento. Gli occhi brillarono, ma Nat comprese subito di essersi sbagliata. Quello non era divertimento, bensì gelosia e preoccupazione.
— È meglio se, per adesso, li lasci da soli.
— Perché dovrei?
Hereweald era molto più alto di lei. Si irrigidì osservando di sottecchi la ragazza. Ancora una volta però, Nathalie non cedette.
Era tuttavia combattuta: aveva giurato di proteggere Abegail, di tenerla lontana da quel principe maledetto, eppure... Sapeva fin troppo bene che il destino aveva giocato sporco. Quel principe era un pericolo e al tempo stesso una sicurezza per Abby.
— Devono chiarirsi. Alex deve...
Cominciò voltandosi completamente nella sua direzione, fino a posizionarsi di fronte a lui. Poggiò poi le mani sui fianchi e si accigliò: aveva nuovamente sbagliato. Non gli doveva nessuna spiegazione. Negandogli di vedere parte della scena, si sentì in dovere di chiarire la sua posizione. E quella di Alexander.
— Tu non c'eri. Non eri con Abby quando... — di nuovo quella sensazione di insicurezza si cibò della sua voce. Le gambe presero a fremere, deboli e il volto perse colore. Si odiò per quella sua impotenza. La debolezza che mostrava non era sua; non poteva esserlo. Successivamente notò che Hereweald la stava guardando, curioso e serio. Quindi proseguì, con un tono flebile e tremante. — Alex è dovuto andare dagli angeli con la paura di non trovarla al suo ritorno. Lascia almeno che parlino ancora un poco.
Hereweald non replicò. Muto scostò lo sguardo da Nathalie all'esterno, puntandolo su di una figura precisa. L'espressione e la mascella contratta numerose volte non lasciò dubbi: Alexander era il suo obbiettivo. Lo scrutava immobile. Pareva che stesse contando i secondi: il tempo che gli stava concedendo.
— D'accordo.
Nathalie sospirò sorpresa e rallegrata. Fu solo in quel momento che si accorse di aver abbandonato la sua posizione. Non appariva più risoluta, ma, proprio come la sua voce, era insicura. Una mano era tornata a stringere la croce di Iside. La scostò velocemente, facendo finta di niente; pregando che Hereweald non l'avesse vista accarezzarla con un certa insistenza.
Improvvisamente di fianco a lei il rubinetto del lavabo si aprì. L'acqua scorse e colpì con veemenza l'acciaio della vasca. Nathalie sobbalzò nel mentre che Talia cominciava a lavare i piatti.
— Meglio che non li guardi.
Borbottò Hereweald prima di tornare in salotto dove Victor bisticciava con Cassandra. Il demone scoccò un'occhiata ai presenti; studiò accigliato Caliel, inespressivo di fronte all'ingresso, come se attendesse l'arrivo di qualcuno. Infine optò per salire al piano superiore.
Quanto è strano... Nathalie incrociò le braccia riflettendo. Strano che non si sia opposto con maggior vigore.
I suoi pensieri furono accompagnati da un'espressione crucciata. Storse la bocca, si morse il labbro e, successivamente, sospirò abbassando il capo. Non sapeva davvero cosa pensare di lui. Lo odiava? Le faceva pena?
— Nathalie, — Talia la distolse dai pensieri. — vuoi portargli il pranzo?
Con delicatezza e attenzione la donna riempì un piatto con il resto del pranzo. All'interno di un vassoio di vimini, intrecciato posizionò un bicchiere d'acqua, qualche tovagliolo e delle posate. In seguito, non avendo ricevuto risposta, ruotò su se stessa fino a fronteggiare la ragazza. Una luce brillava nel suo sguardo, gentile e compassionevole. Come sempre.
Nathalie comprese a chi si stava riferendo e, per un attimo, si tirò indietro.
— L'ho riscaldato, almeno non avrà freddo là sotto. — Talia coprì il piatto con un panno e lo porse alla ragazza. — Non credo che possa farci del male, non adesso. Non devi avere paura.
Era troppo fiduciosa, ingenua. Ma come poteva essere altrimenti?
Talia, tu e Samuel non sapete perché tutti noi siamo così in tensione... Nathalie rifletté mentalmente fin quando le parole non furono sommerse dalle immagini. Perché quel demone... Ah! Accidenti!
Doveva fermarsi. Doveva smetterla di ricordare, ma era più forte di lei.
Sbatté le palpebre per ricacciare indietro le lacrime.
— Mi sembra giusto che mangi qualcosa, non credi?
La ragazza poté solo annuire. Ci sarebbe voluto troppo tempo per spiegare, troppe lacrime per ricordare. E lei non voleva esporsi così tanto. Strinse i denti e prese il vassoio.
Il salotto era decisamente più caldo. Gli spifferi di porte e finestre perdevano contro lo scoppiettio delle fiamme nel camino. La luce del lampadario sfarfallò, ma nessuno parve darle importanza. Samuel fissava le scintille del fuoco, le folte sopracciglia corrugate e una mano sotto al mento. Aveva ancora indosso l'abito da lavoro, il marchio del supermercato svettava sul petto e su una spalla. Nathalie si fermò al centro del tappeto color amaranto, di fianco all'imboccatura delle scale. Caliel era proprio davanti a lei.
Dava le spalle a tutti in realtà, assorto nei suo pensieri e spaventosamente silenzioso. La ragazza deglutì quando lui si volse per osservarla. Accadde nell'arco di pochi secondi, dopodiché l'angelo tornò con la testa fra le sue nuvole, più turbolente del solito.
Nathalie proseguì. Alla sua sinistra Cassandra e Victor erano quelli più allegri. Lei pensò che senza loro il caldo ambiente famigliare sarebbe stato l'ennesima illusione. Un finzione che giustificava quel loro labile sollievo.
Giuse poi alla porta che conduceva al seminterrato. Reggendo il vassoio con un braccio, tolse un catenaccio e la aprì lentamente.
Un'altra vana sicurezza... Guardò la catena con cui Hereweald e Alexander avevano bloccato maggiormente quella porta, malferma e scheggiata. Questa luccicò e cadde producendo un tonfo acuto. Per poco lei non rise dalla disperazione. Lasciò l'ingresso socchiuso e si addentrò nella penombra, scendendo qualche scalino. Prima che premesse l'interruttore per accendere la luce, alle sue orecchie giunse una voce, sprezzante e bassa.
— Hanno mandato un'umana? —Deimos rimase immobile, nella sua posizione scomoda. Guardò l'intrusa con odio e un pizzico di curiosità. Una curiosità canzonatoria. — Che succede? Pensano che mi impietisca?
Nathalie poté avvertire l'asprezza delle sue parole nonostante si trovasse dall'altro lato del seminterrato. Il demone rise di gusto vedendola fremere di terrore. Si appoggiò con la schiena alla parete che odorava di umido e attese che lei reagisse. Senza l'angelo e il suo principe poteva divertirsi facilmente.
— Che c'è? Sei per caso muta?
Nathalie dischiuse le labbra intontita. Fino ad allora lo aveva visto solo di sfuggita, con la paura che incendiava le sue vene. Troppo distratta perché il suo aspetto potesse essere impresso con precisione. Deimos non si avvicinava affatto alle sue aspettative. Era esile e alto, molto più del fratello. I capelli scuri erano sporchi e di una tonalità diversa, più calda, il volto scavato e magro. L'unica somiglianza la trovò nell'azzurro dei suoi occhi.
No, nemmeno quello. Si riprese. Né Gideon né Logan avevano quell'espressione... Quello sguardo crudele e gelido...
Le sue speranze si frantumarono e lei non seppe se considerare quel gelo una benedizione oppure la sua ennesima sfortuna.
Si schiarì la gola facendosi avanti.
— Sono solo venuta a portarti qualcosa di caldo da mangiare.
Enunciò una volta ripresasi dalla sorpresa. Si inginocchiò poi a tre passi dal prigioniero, fece strusciare il vassoio sul pavimento polveroso e lo lasciò ai piedi dell'altro dopo aver tolto il panno.
Deimos sollevò un sopracciglio, le spalle storte e disarticolate. Fece tintinnare le catene mostrando il suo impedimento, infine fece ricadere lo sguardo sulla sua porzione di patate e carne bianca.
— Che gentile.
Nathalie lo osservò bene cercando di decifrare i suoni che aveva emesso. Si portò poi in piedi e sentì un brivido correrle lungo la schiena.
— Non capisco la tua lingua, demone.
Il tono le piacque anche se in bocca sentì l'amaro.
— Non ce n'è nemmeno bisogno.
La ragazza serrò i pugni, digrignò i denti e sfidò Deimos. Lo trovò insopportabile.
— Ma guarda te! Qualcuno cerca di farti un favore, di trattarti normalmente e tu lo deridi.
Non sei cambiato affatto...
Nathalie trasalì.
— La compassione non addolcisce quelli come me. Siete ridicoli, ve l'ho già detto. — il demone le urlò contro. — Non otterrete niente, non tradirò mai mia madre. La Regina. È questo quello che è. Più potente di qualsiasi sovrano umano, spietata come la morte.
La porta dell'ingresso sbatté e subito Nat pensò che Elizabeth fosse tornata per la pausa dal lavoro. Si accovacciò afferrando le estremità del vassoio e sporgendosi in avanti sussurrò: — Forse volevi dire folle come la morte...
Dopodiché vide un luccichio passare negli occhi del demone. Gli angoli della bocca si sollevarono in un sorriso storto e... spietato. Lui si stava divertendo, ma non come aveva immaginato inizialmente. Era sorpreso. L'odore delle pietanze si affievolì, il calore venne soppresso dal freddo. Tuttavia entrambi rimasero immobili; concentrati e con le rughe dello sdegno sulla fronte. Infine Nathalie sbottò. Un senso di sollievo si diramò dal suo petto nel mentre che accusava con un dito il prigioniero.
— Senti! Ti sei fatto catturare come un fesso e sei stato ingannato dalla stessa persona alla quale hai giurato fedeltà! Non credi che sia abbastanza? Dovresti svegliarti...
Tutto d'un tratto la testa prese a vorticarle. Deimos parve seguire i suoi movimenti. Uno strano dolore fu espresso dai suoi occhi.
I loro capi si abbassarono istintivamente, sottoposti a una pressione innaturale. Dall'altra parte della stanza la porta si aprì, qualcuno entrò e gridò aiuto, ma sia Deimos che Nathalie lo sentirono a malapena. Ciò che sentirono chiaro fu l'odore dei biscotti che non c'erano, quello del caffè allungato e il sole caldo che batteva sulle loro spalle.
Deimos fu il primo a resistere, ringhiò e scacciò un'insolito profumo. Non sapeva a cosa ricondurlo, era troppo dolce per piacere all'Inferno, ma non era la prima volta che lo annusava.
— Stammi lontana... Maledizione!
Provò ad artigliare e allontanare la ragazza. Qualcuno però lo precedette.
— Nathalie!
Elizabeth strattonò la ragazza facendola cadere a sedere. La trascinò lontana dal demone mentre Victor si frapponeva fra loro. Samuel accorse anch'egli, ma si premurò di tenere fuori dal seminterrato Cassandra e sua moglie. I loro cuori battevano forte, i respiri si mozzavano in gola. Nonostante quello, Caliel non aveva battuto ciglio.
— Lasciami!
Nathalie strillò e si dimenò. Scappò dalle mani di Elizabeth e riuscì a tornare in salotto a tentoni. La vista le pizzicava, il fiato non era abbastanza. Sbatté una coscia contro il braccio del divano nel momento in cui Abegail e Alexander rientrarono, entrambi allarmati. Hereweald spuntò dal piano superiore qualche istante più tardi. Li fissò irrigidendosi e rimase fermo, nel mezzo delle due rampe di scale. Tastava il legno liscio e lavorato del corrimano con immensa irritazione.
— Nathalie, che ti prende?
Abegail provò ad avvicinarsi, ma vide Elizabeth essere più rapida.
— Niente! Lasciami in pace.
Ansimò lei, paonazza. Non sapeva cosa fosse successo. Avvertiva le sue emozioni mescolarsi, i suoi timori prendere il sopravvento e i suoi sensi farla cadere preda del panico.
Che sia colpa di Aida?
Alexander percorse il salotto con tre falcate, raccolse il catenaccio dal pavimento e richiuse la porta del seminterrato con furia. Scattando nervosamente, represse il desiderio di sgridare Nathalie.
Si concentrò invece sull'indifferenza di Caliel, spalleggiandolo. Intanto Elizabeth aveva spalancato gli occhi, alzato le sue mani affusolate in segno di resa e aveva scosso la testa per esternare la sua disapprovazione. Trovò Nat insolente e questo la rattristò.
— Bene, — enunciò. — ma lascia che ti ricordi una cosa. Samuel e soprattutto quell'angelo... non vogliono che noi andiamo a fare visita al demone. — Samuel la guardò sorpreso e incuriosito. — Mia madre è troppo buona, lo sai. Avresti dovuto far andare H-Hereweald.
Abegail alternò lo sguardo tra le due, incrociando infine quello di Hereweald. C'era qualcosa tra di loro; qualcosa che Nathalie non le aveva ancora accennato. Lei però lo stava intuendo: non sarebbe finita bene. Non con Deimos intorno.
Nat si voltò. Era più bassa di Elizabeth. Si mise in punta di piedi per fissarla dritta negli occhi con il suo carattere ribelle.
— Purtroppo Liz, devo correggerti. Tuo padre e Caliel non vogliono... — fu un colpo basso, crudele. Abby tremò e fece per fermarla, ma ormai il danno era fatto. — E poi non è colpa di Talia, ero io a volerci andare.
In fondo è vero. Forse dovevo sincerarmi di aver torto. Eppure... Cosa diavolo è stato?
Nonostante quell'affermazione Talia abbassò il capo, sentendosi colpevole.
— Sei pessima.
Il tono di Elizabeth fu appena percettibile. Nathalie l'aveva ridicolizzata davanti a tutti. Si vergognò di averle permesso tanto. I riccioli caddero voluminosi attorno al suo viso, solleticandole la pelle. Dopodiché andò in camera sua.
Il silenzio fu teso. Durò diversi minuti, interrotto ogni tanto dal tintinnare delle catene di Deimos. Poi il cielo tuonò, l'aria si elettrizzò e una luce comparve tra le nuvole.
— Caliel, stai bene?
Alexander gli era accanto, non lo aveva mai visto così nervoso. Si stava torcendo i polsi fissando un punto indefinito nella strada di fronte.
— I miei fratelli si stanno muovendo. —pronunciò lentamente, come se avesse sbagliato qualcosa o... si dimenticato di qualcosa. — Presto Mikael sarà qua.
Angolo autrice:
Scusate, vi ho mentito, Gideon tornerà spesso nella narrazione.
Non so voi, ma Nathalie ci spera, anzi, è convinta che Gideon possa tornare anche se continuamente combattuta... Forse lo spera solo perché lei possa ringraziarlo e scusarsi per i suoi pregiudizi, forse per altre ragioni. Il fatto è che Deimos non vuole proprio collaborare... Ed Elizabeth si intromette.
Beh, spero solo che apprezziate come Nat si stia evolvendo ^^
Adesso tocca a Mikael. Come ha anticipato Caliel, presto arriverà e... Allora tutto cambierà, di nuovo.
Alla prossima,
Capitolo IV: Divisioni
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