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Capitolo XXXVI: Tortura

Inferno.

   Un urlo batté ripetutamente sulle pareti del carcere; un decimo, lo seguì poi a ruota intonando la solita canzone. Pareva di rivivere in continuazione lo stesso, massacrante istante: un fischio, uno schiocco e – infine – il dolore. Dolore che lacerava odioso, vittorioso; sfregiava cristallino e bruciava quanto le fiamme tra i dannati.

Tra il buio interrotto ogni tanto da fiaccole semi morenti e le ombre in movimento degli aguzzini, una sagoma stringeva i denti provando – invano - a negare il piacere alle creature che la colpivano. Ogni suono che produceva sottolineava lo sforzo della voce stanca e sofferente. Voleva smettere, fermarsi e attendere la conclusione di quel supplizio senza reagire. Erano tre le creature e danzavano tra le sue piaghe profonde e il sangue nero quanto l'inchiostro, seguendo precise un copione.

È colpa tua!

   Strillò il più alto che era ricoperto dalla testa ai piedi di ustioni e tumefazioni, per poi colpire il prigioniero con un colpo di frusta.

L'hai corrotta, non avevi il diritto di amarla. — recitò poi un secondo, gioendo alla vista degli spasmi frenetici. — Eri già felice con la nostra regina che ti scaldava il letto, perché mai l'hai dovuta tradire?

   Un altro colpo volò nell'aria rafferma; le ali del detenuto si strapparono aggiungendo sangue al sangue. Successivamente scesero copiosi fiotti, ma i carnefici non erano ancora soddisfatti: la schiena non bastava.

Quella sgualdrina ha meritato la sua fine! — il terzo demone gli si avvicinò sussurrando tra la felicità malsana sporchi insulti e inondando la vittima del suo alito marcio. — Guardatelo. — rise poi, sferrando un calcio al ferito e trascinandolo per i capelli nella polvere mista al liquido vischioso. — Tu saresti il nostro tanto temuto Ade?

   Proseguì contagiando i compagni con il proprio sorriso.

Vedremo quanta paura farai dopo questo!

   Enunciò fiero colui che fino a quel attimo aveva retto le redini del gioco, pregustandosi la carne del prigioniero. Alzò nuovamente l'arma, accendendo una luce nei suoi occhi sadici e immondi, per poi scagliare lennesimo colpo, quella volta diretto al volto. Tuttavia non riuscì ad assestarlo.

Basta!

   La frustata cadde svigorita e Lilith fece il suo trionfante ingresso con indosso una nuova veste: un lungo abito elegante, dal color scarlatto che le metteva in risalto i fianchi stretti e il seno, mentre i capelli li aveva raccolti in una crocchia pulita e meticolosamente ordinata. Pareva tutt'altra persona - o meglio - creatura. Emanava un'autorità che le conferì il potere di dileguare i tre aguzzini con un semplice gesto. In seguito il respiro spezzato del demone si intensificò.

Lucifer, — con la sua solita voce seducente e irritante richiamò la figura incatenata. — come ti trovi nel tuo nuovo alloggio?

   Chiese coprendosi successivamente la bocca con un movimento, tanto delicato quanto falso.

Mi fai schifo!

   Le sputò addosso Lucifer. Non si sarebbe mai mostrato debole di fronte a quella pazza. Tossì provando a mettersi seduto tra il suo stesso sangue che continuava a scorrere. Successivamente le catene attorno ai suoi polsi si tesero, scontrandosi e suonando fameliche. Gli abiti squarciati dalle torture lo coprivano a malapena ed erano pregni di sangue. Il potere di un re rispecchia lo splendore del suo regno, ma Lucifer aveva perduto ogni cosa, persino ciò che non pensava di possedere. Il suo dominio era crollato così come la sua forza, non era capace di alzarsi in piedi, tanto meno di rivendicare l'Inferno. Poteva nasconderlo con le sue espressioni, ma era evidente quanto fosse debole.

Era solo, assediato da disertori vogliosi di insorgere e spezzare l'equilibrio. Pensò che tra non molto il Castello nel Cielo e l'oltretomba si sarebbero fronteggiati in una guerra senza precedenti. Lilith doveva giungere ad una vittoria. Prima avrebbe distrutto il sottosuolo con le guerre interne, poi le fiamme della gelosia avrebbero corroso anche le nuvole degli angeli.

Sei tu quello spregevole! — sbraitò Lilith mutando completamente la sua espressione innocente. La sua voce ringhiava nella loro lingua maledetta. — Non ti bastavo?

   Si mosse poi con lentezza estenuante, sovrastando Lucifer e - all'improvviso - aprì le ali. Il suo folle sguardo seguì il contorno di queste, scivolando infine sul prigioniero. A quel punto sorrise, compiaciuta nel mirare il lavoro dei suoi sottoposti: le estremità dell'uomo erano simili alle sue.

Hai avuto ciò che meritavi da tanto.

   Si avvicinò prepotente e afferrò il volto di Lucifer - pallido e smorto - fra le dita portandolo nella sua direzione. Nemmeno le profonde occhiaie e le cicatrici lo avevano sminuito, ma la donna dovette stringere i denti. Sogghignò beffarda annullando lo spazio fra loro due mentre l'altro tendeva il collo. Lucifer aveva il corpo in una posizione scomoda e gli arti tirati all'indietro a causa dei vincoli in ferro.

Edith era un angelo impuro. La sua anima umana sarebbe dovuta finire dritta tra i peccatori e bruciare in eterno, — disse godendo quando Lucifer provò a muoversi peggiorando la sua situazione. — ma, adesso che è estinta, tanto meglio. Ha avuto anche lei quello che meritava.

   Scandì lentamente vedendo le emozioni fare a botta nelle negli occhi del demone. Era debole certo, ma la furia gli invase comunque lo sguardo tanto che la donna vacillò per qualche istante.

Maledetta!

   L'ira aveva vinto sul rancore e sul dolore. Lucifer contrasse i muscoli sforzando il metallo che gli bloccava polsi e caviglie, ma non riuscì neanche a sfiorare la sua nemica. Si ritrovò a dover udire la sua macabra risata percuotergli i timpani. Compreso di non poter vendicarsi - non in quello stato pietoso – lui poté soltanto gridare. Enumerò pene che desiderava infliggerle, tuttavia le sue parole sbiadirono in quella stessa grotta, scavata da lui millenni orsono.

La ricompensa per essersi accasciato fu un ennesimo sorriso vittorioso.

Piccolo mio, — asserì Lilith come se nulla fosse avvenuto. — mi hai costretta a salvare il nostro regno.

   A lei parve una cosa ovvia e assolutamente giustificata. Il tono pacato rese la sua affermazione ancor più accettabile, ma se solo i demoni si fossero accorti delle reali conseguenze; se fossero stati più intelligenti non si sarebbero schierati con quella pazza. Nessuno lo avrebbe fatto, eccetto coloro che amavano il brivido dell'incontro con la morte eterna. Il pianeta non doveva subire atrocità peggiori di quelle generate dagli uomini; non se lo meritava. Eppure, a Lilith non importava: la sua rivalsa veniva prima di ogni cosa.

La donna si sistemò un poco alcune ciocche uscite dall'acconciatura. Le sfumature rossastre dei suoi capelli catturarono il chiarore morente delle torce, così come fecero i suoi occhi. Un moto crescente di malumore balenò al loro interno, ma venne prontamente sostituito dalla medesima scelleratezza che tanto la contrassegnava.

C'è molto spazio in questa grotta, non trovi?

   Disse con un sorriso sulle labbra. Lo sguardo languido perlustrò poi gelido la sua vecchia prigione, perdendosi nella memoria e rivivendo fra quelle rocce, graffiante dalle sue emozioni e modellate per la sua felicità, momenti trascorsi in solitudine. I suoi tacchi ticchettarono sopra le pietre polverose, allontanandosi da Lucifer.

Non preoccuparti, tuo figlio ti raggiungerà presto! — indicò un punto sulla parete alla sua sinistra. — Le sue catene staranno benissimo in quel punto. — parlò come se dovesse arredare un ambiente casalingo, indicando uno spazio vuoto accanto al prigioniero. — Non temere però, è solo una sistemazione provvisoria.

   Specificò alzando la mano destra con nonchalance e socchiudendo gli occhi. Pensava già vittoriosa che il ragazzo non avrebbe retto tanto quanto il padre e che lei avrebbe avuto sotto la sua custodia pure i poteri del giovane ibrido. Lucifer sbiancò maggiormente accasciandosi tra sangue e sabbia. Voleva parlare, ma le forze lo stavano abbandonando rapidamente.

Debole, insulso, inutile. Ci hai traditi! I pensieri dei suoi sudditi, delle sue stesse creature gli riempivano la testa.

Hereweald sarà contento di servirmi. Gli insegnerò più di quanto tu abbia mai fatto! Povero piccolo, in effetti ha proprio bisogno di una figura materna!

   Rise strappando il velo di compostezza dell'altro che - dondolandosi lievemente sulle ginocchia - acquistò un pizzico di umanità. Fu così che, Lucifer cadde definitivamente nella sua rovina. Delle lacrime gli bagnarono il viso deturpato; milioni erano i pensieri attribuiti a queste. Non parlò, semplicemente si rinchiuse nel suo baratro dannato.

Intanto Lilith si era già ritirata. Camminava decisa lungo il corridoio dei suoi sogni più reconditi. Il palazzo infernale era diventato una sua proprietà. Si godè quegli ambienti gustando le mattonelle grezze a piedi nudi e volteggiando sotto l'ampia volta a botte che ampliava visibilmente lo spazio. Numerose erano le torce che scintillavano alle pareti tingendo il soffitto di pece e inebriando l'aria solforosa con l'acre odore dell'olio bruciato: proprio come lei ricordava.

Ogni suo seguace era stato mandato in cerca di superstiti. Gli oppositori sarebbero diventati degli schiavi. La manodopera che avrebbe eretto un nuovo palazzo, più sgargiante e altezzoso, il quale avrebbe firmato la definitiva fine del regno di Lucifer.

Tutti gli atri del castello in cui passeggiava erano inabitati, pronti alla demolizione; tutte le sale tranne quella del trono, la sua destinazione.

Inspirò profondamente una volta giunta in prossimità del portone dalle incisioni in movimento; accarezzò poi quei rilievi incatenati in un fuoco dannato e – infine - svuotò i polmoni, spalancandolo.

Era inutile per lei respirare, ma c'era qualcosa in quell'atto che la faceva sentire nuovamente viva e le infondeva il vigore necessario per abbattere le barriere. Le rammentava la sua vita sulla Terra, quella vera, da umana. Tuttavia anche il tradimento era parte di quelle memorie. Il suo primo tormento che era diventato eterno annientandola per la seconda volta anche lì, dove una come lei, acerba e maledettamente egoista, doveva solo divertirsi e cibarsi di anime.

Battè un pugno sul tavolo delle carte - unico mobile eccetto l'osannato trono - con una tale forza da incrinare il materiale roccioso. Dopodichè si precipitò verso le gradinate marciando furibonda. I suoi occhi fissarono lo schienale scintillante del seggio che aveva affiancato innumerevoli volte ai banchetti e cerimonie. Non si fece scrupoli e si sedette gonfiando il petto.

È l'ora di farsi sentire. Chiuse gli occhi e poggiò definitivamente la testa sullo schienale. Doveva chiamare suo figlio; fargli sapere che non era valso a nulla fuggire poiché loro erano legati. Erano creatore e creatura.

Gideon! È inutile opporsi, fammi vedere dove vi trovate. Il giovane però la buttò fuori dalla mente in maniera brusca. Non era mai accaduto. Si stava opponendo?

    — Bene, sai cosa spetta a chi disobbedisce a un mio ordine! Arricciò il naso, scuotendo la testa e concentrandosi maggiormente iniziò ad enunciare una maledizione:

Lame infuocate, tizzoni ardenti;

segnate nel profondo, scalfite veementi i vostri disertori immondi.

Che essi avvertano le pene della vostra rabbia, il furore della collera;

e non manchi un vostro ricordo sulle loro pelli.

Bruciate, imprimete,

bruciate e sfregate in profondità,

fino alle ossa.

   — Non toccarmi! Lilith spalancò gli occhi e si irrigidì muovendosi in avanti, fin quasi cadere dal trono. Le pupille le si erano dilatare talmente tanto da nascondere l'iride. I suoi occhi erano due vortici di oscurità.

   — Oddio... Cosa gli sta succedendo? In quel momento li potè vedere: le due umane e la sua preda, Hereweald. Le immagini erano cristalline come le grida di Gideon. La donna inclinò il capo incuriosita.

   Il Coed Diflas? Davvero divertente. Commentò riaccomodandosi sul trono per compiacersi del suo lavoro. Neemìa aveva visto giusto. Stavano cercando di scappare, ma glielo avrebbe impedito.

Mi sta chiamandosussurrò Gideon rivolgendosi al suo principe. — Devi portarle via! Lilith attese altri minuti muovendo la mano sinistra come per indirizzare l'anatema a disegnare un avvertimento per Hereweald. Era rimasta impressionata dalla bellezza delle ali del ragazzo: un'eleganza impura proprio degna di un sovrano. Conclusa la sua opera i lati delle sue labbra non poterono non incurvarsi all'insù.

Il principe aveva un'espressione così decisa, coraggiosa, ma la donna sapeva cosa si nascondesse dietro a quello sguardo. Successivamente la connessione si frammentò improvvisamente e lei fu costretta a sbattere le palpebre.

   — Allontanatevi il più che potete. Le parole continuarono a propagarsi come un eco tremate e soffuso. Lilith sapeva che nessuno le sarebbe sfuggito, era solo questione di tempo. Non avrebbe corso perché ogni cosa era sotto al suo controllo; ogni tassello si era congiunto, mancava solo la cornice.

Non sperare troppo piccolo, dobbiamo ancora dar inizio alle danze... — sussurrò abbandonando la sala. — e tu sarai il mio cavaliere.

Angolo autrice:

Contenti? Sono riuscita ad aggiornare con un po' di anticipo (proprio poco ahah)

Adesso le cose diventano molto complicate.
Sono stata cattiva, lo so, ma Lilith non riesce più a controllarsi...

Crudeltà a parte, vi è piaciuto?
Come pensate che possa prendere Harry?

Vi aspetto nel prossimo capitolo per scoprire che cosa stanno facendo i "nostri eroi" ^^

Un bacione!

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