Paragrafo 4 - Così Va la Vita
Caro diario,
non so il perché, ma avevo proprio dimenticato quella minaccia di Kappa, sai? Quella voce da narratore di un video della bella Youtube... Avrei dovuto ascoltarlo, all'epoca non avevo proprio idea di cosa avrebbe di lì a poco creato il fenomeno "Coronavirus" ancor prima della seconda peste...
Ora lo hai capito. E se sei un lettore, mi avrai giudicato come una poco di buono, e forse hai ragione. Pensare di essere la diavolessa di Nora mi stringe il cuore ogni volta, perché come avrai capito, era carico d'affetto quel nomignolo. Non volevo dire al gruppo che mi chiamava così, e ho accettato il nuovo "mezza-runner stronza". Erano dinamiche davvero divertenti nel gruppo, nonostante all'inizio piangevo dentro per non essere quello datomi da Nora. Quindi presto mi ci abituai.
Le mie care sorelle invece, ricordo fu bellissima quella sfida che si lanciarono Esse e Vu, ovviamente la spada di Esse era di paglia; non avrebbe mai fatto del male a nessuna di noi sul serio, e Vu indossava delle babbucce invernali per non farle male a sua volta. Sempre su Youtube, quel video che Elle girò fece un numero incalcolabile di like, e grazie al fatto che erano vestite "tipo me" quella volta davanti lo specchio, immaginerai gli insulti ma anche le approvazioni. Era il nostro divertimento leggere durante il lockdown di marzo 2020 ogni singolo commento, ed Elle che rispondeva a nome nostro ci faceva morire di risate.
Ammetto che sto piangendo mentre scrivo questo, scusa ancora caro diario... però mi mancano troppo, soprattutto Vu da come avrai capito... intanto riprendo da dove eravamo rimasti dopo il primo incontro con Esther, perché dopo avvenne qualcosa...
13 febbraio 2024
Alcune ore dopo il ritrovamento di Esther
Ormai il sole è calato: ha lasciato spazio alle tenebre, ben più idonee per quello strano trio. O meglio, strano per uno di loro.
In genere i due partecipanti dei raid giornalieri sono già a casa; ma stavolta hanno una pesantissima zavorra da trasportare a suon di incoraggiamenti, e qualche insulto nei loro pensieri: soprattutto in quelli di Mia. Le sue corse rappresentano quasi un secondo scopo di vita, dato che non c'è molto da intrattenersi durante quelle giornate da sopravvissuti.
Esther è invece molto debole, non è abituata a camminare a lungo dato che è rimasta nei meandri di quella discarica esplorata quel giorno per chissà quanto. Non ha ancora rivelato nulla da quando si è messa gambe in spalla. Ogni cento passi circa, si ode solamente un dolce ma straziante mugolio.
L'unica consolazione, è che ha smesso di piagnucolare come ciò che sembra: una bambina da poco cresciuta.
La femmina più alta si ferma sotto un lampione di vecchio ferro arrugginito, che emette un fascio di luce arancio ad intermittenza regolare. Un rilassante suono di corrente che manca e poi si riattacca allieta parte della sofferenza della più bassina, che dietro i due adulti li segue come un segugio.
"Che carina!" La voce dolce non è mai stata così udibile da quando l'hanno incontrata. Mia prende nervosamente il cellulare dalla tasca, e scrutando l'orario afferma sarcastica: "Sono le sette e mezza di sera, quanto tempo era che non ci facevamo una gitarella al buio?"
Mark pianta a terra le sue possenti Sneakers taglia 45 e risponde con meno entusiasmo. "Da parecchio, sicuro! Per fortuna questa è una zona che frequentavo da moccioso, anche senza quella cosa che si spegne e accende da rabbrividire, ce la possiamo fare, non è lontana casa... E carina cosa, ragazza?" La piccolina mostra tutti i suoi denti ingialliti, abbinati alla sporcizia sulle labbra carnose. "Le lucine! Quanto tempo non le vedevo..."
La giovane donna si volta rapidamente in più direzioni. Prima su Esther, la quale pacatezza sblocca qualcosa nella sua mente. Poi sulla cima del lampione, e infine alla sua sinistra, dove riconosce un'insegna da negozio d'abbigliamento ormai logora; è privo di vestiti in vetrina.
Dovrebbe irritarsi per non essere ancora tornata a casa per ovvie ragioni; ed invece, le immagini del passato sgretolano ogni traccia di rancore.
La sua cara amica Vu commentò con entusiasmo: "Guarda Emme, che vestito! Non è per danza moderna ma sembrerei una principessa con questo a una festa." Lei le rispose gioiosamente: "Già! Ti ci vedo proprio! Magari fai il vedo non vedo coi capelli sulla spalla, e ti potresti buttare con un ballo con quelli d'alta società. Ne abbordi uno ricco e affascinante, e ti fai una vita!" – "Ma dai, quel tipo di vita non mi piace, tutta educazione e raffinatezza. Se poi vede come ballo davvero hip hop scappa di corsa. Comunque ragazze è deciso, Emme mi regala il vestito tanto i soldi sono della sua famiglia, non gli mancano di certo." Le due, insieme ad Esse e ad Elle, risero in coro attirando l'attenzione di una commessa.
Ma davanti ai suoi occhi abituati al buio, non c'è nessuno che le venderà un abito, e nessuna delle tre carissime sorelle non consanguinee.
Alza il capo con la massima estensione del collo, e scendendo pian piano, vede nient'altro che palazzi intatti ma sporchi, alcuni dalle finestre aperte, altre chiuse; ma prive della luce che da fuori si vedeva spesso. La dolce affermazione di Esther, combinata a quell'immagine così diversa da ciò che vedeva quel lontano giorno con le amiche, provocano un luccichio dei suoi profondi occhi nocciola. La sua postura diviene molto femminile se paragonata a quella d'avventuriera perfetta che ha mantenuto nel corso della giornata.
Mark nota qualcosa nell'amica, ma decide di non indagare. "Mia, che fai andiamo, è pericoloso viaggiare di notte, e poi ci vorrà almeno mezz'ora dato che la ragazza non ce la fa a camminare neppure dietro al mio passo".
La giovanissima si sente sotto accusa; accelera leggermente il passo con aria da cane bastonato. "Scusami, Mark, giusto... adesso corro pure io..."
La castana torna in sé appena ode quelle genuine scuse ripiene di sensi di colpa. "Sì! Pensavo solo che è strano non ci hanno ancora contattato da casa. Saranno preoccupati." – "Il PMR non segnala niente, l'avrei sentito altrimenti. Jacob se la starà spassando a giocar a carte con Vivian. Se lo merita quella ragazza, viene da un raid lungo una settimana..."
Mia interrompe il compagno di sobbalzo, allargando al massimo il braccio destro, con mano completamente aperta. Per poi abbassarlo, fino a battere tre volte il pugno sulla sua medesima coscia. L'uomo diviene molto serio in volto, e con un movimento del capo dà cenno d'intesa e comprensione.
I deboli passi di Esther vengono interrotti dalla più adulta tra le due femmine. Bisbiglia cercando allo stesso tempo di non spaventarla. "Esther, ferma e cerca di non fiatare." La ragazzina recepisce il messaggio, mugolando paurosa.
Mentre quest'ultima ricomincia a tremare come quando è stata trovata in discarica, Mark e Mia si guardano intorno con fronte corrugata, rimanendo fermi sul posto.
Finché, circa un minuto dopo, il moro alza il pugno destro sino all'altezza del collo; e appena lei alza il pollice, quel silenzio è finalmente rotto da un tono molto maschio e adulto. "Ehi! Lo sappiamo che ci spiate, uscite fuori o veniamo noi a stanarvi, tanto non ce ne sono poi tanti di nascondigli qui, lo so bene perché questo è il nostro territorio!"
Dieci secondi di batticuore per i tre sotto minaccia, per poi risuonare una sinistra risata proveniente dall'ingresso di un vicolo non illuminato dai neon. "Bravo bel discorso, non abbiamo bisogno di nasconderci veniamo subito".
Mia irrigidisce il corpo mentre due figure escono allo scoperto: s'intravede una mazza di legno tra le loro mani. (Non mi ci abituerò mai... ma il piano è fare i fighi per uscirne vivi, come sempre!) Si posizionano nel mezzo dell'asfalto, sbarrando la strada al minigruppo.
Uno dei due pronuncia minacciosamente: "Forza signorine dateci tutto quello che avete addosso o queste le prendete in culo!" Esther getta un grido di puro terrore mentre la giovane donna sente di voler rispondere per stizza, ma viene anticipata da un impavido Mark. "E io non vi devo niente? Non me lo date il bastoncino in culo?" Sta per esalare un'affermazione in segno di sfida, ma l'amica rivolge lo sguardo verso la ben più spaventata persona. "Esther, calmati ci pensiamo noi, tu stai indietro!"
I due aggressori appaiono sulla sinistra come un ragazzo alto 1.80 e robusto, l'altro sulla destra invece media corporatura di 1.70. Il resto è poco visibile a causa della scarsa illuminazione, tranne che abiti logori ma giusti per coprirsi in quelle fredde serate d'inverno.
L'altro che non ha ancora fiatato ha una voce giovane ma sprezzante. "Donna proteggi la tua piccola figliola?" Sa che è diretto a lei il messaggio; mentre elabora un pensiero (La loro attenzione è su di me, forse andrà meglio che altre volte. Se tutto va come deve, Mark li fulminerà in poco...), abbassa la zippa del giubbotto, lo rimuove dal corpo e lo lancia sul marciapiede vicino la posizione di Esther. Per poi forzare un sorriso malizioso. "Su avanti, lo volete per coprirvi che siete taaanto infreddoliti, andate a prenderlo! Ci sono solo io e la mia bella camicetta rosa bella legata come piaceva a voi maschietti! Non ho paura del virus, quindi provateci pure!"
Per quanto stia solo recitando, non ha tutti i torti. La legatura della camicia a mezze maniche scopre alcuni centimetri di pancia quasi fino all'ombelico, e con la luce del sole si potrebbero ammirare le sue curve sul jeans skinny. E da tempo ormai, gli uomini non hanno modo di soddisfare i loro bisogni fisiologici.
"Non esagerare, amore, solo io posso sbottonartela. Questi due sono solo impostori del tuo bel corpo!" – (Ormai questa sceneggiata l'ha imparata bene; all'inizio facevamo pietà ma ora funziona. Ora si avvicineranno e li sparerà, o se qualcun'altro esce allo scoperto per prendere il mio giubbetto, verrà comunque sparato. Fa un po' freddo, ma devo resistere...)
Il complice che finge di avere una relazione con l'interessata non estrae ancora la sua poderosa Desert Eagle, pur fissando i nemici. Questi sembrano mimare dei finti passi in avanti, mentre sembrano divertirsi a prendere in giro i due.
Oltre a parole degne della feccia del mondo, si ode solamente il tremolio della povera ragazzina nelle retrovie. Poi Mark si stufa, e voltandosi verso l'amica bisbiglia un ordine. "Formazione E." Lei smuove il corpo leggermente infreddolito. (Mi vuole morto alle volte... però la tattica della seduzione è fallita. Non vuole sprecare due proiettili perché preziosi, quindi tutto è per usarne massimo uno... ha senso. Okay, anima e coraggio...)
I due abbassano le braccia, e iniziano a camminare parallelamente l'uno rispetto l'altro; lenti ma inesorabili verso gli avversari. Il più alto tra questi smette di schernire preparando l'arma, che ora appare appuntita sul lato anteriore. "Oh, i due coraggiosi fidanzatini vengono a darci tutto, è festa stasera!"
A cinque metri di distanza dal gigante, Mia accelera il passo sino a diventare un rapido scatto in avanti. "La festa la faremo noi stasera, ometti!" Mentre il più grosso prepara un attacco dall'alto verso il basso, la corritrice cambia direzione, giungendo verso il meno alto dei due. La mazza si muove in direzione diagonale per conseguenza di quell'incursione a sorpresa, ma la ragazza evita chinando il capo. L'altro è impreparato dunque si limita ad inseguirla. (Ora Mark! Altrimenti questi mi fottono...)
Come ad avere telepatia, Mark corre in avanti estraendo la sua fida arma. "Fermo o sparo! E tu non inseguirla altrimenti faccio fuori il tuo collega!"
L'uomo sotto attacco non cede al ricatto. "Tanto è finta, dove le trovi armi vere?" L'inseguitore di Mia non si ferma nonostante sia molto più lento di lei.
Un boato viene emanato dalla bocca della pistola: il bersaglio si ritrova con un buco nel cervello. Le urla piangenti di Esther sono evidenti.
L'eco della Desert Eagle spaventa l'altro aggressore, ed è lì che la velocissima ragazza interrompe la sua fuga per cambiare direzione. (È spaventato! Ora o mai più, spero di colpire bene come faceva Vu...) Si fionda in avanti, e allungando il braccio destro, lo trasforma in un montante potenziato dal massimo della sua velocità. Il corpo dell'avversario indietreggia di qualche passo per il volto colpito in pieno, e lascia cadere la sua asse di legno. Solo allora, l'improvvisata combattente alza la gamba destra, per poi renderla un calcio rotante diretto allo stomaco. Il risultato è che l'uomo si inginocchia al suolo dal dolore.
La giovane donna è pronta a sferrare un altro calcio, ma viene interrotta dall'amico. "Mia, ora lascia a me, allontanati!" Non se lo fa ripetere due volte, poiché lo vede impugnare l'arma dell'uomo appena ucciso. Questa viene utilizzata con forza contro il cranio della vittima.
"Esther, ti consiglio di non guardare di sotto, perché ti ci dovrai abituare!" L'appena nominata, coglie il suggerimento dell'adulta più per dovere che piacere, ma le sue grida non decedono.
Un fendente dall'alto verso il basso caricato al massimo. (Non mi ci abituerò mai, e mi sento di nuovo in colpa per aver picchiato un uomo e condannato a morte da Mark... come fa a non provare rimorso? Veniva davvero dalla feccia del mondo pre-COVID per farlo così bene?) Poi un altro, e ancora altri tre. Le chiazze di sangue sgorgano a volontà, fin quando il nemico non è più capace di lamentare dolore, privo di vita.
Il legnetto è ormai distrutto e inutilizzabile, mentre il vincitore ironizza come un attore del cinema. "Ecco fatto, questo succede a chi non crede che un sopravvissuto possa essere armato di pistola vera! Due invasori in meno per il nostro territorio, se ci fosse una taglia noi dovremmo essere ricchi per tutti quelli che abbiamo fatto fuori!"
Mia abbassa lo sguardo mentre Esther si avvicina loro lentamente. (Ogni volta che gioca con i morti mi fa quasi paura... Io quando dovetti farlo la prima volta mi sentii un mostro. Fu grazie a lui e i suoi complimenti assurdi se mi ripresi, ma volevo morire... sognai per una settimana quel volto che ho riempito di calci... Magari è per questo che Mark vuole essere un "eroe" che ammazza gli aggressori... anche per proteggermi da questo...)
Mark sta per commentare, quando sente qualcosa provenire da una tasca del suo giubbotto.
Estrae immediatamente il PMR. Una voce da cinquantenne risuona assieme ad un leggero fruscio. "Mark... Mia... tutto okay?" Torna calmo e sereno come se non avesse mai commesso quel duplice omicidio. "Tutto okay Jacob, stiamo bene, ma... pulito il campo, ripeto pulito il campo, e... abbiamo il pacco, ripeto abbiamo il pacco." – "Oh... capito, allora breve e indolore... abbiamo..."
La ragazza in camicia ha il corpo gelido; dunque si appresta a raccogliere il suo riparo dal freddo invernale. "Andiamo Esther, ora è tutto a posto." Quel sorriso più dolce possibile, che le ha mostrato per combattere la scena cruenta a cui ha di nuovo assistito, è destinato a sparire.
Appena avvicinatosi all'amico, il suo sguardo nervoso e cupo presagisce una terribile notizia. "Mia... a casa abbiamo un positivo..."
Mia cade nello sconforto più totale. Trattiene l'urlo solo perché il pericolo di altri sopravvissuti in agguato potrebbe essere realtà. "No... no... Per caso è Vivian?" – "Per ovvie ragioni non può dircelo..."
Esther guarda curiosi i due adulti così sicuri di sé fino a qualche momento prima. Per poi mormorare qualcosa. "Somiglia molto a quella parola... ma non ricordo niente, eppure è così forte dentro di me..."
Viene ignorata, poiché entrambi i suoi difensori sono avvolti da oscuri pensieri. (Dio... fa che non sia Vivian, solo ora stavo ricominciando a farmi un'amica sincera... mi ricorda tanto Vu, la mia povera Vu... è grazie a Vu se prima me la sono cavata, ed ora non voglio perdere un altra Vu, anche se non mi viene di chiamarla così... ma non posso piangere, non ora... vorrei essere sotto le sciarpe e i cappotti, e piangere come l'altra notte...)
Anche stavolta, tra lei e Mark sembra esserci sincronizzazione mentale. Ma quelle parole non sono mai state pronunciate finora. "Senti... lo vedo chiaramente che vuoi sfogarti, lo dice tutto il tuo corpo senza neppure guardarti in faccia. Una volta tanto potresti lasciarti andare, sai quante volte gli altri li ho sentiti piangere? E non li biasimo in questo caso. Staranno piangendo lontano dal nostro o nostra compagna presa dal COVID. Dimostra almeno di essere "mezza-runner non stronza" per una volta. Saliresti il rango e per noi saresti migliore di quello che sei stata finora. Essere fredda anche adesso, ti fa meno onore che mai, ascoltami per una volta a parte strategie per le nostre battaglie..."
L'amica reagisce con una lacrima che le riga la guancia sinistra, ma il resto rimane dentro insieme a un grosso nodo alla gola. "Non ce... la faccio alle volte... ho visto mia sorella morire, ho sofferto come una depressa, e da allora sono diventata insensibile, tutto qui..." (Mi vergogno troppo, non posso dirgli la verità, non in quest'epoca di merda...)
Le risponde con aria meno premurosa; ha forse capito che lei è troppo orgogliosa per crollare. "Che tu ce la faccia o meno... a me è la quarta volta, a te la seconda. La prima hai reagito uguale. In ogni caso..." – sorride sarcasticamente – "...facci una delle tue corse, lasciaci a piedi, ma non allontanarti perché potrebbe esserci qualcun altro che vuole attaccarci. Difendo io Esther... oggi così va la vita, e lo sai..." – torna serio – "Andiamo dai, ci aspettano a casa, stanotte tutti sotto le sciarpe!"
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