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Paragrafo 1 - La Caduta dell'Umanità [Rev]


Caro diario,

vediamo un po', da dove posso iniziare..? Secondo te?

Il lettore dovrà capire ciò che dobbiamo raccontargli, dunque sono indecisa: non sono mai stata brava a raccontare storie, nonostante... scoprirai presto, tu che hai iniziato a leggere.

Partiamo da...


11 febbraio 2024

Una flebile luce, proveniente da un radiante lume a forma ovale, illumina con la sua bianca fluorescenza una figura coperta da qualcosa di poco visibile. Questa smuove il tutto, fino a mostrare un'altra fonte d'illuminazione: un cellulare. L'orario visualizzato è le 2:45.

Tira un vento tutt'altro che sommesso, così impetuoso da rendere impossibile la distinzione tra un levante sino al maestrale.

S'intravede l'intero capo di una ragazza dai lineamenti giovani e maturi allo stesso tempo. I tremori sono evidenti: un forte gelo, insolito per quelle nottate sinora miti, che il povero viso registra impallidito come ad esser divelto da un'invisibile bufera.

Tira fuori anche la mano destra, magra e affusolata, coperta da un paio di guanti irriconoscibili, a causa dei senza dita orma sdruciti; una disperata ricerca su quanto sia bassa la temperatura. Ma niente, non si aggiorna. Non ricorda da quanto tempo questa funzionalità dello smartphone sia disattivata. O meglio, preferisce non pensarci.

Smuove ciò che ricopre il resto del corpo, avvicinandosi a quella salvezza d'assiderazione chiamata fuoco, situato nella direzione opposta del lume; acceso grazie a una tecnica basilare, che si credeva mai più avrebbe servito l'ormai progredita umanità, se non a scopi culinari. Così si credeva, un tempo...

In genere si adagia davanti a quel rilassante scoppiettio, ma questa volta non può neppure pensare di avvicinarvisi troppo. Le sue difese, contro quell'ignota tipologia di folata ventosa, sa che finirebbero per bruciare: una marea di sciarpe e cappotti consunti dal tempo, recuperati chissà come, di vari materiali pesanti.

Con la giusta distanza dall'elemento scoperto all'età della pietra, sono visibili dei capelli castani chiaro-scuro, raccolti in una coda dalla lunghezza non quantificabile; la quale svela completamente una fronte di medio-spaziosa misura. La molletta è rovinata: anch'essa ha una tinta difficile da discernere.

La giovane donna insiste nel visualizzare qualcosa sull'accessorio, nonostante la mano stia perdendo sensibilità. Apre a schermo intero un'immagine in altissima risoluzione: capolavoro di una vetusta tecnologia che non ha avuto tempo di progredire ulteriormente.

Un volto somigliante al suo, una ragazza di giovane aspetto e due persone d'ambo sessi sulla quarantina.

I ricordi iniziano a riaffiorare; la nostalgia incrementata dall'arto ormai insensibile. Preferisce concentrare lo sguardo in basso a destra.

Per Mia, da K.

Poi scritto ancor più in basso, in piccolissimi caratteri stampatelli:

P.s: un giorno sarai "MIA", non conta quanto mi rifiuterai, la battuta-squallore te la ripeterò finché non accetterai. Intanto tieni questo bell'upgrade della tua altrimenti brutta foto di famiglia: consideralo un regalo anticipato d'illustrissimo e spettacolarissimo fidanzamento.

In qualche modo, quel presuntuoso dalla strana firma le dava sollievo nei momenti bui quanto quella notte dalle nuvole viaggianti. Le iridi, dalla profondità e dal colore sconosciuto, divengono lucide. A quei tempi era abituata a frequentarne di ragazzi, ma nessuno le diede quella sensazione di farfalle nello stomaco sul lungo termine; sensazione che manca dai suoi organi genitali da almeno trenta mesi. Solo K sembrava realmente interessato, nonostante i suoi teatrali atteggiamenti che dicevano tutto e niente. Forse, in alcuni momenti si pente di non avergli dato un'opportunità. Era davvero giusto non concedere un attimo di felicità a chi ormai sei consapevole non tornerà più a farti dediche? Bello davvero sentirsi importante e amata da chi non amavamo... O forse non potevamo amare, per contesti troppo crudeli di una società che ormai non ci appartiene più.

Alla fine cede. Sotto la fila d'indumenti, la mano destra viene nuovamente riparata; ha una temperatura inversamente proporzionata ai sentimenti che prova: l'umanità racchiusa nel suo animo si riaccende, a differenza del genere umano ormai in bilico quanto la cera di una candela spegnente.


Quattro anni prima apparve nel suo Paese un virus proveniente dalla Cina, inizialmente preso sotto gamba. Solo due contagi di turisti, e un singolo di una ormai celebre cittadina. Si pensava fosse tutta una grande menzogna; ma la paura iniziò a salire quando divennero cinquanta, poi cento, duecento.

Scuole chiuse, supermercati presi d'assalto, atti di xenofobia contro ogni orientale non solo di origini cinesi, furono il preludio del divampare le notizie più disparate. Da dove proveniva quella minaccia? Da un pipistrello nei mercati cinesi, un serpente dell'epicentro cinese della malattia, cioè Wuhan; oppure una fuga da laboratorio, o attacco batteriologico atto a mettere in ginocchio l'economia mondiale?

Nessuno lo sapeva per certo, ma fu chiara una cosa: la cultura delle persone cambiò irrimediabilmente. Per sempre.

Quando il numero dei positivi al Coronavirus raggiunse i seimila totali, avvenne il primo grave campanello d'allarme: lockdown nazionale.

L'uso delle mascherine chirurgiche divenne la nuova regola a cui i cittadini si abituarono, forzatamente o meno; anche il resto del mondo sposò presto questo cambiamento.

Dopo circa due soffertissimi mesi, obbligato in casa tranne esigenze primarie, tra flash mob e solidarietà mai vista prima da numerosi punti del mondo, il Paese gridò alla vittoria e alla libertà riacquisita. I numerosi malati, per fortuna di quell'ormai annunciata pandemia, guarirono in gran numero.

Ma questo era solo l'antefatto della vera minaccia.

Si credeva che il virus fosse andato in letargo, poiché le ricerche stabilirono la sua debolezza alle altissime temperature estive. Fu allor dunque, che il genere umano compì il più grande degli errori: vacanze libere.

Metà agosto 2020: su tutte le spiagge del pianeta Terra il Covid-19 compie la sua seconda apparizione, molto più terrificante della prima. Ogni ex-positivo decedette, trasformando la sabbia e le rive in un cimitero. Chi fece in tempo a fuggire contagiò i territori interni, provocando quella che fu chiamata in vari modi. Inizialmente Covid-20, poi altri termini più teatrali: Corona del mare, Punizione divina di Mosè, Vendetta di Poseidone, o la più semplice Apocalisse.

I dati ufficiali indicarono oltre dieci milioni di morti sulle spiagge e altri novanta sulla terra ferma. Di lì apoco, Il panico totale prese il sopravvento.

Fu dato il nome con cui è ricordato quell'incubo: la Seconda peste. La prova definitiva che una pandemia dà il peggio di sé durante la seconda ondata, proprio come quel flagello che colpì l'umanità in alcune antecedenti epoche. In base ad alcune analisi effettuate sulle prime povere vittime, era completamente diversa dall'originale.

A settembre, nel terrore delle persone collegate a Internet, ci fu un momento in cui risuonò un termine:

Superpositivi

Che cos'era? Un gioco per sdrammatizzare l'eventuale chiusura che avrebbe distrutto l'economia? Una parola buttata lì da uno scienziato folle? Oppure uno stadio superiore dell'essere positivi?

Queste domande furono presto dismesse. Rivolte popolari ovunque, che furono quasi più mortali della versione base del virus. E intanto i malati aumentavano... sempre di più. Non veniva mai smentito ciò che nessuno voleva udire e allo stesso tempo sfogare sui social: i negativizzati dalla prima ondata non possono sopravvivere alla seconda.

Tutto sembrava essere sotto controllo col secondo lockdown immediatamente annunciato, ma dai Paesi turistici la gente chiusa in quarantena doveva pur tornare indietro. E per ragioni mai spiegate dagli scienziati, divenivano positivi non appena mettevano piede nel loro territorio di nascita; alcuni sopravvivevano, altri no.

In ottobre, però, fu rilasciata su Internet un'agghiacciante notizia, tradotta in tutte le lingue:

Le morti sono più di 500 milioni, ci hanno mentito!

Chi è stato a divulgarla? La stessa persona del termine Superpositivi? Uno psicopatico dall'estremo sadismo nel DNA? Oppure qualcuno dalla verità scottante tra le mani?

Chiunque fosse, aveva di sicuro ragione su un punto. Mia vide morire vicini di casa, conoscenti e amici uno dopo l'altro nel giro di pochi mesi. Per poi cadere parte della sua famiglia che era andata in vacanza, poi quelli che prudenti preferirono evitare.

Gli scienziati non fecero in tempo a creare un efficace vaccino. Anch'essi furono presto divorati dall'acerrimo nemico. Le efficienti cure per i positivi durante la prima ondata erano inutili contro la seconda. Inspiegabilmente, sopravvivere iniziò a sembrare utopia anche senza mai essere stati colpiti tra marzo e luglio.

In mesi di solitudine, l'angosciata ragazza condivise con estranei un lecito interrogativo: il secondo Coronavirus è davvero venuto dall'acqua? E per mietere tutte quelle anime sventurate, è passato sulla terra per poi giungere nell'aria?

Perché inevitabilmente, a dieci mesi di distanza dai contagi sulle spiagge, la popolazione mondiale scese dai quasi otto miliardi a meno di tre.

Nessuno più con cui sfogare la propria rabbia, frustrazione, disperazione.

Televisione, radio e Internet furono tagliate. Simbolo della sconfitta dell'umanità dinanzi al Coronavirus. Non si sa quanti siano i sopravvissuti nell'anno 2024, ma c'è un'innegabile certezza:

La vita è regressa di innumerevoli generazioni.


Mia adora svernare accanto a quel fuocherello prima d'addormentarsi: l'unico elemento da cui si sente davvero al sicuro, che secondo logica distruggerebbe ogni virus uscito dalla perversa fantascienza dei racconti di un'epoca ormai lontana. Il momento definitivo di riflessioni per l'ennesima dura giornata appena trascorsa. Ma ora è quasi spento, come a presagire qualcosa di infausto.

Sta piangendo come in pre-adolescenza: non le capitava da mesi. I suoi occhi fissano la foto dei cari al massimo dell'estensione.

(Nora, mi manchi da morire... quelle serate passate insieme in camera tua quando ti sentivi debole, ma racchiudevi una forza immensa più grande della mia...

Mamma, papà, avete rinunciato alla vecchia e bella vita per crescerci quando potevate fare quello che ho fatto io.

Devo continuare a essere forte per voi, come tutti pensano io sia. E alla fine siete voi che me la date la forza; sapessero come sono davvero, mi metterebbero sotto... ma per sopravvivere qui è fondamentale... Non posso morire proprio per onorare il vostro sacrificio e non avervi visto morire per niente).

Scorre l'indice destro finché non trova un selfie. C'è sempre lei ma vestita in modo succinto, stavolta con altre tre ragazze sulla ventina circa. Le lacrime sembrano finite, sostituite da un dolce sorriso ombrato da quell'illuminazione decrescente; ma legge qualcosa in basso a sinistra, scritto in piccolo stampatello come firma artistica.

M.S.V.L.! Per sempre insieme, per sempre unite.

La sofferenza di una è la sconfitta di tutte,

le gioie di una sono le vittorie di tutte.

Mai lasciare indietro una sorella, mai sorpassare una sorella.

Avanti contro il sistema, sempre e comunque, forti e invincibili contro ogni avversità che il mondo ci metterà contro!

I singhiozzi riescono a infrangere la barriera dei versi da freddura, che finora avevano sovrastato il movimento delle velate labbra.

(Sorelle...! Io ci provo a essere forte con tutta me stessa, però mi avete lasciata sola... Volevo morire quando non avete più risposto ai messaggi: proprio non ci riesco ad andare avanti senza le nostre uscite in quattro, e alle volte in otto... Se solo... una sola delle battaglie che affronto fossero facili come quei momenti, il mondo sarebbe bellissimo... ma non è più così... Guardatemi da lassù; vi prego, vegliate su di me... perché... siamo unite, giusto? Se rido davanti al mio nuovo gruppo è perché così anche voi ridete... Scusatemi se ora piango e dichiaro la sconfitta di ciò che siamo state).

Quelle infinite cascate, che rigano il viso già sporco di suo, riescono a sfinirla dopo innumerevoli minuti di grande sofferenza. L'ultima volta che scruta l'orario è alle 03:30.

Alla fine riesce a prendere sonno, poco prima della sparizione della flebile fiamma.

Sogna una rapida successione di immagini, raffiguranti le sue care amiche e Nora, le quali hanno una sola cosa in comune: echi lontani, carichi d'incoraggiamento. Non li percepisce bene, ma è come se il suo subconscio avesse colto le grida d'aiuto che raramente chiede il conscio. Oppure le anime hanno davvero voluto prenderla per mano sin dov'è loro consentito. Gli unici brusii sono composti dalle frasi lette sulle foto.


Una lontana voce maschile la strappa dal mondo dei dormienti, che ormai solo di rado le regala sollievo.

"Ehi, buongiorno, Mia! Cazzo, il fuoco s'è spento, stanotte ha tirato forte, eh? Ci siam stati mezz'ora per accenderlo, vacca di quella..."

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