1. Almarosa Couture
"Il miglior modo per apprezzare il tuo lavoro è immaginare te stesso senza di esso" - Oscar Wilde.
14/06/2024
La Gran via.
Che fosse giorno o notte, non avreste mai e poi mai avuto la possibilità di goderne in solitudine, di vederla nuda e spoglia come per anni io stessa avevo desiderato vederla. Perché, se da una parte amavo vederla ricolma di persone pronte ad ammirarla con sguardo sognante, come se non avessero mai visto niente di più bello al mondo, dall'altra mi era quasi impossibile non detestare la consapevolezza di non poter avere neppure una misera manciata di secondi per osservarla senza che niente e nessuno potesse in qualche modo oscurarla o distogliere da essa la mia attenzione. Da anni, ormai, avevo fatto di lei la mia modella, che fosse solo un modo per esercitarmi o conseguenza del cocente desiderio di farla mia in qualche modo, la mia macchina fotografica strabordava di foto di quella che, agli occhi di molti, sarebbe stata solo una strada.
Che fosse sotto il tepore dei raggi solari o sotto l'artificiale bagliore dei lampioni disseminati lungo i suoi marciapiedi, lei pullulava di gente e fremeva di vita ad ogni singola ora, incisa d'un andirivieni continuo ed aritmico, quasi fastidioso seppur vitale per la sua sopravvivenza. D'altronde, questo non dovrebbe stupire. La Gran via non era solo una delle strade più importanti dell'intera Madrid ma ne era il punto nevralgico, un collegamento necessario ed imprescindibile per ogni area della città che si volesse raggiungere. Ed io che in quella città ci ero nata e avevo cominciato a conoscerla sin da molto piccola, comunque, continuavo a guardarla con lo stesso stupore di chi la vedeva per la prima volta.
E sì, prima che voi possiate pensarlo, sono io ad ammetterlo: per me, Madrid, era e sarebbe sempre rimasta una delle città più belle che potessi dire di aver conosciuto e lo era nella sua interessa, nella sua complessità, nella sua imperfezione. Non avrei mai potuto dire che fosse senza difetti, sarei stata ipocrita oltreché poco realista eppure, per quanti potessi trovargliene, la sua bellezza sarebbe sempre stata sufficiente a renderli poco più di un fastidioso mormorio tralasciabile. E quella sua via speciale, era un gioiello che egoisticamente avrei voluto mi appartenesse.
Lì, immersa nella sua modernità e gettata tra la moltitudine dei suoi palazzi, da bambina avevo camminato con il naso all'insù, interrogandomi su quanto io fossi minuscola rispetto a quelli che sembravano insormontabili colossi architettonici e guardandomi intorno cercando di non perdermi neppure un singolo dettaglio di quella bianca ed eclettica meraviglia. Lì, persa nella confusione e nel chiacchiericcio, da ragazzina avevo girovagato fotografando qualunque anfratto mi desse un brivido sul per la schiena o mi parlasse silenziosamente, chiedendomi di renderlo parte della mia arte ancora acerba ed inesperta, semplice frutto di una passione ancora troppo poco coltivata. E proprio lì, in quell'insieme che amavo da impazzire, tra i pochi palazzi d'uso storico ed i molti d'uso commerciale, da donna, scantonavo di fretta per raggiungere la Almarosa Couture.
Almarosa Couture.
Classificata da Vogue ed Elle come "La casa di moda più in tendenza degli ultimi 20 anni", nel settore della moda era il più grande marchio di cui la Spagna potesse vantarsi godendo di oltre 20 sedi decentrate in tutto il paese ed un tasso d'impiego di oltre il 60% a livello nazionale. La sua sede centrale, situata proprio sulla Gran via, si ergeva maestosa ed imponente in un edificio strutturato su otto piani il cui esterno appariva come un mix armonico tra Art Nouveau e Neoclassicismo cristallizzati in un bianco perlaceo ed elegante con qualche venatura oro appena percepibile ed intervallato da enormi vetrate panoramiche. All'interno, invece, il pluripremiato CEO nonché proprietario del marchio, Jeremias Hernan, -nonostante le molte modifiche avvenute nel corso degli anni-, aveva sempre optato per uno stile neutro ma moderno, mantenendosi sui toni del bianco e del grigio spezzati ove possibile da intarsiature e decorazioni in oro. Ognuno degli otto piani poi, era stato abbellito e dedicato alle varie Commissioni che costituivano l'azienda. Il mio, insieme alla Commissione Alfa, era il settimo.
«Sei in ritardo, come sempre» Fu la prima cosa che mi venne detta non appena misi piede fuori dall'ascensore. Alzai gli occhi al cielo, già infastidita, prima di rivolgerli verso Marika, la simpaticissima segretaria personale del Signor Hernan che, sin dal momento in cui ero stata assunta, non aveva perso la minima occasione per manifestare la sua ben poca stima nei miei confronti.
Immaginavo comunque che averle soffiato il presunto "amore della sua vita" non avesse deposto a mio favore, comunque. Peccato che lei non sapesse che le avevo fatto un favore e che, con il senno di poi, glielo avrei lasciato serenamente e con tanto di carta regalo e fiocchetto in testa. La sorpassai, dirigendomi verso il mio ufficio.
«E tu sei acida, come sempre. Ma io non te ne faccio una colpa» Le dissi poi, mentre poggiavo il materiale appena recuperato in tipografia sulla mia scrivania prima che la sentissi afferrarmi dal polso costringendomi, in tal modo, a girarmi verso di lei. Il suo volto si era arrossato visibilmente e credetti che in qualche secondo le sarebbe persino uscito del fumo dalle orecchie ma, con mio grande rammarico, questo non successe «Toglimi le mani di dosso».
In risposta, la sua stretta sul mio polso si intensificò, «Non ti permetto di parlarmi in questo modo, ragazzina».
Suscettibile, la bambolina.
Io la guardai negli occhi, poggiando una mano sul suo polso, «Lo sai che il rancore ti fa male al fegato, tesoro? E, giusto perché tu lo sappia, lui non ti avrebbe voluta comunque. Neanche se io non fossi mai esistita, quindi fattene una ragione e sparisci dalla mia vista, Marika». Strinsi la presa sul suo polso e la allontanai da me prima di aggirare la mia scrivania e prendere posto sulla mia sedia. Lei non disse nulla, si limitò a sbattere prepotentemente i tacchi sul pavimento prima di uscire dalla stanza ma dovette dimenticare qualcosa perché ben presto arrestò i suoi passi e si rigirò verso di me.
«Il Signor Hernan ha già chiesto di te due volte, non vorrei essere costretta a dirgli una terza volta che non ci sei. Sai com'è, tralasciando la tua evidente raccomandazione, potrebbe comunque non prenderla bene».
Tarantola.
**
«Signor Hernan, mi cercava? Le chiedo scusa per il ritardo ma la tipografia ha ritardato la consegna delle foto per la campagna settimanale ed io sono dovuta passare a ritirarle questa mattina prima di venire al lavoro». Dissi subito non appena mi diede il permesso di entrare nel suo ufficio. Il suo sguardo mi fu subito addosso ed io non riuscì ad evitare di sentirmi in soggezione.
Jeremias Hernan era uno degli uomini più belli che avessi mai avuto il piacere di conoscere e, benché avesse sessantacinque anni, il fisico asciutto ed ancora ben messo ed il viso giovanile tenuto rigorosamente spoglio da qualunque accenno di barba, gli permettevano di dimostrare almeno dieci anni in meno. Aveva i capelli brizzolati, sempre tenuti indietro con il gel, gli occhi d'un intenso e suggestivo azzurro e, per quanto potesse sembrare la persona più severa ed indisponibile del mondo -soprattutto sul lavoro-, in realtà era una persona amorevole, comprensiva e sempre disposta ad aiutare. Ciononostante, io non riuscivo a non temerlo.
«Si, la cercavo signorina Cortés. Prego, si accomodi» Mi sedetti immediatamente sulla poltrona e solo dopo che poggiai nuovamente lo sguardo su di lui, ricominciò a parlare, «Come sono sicuro ricordi, le avevo parlato giorni fa della mia volontà, insieme al Comitato Direttivo, di porre sotto contratto alcuni modelli che possano essere l'immagine, e per così dire, il cavallo di battaglia della nostra azienda a tempo momentaneamente indeterminato. Abbiamo senza dubbio considerato il rischio che deriverebbe dal limitare il dinamismo che solitamente caratterizza l'ingaggio dei modelli ma riteniamo possa essere molto utile, ai fini dei nostri progetti futuri, avere dei volti che possano essere associati solo ed esclusivamente al nostro marchio».
Nei cinque anni che avevo trascorso in azienda, avevo ben compreso quanto il signor Hernan fosse determinato a seguire la sua propria linea di pensiero senza molto interesse nell'amalgamarsi particolarmente alle scelte degli altri esponenti del settore e, contrariamente a quanto si sarebbe mai potuto pensare, questo non lo aveva minimamente danneggiato ma anzi, lo aveva reso un esempio di innovazione e rinnovamento di un ambito a volte fin troppo tradizionalista in merito al suo funzionamento ed alla sua organizzazione. Ad ogni modo, annuì senza interromperlo. «La Commissione Gamma, sulla base delle indicazioni della Delta in merito ai nuovi progetti, ha già fatto una prima scrematura tra i candidati che sono stati proposti da alcune agenzie ma, come ben sa, l'ultima parola spetta a me. In questi anni non ho avuto grandi necessità in merito alla scelta e mi sono semplicemente limitato ad approvare più o meno le decisioni già prese. Questa volta però, abbiamo bisogno che le persone che decideremo di contrattualizzare abbiano quella marcia in più che io cerco».
«Ed io come posso aiutarla?» Chiesi allora, perplessa. In quegli anni avevo passato gran parte del mio tempo circondata da modelle e modelli di ogni tipo ma dubitavo fortemente che questo, o il mio lavoro, mi abilitassero anche alla selezione di questi ultimi. Avevo i miei gusti, certo, ed uno spiccato senso critico nei confronti di qualunque cosa o persona dovesse far parte della mia arte ma, a discapito di ciò, come fotografa principale dell'azienda, avevo cercato di sottomettere il mio lato da appassionata così che questo non potesse impedirmi di seguire le direttive imposte dall'alto e modellare, per conseguenza, il mio lavoro sulla base delle necessità che mi fossero presentate. Solo in parte, ed in poche occasioni, avevo davvero potuto seguire il mio istinto mentre nella stragrande maggioranza dei casi, avevo cercato di adattarmi anche a coloro con cui avrei dovuto lavorare ai fini della buona riuscita di campagne, sfilate e quant'altro senza mettere mai, neppure per un istante, bocca su una scelta simile.
I suoi occhi caddero per qualche istante sull'orologio che portava al polso, «Vorrei che lei mi aiutasse nella selezione finale. So perfettamente cosa sta pensando, signorina, e sono perfettamente consapevole che lei non abbia grandi competenze in merito ma la conosco ormai abbastanza da sapere che può essermi d'aiuto. Oltre ad essere piuttosto certo che lei abbia sviluppato un buon occhio critico, sarà lei che farà di loro il nostro punto di forza». Con una leggera spinta delle gambe, gettò indietro la sedia e si alzò da quest'ultima per dirigersi verso la libreria adiacente alla scrivania. Da lì, recuperò un raccoglitore nero che mi depositò davanti, «Al momento sono ancora solo degli appunti che la Commissione Alfa e la Beta hanno stilato sulla base delle indicazioni fornitegli dalla Delta così da avere un'idea per lo meno generale di quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Può dargli un'occhiata, così da comprendere di cosa abbiamo bisogno e cosa abbiamo in programma e poi valuteremo insieme quali candidati ci sembrano più adeguati per i nostri obiettivi».
«Signor Hernan io... Non posso che ringraziarla per la sua fiducia ma temo di non essere la persona adatta a questo lavoro. Mi sono sempre limitata a seguire le sue direttive, non vorrei mai che le mie scelte possano danneggiare in qualche modo la riuscita dell'azienda, soprattutto non dopo tutti i grandissimi successi raggiunti in questi anni».
Lui poggiò le mani sulle mie spalle, con fare quasi paterno, «E' vero, signorina Cortés, lei ha sempre seguito le mie direttive ma io non le ho comunque mai detto come fare il suo lavoro. Le ho detto cosa era necessario e cosa volevo risaltasse e le ho dato dei modelli con cui lavorare a suo modo. Se la memoria non mi inganna, non ha permesso neppure ai direttori artistici di condizionare il suo lavoro sostenendo che quella fosse la sua creazione e che per tanto sarebbe stata lei stessa a scegliere come portarla a compimento. Ad oggi, le chiedo di scegliere con chi vuole lavorare, di scegliere chi vuole che sia il portatore della sua arte piuttosto che imporglielo. In questi mesi più che mai avremo bisogno della sua poetica ed appassionante visione della fotografia, signorina Cortés ed è da qui che dobbiamo iniziare».
Non mi passò inosservato il suo rigirare contro di me alcune delle parole che gli avevo rivolto in quegli anni, a partire da quelle che avevo usato quando avevo fatto il colloquio come stagista e che, a quanto pareva, erano valse la mia assunzione. E proprio perché non mi passò inosservato, non riuscì a ribattere in alcun modo e mi ritrovai ad accettare seppur col magone in gola. Era una responsabilità di cui temevo di farmi carico, una per la quale non credevo minimamente di essere preparata ma mi era piuttosto chiaro che, contro uno come Jeremias Hernan, ci fosse ben poco da fare. La sua non era una richiesta a cui avrei potuto rispondere negativamente o positivamente. Era un ordine sotto mentite spoglie ed io dovevo obbedire.
«Non mi resta che sperare di essere all'altezza delle sue aspettative allora», gli dissi in tono sommesso per poi afferrare tra le mani il raccoglitore ed alzarmi dalla poltrona «Quanto tempo ho a disposizione?».
«Più o meno tre quarti d'ora», disse tranquillamente per poi aggirare la sua scrivania e prendere posto sulla sedia girevole, «I candidati saranno qui per le 10:45 quindi la aspetto per quell'ora in Sala Conferenze».
Tre quarti d'ora ed un fascicolo di almeno cento pagine da visionare per un lavoro a mio avviso inadeguato per la mia persona.
Fottuta, ecco come mi sentivo.
Decisamente fottuta.
Malgrado ciò, tentai di mantenere un'espressione impassibile e mormorai un "d'accordo, arrivederci", raggiunsi la porta.
«Signorina Cortés» Mi paralizzai con la mano già sulla maniglia della porta e mi girai verso di lui, «Niente ritardi, almeno alla riunione».
Spazio Autrice:
Buongiorno mie dalie!
Oggi piccola sorpresa inaspettata. Non avrei dovuto pubblicare questo capitolo (come vi avevo detto ieri, oggi dovevo studiare) ma questa mattina mi sono svegliata particolarmente ispirata e quindi eccolo qui. Ciononostante, la pubblicazione regolare avverrà sempre dopo la fine di SD ma intanto, non nego la possibilità di qualche aggiornamento sporadico.
Fatemi sapere cosa ne pensate e spero che il capitolo vi piaccia.
All the love,
-Lyse
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