Capitolo XXVI: Drastica Decisione
Il sole era alto nel cielo terso. Il canto degli uccelli e il fruscio del vento erano appena udibili tra le fronde verdeggianti del bosco. Un tripudio di vita come l'aria e lo scrosciare dell'acqua; fino ai caldi raggi del sole e alle piccole gocce di rugiada. Natura e vita coesistono da miliardi di anni, ma sarebbero entrambe scomparse nel giro di poche lune.
Gli animali non avrebbero più cacciato né arricchito le lunghe notti con i loro richiami. Le piante sarebbero state bruciate, corrose e lambite dal fuoco mentre gli uomini non avrebbero mai più solcato i confini dei loro limiti, mai più gioito e amato. Persino la magia dell'alba e il romanticismo del tramonto sarebbero svaniti. I loro colori, quelle loro sfumature idilliache sarebbero state l'ultima traccia della meraviglia della Terra. Una meraviglia nostalgica.
Quello era il progetto di Lilith e da ciò nessuno sarebbe fuggito.
Lo scandire del tempo era stato toccato da quella sentenza di morte, così vicina e tangibile da poterla sfiorare con la punta delle dita.
— Devo parlare con mio padre.
Decretò Hereweald spazientito. L'ansia lo aveva aggredito con ardore e la consapevolezza di sentirsi legato ad Abegail era stato per lui un duro colpo. Erano passati pochi minuti, tempo sufficiente perché percorresse avanti e indietro dozzine di volte il soggiorno. Tuttavia le parole di Gideon si facevano ancora sentire come se le continuasse a ripeterle anche in quel momento.
— Questa città sarà la prima a soccombere.
Si portò le mani tra i riccioli, tormentò le sue labbra nel mentre che gli occhi esprimevano paura.
— Non servirebbe a nulla, mio principe.
Gideon lo sapeva meglio di chiunque altro: lo stesso Lucifer si era abbandonato a un baratro di disperazione. La solita voragine in cui Lilith era piombata l'attimo del suo esilio. Un solo, scialbo ma determinate fattore differenziava questi colossi dell'oltretomba: il primo dominato dalle emozioni, aveva perso la concezione del proprio ruolo mentre la seconda aveva sfruttato la situazione per rinascere.
— Devo provare.
Sussurrò Hereweald cadendo su una sedia.
Sarah è morta a causa sua, non posso permettere che vinca nuovamente. Rifletté con asprezza piegando le labbra in una smorfia disgustata. Il pensiero di Lilith lo stava già corrodendo. Non devo lasciare che capiti di nuovo.
Impedire un'altra morte stava diventando un'ossessione. Per un attimo si interrogò su cosa avrebbe potuto dire suo padre nel sentire i suoi pensieri. Tuttavia la pesantezza del senso di colpa gravò su di lui distraendolo. Non era diminuita, era semplicemente stata nascosta dalle altre scoperte e – in quel momento - ebbe la conferma che - inevitabilmente ciò che aveva subito Sarah sarebbe successo all'intera umanità. Miliardi di persone sarebbero state ridotte a concime e divenute anime per i banchetti infernali.
Lilith aveva progettato tutto quanto. Ogni cosa era studiata nei minimi dettagli; pareva non avere difetti, essere un muro impenetrabile. Nessuna delle precedenti guerre umane avrebbe potuto eguagliare un tale genocidio.
— Tu verrai con me. — sentenziò Hereweald mirando severamente Gideon. — Racconterai tutto al cospetto del tuo legittimo sovrano. Non posso condannarti per essere nato da una traditrice, ma devo ancora capire se fidarmi ciecamente di te e in questo modo avrai l'occasione per mostrarmelo.
Serietà e compostezza scandirono le sue parole. Fu un comando deciso al quale l'altro non poteva controbattere. In seguito Hereweald vide Abegail posare una mano sopra al proprio viso e reprimere le lacrime. Si trovava nella cucina con Nathalie e Alexander, ma aveva origliato il loro discorso. Lui comprese quanta paura avesse. Poteva leggere la morte nei suoi occhi nel mentre che avvertiva in sé una strana rabbia.
— Non mi crederebbe mai... — Gideon parlò, negando convulsamente con il capo chino. — Mi ucciderebbe!
— Moriresti ugualmente!
Ringhiò Hereweald sempre più spazientito. Gli occhi gli brillavano e la voce profonda sembrò non appartenergli. Dopodiché tirò un pugno al basso tavolo distante da lui pochi centimetri. Il legno di fattura scadente si incrinò sotto il suo rude gesto e nemmeno lui comprese il perché di quel suo cambiamento. La vista gli si era annebbiata per brevi istanti subito dopo aver osservato le mosse della ragazza.
— Non hai scelto una strada semplice. — spiegò al ragazzo con occhi spalancati e lucidi. — Se tu tornassi da Lilith, ci penserebbe lei a farti fuori. A meno che tu non ci ti stia prendendo gioco di noi.
Gideon lo sapeva benissimo e scosse la testa per confermare ulteriormente quello che aveva confessato. Tremava, chiunque lo avrebbe fatto se consapevole di star andando fra le braccia del buio eterno. Sbuffò dal naso, cercando un soggetto su cui posare l'attenzione e distrarsi. Qualsiasi oggetto lo avrebbe accontentato purché non fosse il suo principe.
— Perché hai deciso di rischiare tutto, tradendo tua madre?
Gli venne chiesto e lui rispose esprimendosi attraverso dei rumori gutturali Il tono con cui Hereweald gli si era rivolto era piatto, quasi non vi fosse reale interesse. Tuttavia si mostrò subito interessato non appena la risposta gli fu chiara.
— La ragazza?
Perplesso e pure estasiato Hereweald si fece avanti, rispecchiandosi un poco in Gideon. Lo sguardo chiaro di questo - che prima era concentrato su di un particolare oltre le vetrate - corse severo a cercare quello dell'altro demone. Lo aggredì con un'espressione crudele che lasciò allo stesso tempo basito il principe.
— Anche voi non potete dire diversamente!
Rispose a tono, tagliente quanto una lama.
— La mia non era un'accusa.
Si giustificò prontamente Hereweald. Infatti lui si sentiva sollevato. Poteva dirsi non più solo. I demoni non provano altro che odio e rancore, ma loro due erano diversi. O così pareva. I suoi occhi volarono mesti fino alla porta che collegava il soggiorno con la cucina. Lì vide nuovamente l'ancora che lo inchiodava alla superficie terrestre: Abegail.
Possibile che una manciata di giorni lo avessero incatenato a lei? Era fuggito da una prigione per ritrovarsi in un'altra. Quando la ragazza si accorse che la stava guardando e ricambiò, lui abbassò colpevole il capo. Era appesantito da sensazioni che non comprendeva. I suoi studi erano inefficaci di fronte a quelle strame emozioni, le sole che - al momento - che muovevano le sue azioni.
— Proprio per questo però, farò anche l'impossibile pur di tenerla al sicuro.
Era ormai impossibile procrastinare gli eventi quindi l'unico modo per imporsi e avere una qualche chance era agire prontamente, senza ripensamenti.
— Volete veramente tornare nel sottosuolo?
Fu il turno di Alexander. Tornò nella sala e subito notò il tavolo scheggiato vicino a Hereweald. Storse la bocca, ma lasciò correre perché una domanda gli si palesò in testa: gli angeli sapevano cosa stava per accadere? Scosse poi la testa tornando a rivolgersi ai due demoni.
— Vi scopriranno ancor prima che posiate la suola delle scarpe su qualche roccia disgustosa...
Ammise incrociando le braccia al petto.
— Mi materializzerò nella sala del trono, nessuno ci tenderà agguati, anzi nessuno saprà che saremo laggiù.
La necessità può far sfumare le controversie. Lucifer e Hereweald non erano mai andati d'accordo, eppure il giovane era disposto a concedere una tregua.
— Credo invece che tu dovresti avvertire gli alati. — sperava seriamente che gli angeli fossero coerenti ai loro stessi principi e che avessero percepito l'insurrezione dell'oltretomba, a differenza di suo padre. — Avranno un piano, un esercito...
Sostenne liberando i suoi pensieri frustrato. Potevano gli angeli essere tanto clementi da aiutare anche il proprio nemico? In fondo sia l'angelo perduto che i suoi ex fratelli avevano un nemico comune in quella battaglia.
— Non sarebbero disposti a prestar soccorso al loro primo traditore.
Alexander ci credeva fermamente. Nemmeno in prossimità di un collasso così grande la volta celeste si sarebbe alzata dal proprio seggio sfavillante. Lasciavano al corso del tempo il compito di rimediare alle calamità. Hereweald soffiò spazientito e svuotato di ogni piano di contrattacco. Poi un lampo di genio lo investì in pieno: se la fine era inevitabile, avrebbe potuto almeno allungare l'aspettativa di vita di Abby allontanandola dal campo di battaglia.
Nell'esatto istante in cui gli giunse in mente quell'idea, Abegail e Nathalie tornarono nel soggiorno. Allora lui compì un gesto repentino e abbandonò la sedia su cui sedeva, ottenendo l'attenzione di tutti gli altri ragazzi. Stette in piedi, statuario quanto un soldato, ma sbalordito come un bambino.
— Oltrepassiamo la barriera!
Un timbro esitante si fece udire dai bassi gorgoglii della sua gola, trasformando l'annuncio che doveva essere in principio, in una richiesta soffocata. Persino il suo subconscio - pressato dall'agitazione - comprendeva l'assurdità di quella decisione.
— Usciamo dai confini di Fidnemid. — decretò poi con maggior sicurezza. — Se tu sei potuto entrare, ci sarà un modo per uscire. Scapperemo e Lilith non potrà banchettare con le loro anime. — fu allora che tutti compresero: soltanto i presenti sarebbero scampati alla morte. — Preparate il necessario: abiti e qualche alimento. Poi partiremo, basta raggiungere i confini della foresta e sarete al sicuro.
Per quanto però? Hereweald pareva impazzito e gli altri non tardarono a farglielo presente.
— Pensi che sia così semplice! — sbraitò Nathalie, sgretolando la maschera di terrore che stava indossando. — Non sapevo della vostra esistenza; nemmeno credevo che voi foste veri fino a un'ora fa! E adesso adesso mi imponi di abbandonare la mia vita e la mia famiglia?
Il suo era uno sfogo più che lecito.
— Io non ti impongo niente. — le rispose impassibile e con voce ferma. A Hereweald non interessava la sorte di Nat, il vero interessato rimaneva rigido sopra al divano; composto e tremante di rabbia. — Ma sappi che se non verrai con noi, perirai come qualsiasi altro cittadino di questo scherzo della natura. Non farai una fine migliore di quella di un capo da bestiame!
Parlò, dando per scontato che Abegail avesse scelto la vita oltre il Coed Diflas. Un guizzo dorato balenò poi nei suoi occhi verdi, lambendo la traccia d'umanità che questi mostravano nonostante tutto.
— Tu non decidi per me!
Il ronzio scemò rapido come quella frase. Hereweald pensò di poter perdere le staffe. Abegail si stava rifiutando, ma lui non poteva lasciarla a morire.
— Voi due, — enunciò quindi troppo serio. — avete a disposizione due intere settimane per decidere. Intanto noi proveremo a placare il fermento nel sottosuolo.
Sentiva che sarebbe impazzito veramente di lì a due settimane, ma doveva lasciar assimilare troppe cose alle ragazze. Compì tre grandi falcate portandosi a una distanza da Gideon pari a zero. Avvertiva l'oscurità dentro di sé fare a botte per liberarsi, ma la sua pittoresca gentilezza ebbe la meglio.
Donò quindi un'occhiata carica di scuse e sdegno ad Abby, poco lontana da lui e cominciò a odiare quella stanza. Era troppo piccola, talmente tanto che poteva avvertire il respiro di tutti i presenti, specialmente quello della ragazza sotto le sue attenzioni.
— Al mio ritorno, — soffiò triste brandendo con forza, un braccio di Gideon alla sua sinistra. — se solo lo vorrete, avrete una possibilità.
Ripeté. Ma una possibilità per cosa? Nemmeno lui capiva né le sue intenzioni né le sue parole: stava agendo di impulso. Gli occhi furono feriti dalle lacrime, corrosi dalle emozioni così pressanti da non poterle controbattere finché scomparve nella solita nube di cenere sottile.
Il fumo si espanse e si ritrasse esattamente come se ci fosse una specie di vortice al centro. Nulla sfuggì al suo risucchio: Hereweald e Gideon stavano viaggiando verso l'Inferno. Il soggiorno perse capienza mentre il sole penetrava, attraverso i residui sulle finestre. Il mondo esterno non aveva smesso di vivere, ma tra quelle mura opache si contavano solo pochi mesi. Lusinga troppo debole per respirare abbastanza.
Alexander a ruppe il silenzio e fece franare la rete massiccia di pensieri.
— Cosa hai intenzione di fare?
Pronunciò conscio che avrebbe seguito Abegail anche tra le fauci del peggior demone. Non aveva nient'altro da perdere se non lei. Gli occhi sia di Nathalie che di Alex si piazzarono roventi e insistenti sull'esile figura di Abby. Entrambi sembrarono dipendere dalla sua decisione. Pensare che dopo due settimane la sua vita si sarebbe nuovamente incrinata, se non del tutto distrutta, non la rendeva capace di decidere razionalmente.
— Non lo so. — ammise infine sussurrando quella una confessione. — Però devo parlare con Iside, lei conosce la storia di Fidnemid e al momento dobbiamo conoscerla meglio anche noi.
I giorni successivi l'avrebbero sfinita. Scappare per aggrapparsi all'illusione di poter vivere un giorno in più, oppure restare e far la fine dei suoi genitori?
Nonostante le apparenze, non era una decisione così semplice.
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