Buggato
♠ SUGURU ♠
Allontanare il corpo dal materasso è stato come cercare di smuovere un menhir a mani nude, perché cazzo continuiamo con questa farsa del cambio d'ora? È una tecnica per decimare la popolazione? Di sicuro qualcuno mi spiaccicherà sul parabrezza della propria auto, se non riesco a carburare almeno un poco.
Dopo lo show di Luca mi aspettavo un messaggio nel week end , invece non si è fatto sentire. Poco male, non avrei saputo come comportarmi. O forse sì, e questo mi spaventa ancora di più.
Ingurgito il poco caffè che mi ha lasciato mia madre nella moka e barcollo verso la porta. La apro e ... adesso ho pure le allucinazioni. Ok essere stordito come un koala che si è mangiato foglie di marijuana, ma immaginarmi Satoru in corridoio che mi aspetta è troppo anche per il mio folle neurone.
«Ciao» adesso lo sento pure!
Chiudo la porta e torno in casa. Non è reale. Sugu, è la tua immaginazione.
Riapro la porta.
Ridacchia «vedessi che faccia che hai»
Fanculo, hai idea di cosa sto provando ora? Ho le viscere che si contorcono come i serpenti del film il Tempio Maledetto, quando Indi cadeva e tu urlavi come un pazzo aggrappandoti al mio braccio perché detesti i serpenti. Anche se si vedeva lontano un miglio che erano di plastica.
Quanti anni avevamo? Sei o sette credo.
«Cosa sta elaborando il tuo cervellino?» chiede la mia allucinazione.
«Cosa fai qui?» metto lo zaino sulla spalla fingendo assoluta indifferenza.
«Andiamo a scuola?» sorride.
«Insieme?»
Fa spallucce «se ti va»
«E poi? Sparirai nuovamente?»
«No, non credo. Cioè... non voglio»
Lo seguo giù per le scale in silenzio monacale. La mente è affollata da mille domande ma nemmeno una trova la strada per raggiungere la lingua.
♥ SATORU ♥
Ho passato l'ennesima notte in bianco. Ieri sera ero in centro con quel cretino di Ricardo e ti ho visto mentre entravi in pizzeria coi tuoi amici. Mi è bastato scorgerti di sfuggita per non riuscire a pensare più a nient'altro. Non posso continuare così. Sfrego con rabbia i denti con lo spazzolino, sputo nel lavandino e poi rimango a fissare il mio riflesso nello specchio. Sato è giunta l'ora che tu faccia qualcosa.
«Sato, la colazione è pronta!» la voce di mamma rimbalza per il corridoio.
Sistemo i capelli col gel, correttamente spettinati ad arte, e la raggiungo in cucina.
Toglie rumorosamente i piatti dalla lavastoviglie «sai che ieri ho incontrato il tuo coach! Non fa altro che elogiarti, dice che sei perfetto. L'atleta migliore che abbia mai avuto. Non vede l'ora che arrivi l'americano per firmare il contratto»
Perfetto. Sono esattamente come lui mi ha scolpito: i voti, l'apparenza, le ragazze, la squadra, il respiro, la dieta, le ore di allenamento. Tutto controllato. Ogni mia attività passa sotto la lente d'ingrandimento. Perfetto.
Mia mamma continua a parlare ma ormai ho smesso di ascoltare. Non riesco a seguire le persone che blaterano per più di cinque minuti. Rumore. Tutti quanti sono un costante e fastidioso rumore. Zitti, zitti dovete stare tutti quanti. Zitti.
Non so cosa farmene di questa vita perfetta e vuota. Per sostenere l'immagine, che LUI ha desiderato per ME, ho rinunciato a tutto.
Ho rinunciato a TE.
Non riesco a sopportarlo. Non più.
«Vado» interrompo il flusso di parole e mamma si ferma con un piatto in mano.
«E la colazione?»
«Passo da Sugu, magari prendo qualcosa con lui» continuare ad ignorarlo non è più possibile, non funziona. Tanto vale arrendersi.
«Da.. davvero?» vedo la gioia illuminarle il viso. Mia mamma lo ha sempre adorato. Ho spezzato il cuore anche a lei quando gli ho voltato le spalle.
«Si» la saluto con un cenno.
Per le scale incrocio il nostro vicino, vestito di nero come un corvo. Mi saluta con un cenno del capo. Ricambio mentre salgo l'ultima rampa. Abitiamo uno sopra l'altro. In appartamenti identici.
Prego che tu sia ancora in casa. Poi sento un rumore vicino alla porta, e mi sistemo appoggiandomi al muro fingendo di essere qui chissà da quanto ad attendere. Ho il cuore che martella nel petto, non a causa delle scale fatte.
Apri la porta e mi fissi sbalordito.
«Ciao!» esclamo con finta disinvoltura.
Mi chiudi la porta in faccia.
Ah! Temevo una situazione simile.
Poi la riapri e mi guardi come se fossi un fantasma. Non hai tutti i torti.
«Vedessi che faccia che hai» mi scappa una risata nervosa «Cosa sta elaborando il tuo cervellino?» il tuo silenzio mi uccide.
«Cosa fai qui?» è nervoso quanto me, cerca invano di mettersi lo zaino sulla spalla ma continua a cadergli.
«Andiamo a scuola?» voglio sentirti ancora parlare.
«Insieme?» socchiudi gli occhi dubbioso. Temi che sia uno scherzo.
Cerco di tranquillizzarti come meglio riesco a fare. Sembra che funzioni.
Scendiamo le scale in assoluto silenzio.
Appena in strada ti fermi di colpo. Mi sento nudo sotto il tuo sguardo tagliente «se vuoi riallacciare i rapporti devi impegnarti»
Sorrido estasiato. Non mi sarei mai aspettato una risposta del genere «Mi impegnerò. Per iniziare... Starbucks?»
«Paghi tu» mi inchiodi con un sorriso.
«Ovvio»
«E poi a pranzo voglio il budino fondente alla nocciola»
Ah! Questa è proprio cattiva. È il più ambito da tutta la scuola, bisogna correre appena suona la campanella per riuscire a recuperarne uno prima che finiscano. E oggi se non sbaglio ho lezione dal lato opposto del bar. «Va bene»
«Davvero?» il tono è tra lo stupito e il divertito.
Starbucks è strapieno di persone che parlano ad alta voce. Ma l'unica che sento nel frastuono è la tua. Limpida. Musicale. Quanto mi era mancata.
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