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Capitolo XX: La Maledizione Dell'Angelo

   Alexander aveva terminato il suo canto quando lasciò la sua offerta in balia della gravità. La piuma vorticò, fendendo l'aria con eleganza e maestria. La distanza dall'impatto con l'acqua si fece sempre minore, molto lentamente. Solamente l'attimo in cui il dono sfiorò il velo del lago, tutto lo scorrere del tempo tornò a farsi sentire. Una luce si sprigionò da quel contatto. La piuma pura - dalla punta leggermente insanguinata – che era rimasta segreta per secoli, scomparve come se fosse stata bruciata, ridotta in del sottilissimo pulviscolo.

Al suo posto si levò una sagoma indistinta, la cui luce poteva competere con il sole. Quella forma risalì, emergendo dalle acque del lago e - lentamente - come per mostrarsi ad un pubblico stregato da tale meraviglia, allargò le braccia.

Alcune gocce caddero dagli arti luminosi, provocando accenni di svariati arcobaleni. Se degli umani sarebbero sopravvissuti a tale visione, la avrebbero descritta come un miracolo, una divina apparizione, ma per i due ragazzi altro non era che l'inizio di una situazione a loro scomoda. Dopo una seconda ondata di luce, l'essere incorporeo prese forma tutto d'un tratto. Si distinsero i dettagli: capelli chiari - lisci e lunghi fino alle spalle - erano raccolti in un ciuffo; gli occhi azzurri come il cielo limpido, delineavano il volto angelico, solcato qua e là da lievi rughe innaturali.

L'uomo aveva l'aspetto di un quarantenne. La veste bianca che indossava pareva realmente essere emersa dal lago sottostante, madida di acqua aderiva al petto pronunciato. Come anche Alexander sapeva era un tessuto puro, umile e retto da una cordicella dorata legata in vita. L'uomo era diverso da come il ragazzo se lo ricordava: il gracile custode che ricorreva in qualsiasi situazione al suo agiato intelletto, infondendo agli altri questo suo pregio.

Lui si chiese se un'entità eterna potesse cambiare in modo così drastico il proprio aspetto e - soprattutto - se quel cambiamento, avesse portato ad un altro, più significativo e profondo.
Poteva essere lo stesso angelo che conobbe prima del suo esilio?

Il contrasto tra il volto smagrito e il fisico era impressionante, quasi surreale, finto. Tuttavia Alexander lo riconobbe immediatamente.
Conosceva bene quelle caratteristiche, anche se nascoste, Le rammentava talmente bene che si stupì della risposta ricevuto. Benché avesse sperato con tutta l'anima che qualcuno avvertisse la sua richesta, non credeva che proprio lui avrebbe risposto all'appello.

— Caliel

   Lo stupore si avvertì nel suo fiato.
L'uomo però non parlò. Si limitò a giudicare con lo sguardo l'aspetto dell'esiliato, passando dagli abiti umani ai folti capelli, fino a farlo scorrere su Hereweald che - rimasto vittima dello shock - passava il peso da una gamba all'altra.

— Di tutti i compagni di viaggio che tu, mio protetto, potevi sceglierti, proprio un nostro fratello caduto? — domandò con una punta di ilarità. La sua espressione era severa. Dopodiché Caliel studiò a fondo la figura del demone. — Non ricordo di averti mai visto. — decretò infine. Era confuso. — Eppure, io rammento tutti i compagni caduti nell'ombra.

   Proseguì poi provando a capire qualcosa che gli era sfuggito. Alexander si rivolse ad Hereweald, sgranando gli occhi quando comprese la situazione. Possibile che gli angeli non sapessero del figlio del loro primo traditore?

— Caliel, — il ragazzo si buttò davanti al suo superiore, portando l'attenzione sul ciondolo che aveva in mano. — prima che si esaurisca il tempo, ho bisogno di sapere a cosa è servito questo oggetto.

   Pose la catenella e il misterioso gioiello ancor più in vista. Lui preferì non indagare sul perché questo non conoscesse l'identità di Hereweald perché avrebbe rischiato di finire nuovamente sotto i riflettori di tutta la volta. A quelle parole Caliel tramutò la sua serietà in confusione.

— Come fai a essere in possesso di tale reliquia?

Chiese avanzando verso la riva del lago. Ogni aspettativa di Alex finì in fumo, preferiva che quell'oggetto non fosse opera loro. Invece Caliel aveva già visto quella chiave e - dal tono pizzicato con cui aveva risposto - sicuramente ne sapeva molto al riguardo.

La luce che inizialmente circondava l'uomo si affievolì fino a scomparire completamente. La piccola radura in cui si trovavano era nuovamente colma di naturalezza e pace, nonostante il dialogo delle creature non fosse molto pacifico.

— Dove hai rubato questo ciondolo!

   L'irruenza della voce aumentò lo sgomento in Alexander: certamente era un oggetto molto ambito. Caliel strappò la collana dalla mano del giovane, ma la realtà non lo voleva preoccupato per come questo avesse trovato l'oggetto, bensì per quanto avesse appreso al riguardo. Per una manciata di minuti la chiave brillò tra le mani robuste dell'uomo e non una parola fuoriuscì dalle labbra di Alex. Lui era troppo occupato a confermare il suo precedente dubbio. Il suo custode non era cambiato solo fisicamente: la stessa direzione sembrava fosse stata presa anche dal carattere. Pareva irruento e istintivo, controllato da una pressione che in lui stonava del tutto.

— È legato al passato di una ragazza

   Sospirò Alexander affranto. Si morse poi l'interno guancia aspettando sulle spine che Caliel si esprimesse nuovamente. Questo sollevò un sopracciglio chiaro, passando in rassegna - per la seconda volta – i movimenti di Hereweald che provava ad ascoltare la conversazione nonostante la distanza. Successivamente chiuse gli occhi ragionando.

Quanto li riaprì - per una frazione di secondo – nei suoi occhi parve balenare l'intelligenza e la gentilezza che lo rendevano l'angelo dei ricordi di Alexander. Caliel pensò se rischiare, svelando i segreti del ragazzo, ma la presenza oscura e - successivamente - il volto di Mikael, fratello a cui era più legato, frenarono le sue azioni benevole.

— Non è legato solo al passato di questa umana...

   Bisbigliò sovrappensiero, frastagliato da tempo immemore da un abisso cruciale di bugie e racconti obliati.

— Caliel, tu sai che non sarei una minaccia. — occhi simili si scontrarono, danzando tra parole sincere. — Da quando sono stato esiliato ho perduto ogni scopo e tu, più di chiunque altro, dovresti saperlo. — disse flebilmente Alexander, dosando a fatica le sue memorie da poco rimembrate. — Ho perso ogni cosa quando spegneste la sua vita — si morse le labbra. — Accadde per un mio errore... Non sono così stolto perché avvenga nuovamente.

   Confessò con il cuore in balia della tristezza mentre uno sguardo centrò lo snodo che i due angeli avevano vissuto secoli orsono.

Alex non riuscì a celare l'acidità e il disprezzo presente nelle sue parole, così come questo non sfuggì all'udito dell'altro angelo, conteso fra il dovere e il volere. In seguito Caliel chiuse nuovamente gli occhi concentrandosi apparentemente sui suoni che la natura gli offriva. Dispiegò le sue ali, la cui forma era appena percettibile e si sentì in colpa per l'esilio del ragazzo. Un groppo in gola gli impedì di concludere anche i vocaboli più semplici.

Dopodiché il fugace fruscio delle foglie precedette di poco la decisione dell'uomo. Questo fu più chiassoso rispetto al sottofondo che aveva accompagnato - fino a quel momento - la conversazione; molto più forte, proprio come la volontà dell'angelo che si interpose a una promessa.

— Sapevo che nonostante le avversità tu saresti rimasto il giovanotto che ho cresciuto nel Castello nel Cielo. — sorrise. — Impavido e molto istintivo, ma la cui ragione viene prima di tutto.

   Pronunciò solenne aprendo i suoi occhi. Sul suo viso nacque un secondo sorriso, ponendo fine alla maschera di serietà indossata fino ad allora. Non fingeva né voleva mettere alla prova il giovane con quella smisurata rigidità. Si era ripromesso che avrebbe dato un aiuto superfluo, ma fu più forte di lui: Alexander gli era terribilmente mancato.

— Mikael non dovrà mai sapere che ti ho donato questo tassello...

   Esalò nuovamente, rivolto a se stesso. Successivamente rifilò uno sguardo a Hereweald e si servì di tutta la fiducia riposta in Alex.

Infine fece cenno anche a lui di avvicinarsi per prendere parte al suo tradimento.

Quando il demone gli fu abbastanza vicino e poté udire con chiarezza i discorsi delle creature celesti, Caliel ripose il ciondolo nelle mani di Alexander. Due tonalità di azzurro si fusero speranzose: chi nelle risposte, chi nel restare nascosto dal compagno nel cielo.

L'uomo tremò un attimo riconoscendo di non sapere in che modo iniziare la sua lunga narrazione, dunque sbuffò trovando mentalmente le nozioni fondamentali.

— Questo gioiello appartenne a una donna che visse nell'undicesimo secolo. — ammise ributtando la sua coscienza a un passato lontano di secoli. — Lei era nata senza vista, un vero screzio data la sua innaturale bellezza e il suo buon cuore.

   La mente di Hereweald si infiammò: gli occhi erano le parti che riguardava anche il mistero di Abegail.
Si morse la lingua per tacere il suo pensiero e salvaguardare la ragazza dal controllo degli angeli.

— Come anche tu stesso hai sperimentato, Alexander, persino noi, le creature considerate intoccabili ed eterne, possiamo cadere nelle trappole dei più reconditi dei sentimenti. — dichiarò Caliel, sollevando un sopracciglio per far comprendere meglio a quali sentimenti si riferisse: simpatia, affetto, amore. — L'angelo in questione fece scolpire la chiave, iniettando nel prezioso metallo una parte di sé. Così facendo lei riebbe la sua vista. — seguì una pausa. — Probabilmente questa fu poi accentuata in maniera esponenziale nei suoi discendenti, ma fino ad oggi non abbiamo trovato nessuno in grado di smascherarci.

   Dedusse infine volgendosi poi verso Hereweald. Lo osservò serio, concentrato. Tuttavia non riuscì a riconoscerlo.

— Hai un'aura potente, peccatrice, ma anche celeste — Caliel espose le sue osservazioni, spostando l'intera attenzione alla sinistra di Alexander. — Qual è il tuo nome?

   Chiese con un cenno del capo e incrociando le braccia al petto.
Il demone venne preso alla sprovvista e ingoiò rapido la saliva per la paura.

— Perché un angelo avrebbe dovuto rischiare di far infuriare gli Arcangeli? Sapeva che stava andando contro a una legge — furono i ragionamenti di Alexander a salvare momentaneamente l'identità del suo compagno. — Credevo di esser stato l'unico istintivo e irrazionale. Le relazioni con gli umani sono severamente proibite!

   Formulò poi con aria confusa, riuscendo a distrarre Caliel dalle sue curiosità. Lui sospirò lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi.

— A quei tempi non vi era alcuna legge che vietasse rapporti con gli umani. — sospirò afflitto. — Era considerato solo immorale, mescolare le due razze e quindi ci si affidava al nostro buon senso.

   Improvvisamente il suo fisico cominciò a dissolversi. Era sempre più chiaro e simile alle ali quasi del tutto scomparse: Caliel stava per concludere il suo tempo sulla Terra.

— Gli individui creati erano pericolosi per l'equilibrio a lungo sudato.

   Tuttavia sembrò non accorgersene.

— Chi era questo angelo?

   L'uomo strinse le labbra in una linea dura e sottile, facendole poi tremare alla folle richiesta del giovane.

— Alexander, ho già tradito questo mio fratello, non posso dargli il colpo di grazia.

   Hereweald roteò gli occhi infastidito da tutte quelle cerimonie, ma tenne la bocca ben cucita. Doveva essere cauto finché rischiava di essere riconosciuto. Successivamente Alex scattò rapido in avanti, afferrando per le spalle il suo ex tutore.

— Non è tradimento se solo io ne sono all'oscuro! — gridò impaziente. — Caliel, chi è questo angelo?

   Insistette, azzerando la distanza con l'uomo e incastrando la collana, fra il suo palmo sudato e la spalla - scoperta dalla veste - della creatura alata. Caliel però serrò gli occhi, digrignando i denti. Non poteva cedere a tale richiesta, ma nemmeno proseguire nella farsa. Sapeva perfettamente che Alexander era l'unico degno di conoscere quella verità. Tuttavia lui era l'unico angelo a non conoscere l'oscuro passato dei compagni.

Li considerava perfetti, privi di rimorsi e sbagli; unici e puri sotto qualsiasi aspetto, ma quello che non sapeva era proprio ciò che lo avrebbe condotto a pensare il contrario.

— Chi è!

   Questa volta Alexander urlò straziato. Era impaziente e spaventato, ma voleva - anzi pretendeva - che gli fosse svelato il nome del fratello che aveva commesso il suo stesso ed irreparabile scempio. Non solo aveva quell'urgenza insaziabile, ma doveva sapere come questo se la fosse cavata egregiamente o - al contrario - come fosse stato punito nonostante la legge più flessibile.
Forse non era l'unico angelo ad essere stato esiliato.

Alex avvertiva la densità del corpo al quale si reggeva venire sempre meno e ciò poté soltanto peggiorare la sua ansia.

— Caliel!

   Il grido rimbombò in tutta la foresta maledetta, ma l'uomo parve comunque non collaborare. Lui fissò i suoi piedi nudi nel mentre che svanivano tra le increspature dell'acqua chiara e - solamente un istante prima di dissolversi - la sua debole volontà scappò assieme al suo alito. Tramite uno sguardo, occhi negli occhi, anime tormente unite, Caliel infranse un antico patto.

— Mikael.

La collana cadde in acqua e l'aria riempì il luogo dove – prima - la creatura celeste, aveva disfatto una promessa lunga quanto una vita: quella di Alexander. Per quel ragazzo aveva servito agli Arcangeli il rango da cui proveniva o – addirittura – la propria caduta.


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