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Capitolo XXVII: Lucifer

Inferno.

   Tempo di un respiro e Gideon fu improvvisamente ricoperto da uno strano fumo scuro. I contorni delle ragazze intorno a lui non fecero in tempo a sfumarsi che il misterioso miasma le divorò voracemente. Tuttavia questo non impregnava gli abiti com'è solito fare, anzi nemmeno provava ad attaccarsi agli intrecci della stoffa.

Hereweald e lui passarono qualche secondo - che parve però un'eternità - dentro un lungo corridoio. In un batter di ciglia le nubi lo avevano formato sostituendo le pareti opache dell'appartamento di Alexander. Fu solo successivamente che Gideon provò a prendere aria, ma il vuoto non acquietò la necessità dei suoi polmoni pressoché umani. Né dal naso né dalla bocca riuscì a incanalare un briciolo di ossigeno per nutrire le cellule del suo corpo. Sicuramente se fosse stato un comune essere umano, non sarebbe sopravvissuto, contorcendosi e soffrendo quanto un animale fino al collasso.

— Sorpreso?

   Domandò Hereweald, inarcando un sopracciglio curioso.
Li separavano pochi passi, oppure in quel luogo era solo tutto una mera illusione? Un abbaglio che certamente faceva girare la testa a Gideon. Hereweald intanto camminava calmo, con compostezza e un pizzico fiero; di fronte alla stranezza delle sue capacità non dette segni di cedimento.

Quanto tempo gli ci era voluto per coordinare mente e corpo e creare a quel posto di stallo? Sorrise debolmente ripensando agli spaventi che faceva venire a Sarah. Gideon invece non rispose alla precedente domanda. Secondo lui non era importante farlo, le sue espressioni compensarono il silenzio. Era sbalordito, destabilizzato e meravigliato come un bambino.

I suoi occhi brillarono estasiati. Mai in vita sua aveva potuto fantasticare sull'apparenza dei poteri di uno demone maggiore, tanto meno di poterne usufruire. Gideon era un demone di classe base, proprio al limite fra sporcizia e creatura. Come lui stesso - spesso e volentieri - si ricordava: era più simile ad un umano che ad una creatura tombale. Più di quanto volesse, o forse no? Quello non riusciva a spiegarselo.

— Seguimi, svelto.

   Decretò l'altro facendo riecheggiare i suoi passi in quello spazio utopico. Subito dopo, un rumore eguagliabile a delle vibrazioni dai toni discordanti sopraggiunse dalle spalle di Gideon. Il crescendo di brusio lo mosse affinché potesse mirarne la provenienza. Bastò un attimo per volgersi indietro e vedere le pareti colare come inchiostro; sgretolarsi e trasformarsi in un liquido maleodorante. Successivamente vide quella sostanza mescolarsi a massi e terreno. Non era più gassosa.

Allora capì: se non avesse seguito Hereweald probabilmente sarebbe stato sbalzato fra le rocce e il terriccio degli strati inferiori della Terra. In quel momento si trovavano in una fase di passaggio. Si voltò e corse; corse a perdifiato nell'unica direzione possibile. Quel posto altro non era che un tunnel dal percorso infinito, ma pur sempre dotato di una sola direzione.

Falcata dopo falcata l'energia dell'onda putrefacente aumentò fin quasi sfiorargli i piedi. Improvvidamente la sua strada sembrò interrompersi. Un muro buio come la notte lo metteva in trappola, mentre lo strano liquido continuava a inseguirlo con la ferocia di una pantera.

— Principe!

   Gridò non vedendo alcuna traccia di Hereweald e servì un secondo. Gideon sbatté contro la fine del vicolo, ma invece di farsi male a ridosso di una vera e propria parete, la oltrepassò come se non esistesse. Colto alla sprovvista dal cambiamento dello scenario, ruzzolò poi a terra. Pietre levigate e coperte di sporco furono l'appoggio improvvisato per mani e ginocchia.

— Cosa diavolo!

   Urlò per poi essere zittito da Hereweald che aveva un ghigno scherzoso in faccia. Sembrava intoccato e spietato: si era divertito con lui. Se solo Gideon non avesse saputo la sua identità, il ruolo da soldato gli sarebbe calzato a pennello.

Strisciò ancora un po' tra i residui della pavimentazione nel mentre che avvertiva le unghie sporche e il silenzio fare da padrone indiscusso. Le uniche fonti di luce erano sparse, lontane in egual misura e poggiate rudemente alle pareti rocciose. Quelle torce bruciavano emanando un brutale odore di olio e fumo, tuttavia erano perfettamente in sintonia con l'arredamento essenziale della sala e l'atmosfera luttuosa.

Le narici dei due demoni furono invase dall'acre fragranza, ma qualcos'altro ottenne la loro attenzione. Una figura era raggomitolata e sedeva tra lo sfarzo di un trono composto ai suoi piedi da teschi, su cui l'oro era colato copioso. Delle sporgenze vertiginose simili a dei raggi nell'estremità opposta brillavano puntando verso il soffitto. Gideon spalancò gli occhi. Non aveva mai visto il suo sovrano né avrebbe dovuto prostrarsi al suo cospetto.

— Padre.

   Lo richiamò intanto Hereweald, ingoiando la bile. Non sapeva da dove sarebbe stato meglio cominciare. Lucifer non rispose, si mosse solamente guardando i due intrusi con sguardo perso. Aveva una lieve barba un poco brizzolata; i capelli scuri erano lunghi fino a metà collo, scalati e spettinati. La pelle - sia sul volto che sulle braccia - era macchiata da squame e bruciature in vari, molti punti. Era evidente che nemmeno stesse provando a nascondere il suo vero aspetto: la conseguenza delle sue decisioni.

— Vedo che hai portato un prigioniero... — asserì con voce roca e profonda. — Ma non serve più a niente. — pronunciò poi mirando oltre suo figlio. — Per ogni demone ribelle catturato, c'è ne sono almeno altri cento che si alleano contro di me.

   Non gli importava più di niente; sapeva di essere stato sconfitto. Lucifer rise sommessamente e le movenze dei suoi capelli catturarono il tremore dell'azione. Dopodiché sbuffò e mosse la testa come se qualcuno gli avesse parlato e lui stesse rispondendo con una negazione.

— Sono stato punito dai miei fratelli — cominciò esponendo i suoi pensieri. I suoi occhi si aprirono per sottolineare l'ovvietà. —Giustamente. — annuì poi con il capo. — Ho creato un luogo dove potermi sentire appagato, ho dato vita a milioni di creature perché il bene non esiste senza il male

   Proseguì senza freni, incurante del resto.

— Tutto quanto era perfetto. Anche tua madre

   Sussurrò. Occhi fissi nel passato e parole dolorose che rispolverarono gli antichi cassetti delle sue emozioni malsane. Il Diavolo innamorato di un angelo per l'eternità. Questa era la sua punizione più grande e penosa. Punizione donatagli dal destino e che stava scontando il regno intero.

— Sono un re, un immortale per nascita, ogni umano mi teme. Hanno paura di ciò che il mio reame porta nei loro cuori e alle loro anime, persino i miscredenti hanno timore. Eppure... — la voce gli morì —Eppure non sono in grado di conoscere il nome di chi ha messo il mio stesso popolo contro di me!

   Urlò tirando un pugno al trono: un vizio di famiglia. Lucifer dopo aver viaggiato tra le stelle, esser cresciuto insieme ai pianeti, si ritrovava a essere un inetto, buono solo a vivere e rovinarsi con ricordi di una vita passata. Era debole e l'Inferno non aveva più bisogno di lui.

Allora, quale metodo migliore di una rivolta per farglielo comprendere appieno?

— Lilith... — una voce dubbiosa strappò i pensieri dei due sovrani. — Il nome del capo di questa ribellione è Lilith, mio Signore.

   Gideon tremò sotto lo sguardo di Lucifer; aveva affrettato le cose e probabilmente quella sarebbe stata la sua ultima azione. Nonostante fosse ancora rasente terra e i suoi insegnamenti gli proibissero categoricamente la sottomissione a Lucifer, non aveva nessuna intenzione di alzarsi. Forse fu ciò a salvarlo.

— Alzati!

   Purtroppo non poté venir meno a quel comando impartitogli. Lui aveva un troppo potere. Gideon compì dunque quel gesto lentamente, cauto e intento a studiare le reazioni.
Sarebbe morto per aver detto la verità?

— Stai forse dicendo che io abbia fallito nel punire, oppure abbia graziato un mio precedente traditore!

   Sbraitò Lucifer fuori di senno. L'intera sala vibrò e le fiaccole accrebbero la loro luce.

— Non ho detto questo...

   Gideon aveva paura; era bianco in volto e fremente quanto una fragile foglia. L'avvertiva scorrergli nelle vene: la morte. Fredda, scura e senza ritorno.

— Padre, probabilmente non vi siete accorto della sua prestante sete di vendetta Potrebbe essere sopravvissuta, ma... — intervenne allora Hereweald. — cosa vi ha mai fatto?

   Lui sperava di reindirizzare la rabbia del padre, ma non conosceva quanto ciò fosse imprudente. I giovani non sapevano cosa Lilith avesse fatto per meritare il suo esilio, e quindi l'oblio. Quella era un'altra delle tante storie celate all'interno delle mura del palazzo. Racconti sigillati fra i mattoni e le pietre delle pareti millenarie. Nei secoli solo poche e disconnesse voci erano giunte alle orecchie di Hereweal. Sapeva che lei era la favorita, una delle stelle fra il marciume dell'oltretomba.

Che fosse un'amante di Lucifer? Più di una volta quell'idea assurda si era stabilita nella sua mente e nulla poteva descrivere il suo senso di disgusto da lui provato. Era strano, pur non conoscendo sua madre si sentiva in difetto e terribilmente in pena per lei. Conosceva le azioni dell'uomo che amava? Lo amava realmente oppure non sapeva nemmeno chi fosse in realtà? Hereweald scacciò quelle riflessioni e puntò a scoprire meglio chi era Lilith per suo padre.

Se ciò che si vociferava era la realtà, com'era accaduto che lei fosse finita ai confini della follia? Sola, odiata e rinnegata?

Qual era il torto che aveva fatto a Lucifer?

— Non sono spiegazioni che devo ad un essere come lui.

   Dichiarò a denti stretti indicando Gideon. Hereweald si morse la lingua: si stava riferendo proprio al figlio. Chi avrebbe dovuto conoscere il motivo della carcerazione di sua madre se non lui? Quello però non poté spiegarlo: Gideon gli serviva ancora vivo. Nuovamente un fugace paragone saltò nella mente di Hereweald: il passato di entrambi era incompreso e del tutto sconosciuto.

— Lui non è un prigioniero. — disse con veemenza. — Era un alleato di Lilith, ma per nostra fortuna qualcosa lo deve aver fatto ragionare.

   Il principe non perse tempo e avanzò verso Lucifer mentre un connubio di ricordi vagarono negli occhi di Gideon.

Le urla, le suppliche fino ad arrivare al fuoco e il disgregamento di una vita ottenuto troppo facilmente: quella di Layne. Hereweald - pur non dimenticando le mancanze egoiste del padre - dovette far in modo che comprendesse di non essere solo in quella battaglia. Non avevano gli stessi fini, ma il mezzo era il medesimo.

— Chi è Abegail?

   Come al suo solito, Lucifer si intrufolò fra i pensieri dei suoi sottomessi, in un momento poco opportuno. Gli mancavano pochi gradini e il re sarebbe stato alla sua portata. Solo questo aiutò Hereweald a distogliere il pensiero dal volto della ragazza e crearne un altro: quello di Lilith. Si sforzò per ricordare un ritratto che aveva visto da bambino. Gideon intanto increspò le sopracciglia in un'espressione confusa.

— Focalizzate la vostra attenzione su Lilith. — ringhiò poggiando bruscamente le mani ai bordi del seggio e sfiorando il naso del padre con il proprio. — Riprendetevi il vostro regno e punite colei che già in passato vi ha fatto un torto.

   Erano occhi negli occhi, si stavano scrutando a vicenda.
Un sorriso raggelante scavò poi delle fosse nel viso del re. Hereweald sperò essere riuscito a smuovere il male dormiente dentro al Diavolo.

— Il torto non lo ha fatto solo a me, ma pure a te, figliolo. — comunicò Lucifer. — Devi ringraziare lei se non hai mai conosciuto tua madre.

   Le ferite che quelle parole provocarono non sarebbero mai state risanate. La ragione scemò facilmente. da troppo tempo l'oscurità stava pressando per uscire allo scoperto e in quel modo lo sguardo del principe esplose dalla rabbia.

— Allora, riapriamo i sotterranei cosicché i demoni a te fedeli si riforniscano di armi. Non possono essere tutti impazziti!

   Lucifer sghignazzò. Aveva ceduto alla luce un pezzo del passato e così facendo aveva provocato la sua stessa voglia di vendetta nel figlio.
Era stato facile per entrambi ottenere ciò che desideravano, molto più del previsto. I due si intesero indirettamente.

— Tu! — esclamò improvvisamente il sovrano. — Spero per te che mi abbia raccontato la verità altrimenti subirai la rabbia che hai riacceso in me. Guiderai il mio esercito nella sua tana.

   Lucifer fu chiaro e coinciso.

— Lilith non si è mai mossa da dove l'avete confinata...

   L'insicurezza scandì le parole di Gideon.

— Allora mi mostrerai la via più rapida.

   Sentenziò l'altro alzandosi e dando una pacca sulla spalla a suo figlio. Una sintonia strana girava attorno ai due.

— La vendetta sarà più dolce gustata in compagnia.

   Era tornato in sé anche se ancora mostrava i segni della sua debolezza. Dicendo ciò Lucifer si apprestò a chiamare una guardia fuori dal portone della sala. Il demone che fece la sua entrata era avvolto in un'armatura essenziale, poco vistosa e arrugginita che delineava la massa asciutta, ma muscolosa di un milite. Possedeva le zampe di un toro, mentre la parte superiore ricordava un gigantesco lupo dal manto ramato. Un'espressione scioccata si formò nel vedere gli intrusi a lui sfuggiti, poco prima che degli sbuffi partissero dalle narici, ma fu questione di pochi secondi.

Lucifer mosse le labbra e l'altro si spostò mettendosi prima sull'attenti e poi correndo nuovamente fuori dal salone. I pesanti passi mescolati ai ringhi gutturali, si udirono per un tempo indeterminato mentre la sua voce gridava innumerevoli rumori apparentemente senza senso.

Aprite i sotterranei! Tutti alle armi!

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