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13. Sogno?

State molto attenti con i vostri sogni, perché corrono il rischio di avverarsi.

-Leo Buscaglia.

***


La mia prima notte sola. Ma davvero sola... Non c'era nemmeno Nathan con me e nemmeno il pensiero di lui volevo che si accucciasse nella mia testa visto che ero ancora turbata per la foto con Mariana.

D'istinto avevo premuto il tasto "cancella immagine" poi però, quando era uscito il messaggio "sei sicuro di voler eliminare questo elemento?", avevo premuto "no".

Sembrava che anche il telefono avesse capito fin dove arrivava la mia indecisione!

Mi chiedeva: "Ma ne sei sicura? Pensaci bene prima di farlo... Questa foto è una prova di qualcosa che magari potrai dimostrare in seguito, quando Nathan negherà di essere uscito o almeno di essersi visto con Mariana!"

Che stupida! Il telefono non parlava... Ero io che stavo impazzendo. Ero gelosa in un modo che non mi era mai capitato. Ma davvero ero così cotta di lui?

Mi sedetti sul letto che ormai era ridotto ad un campo di guerra. Ora capivo perché Nathan mi aveva chiamata "trottolina". Mi resi conto che non avrei potuto fare nessuna scenata a quel ragazzo, semplicemente perché non era mio. Non mi apparteneva. Inoltre aveva sempre specificato e definito il nostro rapporto, amicizia. Era sempre stato cristallino sotto questo aspetto...

Sì... perché allora mi sentivo tradita? E con la persona tra le più odiose che conoscessi! A quel punto preferivo Alina...

Mi alzai per andare a bere un po' di latte caldo. Passai davanti alla camera da letto di mia madre. La porta era chiusa e così l'avrei lasciata. Non volevo vederla, non volevo nemmeno entrarci... forse perché così avrei avuto la conferma che lei non fosse lì e che fosse andata via veramente.

Quando fui in cucina notai che l'orologio segnava le 2:45. Sentii un po' di trambusto per le scale. Strane voci e strani rumori. Subito immaginai che ci fosse stato un altro omicidio poi sussultai sentendo battere scoordinatamente sulla mia porta. Dallo spioncino vidi Nathan. Aprii immediatamente notando che era diverso. Non l'avevo mai visto così. Sembrava che fosse stato investito e travolto da un tram.

-Nathan! -esclamai temendo che gli fosse capitato qualcosa. Lui entrò, lasciandosi dietro una scia di odore sgradevole di alcol.
-Nathan... sei ubriaco...?!

-No. -disse lui tentando di afferrare la sedia che però probabilmente vedeva sdoppiata. Lo aiutai a sedersi e poi mi misi di fronte a lui.

Lo guardai con occhi di rimprovero, incollerita come non mai.

-Che c'è? -disse lui con la testa che gli scoppiava. Lo capii dal fatto che si era portato una mano alla fronte. Era stordito.

-E me lo chiedi?! -lo aggredii. -Hai alzato troppo il gomito?

-No, non ho bevuto! -disse massaggiandosi le tempie. -Cioè, sì... ma solo un paio di bicchieri...

-Ci credo proprio! -dissi preparando la caffettiera. Lui rimase con la testa appoggiata al tavolo fino a che non gli portai la tazza colma.

Dovetti aiutarlo a bere. Non era più lui.

-Ma perché diamine ti sei ubriacato?!

-Non ho bevuto Karin!

-Allora che è successo!

-Ti prego non urlare...

-Ok... ok. Non urlo... ma tu mi spieghi cosa hai combinato.

-Lo sai... non te l'ho ancora detto ma... tua madre era una donna in gamba...

Un groppo mi salì in gola. Perché parlava di mia madre? Possibile che si fosse ubriacato perché soffriva anche lui per la sua perdita?

-...Era bello parlare con lei... Lei mi capiva...

-E perché... io no? -dissi tristemente.

-Non fraintendermi... Lei era come una mamma... mi sentivo bene con Grace. Fin dal primo giorno si è fidata di me... mi ha trattato come un figlio...

-Lo so.

Nathan tentò di asciugare una lacrima scivolata sul mio viso. Mi strusciò la guancia con un tocco per niente leggero che mi fece quasi male.

-Smettila! -gli dissi levando via quella mano priva di tatto.

-Perché piangi?

-Per mia madre no?! -mi innervosii.

-Era troppo buona... la mia no! -si strofinò il naso nervosamente.

-Senti... è meglio che tu vada a casa tua e che dorma ...vedrai che domani che avrai smaltito la sbornia...

-Non sono ubriaco! Vuoi capirlo?! -mi ringhiò contro battendo i pugni. Sbattei le ciglia incontrollatamente, sobbalzando al forte rumore. Batté la fronte sul tavolo e scoppiò in un pianto di singhiozzi. Non sapevo davvero come interpretare quello che stava succedendo.

-Mi manca...! -disse con la voce che faceva eco e nello stesso tempo veniva soffocata da tavolo.

-Ti manca...? Ti manca Grace?

-Sì... Mi manca Grace...

A quel punto non potei fare a meno di avvicinarmi a lui e provare a confortarlo. Mi sentii forte e gli posai le mani sulle spalle sussurrandogli alcune parole.

-Ok resta. Ma voglio che tu vada dritto a dormire...

-Karin... -disse rialzando la testa. -Tua madre aveva ragione. -disse di punto in bianco.

-Che vuoi dire...? -scesi dalle nuvole.

Si alzò e lo accompagnai in camera mia. Si stese sul letto con il viso ancora bagnato. Abbassò le palpebre. Presi un fazzoletto e gli asciugai le lacrime.

Socchiuse leggermente gli occhi. Il suo azzurro scintillante mi illuminò in un attimo. Gli sorrisi. Tornai seria quando pronunciò una frase.

-È vero Karin... sono pazzo di te... -disse e mi sentii morire. Si addormentò all'istante. Le sue parole ripetute all'infinito nella mia mente mi mandarono in tilt. Quasi non credevo a quello che aveva detto. Volevo convincermi di non aver sentito bene, di aver confuso... Forse mi sarei svegliata da un momento all'altro e avrei scoperto che era tutto un sogno.

Rimasi a guardare il suo viso. Una folle idea prese il sopravvento mettendo a tacere la ragione.

Un bacio rubato. Solo uno, e sarei scappata via.

Mi avvicinai lentamente sentendo il cuore pompare forte nelle petto, nelle orecchie. Mi fermai ad un solo centimetro, sentendo il suo respiro sulle mie labbra. Nella penombra della mia stanza guardai il suo viso avvolto da un'atmosfera che sembrava proprio adatta per contenere un'emozione così intensa. Chiusi gli occhi accorciando le distanze poi li aprii. Li richiusi e li riaprii di nuovo.

Ero tentata. Anch'io ero pazza di lui e invece...

Invece preferii non farlo. Mi allontanai velocemente e mi diressi a grandi passi alla porta. Lì, sentii la sua voce.

-Karin... se vuoi... puoi farlo...

-No. -dissi restando di spalle.

-Perché... -sussurrò lui ancora supino e con le fessure degli occhi appena aperti.

Esitai e prendendo fiato mi feci coraggio.

-Perché non sei in te.

Lui si alzò un po' a fatica e mi raggiunse. Mi voltò verso i suoi splendidi occhi.

-Io sono in me. -disse deciso.

-Domani mattina non ricorderai nulla... e tutto questo non avrebbe nessun significato per te... e nemmeno per me lo avrebbe. Sarebbe solo un bacio rubato...
Non saprai mai che è successo davvero.

-Allora chiudi gli occhi e fa' finta che sia tutto un sogno.

Li chiusi. Ma ancora non riuscii a far finta di niente e riaprendoli guardai Nathan in volto.

-No... sono stanca di sognare... Sono stanca di di sognarti. Di sognarti solamente...

Uscii dalla stanza chiudendo la porta prima che potessi cambiare idea. Mi gettai sul divano con il cuore a pezzi. Abbracciai il cuscino posato lì, quello cucito dalla mia mamma. Volevo solo poter parlare con lei...

Lei mi avrebbe indirizzata, lei avrebbe saputo dirmi cosa fare...


Al mattino mi ritrovai distesa sul divano. Mi sentivo come se avessi dovuto smaltire anch'io una sbornia con il mal di testa che mi picchiava forte. Mi alzai di scatto pensando a quello che era accaduto la notte stessa.

Se Nathan fosse stato nel mio letto, significava per certo che non avevo sognato.

Mi affacciai alla porta della mia stanza e il letto era vuoto. Possibile? Possibile che avessi scambiato il sogno per realtà?

Un urlo riecheggiò dal cortile. Ancora stordita mi affacciai alla finestra. Mi sentii quasi svenire.

-Hanno ucciso il ragazzo! L'hanno ucciso!

Sentii Morris gridare agli altri che si affrettavano a scendere.

Lo vidi a terra tra quelli che si erano raccolti intorno a lui.

-No...! Nathan...! -urlai. Uscii correndo dalla mia camera. Non vedevo più nulla. Ero certa che non sarei arrivata giù. Le forze mi mancavano, sapevo che presto avrei perso i sensi. Barcollai e non sentii più il mio corpo. Era così leggero che pareva non esserci più gravità. La vista annebbiata inviò al mio cervello un ultimo messaggio.

Nathan era di fronte a me e mentre mi sentivo intrappolata in una bolla di sapone e la casa mi girava intorno, chiusi gli occhi e tutto sparì.

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