Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Capitolo XV


Avanzavo a tentoni, sballottato da una parte all'altra dalla furia impietosa del vento e completamente accecato dal buio e dalla sabbia, come se il cielo stesso si fosse messo contro di me, ma nonostante ciò lo sfidai e continuai ad andare avanti. Ci misi molto, camminando con una lentezza esasperante, ma alla fine riuscii ad arrivare davanti alla casa di Bill, che mi appariva come una grossa macchia marrone in mezzo ad altre più piccole. Mi avvicinai abbastanza da distinguerne un po' più chiaramente la struttura in cemento e iniziai a girarci intorno per trovare un'entrata. Normalmente il perimetro sarebbe stato sorvegliato dalle guardie e, di conseguenza, non sarebbe stato possibile intrufolarsi dentro senza essere scoperto, però ora erano tutti dentro per proteggersi dalla tempesta.

Camminai, osservai con attenzione tra le folate di sabbia, e alla fine trovai un apertura sul muro, dove un tempo probabilmente c'era il condizionatore d'aria. Il problema era che era posta ad almeno tre metri d'altezza, ben lontana dalla mia portata. Mi guardai in giro, cercando qualcosa con cui poter salire, ma scartai subito l'idea: niente di così grande e allo stesso tempo abbastanza leggero da permettermi di spostarlo sarebbe riuscito a reggere la furia della tempesta. Guardai con più attenzione il muro, e notai che il cemento si era staccato in più punti, rivelando l'armatura metallica sottostante. Era pericoloso, ma alla fine decisi di scalare aggrappandomi ai buchi nella parete. Afferrai la ruvida barra di metallo che usciva da una grossa spaccatura all'altezza della mia testa e mi issai su, sentendo la ruggine che rimaneva attaccata ai palmi delle mie mani. Afferrai poi una sporgenza, ma il cemento si sgretolò tra le mie mani e caddi giù. Nella caduta la mantella rimase impigliata e mi si strappò di dosso, esponendo il mio corpo alla tempesta dato che sotto quell'abito ero poco più che nudo. Le folate mi colpivano con la violenza di clavi brandite da omoni giganteschi e la sabbia mi grattava la pelle come carta vetrata. Provai a riprendere la mantella, ma questa ormai era sparita, portata via dalla forza del vento. Imperterrito decisi di riprovare, arrampicandomi con addosso solo un paio di pantaloni, e alla fine arrivai sulla sommità, dove iniziai a strisciare dentro il passaggio.

...

La conduttura era stretta, con chiazze di ruggine sparse qui e lì e alcune griglie che si aprivano sulle varie stanze, gettando un po' di luce che mi permetteva di vedere. Mi spostavo con difficoltà, muovendo con molta lentezze gambe e braccia mentre l'epidermide sfregava contro le pareti del passaggio.

«Volevi parlarmi?» chiese qualcuno in lontananza.

«Esatto. Perché ci hai messo tanto?» gli rispose qualcun'altro. Mi avvicinai, cercando di capire la conversazione.

«Dovevo mettere a letto i marmocchi. Quando infuria una tempesta del genere è difficile farli addormentare»

«Quindi hai pure difficoltà a trattare con i bambini. Non dovrei stupirmene viste le difficoltà che hai nel tenere a bada l'accampamento.»

«Cosa vorresti insinuare?»

Dopo un po' arrivai sopra la camera da cui provenivano le voci. Mi affacciai dalla grata: sotto di me si trovava un'ampia stanza, con un letto addossato a una parete, una scrivania disseminata di carte posta di fianco a esso e un baule aperto sul lato opposto, da cui uscivano in maniera disordinata abiti e altri oggetti. C'era persino un quadro appeso a una parete, anche se dal punto in cui mi trovavo non riuscivo a capire quale fosse il soggetto. L'illuminazione proveniva da alcune torce alle pareti, fissate con dei supporti che molto probabilmente non appartenevano alla struttura originale. Le uniche due persone nella stanza erano Bill, con le mani ancora livide per il pestaggio che teneva chiuse a pugno lungo i fianchi, e l'emissario di Crossroad, che lo fulminava con i suoi occhi grigi. Erano entrambi arrabbiati, ma non riuscivo a capire il perché.

«Per poco stavi per essere rovesciato da un bambino.»

«Avevo tutto perfettamente sotto controllo.»

«Se solo vedessi un pelo oltre quel grugno che ti ritrovi avresti visto che gli abitanti dell'accampamento erano sul punto di saltarti addosso e scotennarti. E molto probabilmente me con te.»

«Le mie guardie erano lì proprio per questo.»

«E quante erano?  Dieci? Al massimo undici. Là fuori c'erano un centinaio di persone sul punto di rivoltarsi. Puoi solo ringraziare questa dannatissima tempesta di sabbia che ti ha salvato quel grosso culo che ti ritrovi.»

«Se qualcosa dovesse andare male potrei sempre chiedere a voi.»

«Spero che tu voglia scherzare.»

«Cosa vorresti dire? Io sono sempre un grande alleato di Crossroad. Come minimo mi aspetterei il vostro soccorso in caso di bisogno.»

«Forse non hai capito bene la natura del nostro accordo.» L'emissario si avvicinò a Bill, guardandolo dritto negli occhi sporgenti. «Noi non abbiamo nessun obbligo nei tuoi confronti. Non fa alcuna differenza se ci sei tu o qualcun'altro a capo di questo buco schifoso.»

«Io vi ho servito con lealtà!» sbraitò Bill.

«Esattamente come un altra trentina di re dei ratti. Crossroad non ha bisogno di un imbecille che non riesce neanche a gestire una manica di topi del deserto. Ascoltami bene, visti i lunghi anni in cui abbiamo lavorato insieme ti darò un consiglio: smettila ti tormentare quella famiglia di disgraziati, perché sarà la tua rovina.»

«Quello là potrebbe prendersi la mia posizione se glielo lascio fare.»

«E sarebbe con lui che Crossroad si metterebbe in affari nel caso. Probabilmente può fare un lavoro migliore del tuo. Sparisci, e pensa di più a quello che fai.»

Bill rimase fermo lì per qualche secondo, come se si stesse trattenendo dal staccargli la testa, ma alla fine se ne andò via, sbattendo violentemente la porta. L'emissario fissò per un po' il punto in cui si trovava Bill, assorto in chissà quali pensieri, poi si sedette nella sua scrivania, lavorando a chissà cosa. Non mi ero mai immaginato prima di allora che il rapporto tra Bill e Crossroad fosse così fragile. Sembrava che ci fosse una solidissima alleanza tra loro, e anche per questo sembrava così difficile buttarlo giù. Per la prima volta nella mia vita ebbi esperienza concreta della precarietà del potere, e questo mi colpì molto. Tuttavia in quel momento non avevo il tempo, ne i mezzi mentali, per rimuginarci sopra e continuai per la mia strada.

...

Dopo aver oltrepassato la camera dell'emissario continuai ad andare avanti per tentativi, cercando il magazzino dove probabilmente avevano portato i medicinali. Non era semplice: l'edificio non sarà stato particolarmente grande, ma i condotti cambiavano direzione più volte e si diramavano in tutte le direzioni, con in più il fatto che era difficile girare in quello spazio così ristretto. Senza contare inoltre che non c'erano luci al loro interno e dovevo fare affidamento a quelle provenienti dalle stanze, che spesso si riducevano a brevi bagliori. 

Passai per svariate camere: una in cui si trovavano delle brande, dove un piccolo gruppo di uomini stava scherzando allegramente sulla donna che uno di loro si era fatta, una arredata con un grande letto matrimoniale e qualche cassetto che probabilmente apparteneva a Bill, e una con un paio di letti dove dormivano due bambini molto piccoli, uno di tre anni e uno di cinque. Ad un certo punto arrivai alla cucina, occupata principalmente da un grosso tavolo disseminato di coltelli, verdure, pentole e non so cos'altro. Di fianco al tavolo alcuni uomini si apprestava a uccidere un maiale per preparare la cena. L'animale rosa pallido era legato a una tavola addossata alla parete, con la testa rivolta verso un catino di latta posto proprio sotto di lui. Uno di loro si avvicinò al tavolo e prese un lungo coltellaccio da cucina che luccicava riflettendo le luci tremolanti delle torce alle pareti. Lo affilò brevemente usando una pietra ruvida poggiata sul tavolo, poi si avvicinò all'animale poggiando la lama su un lato del collo. Il maiale, sentendo il coltello freddo a contatto con la sua pelle, si agitò, ma gli altri uomini lo tenevano fermo per le zampe. A quel punto, con un veloce ed esperto colpo di coltello, lo sgozzò; dalla ferita usciva un fiotto di sangue scarlatto, che veniva raccolto dentro il catino per terra. L'animale strepitò, cercando in ogni modo di liberarsi dalla presa ed emettendo disperati versi di paura attraverso il grugno legato con una cinghia. Continuò a scuotersi per ancora un paio di minuti schizzando sangue un po' ovunque, poi il flusso diminuì velocemente e l'animale si mosse sempre meno. Quando fu del tutto immobile  l'uomo che lo aveva sgozzato iniziò a macellarlo, aprendogli la pancia con un lungo taglio verticale che dall'inguine gli arrivava fino allo sterno. A quel ponto, mentre le viscere si riversavano fuori, distolsi lo sguardo e continuai ad andare avanti. Non doveva mancare molto ormai per i magazzini.

Strisciai ancora un po', finché non mi ritrovai si fronte a una grata che si affacciava su una stanza completamente buia. Strizzai gli occhi, cercando di capire cosa ci fosse al suo interno. A causa dell'oscurità non riuscivo a vedere i confini della stanza, ma riuscii a distinguere alcune pile di casse  poste proprio sotto la grata. La scossi leggermente, cercando di non fare rumore, e notai che mancava una delle viti all'angolo mentre l'altra era molto allentata. Feci passare la mano tra le sbarre, toccando la cornice arrugginita con i polpastrelli per cercare la vite. Una volta trovata la afferrai tra pollice e indice e lentamente la girai in senso antiorario. Ci volle poco prima che uscisse del tutto. A quel punto, usando la mano con cui avevo tolto la vite, afferrai la grata e iniziai a spingerla lentamente in avanti per aprirla. I cardini erano molto arrugginiti e produssero un fastidioso stridio mentre venivano mossi dopo tanto tempo, ma, per mia fortuna, la tempesta si faceva sentire con forza anche all'interno dell'edificio e coprii il suono. Una volta aperto iniziai, con molta fatica, a girarmi con i piedi rivolti verso la stanza e mi calai dentro, sfruttando le casse impilate direttamente sotto di me come scale.

Toccato terra mi sono guardato in giro; i miei occhi si stavano abituando al buio, ma nonostante ciò non sapevo da dove iniziare. Aprii la prima cassa che avevo davanti, che si rivelò vuota, e poi passai a quella successiva, con lo stesso contenuto della prima. Andai avanti così per un po', ma non ottenni risultati molto diversi: in un paio di casse trovai qualche pistola e un paio di fucili, in altre alcune cartucce, ma per la maggior parte erano vuote. Insieme alle casse c'erano alcuni sacchi mezzi vuoti di grano o patate, alcune botti contenenti vari cibi e bevande, di cui non poche alcoliche a giudicare dall'odore, diversi mucchi di ciarpame inutile e altro ancora. Alla fine, sopra una cassa posizionata a qualche metro dalla porta del magazzino, vidi poggiato un fagotto di pelle dall'aria familiare. Mi avvicinai e lo aprii: era la sacca che conteneva i medicinali che cercavo. 

Stavo per tornare indietro quando un forte schianto metallico mi costrinse a fermarmi lì. Era impossibile che nessuno avesse sentito un simile fragore, dovevo subito nascondermi da qualche parte prima che una guardia entrasse a controllare. Aprii la cassa su cui era poggiata la bisaccia, e la trovai piena di stracci e ritagli di stoffa di ogni forma e dimensione. Mi ci tuffai dentro, poi rimisi il coperchio sopra di me.

Passarono pochi secondi, poi la porta si aprii con un fastidioso cigolio dei cardini. Passi pesanti si diffusero per tutto il magazzino, accompagnate da una luce tremolante che filtrava attraverso le assi secche e scheggiate della cassa. La guardia si avvicinò sempre di più, finché non fu proprio davanti a me e io potei distinguere i suoi stivali sporchi di polvere e i pantaloni logori. Lui, per mia fortuna, continuò dritto ancora per un po', poi il suono dei passi si fermò in un punto ad alcuni metri di distanza. Ci fu un silenzio assordante per qualche secondo, poi si sentii un grugnito di fastidio e i passi che tornavano indietro, passando nuovamente oltre il mio nascondiglio e fuori dalla porta, che venne chiusa bruscamente. Aspettai ancora per un po' che l'uomo si allontanasse e, solo quando fui assolutamente certo che se ne fosse andato, uscii fuori. 

Stavo per richiuderla, ma mi balenò un pensiero: ora ero senza mantella, non potevo tornare a casa mezzo nudo mentre fuori infuriava una tempesta di sabbia. Guardai dentro la cassa con più attenzione, cercando qualcosa che mi potesse tornare utile. Molti di quei panni erano inutilizzabili, per lo più erano brandelli di tessuto o pelle che dovevano ancora essere cuciti assieme per creare sacche o rattoppi per vestiti, ma poi il mio sguardo si soffermò su quello che appariva un orecchio. Lo tirai fuori, rimanendo totalmente esterrefatto da quello che avevo trovato: il contorno della testa, le lunghe zampe che pendevano a mo' di lacci, la coda che ondeggiava dietro. Quella era la pelle dell'animale che avevo ucciso! Una volta tornati al campo, quando quella guardia aveva portato via l'animale, dovevano aver scuoiato l'animale e conciato la sua pelle. Me la avvolsi intorno al corpo.  L'animale era davvero molto grande, la sua pelle mi avvolse completamente e mi scendeva fin'oltre le ginocchia. 

Tornai da dove ero entrato. A terra trovai la grata arrugginita, con un angolo ammaccato a causa della caduta e i cardini divelti. Mi chinai e ne raccolsi uno, poi lo sfregai tra le dita della mano. Bastò quel movimento a sbriciolarlo completamente come se fosse una zolla di terra. Buttai a terra l'ammasso di ruggine friabile e mi pulii la mano sulla mia nuova mantella, poi scalai nuovamente la pila di casse e tornai nel condotto con il bottino che stavo cercando.

...

Mi trovavo lungo la via principale insieme ad Abdon, decidendo a cosa giocare. Dopo aver preso le medicine ed essere uscito tornai subito verso casa, tenendo ferma la pelle dell'animale con una mano e la sacca piena di medicine con l'altro. Arrivato all'uscio di casa e aperta la porta fui quasi spinto dentro dal vento, come se mi intimasse di non rimanere più fuori. Fui accolto da una cacofonia di suoni ed emozioni dagli abitanti della casa, che mi vomitarono addosso rabbia, preoccupazione e sollievo. Dopo ciò non persero altro tempo e si precipitarono in camera di mio padre per curarlo. La tempesta di sabbia durò quasi due giorni, in cui la nostra famiglia si strinse tutta attorno a mio padre per poterlo assistere. Quando finalmente il tempo migliorò mio padre riottenne lucidità: era pallido, smagrito e appariva invecchiato, ma le medicine stavano funzionando e il peggio era passato. Nel vederlo uscire dalla porta quando in cielo era tornata la calma Bill era rimasto perplesso; con ogni probabilità sperava di ricevere la notizia della sua morte una volta finita la tempesta, ma quslla volta il suo desiderio fu disatteso. Chissà se gli era giunta voce che nel magazzino le medicine erano scomparse? Forse sospettava qualcosa, ma comunque non fece nulla, sorvegliato com'era dallo sguardo altero della popolazione. Si era spinto molto in là in quegli ultimi giorni e ora, senza il pieno supporto di Crossroad, rischiava seriamente di scatenare una rivolta contro di lui.

Mentre stavamo decidendo se chiamare qualcun'altro per giocare notai che l'atmosfera si era fatta più agitata. Diverse persone formavano dei piccoli gruppetti e si dirigevano verso la porta orientale, poi un lungo suono di corno fendette l'aria, seguito da altri due di pari lunghezza. Io e Abdon ci guardammo negli occhi, poi ci dirigemmo anche noi verso il cancello. Lì trovammo una folla di curiosi, venuti a vedere la spedizione che finalmente tornava a casa dopo più di una settimana da quando era partita. I primi pony stavano già entrando, carichi di bottino: alcuni portavano sul loro dorso sacchi di cereali, altri ceste piene di ortaggi e altri ancora addirittura avevano degli insaccati che pendevano come curiose decorazioni dalle loro selle. A seguire venivano i carri trainati dai cavalli, pieni di gabbie di galline, botti di liquori, forme di formaggio, tranci di carne lasciati a essiccare e altri sacchi di cereali e farina. Negli ultimi tre della sfilata c'erano poi svariati rottami di ferro, componenti di tecnologie antiche e altre cianfrusaglie che facevano gola ai mercanti che venivano da Crossroad. 

Quando sfilarono poi i soldati, acclamati dalla folla festante, Abdon si allontanò dirigendosi in un punto imprecisato della fiumana umana. Probabilmente aveva visto suo padre in mezzo a loro e gli era andato incontro. Stavo per andare a cercarlo, quando dalla porta entrò l'ultima parte del bottino, che malinconicamente, in silenzio, percorrevano la via polverosa. Spettri ingobbiti, imbruttiti dalla fatica del viaggio, i cenci che cascavano sui corpi magri, i piedi piagati dalla lunga camminata, i polsi legati alla vita del compagno davanti, gli occhi infossati, senza vita, che fissavano vacuamente il terreno.

All'improvviso una donna inciampò e cadde a terra. Uno dei soldati che li scortavano, un uomo arcigno con folti baffi scuri che gli coprivano il labbro superiore, diede qualche colpetto alla donna con la canna del fucile, intimandole di continuare. L'uomo accanto a lei lo guardò di traverso.

«Siete solo degli schifosi predoni» gli disse al soldato. 

Questo non disse niente in risposta, ma, senza perdere un secondo, girò il fucile e con un colpo fulmineo del calciò lo sbatté a terra, facendogli perdere mezzo incisivo che rotolò fin quasi ai miei piedi. L'uomo rantolava a terra stordito, con il sangue che colava dalla bocca e dal naso e cadeva sull'arida strada. Nonostante l'interruzione la colonna continuò a marciare in avanti, tra gli sguardi della folla, verso l'oblio. Molti di loro non avrebbero più rivisto la luce del sole, rinchiusi per sempre nelle viscere infernali delle miniere di zolfo. 

Seguendo con lo sguardo la loro avanzata la mia vista si posò su un uomo non affilato, che contemplava la vista del bottino che veniva portato nel centro città. Quel giorno, davanti a quello spettacolo, per la prima volta da quando era arrivato l'emissario di Crossroad parve finalmente soddisfatto.


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro