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Capitolo IV: Minaccia Silenziosa

   L'ennesimo brivido si diffuse in tutto il corpo di Abegail. Non capiva cosa le stesse accadendo. Avvertiva alle sue spalle la pressione di uno sguardo, maledetto e ossessionato. Cominciava a pensare alla creatura della sua infanzia. Si immaginava che fosse tornata per lei allo scopo di finire il lavoro lasciato in sospeso.

   Pazza, smettila con queste fesserie! Cercava di autoconvincersi. Tuttavia sapeva bene di star commettendo atti vani. La fastidiosa sensazione era troppo insistente e reale per essere frutto della sua immaginazione. Durante tutta la mattinata non si era voltata indietro, nemmeno una volta. Aveva paura che il suo sguardo interagisse con i compagni.

Le scie dei loro commenti la colpivano a intervalli regolari, ricordandole le voci che circolavano sul suo conto fin dall'infanzia. Sapeva di dover resistere, perché non sarebbe cambiato niente. Sarebbe rimasta la solita ragazza isolata, quella scansata perché creduta una nullità o semplicemente troppo strana e maledetta. "Perdente" era divenuto il suo soprannome. La maggior parte della popolazione di Fidnemid la reputava tale.

Non comprendevano affatto come si potesse sentire, lei che - in una giornata qualunque - le era stata rubata la famiglia nella maniera più disgustosa possibile. Abegail serrò gli occhi e scosse un poco la testa, obbligando la sua attenzione a ricadere sul disegno che stava per concludere. Il dipingere la rilassava, la allontanava da tutto. Per lei equivaleva al respirare. Era come dar sfogo ai suoi sentimenti, rifugiarsi completamente nei suoi pensieri tramite linee dritte, curve, colori, sfumature e ombreggiature. Solamente in quel modo riusciva a svuotare la mente senza che i ricordi la ferissero.

Non c'era morte nei suoi disegni.
Mentre la grafite della matita scorreva rumorosa sulla carta, il suo sguardo venne catturato dai tratti che componevano il volto di un ragazzo. Colui che la aveva immobilizzata quella stessa mattina era tornato protagonista delle sue riflessioni. Ogni dettaglio era impresso a fuoco nella sua testa e la sus mano riproduceva - quanto possibile – l'immagine fedele. Quel giovane sembrava esser stato definito con precisione – una perfezione inaudita – tale da insinuarsi nella sua mente e non uscirne.

Passarono due lunghe ore perché la voce della donna in servizio la riportasse nel mondo concreto. All'improvviso tutti gli studenti spostarono le sedie e i libri caddero alla rinfusa negli zaini. Il tumulto iniziale scemò in un brusio il cui apice si spostava dai corridoi lungo le scale. Tutti spintonavano gli altri per concedersi il lusso di uscire prima dalla struttura.

Abegail sperò di incontrare Nathalie e – nel mentre si dirigeva fuori dall'aula – rimuginò sulle offese che aveva fatto finta di non udire. Quando però varcò completamente il perimetro della sua classe, un potente brivido la fece voltare distraendola ulteriormente. Fu spinta diverse volte dalla calca del corridoio, senza che se ne curasse. I suoi occhi tremarono, fissi su di uno spettro: una sagoma semitrasparente simile al suo disegno. Parve un fantasma.

Non attese oltre e con la paura in corpo che le annebbiava la mente si lasciò trasportare lungo le ripide scale. Si dimenticò di Nathalie e le chiacchere degli alunni le riempirono la testa facendola impazzire.

— Finalmente è finita un'altra settimana!

   Improvvisamente l'urlo di un ragazzo sovrastò gli altri, attirando l'attenzione dell'emarginata. Intanto la folla la strattonava giù - verso l'ultima rampa di scale - per poi dirigersi all'aria aperta. Abegail riconobbe immediatamente quella voce squillante e - uscendo dalla grande porta principale - non riuscì a reprimere un timido sorriso nonostante il cuore le pulsasse nel petto impaurito. Pensò che - forse - qualche distrazione l'avrebbe avuta lo stesso, anche senza trovare Nathalie in quella confusione.

— Hey, Abby, aspettami!

   Gridò di nuovo la solita voce, facendo aumentare il passo alla ragazza.

— Alex, non urlare.

   Lo ammonì infine, terribilmente in imbarazzo. Abegail si trovò ben presto a fissare gli irreali occhi blu dell'amico e la capigliatura dorata finché lui le fu vicino. A grandi falcate la raggiunse attraversando la strada affollata, sotto gli sguardi di chi lo aveva affiancato fino a qualche secondo prima, compreso Hereweald. Lui stava osservando la scena con molta attenzione. Sentiva le mani prudere e un'insaziabile voglia di attaccare, come un animale di fronte alla sua preda.

   Eppure, non sembra volerla deridere. Rifletté poco dopo. Era posizionato al centro di un gruppo di ragazzi - bloccati davanti l'entrata della Plant Anoon – ma, nonostante le numerose spinte e gli sguardi che ricevette, non si rese conto di esser tornato visibile. Fortunatamente le sue ali erano ben nascoste.
Non ci fece caso perché doveva trovare una spiegazione plausibile.
Cosa gli stava accadendo?

— Che ti succede?

   Chiese Alex - a distanza di metri - rivolgendosi alla ragazza evidentemente turbata. Abby tremò. Non doveva assolutamente mostrarsi debole di fronte a lui; non poteva confidarsi in quel momento. Nemmeno era sicura che - ciò a cui avesse assistito - fosse stato reale. Era probabile che avesse confuso gli avvenimenti esattamente come il Dottor Harvey le aveva spiegato: era certamente una situazione analoga all'incidente dei suoi genitori.

Era solo molto provata dal caldo e dalla confusione. Non poteva permettersi pensieri diversi dal vero. Si sentiva ingabbiata nella sua scelleratezza. Ritrovatasi quindi alle strette, cercò di cambiare argomento fruttando le debolezze dell'amico.

— Sai che devi pensare allo studio, vero? I professori non saranno magnanimi come lo scorso anno se non vedono che stai almeno provando a impegnarti. Te lo stanno ripetendo da mesi ormai.

   Argomentò, sfidando lo sguardo sorpreso dell'altro.

— No, signorina, non cercare di cambiar discorso, — disse il ragazzo accennando un sorriso: per la prima volta l'efficace tattica di Abegail fallì. — o almeno, non adesso.

   Concluse riflessivo Alex, ripensando seriamente alla sua tragica situazione scolastica. Non riusciva proprio a capire l'assurdità di leggende e storie al limite del reale: quella non era storia, ma superstizione. Così aveva imparato a pensare.

— Strambo, levati di mezzo!

   Tuonò improvvisamente una voce alle loro spalle. Entrambi si voltarono, ma soltanto Abegail ebbe un mancamento.
Possibile che fosse stata condotta nuovamente da lui? Quello strano ragazzo della mattina era là, immobile tra la folla e la guardava con quegli occhi verdi tali da spezzare ogni certezza. La giovane cominciò a tremare, spaventata al solo pensiero che - qualunque cosa avesse visto - non aveva alcuna intenzione di lasciarla in pace.
Il fatto che non fosse la sola a vederlo passò in secondo piano.

— Sicura di stare bene?

   Si interessò dolcemente Alex. Era preoccupato. Fissò tra la gente appena fuori scuola - e non poté far altro che seguire confuso la sua traiettoria. Lo vide pure lui: un giovane mai visto aveva lo sguardo puntato su Abby. Serrò di istinto i pugni, colto da rabbia e qualcosa di molto simile alla gelosia. Quel essere emanava un'aura paragonabile a quella di un demone. Cosa poteva mai volere uno spirito maligno dalla sua amica? Provò a ragionare rapidamente, prima di afferrare Abegail per un braccio e trascinarla lontano dalla piazza, ma – soprattutto - da quel estraneo.

— Andiamocene.

   La incitò bruscamente sparendo dalla visuale di Hereweald il quale - rimasto sconcertato - fremette con gli occhi sbarrati. Lui si domandò nuovamente cosa gli stesse accadendo. Quella volta era sconcertato. Mai in vita sua si era ritrovato in una situazione simile.
Non riusciva ad assimilare la sua improvvisa incapacità nelle cose più semplici.

— Hey, sei per caso sordo? Ti ho detto di toglierti di mezzo!

   Un altro grido lo costrinse a prendere in considerazione la presenza di un ragazzo tarchiato e presuntuoso, che spingeva per voler passare proprio dove lui sostava. Hereweald lo fulminò con lo sguardo, per poi procedere nella direzione in cui era scomparsa la ragazzina dagli enormi occhiali.

— Amico, che problemi hai?

   Il demone percepì quella voce fastidiosa, ma non ne fu troppo catturato. L'unica cosa che gli premeva era raggiungere colei che sembrava tormentarlo fin dal primo istante in cui avevano fuso i loro occhi.

   — Gli occhi sono lo specchio dell'anima. Gli ricordò la voce di Sarah, peccato che stesse correndo e non le dette la giusta attenzione.

— Si può sapere che ti prende?

   Alex era agitato, il volto a pochi centimetri da quello di Abby.
I due camminavano seguendo le mura esterne delle abitazioni in centro.

— N-niente, sto bene.

   Rispose Abegail balbettando e sperando - invano - che l'altro le credesse. Purtroppo l'amico era molto più arguto di ciò che dava a vedere. Gli era bastata la rapida occhiata rivolta al demone per rendersi ben cosciente della situazione: ignorandone la ragione Abegail si era immischiata in una circostanza troppo pericolosa da gestire.

— Andiamo! Chi era quel ragazzo? Pensi che sia così stupido?

   Abegail andò addosso ad una signora che, dopo averla riconosciuta si mise a bisbigliare una preghiera contro la sfortuna e corse via.

   Lo speravo. Pensò la ragazza ignorando quell'avvenimento. Ormai era si abituata.

— Bene, fai come vuoi! — affermò imbronciato l'altro mentre continuava a guardare il volto dell'amica escogitando un piano a lui favorevole. — Dovrò cominciare a svegliarmi prima la mattina per tenerti d'occhio...

   All'improvviso un piano fece breccia nella sua mente. Un grazioso - quanto inquietante - sorriso nacque sul suo viso e - come previsto - catturò l'attenzione di Abby.

— A cosa stai pensando?

   Domandò perplessa questa arrestando un poco i suoi passi. Le labbra del suo amico si incurvarono sempre più prima che dalla sua bocca uscissero le fatidiche parole.

— È deciso! Oggi vengo a farti visita! — strillò lo sciocco, ricevendo un solo sospiro affranto e amareggiato come risposta e gli sguardi spregiudicati dei passanti. — Preparati a sputare il rospo!

   Detto ciò Alex gonfiò il petto preso dall'euforia sprizzante, degna di chi è fiero del suo operato e la invitò a seguirlo tra le strade nascoste della città.
Perché gli era difficile capire che non aveva la minima intenzione di confidarsi con lui? Perché doveva essere così ostinato?

Abby non riusciva proprio a comprenderlo. Tuttavia era proprio quella sua - spesso irritante - caratteristica a renderlo tanto importante nella sua vita. Da quando vi era entrato come un fulmine a ciel sereno, sembrava percepire ogni singola emozione che nasceva in lei. Credeva fosse compresa più da lui che da se stessa. Dopo l'indecisione iniziale, optò per seguirlo con un sorriso sulle labbra.

Si guardò attorno e imbucò una piccola via fra due edifici. Correva dietro ad Alex che saltava ostacoli come bidoni e barriere con tale facilità da farla quasi demordere. Oltretutto sentiva una strana presenza seguirli. In lei nacque la voglia di voltarsi. Voleva sfatare le sue credenze, ma - allo stesso tempo - la paura di ritrovarsi gli occhi dello sconosciuto la bloccava. Passò qualche altro minuto. Lei si tormentò le maniche della felpa saltando e raggiungendo Alexander decise di far finta che tutto andasse bene; che ogni cosa seguisse la normalità che era riuscita a costruirsi.

Nel mentre Hereweald fissava il suo profilo e le sue movenze. Davanti a lui Abegail e Alexander sembravano due bambini. Li vide fermarsi per immergersi nuovamente nel caos di quella maledetta città e perderli di vista lo rese un fascio di nervi. Non aveva perso la speranza. Doveva scorgere un minimo di pensiero in quella fanciulla, così come faceva con gli altri passanti. Si sarebbe accontentato di un solo frammento.

Purtroppo però, ciò che riceveva era il nulla assoluto. Non sopportava quel ragazzo biondo e non lo aiutava di certo a migliorare la situazione. Hereweald aveva riscontrato fin dal primo sguardo delle somiglianze con le creature nemiche del suo genere. Inizialmente aveva pensato fossero solo delle strane coincidenze. Non era mai stato affine a uno di questi, ma - purtroppo - le sue intuizioni si dimostrarono giuste.

L'energia emanata era troppa per un semplice e puro caso. Ruotò gli occhi e perse le staffe. Quella situazione più si evolveva, più gli pareva un'enorme buffonata messa in atto per prendersi gioco di lui.

Maledizione.

   Imprecò sottovoce, correndo anche lui per cercare i due ragazzi. Li vide svoltare a sinistra e allora si accostò alla parete dell'edificio all'angolo, attendendo. Doveva fare molta attenzione.

— Cerca di prendermi sul serio e dimmi cosa ti prende.

   Avvertì scherzosamente Alex mentre Abegail riprendeva il respiro sorridendogli.

— E se non lo facessi?

   Gli rispose con sfida.

— In tal caso sarei costretto a trovare altri modi per entrare in casa tua, non credi?

   Dichiarò lui sorridendole allegramente e strappandole finalmente un sorriso sincero. I due fecero qualche altro metro insieme e si separarono. Hereweald ne approfittò seguendo la ragazza con passo felpato, ad una distanza maggiore di quella adottata in precedenza che però andava a diminuire ad ogni passo. Dopo pochi minuti un brivido riscosse dal suo stato di serenità la giovane. Il terrore si rimpossessò di lei e pregò affinché non dovesse ritrovarsi alle spalle quella presenza.

Lei aumentò il passo e si chiuse rapidamente in casa. Poco le importava che fosse sola. Si sentiva a sicuro, qualunque cosa celasse l'estesa foresta. Almeno così pensava Abegail, ignara del volto agghiacciante che osservava l'intera scena come se fosse un film a cui dover dare un seguito. Era una spia infima e traditrice che aveva adempiuto al suo compito egregiamente, seguendo ogni singolo spostamento dei tre e continuando ad ammirare il figlio di Lucifer.

A questa fu impossibile reprimere un ghigno maligno che – però - sparì assieme al resto, proprio com'era apparso: silenziosamente.
I pensieri malsani della sua signora dovettero attendere.

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