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Capitolo XVII: Chiave Del Passato

   Un passo dopo l'altro le crepe divenivano sempre più lampanti e decoravano come una ragnatela i due piani dell'edificio. Si notavano due alberi cresciuti che fiancheggiavano l'insieme di mattonelle e inserivano in esse le proprie ramificazioni. L'erba dello spiazzo incontaminato era talmente alta da arrivare a metà coscia. Abegail divenne molto titubante.

Nonostante la patina spessa di ruggine, riconobbe il cancelletto rotto, quando ancora questo era coperto in lontananza dalle fioriture. Ricordò quando – un tempo – veniva perennemente lucidato. In quel momento invece faticava a stare in piedi. Combatteva contro se stesso per rimanere integro e non crollare lungo tutto il perimetro della proprietà dei Knight.

I tre ragazzi lo oltrepassarono senza problemi, ritrovandosi in balia di un'enorme struttura simile a un fantasma. Successivamente i gradini - che portavano al portico e composti da assi di legno - scricchiolarono sotto il peso degli esploratori parendo sul punto di spezzarsi.

Anche la porta socchiusa fece lo stesso suono, stroncata dalla forza che Hereweald dovette utilizzare per aprirla completamente.

In Abegail qualsiasi pensiero si spense un istante prima che poggiasse la suola delle scarpe all'interno di quello che rimaneva della casa.

Trattenne il fiato riconoscendo l'errore madornale che aveva appena commesso. Non si era realmente capacitata di quanto doloroso potesse essere vedere lo stato d'abbandono del suo meraviglioso mondo. Un sospiro sconcertato sfuggì al suo autocontrollo, così come poche gocce amare che delinearono le sue gote pallide. Lo sguardo castano seguì ogni perimetro degli oggetti, cadendo anche negli angoli meno visibili. Esso si arrossò di poco al contatto con la coltre spessa di polvere che si alzava con qualsiasi mossa dei ragazzi.

Nell'ambiente l'elettricità era assente da un lasso di stagioni troppo vasto per poter anche solo provare ad accendere gli interruttori e - se mai il contatore non avesse subito danni - la corrente era sicuramente stata staccata dalle centrali in città molti anni prima. Nessuno osava avvicinarsi alla residenza. Era divenuta parte integrante di un mosaico di superstizioni e malefici che dovevano essere evitati.

Fortunatamente però il sole estivo che scappava tra i fori delle mura e delle vetrate opache, bastò per rischiarare le sale e i loro contenuti intoccati da tempo. La fanciulla superò le due creature persa nelle vivide memorie della bambina che albergava in lei. Oltrepassò la cucina, la quale si apriva in tutta la sua semplicità sulla sinistra dell'entrata. Sfiorò con le dita i mobili impolverati lungo il corridoio e contò i passi verso il salotto. La sua camminata lenta sembrava studiare – anzi - provare a ricordare ogni singola mattonella del solaio sporco. Nel mentre le fotografie impresse nella sua mente sostituivano le ragnatele regnanti e l'umido sotto la carta da parati lasciatasi andare, con pulizia e profumi famigliari.

Abby arrestò il suo camino proprio al centro del salotto in cui da piccola sorrideva accanto al fuoco e rideva tra le braccia della sua famiglia unita. Ricordò com'era quella stanza. I colori vivaci, le foto appese e incorniciate elegantemente, la libreria sempre lucente, i morbidi e profumati cuscini del divano prossimo al caminetto e una numerosa famiglia che si riuniva intorno a quel calore ogni volta a loro possibile. Ogni particolare parve tornare vivo con una semplice occhiata. Nelle sue memorie persino Crystal brillava di gioia e dolcezza. Al contrario però, gli occhi di Abegail erano vacui, spenti e degli spicchi chiari che avevano stregato il demone, non vi era più alcuna traccia.

— Abby?

   Un richiamo la raggiunse ovattato, ma non ottenne alcuna risposta.

— Abegail

   Solo il secondo più vicino produsse l'effetto desiderato.

La ragazza poggiò lentamente la sua attenzione sulle presenze dietro di lei. Hereweald e Alexander la guardavano entrambi con un'espressione dispiaciuta. Sembrarono voler chiedere qualcosa, ma quale domanda poteva mai essere consona alle emozioni della giovane? Rinchiusa in un vortice di odio verso se stessa e qualunque cosa le avesse strappato la felicità; frammentata tra il rancore e la paura di andare avanti nella propria esistenza.

— Scusate.

   Tremò asciugando rapida le lacrime e dirigendosi verso il piano superiore senza aggiungere altro. Passò come una folata di vento accanto alle creature, mentre i due si scrutarono consapevoli e concordi che qualunque indizio stessero cercando dovevano trovarlo in fretta: Abegail non avrebbe retto. Come entrambi prevedevano, non avrebbe avuto né la forza né la voglia di opporsi ai suoi ricordi.

Con un cenno del capo Alex incitò l'altro a seguirlo nelle camere superiori. Fecero molta attenzione agli scalini, saltando quelli meno stabili. Ignorarono del tutto la presenza della ringhiera mangiata dalle termiti e - finalmente - raggiunsero la figura dagli abiti in lutto.

Abby aveva di proposito tralasciato le camere da letto conscia di non essere in grado di scavare tra i cimeli rimasti là dentro.

Si soffermò comunque davanti alla porta della stanza dei suoi genitori, rammentando come le piccole increspature e graffi sopra a essa, si fossero creati.

   Abby, fermati!

   Risate infantili e adulte rimbombarono nel corridoio mentre padre e figlia si rincorrevano, provocando lamentele dalle donne rimaste nel soggiorno sottostante.

— Non mi prendi!

Rise la bambina facendo una linguaccia amorevole all'uomo e nascondendosi nella camera matrimoniale.

Qualche passo più avanti, una manciata di ricordi dopo e la fanciulla si ritrovò contro ogni suo più fervido volere in prossimità della botola sul soffitto, la quale fungeva da entrata per il secondo, e ultimo piano dell'edificio.

   — Nonna perché dobbiamo mettere tutto là sopra?

Abegail battè le palpebre per scacciare le memorie insistenti, ma non servì a niente. Vide se stessa all'età di sette anni mentre aiutava Helen a spostare più abiti e foto possibili in soffitta.

— I ricordi fanno male, piccola mia. Certe volte è meglio nasconderli e dimenticarsene

Quel solaio dubitava fosse ancora coperto dal tetto, come però, sapeva per certo che sua nonna vi avesse nascosto qualche traccia del mistero della famiglia. Con difficoltà prese lo scaleo dal ripostiglio in fondo al corridoio. Liberò nell'aria acari e pezzi di ragnatele volanti sporcandosi persino la maglia. Utilizzò l'oggetto - che la superava di gran lunga in altezza - per raggiungere e aprire la botola sopra la sua testa. Come aveva sospettato il meccanismo si era bloccato e dovette usare molta forza per sbloccarlo. Infine lottò contro il numeroso pulviscolo che in poco tempo la circondò come un involucro protettivo. Tossì e lasciò scivolare sul pavimento lurido la scala retrattile.

Dopodiché ripose l'altra scala e - senza accorgersi dei due ragazzi che la pedinavano come ombre insaziabili - si avventurò tra gli scricchiolii della ripida via ferrosa e traballante che conduceva verso il lucernario. Il percorso fu molto instabile e i rumori che la scala produsse a ogni avanzamento, non erano affatto rassicuranti.

— Abby, stai attenta!

   Esclamò Alexander avanzando rapido. Aveva visto la scala cedere mentre la sua protetta vi si appoggiava per l'ultimo passo. Ebbe per una frazione di secondo la terribile paura che potesse precipitare e ferirsi gravemente. Poi un rumore metallico sovrastò la sua voce. Quel suono fu seguito dallo sbattere frenetico delle ali di qualche volatile, mischiandosi al respiro affannoso della giovane spaventata. Le gambe di quest'ultima prendevano dal buco quadrato nel soffitto, rendendo chiaro il suo stato di salvezza.

— S-sto bene.

   Ansimò entrando completamente nella soffitta polverosa. Hereweald la seguì saltando e afferrando per i bordi l'entrata. Sorpassò la parete sopraelevata aiutandosi esercitando pressione sugli avambracci, sui quali schizzarono i muscoli. Alexander impiegò più tempo. Pestò ripetutamente il pavimento con la suola della scarpa destra; pensò frustrato alla situazione in cui si erano cacciati e - dopo un sospiro e una passata di mano tra i riccioli dorati - si apprestò a compiere le stesse azioni del demone. I suoi movimenti furono più rapidi e calcolati.

Successivamente i suoi occhi vagarono tra le nubi fluttuanti di polvere, resa visibile dai raggi fuggiaschi del sole. Erano in cerca di Abegail. Lo sguardo blu scuro studiò ogni contrasto del luogo disabitato. Gli scaffali carichi di oggetti con centinaia di memorie alle loro spalle. Alcuni erano stati persino lasciati aperti, cosicché le loro storie - raccontate a immagini - fossero in balia degli occhi curiosi.

Seguirono ammassi di innumerevoli mobili, inutilizzati da tempo, tarmiti e macchiati dalla muffa. Specchi e giocattoli riempivano la parte del lucernario protetta dal tetto poco stabile. Al contrario invece, quella direttamente illuminata dal sole era appesantita da tegole e macerie, cedute ai supplizi meteorologici.

La piccola sagoma di Abegail era china e attenta nel ripulire - carezza dopo carezza - una fotografia incorniciata che ritraeva una giovane coppia sorridente assieme ad una bambina dai lunghi codini vaporosi. Lei non accennò alcun suono, ma - prendendo l'oggetto con delicatezza inumana - lo ripose dentro al suo zaino perlopiù vuoto.

— Hanno nascosto ogni loro traccia a causa del dolore. — spiegò poi richiudendo la cerniera. — Non voglio dimenticare i loro volti.

   Sussurrò fissando il nulla di fronte a sé. Hereweald strinse gli occhi addolorato. Abegail non meritava la compagnia di due creature egoiste. Lei aveva già sofferto abbastanza. In seguito la ragazza prese a rovistare tra i libri e le buste contenenti i suoi primi disegni, cercando qualunque cosa potesse essere riconducibile ad una maledizione.

La ricerca occupò poco più di una trentina di minuti poiché alla terza raccolta di fotografie - che Abby prese fra le mani - un minuscolo oggetto scintillante cadde da essa, producendo un tintinnio sordo.

L'attenzione di tutti i presenti vagò sul gioiello intrappolato negli insiemi di polvere, muffa e sporcizia. Abby si accinse a raccoglierlo per studiarlo con la sua minuziosa curiosità. Quello che più pareva a un ciondolo - dalla forma di un elegante chiave - luccicava tra le dita tremanti della giovane. Aveva visto quella chiave pendere dal collo di sua nonna svariate volte e tuttora quella forma le si ripresentava nei suoi sogni sottoforma di incubo.

La sola vista dell'oggetto le aveva causato una scossa in tutto il corpo, come se un antico potere si fosse sprigionano al suo interno. Era una chiave argentata dalla forma simile a un cuore e impreziosita da gemme di estrema rarità.

Come faceva la sua famiglia a possedere una tale reliquia?
Se la girò tra le mani studiandone ogni particolare. Dai leggeri graffi di chissà quale epoca, alle minuscole imperfezioni che la punta presentava. L'unica parte che pareva nuova era la catenina in altrettanto finissimo argento che Abegail si era avvolta intorno al palmo.

— Sembra che qui ci sia una scritta

   Constatò strusciando un polpastrello sopra a una minuscola incisione che poteva facilmente essere scambiata per un segno del tempo. Dopodiché rovistò rapida in una delle scatole che aveva da poco controllato per recuperare la vecchia lente d'ingrandimento che aveva intravisto con la coda dell'occhio poco prima. La avvicinò alla reliquia affinché potesse comprendere la stampa elegante e scoprirne i segreti.

Id quod ex vobis est, Quod productum te reliquo.

   Le parole scivolarono dure e balbettanti dalla bocca della giovane mentre gli occhi si riempivano di incredulità: un altro buco nell'acqua.

— È latino.

   Assentì Alex sovrappensiero. Si fece poi avanti azzerando la distanza che - rispettosamente - aveva tenuto dalla giovane per concentrarsi sulle parole. La sua voce se pur più sciolta nel pronunciarle non affievolì la confusione.

Ottieni ciò che ti fu tolto. Lasciaci ciò che hai prodotto.

   Tradusse infine cercando di capire anche lui. Tutto ciò non aveva alcun senso. Forse non era l'indizio giusto?

— Le reliquie celesti!

   Esclamò Hereweald colto da un lampo di genio.

— Non avrebbe lo stesso alcun senso. — negò totalmente contrariato Alexander. — Il tuo libro dice che il loro potere scompare una volta conclusa la "missione".

   Rammentò con sguardo più che sconvolto dalla confusione.

— Accertarsene non nuoce di certo, angioletto.

   Alluse il moro sperando che il suo piano fosse ben trasparente alla mente dell'altra creatura. Abegail fece per parlare con l'intenzione di rientrare nei ragionamenti dei ragazzi, quando una canzone prese vita dalla tasca posteriore dei suoi jeans, schiariti dalla polvere.

— Accidenti!

   Si tastò il tessuto e sfilò il telefono. Tutto il rumore scomparve dopo uno schiocco di lingua e un'alzata di occhi, di fronte l'ennesima chiamata di Nathalie.

— Maledizione! È tardi!

Aveva letto l'orario sullo schermo scheggiato ed erano quasi le due e un quarto. Come mai il tempo doveva sempre essere un ostacolo insormontabile? Si erano letteralmente persi in quella soffitta. Inutile dire quanto la ragazza desiderasse bloccare le lancette dell'orologio, specialmente in quel momento che si stava riabituando alla vista di quel luogo. Fu senz'altro una fortuna per lei che il suo dispositivo avesse trovato campo nell'esatto istante in cui Nathalie aveva deciso di ritentare un approccio. Dopo vari tentennamenti decise di premere un tasto e rifiutare la chiamata.

— Devo tornare, altrimenti Crystal me la farà pagare. — spiegò più che altro a se stessa per convincersi a scappare da quel posto. — Prendi! — porse la collana ad Alex. — Sono certa che saprete come capire se Hereweald ha ragione o meno.

   Era vero, ma non per questo facile ed immediato. Se quel ciondolo fosse stato un amuleto degli angeli, questi non sarebbero stati troppo generosi con le informazioni. Successivamente Abby si rimise lo zaino in spalla e - timorosa - guardò nel foro d'ingresso la distanza che la separava dall'altro solaio. Hereweald fu più rapido delle parole.

Si lasciò cadere agilmente dentro ad esso, atterrando perfettamente tra la polvere del pavimento sottostante.

— Andiamo, ti aiuto io.

La incitò in contemporanea agli ammonimenti e i se dell'angelo. Tramite quell'azione rese vane le parole che aveva pronunciato nella tarda mattina di quel medesimo giorno. Non fu colpa di Abegail, ma solamente sua. Lei scivolò incerta dal bordo ricadendo precisa tra le braccia di Hereweald. Il contatto fu inevitabile; le sue mani la ghermirono. I capelli della ragazza sfiorarono il volto del demone mentre scariche elettriche si diramarono in ogni angolo del suo corpo. Non sarebbe mai riuscito a descrivere tali sensazioni.

— S-scusa, sono pesante.

   Sussurrò Abby quando i suoi piedi toccarono il suolo della casa. Furono quelle parole balbettate e intimidite della fanciulla a riscuotere dal torpore il piccolo demone. Le trovò senza fondamento, per niente azzeccate. Il profumo dei capelli di lei lo inebriava. Non si era nemmeno reso conto di averla stretta al suo petto fin quando questa non tentò di disfare la posizione protettiva delle sue braccia.

— Grazie

   Abegail mantenne il suo tono insicuro e cominciò a correre, scendendo impacciata la scala malridotta fin fuori l'edificio. Lasciò che Alex ed Hereweald andassero avanti con la ricerca.

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