Capitolo 7
Buongiorno bellezze! Vi sono mancato? E allora rieccomi con questo nuovo, favoloso, emozionante capitolo pieno di parole da tradurre! Eh si, era davvero lungo e la mia pigrizia non mi ha permesso di farvelo leggere prima. Spero di farmi perdonare, buona lettura e a presto! E tra una settimana Viennaaaa!! Non vedo l'ora, che figataaa!!
Trascorsero cinque giorni da quando Louis aveva buttato fuori Harry dal suo ufficio, e da allora non si erano ancora parlati. Lo psichiatra non era del tutto sicuro che il cantante volesse riprendere con le sessioni, soprattutto perché Harry ne aveva saltate due avvisandolo solo tramite una chiamata dalla sua segretaria che lo informava della cancellazione. Louis si rifiutò di inseguire il suo paziente; non sarebbe stato per il bene del ragazzo avere qualcuno sempre lì ad aspettarlo. Lasciò perdere il suo lavoro con Harry, e usò il tempo in più per occuparsi meglio degli altri suoi pazienti. Comunque, gli altri suoi casi non erano nemmeno lontanamente complessi e coinvolgenti come quello di Harry, e spesso si trovò a vagare con la mente sulla celebrità.
Il giovane psichiatra era chino sui suoi lavori quando la porta si aprì e Louis alzò gli occhi, sollevando le sopracciglia interrogativamente. Non stava aspettando nessuno; magari la sua segretaria aveva un problema? O forse uno dei suoi pazienti aveva un attacco psicotico e aveva bisogno di un appuntamento urgente. Quello sarebbe stato eccitante.
Ma non c'era nessun pazzo mentalmente sconvolto con la bava alla bocca. Al suo posto vi era qualcuno di ancor più sorprendente.
Harry Styles era in piedi imbarazzato sulla soglia, le mani in tasca. Indossava una giacca blu navy e dei chinos, e sembrava molto più in forma di quanto Louis non lo avesse mai visto.
Il terapista diede un'occhiata all'orologio per controllare l'ora. 1:54. Strano. Harry non era mai arrivato agli appuntamenti con meno di venti minuti di ritardo, ed ancora più tardi prima quando l'appuntamento non era pianificato.
Louis si tirò via gli occhiali da lettura per incontrare gli occhi di Harry. "Sei in anticipo."
"Ti stai lamentando?" Il tono di Harry era delicato, ma i suoi occhi lo tradivano. Guardava fisso il dottore in segno di provocazione, sfidandolo a commentare sulla recente svolta degli eventi.
Louis ricambiò lo sguardo risoluto. "No."
"Bene." Il musicista allampanato procedette a grandi passi verso il familiare divano viola dove si fece cadere con un rumore sordo.
L'uomo più grande si alzò dalla sua scrivania e afferrò un cappello grigio consumato dall'appendiabiti sul muro. "Non metterti troppo comodo. Faremo un piccolo viaggetto oggi. Pensavo potesse essere..produttivo per il tuo trattamento poter scappare dal contesto del mio ufficio per un po'." Si calcò il cappello sui suoi capelli setosi e indicò la porta.
Per l'enorme sollievo di Louis, il suo paziente non contestò. Harry considerò l'idea di opporsi al dottore, ma poi si alzò per seguirlo sul pianerottolo e dentro l'ascensore. Trascorsero in silenzio la discesa in ascensore, e il silenzio proseguì quando Louis guidò l'altro ragazzo attraverso il parcheggio fino a raggiungere la Porsche argentata. Harry fischiò. "Carino il giocattolo."
"Uno dei vantaggi dell'ascoltare le lamentele della gente sulle loro vite di merda. La paga non è così ridicola." Louis aprì la portiera e scivolò sul sedile di guida.
Harry fu sbalordito dalla sfacciata onestà del dottore. Non che potesse biasimare il ragazzo per la sua opinione, Harry avrebbe preferito indossare un bikini tempestato di gioielli ai Brits piuttosto che fare quel lavoro. Ma non era abituato al fatto che la gente fosse schietta con lui; quasi tutti di solito gli si buttavano ai piedi o gli dicevano quello che lui voleva sentire. A parte Niall e Simon, ma loro lo conoscevano da troppo tempo per comportarsi in quel modo. Ad essere onesti, lo trovava rinfrancante.
Louis avviò il motore dell'auto sportiva, facendo saltare Harry. Il terapista si portò in avanti verso il sedile del passeggero per osservare il riccio. "Hai intenzione di salire in macchina o di rimanere lì a bocca aperta? So che la cosa ti può sembrare scioccante, ma il mio tempo è alquanto prezioso e non posso dire che stare seduto qui sia un modo proficuo di spenderlo," disse Louis in modo strascicato.
Le guance in fiamme, Harry si mosse verso il sedile del passeggero allacciando velocemente la cintura. Si girò a guardare il finestrino tentando di nascondere il rossore, cambiando discorso prima che il dottore potesse notare la sua reazione imbarazzante. "Allora hai intenzione di dirmi dove stiamo andando? Perché avrei dei programmi più tardi e se stai cercando di rapirmi, non penso che andrà a buon fine."
Louis sbuffò mentre usciva dal parcheggio e schiacciò l'acceleratore bruscamente, sfrecciando fuori dal garage più velocemente di quanto potesse probabilmente essere considerato sicuro o anche solo legalmente accettabile. "E' rapimento solo se ti costringo a venire, tesoro. A meno che tu non voglia testimoniare che io ti ho trascinato qui dubito che finirò davanti alla giuria."
Assumendo uno sguardo severo, Harry incrociò le braccia al petto e scivolò ancora più giù sul sedile in pelle, guardando determinato fuori dal finestrino per evitare gli occhi del conducente che ora stava correndo per le strade di Londra al doppio della velocità consentita. Comunque, non poteva evitare di lanciare delle occhiate al ragazzo più giovane. Anche se non l'avrebbe mai ammesso, Louis lo confondeva. Quattro settimane di terapia e ancora non sapeva praticamente nulla sull'affascinante dottore.
Harry fece una lista mentale dei pochi elementi che aveva raccolto nell'ultimo mese. E' professionale, ma indossa sempre maglietta e pantaloni attillati per lavorare. Oh, e occasionalmente il maglione col pelo. Non esattamente il classico abbigliamento da dottore. L'uomo era un eccentrico, Harry poteva esserne certo. Non gliene frega assolutamente niente che io sia famoso. Non solo non gli interessa, ma è perfettamente a suo agio a fare lo stronzo con me. Tuttavia Harry non aveva ancora deciso se questo fosse negativo; era così irritante quando Louis lo trattava come un semplice teenager arrogante, ma questo lo faceva anche sentire..bene, "normale". E normale era qualcosa che Harry non aveva sperimentato molto per quanto potesse ricordare. E' attraente. Non lo si può certo negare. Gli occhi di Harry spaziarono dagli occhi del dottore azzurri e profondi, al suo bel volto, poi giù verso i bicipiti abbronzati che tiravano un po' la stretta maglietta, e infine la mano che teneva il volante con solo tre dita. Sì. Decisamente attraente. Era un dato oggettivo comunque, tutti potevano vedere che era di bell'aspetto. Ma questo non significava che Harry fosse attratto da lui. Proprio per niente. Si sarebbe scopato Simon piuttosto che il suo terapista.
Questo pensiero portò Harry al suo prossimo, e ultimo, elemento della sua conoscenza di Louis: è gay. Non che il dottore avesse mai esplicitamente confermato ciò al suo paziente, ma la risposta al commento di Harry durante il loro ultimo incontro era più che una prova per lui. Il cantante provò imbarazzo al ricordo di quel litigio. Non era stato uno dei momenti in cui sentirsi più fiero. In realtà, quello era solo un simpatico eufemismo. Harry aveva rivissuto quel momento costantemente nel corso della scorsa settimana, e il senso di colpa era stato un peso costante sul suo stomaco.
Prima che potesse rimuginare ancora sopra il suo errore, Harry sentì l'auto rallentare e fu sballottato quando cominciarono a percorrere quella che sembrava una strada sterrata. Guardò fuori dal finestrino e vide un muro di alberi che proseguiva a perdita d'occhio. Rompendo il silenzio per la prima volta dall'inizio del viaggio, Harry sussurrò, "Questo mi sembra proprio un rapimento."
"Harry, se avessi voluto rapirti, saresti nel retro di un furgone diretto a Bangkok adesso. E posso ancora organizzare la cosa, quindi se fossi in te non continuerei a lamentarmi." Louis sorrise dolcemente al passeggero prima di strattonare bruscamente il volante per prendere una stradina semi nascosta. La svolta fece sbattere la testa di Harry contro il finestrino e un fiume di imprecazioni si riversò fuori dalla sua bocca. Louis gli batté semplicemente una mano sul ginocchio in segno di comprensione e scese dall'auto.
Harry lo seguì, massaggiandosi la testa dolorante. Louis aspettò che lo raggiungesse, e poi iniziò a camminare rapidamente lungo la strada stretta. Sembrava che avesse un piano in mente, che divenne evidente quando girò lungo un sentiero un minuto più tardi.
Dopo dieci minuti di camminata in completo silenzio Harry cominciava ad essere agitato. Ma prima che potesse dire qualcosa per smorzare l'assordante silenzio, Louis fece un mormorio quasi inudibile.
"E' così bello qui. Non penso di esserci venuto da quando non vivo più a casa coi miei." Louis indicò gli alberi torreggianti intorno a lui che cominciavano ad assottigliarsi, il cielo blu che faceva infine capolino attraverso il fitto fogliame.
Harry accelerò il passo per camminare accanto al più piccolo. "Come hai scoperto questo posto? Non sapevo che esistesse tutto ciò a due passi dalla città."
"Mio padre mi portava qui quando ero piccolo. Facevamo birdwatching e nuotavamo nel fiume. Solo lui e io, scappando da casa e dalla follia causata dagli estrogeni, con quattro sorelle e tutto. Lo chiamava il "tempo dei maschietti". Sono i ricordi migliori che ho di lui." Il tono di Louis aveva delle sfumature di amarezza, e Harry aveva paura a chiedere una spiegazione. Qualcosa nel bagliore di quegli occhi azzurri gli disse che Louis non avrebbe apprezzato un incitamento.
Ad un tratto la fila di alberi si interruppe e apparve una radura. Una piccola pozza d'acqua alimentata dal fiume luccicava in fondo, e fiori di campo punteggiavano il resto del prato. La luce del sole illuminava la radura, trasformandola in un paesaggio impressionista di cui Monet sarebbe stato orgoglioso. Harry arrestò il suo percorso per godersi la vista. La purezza della scena lo inondò, portandolo via dai problemi che esistevano fuori dalla protettiva barriera degli alberi che lo circondavano.
Louis si inginocchiò vicino alla pozza, sfilando le Toms dai suoi piedi e tirando su l'orlo dei suoi pantaloni per poter bagnare i piedi nell'acqua invitante.
Erano lì solo da pochi minuti, ma Louis era già visibilmente rilassato, con la testa che ciondolava all'indietro e gli occhi chiusi come se si stesse godendo la sensazione dell'acqua sui suoi piedi e del sole sulla sua faccia. Harry lo osservò trascinare i piedi all'interno della pozza per qualche momento prima di avvicinarsi e stravaccarsi accanto al ragazzo più grande. Louis non reagì, continuando a increspare la superficie dell'acqua. Harry giocherellò con le sue mani senza sosta. Alla fine, incrociando le braccia al petto come per proteggersi, si rivolse al dottore.
"Ascolta, mi dispiace."
Il solo indizio che permise ad Harry di capire che il ragazzo lo aveva sentito fu una quasi impercettibile pausa nei suoi movimenti. Ma poco dopo l'acqua stava di nuovo vorticando intorno ai piedi del ragazzo e Harry si accigliò. Chiaramente Louis non gli stava rendendo le cose facili.
Il cantante si protese in avanti. "Sono stato un coglione, okay? Non avrei dovuto chiamarti fr- non avrei dovuto dire quelle cose. E' stato stupido e del tutto gratuito e non posso condannarti per avermi cacciato via." Harry fece scorrere le sue mani sul prato rigoglioso che ricopriva il terreno della radura, strappando ogni tanto dei fili d'erba. "E' solo che- sono tante cose, ma non sono un omofobo. Ho solo creduto di dover- chiarire la cosa." Gesticolò fiaccamente, rimproverandosi mentalmente per le scuse patetiche.
Louis avvicinò le sue ginocchia al petto e alzò le spalle con noncuranza. "Va bene. Capita di fare delle cazzate. Oltretutto, ne ho sentite di peggio."
Vedendo che Louis non aveva intenzione di prenderlo a schiaffi, Harry rilassò la sua postura e si spinse all'indietro, ricomponendo il suo volto nell'espressione indifferente che tanto spesso sfoggiava. "Giusto perché tu lo sappia, questo non significa che tu mi piaci o che noi..non conosco il vostro stupido linguaggio..abbiamo 'fatto progressi' o 'buttato giù il muro' o qualcun'altra di queste merdate. Non voglio che tu mi faccia le tue solite domande e preferirei sempre essere in qualunque altro posto ora piuttosto che qui." Nonostante il contesto suggestivo e lo strano senso di calma che percepiva, aveva l'opprimente sensazione che la sua ultima frase non fosse del tutto sincera.
Harry si sentiva gli occhi puntati addosso e sollevando lo sguardo vide Louis che lo fissava insistentemente. Improvvisamente il ragazzo più grande iniziò a parlare, mantenendo lo scomodo contatto visivo.
"L'ho capito quando avevo dodici anni. Dentro di me penso di averlo sempre saputo, ma in quel momento lo realizzai del tutto. Non avevo mai pensato alle ragazze prima, non nel modo in cui gli altri miei amici maschi ci pensavano. Sapere di essere gay non mi disturbava molto in realtà; i miei amici reagirono bene quando glielo dissi così non avevo ragioni per preoccuparmi. Ho iniziato allora a vestirmi in un altro modo, a parlare in un altro modo, ad essere la persona che volevo essere. E fu in quel momento che iniziò il bullismo." Le palpebre di Louis si chiusero mentre affondava nei ricordi che aveva tenuto alla larga per tanto tempo.
"Non era così terribile all'inizio; solo qualche dispetto e dei pettegolezzi. Ma in seguito passarono al lato fisico, e quando avevo sedici anni finii al pronto soccorso. Niente di troppo grave, solo qualche brutto livido. I miei genitori andarono fuori di testa e chiesero cosa fosse successo così..così glielo dissi. Che ero gay." Harry trasalì, sentendo che questa non era una storia che Louis raccontava tanto spesso.
"Mio padre mi ripudiò. Proprio lì in ospedale. Mi urlò addosso, chiamandomi-frocio, checca, succhiacazzi, abominio.." Louis mosse una mano in modo vago. "E mia madre stette lì a piangere e basta. Non per me, ma per mio padre. Ma non fece niente comunque. Osservò soltanto mentre lui attaccava suo figlio. Infine un'infermiera sentì le grida e chiamò la sicurezza per cacciarlo fuori. E quella fu l'ultima volta che lo vidi. Lasciò me, le mie sorelle e mia madre la notte stessa."
"Fu dura all'inizio. Mia madre ebbe un piccolo crollo e io non ero esattamente la persona più stabile emotivamente. Ero sulla difensiva e distante, sempre con l'idea che ci fosse qualcuno là fuori ad aspettarmi. Ma poi andai all'università, conobbi il mio compagno di stanza Liam, scoprii che ci sono delle persone al mondo che non ti feriscono, ma che ti fanno stare meglio. E questo mi ha cambiato completamente."
"Tutti abbiamo dei muri, Harry, delle barriere. Ma queste non ti rendono più forte, non ti proteggono come vorresti. Io non posso farlo per te, non posso farti cambiare. Dipende da te. Ma voglio fare del mio meglio per aiutarti. So che tu non credi in me ma mi interessa davvero e voglio aiutarti. E apprezzerei se mi dessi almeno l'occasione di provarci."
Harry era bloccato, i suoi occhi verdi imprigionati da quelli azzurri dell'altro che lo stavano passando da parte a parte. Cercò di uscirsene fuori con una risposta brillante, qualcosa che rompesse la pesantezza che si era instaurata intorno alla radura, ma la sua mente era vuota. Senza neanche accorgersi di aver parlato, si trovò a sussurrare un'appena accennata replica.
"Ok."
La bocca di Louis si contrasse nella debole imitazione di un sorriso e si sdraiò sulla schiena, le sue braccia abbronzate a fargli da cuscino. "Bene. Basta parlare di me. Ora è il tuo turno."
Un respiro profondo scosse la magra figura di Harry. Non sembrava che avesse molta scelta adesso. Ma da dove cominciare..
"..e penso che in quel momento capii. Che non mi divertiva più. Cantare, esibirmi, scrivere canzoni, i fans..quello era tutto per me. Perdere improvvisamente l'unica cosa da cui dipendevo, l'unica cosa di cui non vedevo l'ora..quello fu il punto di svolta, penso. Iniziai a bere, a drogarmi, a dormire in giro, a cercare qualcosa che mi desse la stessa carica. Lo sai. L'hai letto sui tabloid. Non penso di aver più cantato dal tour dell'anno scorso..non vi era una motivazione, suppongo."
L'ora passata era stata tutta un monologo di Harry con solo qualche occasionale interruzione per dei mormorii di assenso da parte di Louis per fargli capire che stava prendendo a cuore le parole e i problemi del ragazzo. Era un processo difficile, con Harry che continuava a prendersi lunghe pause, a volte anche di dieci minuti, lanciando occhiatacce con la mascella serrata e le sopracciglia arcuate. Louis poteva solo immaginare cosa stesse pensando il ragazzo in quei momenti, ma lo lasciò riordinare le idee con i suoi tempi, senza mai spingerlo a parlare prima che fosse pronto. Il terapista era piacevolmente sorpreso dell'improvvisa compostezza del suo paziente. Comprese il cambiamento. Louis aveva la forte impressione che Harry non condividesse i suoi sentimenti e le sue insicurezze con nessuno, sapeva con certezza che Simon Cowell non era interessato al benessere mentale del ragazzo instabile. Avere semplicemente qualcuno disposto ad ascoltare è una cosa meravigliosa; Louis l'aveva trovato in Liam, e questo lo aveva aiutato così tanto da trovare l'ispirazione per intraprendere la strada della psichiatria e offrire lo stesso privilegio ad altre persone.
Quando fu ovvio che Harry aveva concluso il suo attuale pensiero, Louis lo spinse ad elaborarlo, cercando di avere qualsiasi informazione possibile sul ragazzo prima che la piccola tregua che avevano stabilito andasse in frantumi e i due riprendessero ad essere nemici. "Cosa cambiò?"
Harry alzò le spalle con calma. "Non lo so. Cominci a realizzare che le persone ti vogliono solo per la tua fama e la tua etichetta discografica ti vuole solo per i soldi che produci e il sogno di essere un musicista profondo che si riversa nella sua arte dopo un po' crolla. Nessuno vuole sentire cosa provo davvero. Se solo vedessero chi sono.." Harry si affievolì, le sopracciglia aggrottate, perso nei suoi pensieri.
Ora stiamo arrivando da qualche parte. Louis, mantenendo un tono noncurante per nascondere il suo interessamento, lo incoraggiò. "E chi saresti, esattamente?"
Harry si riscosse dalla sua trance, gli occhi spalancati come un cervo abbagliato dai fari di un'auto, tutto il corpo in tensione. Louis si maledì mentalmente. Grande. Proprio quando eravamo sul punto di ottenere qualcosa di sostanziale, dovevi spaventarlo.
"Gesù Cristo, sono quasi le sei! L'appuntamento è finito circa due ore fa. Farò tardi. Fantastico." Harry imprecò guardando l'orologio mentre balzava in piedi.
Louis fece un sorrisetto guardando le macchie d'erba sui bei pantaloni del ragazzo. "Che fretta c'è, tesoro? Appuntamento focoso?"
Tingendosi di un rosa acceso, Harry lo squadrò in malo modo." Non vedo come questo possa minimante interessarti. Ora mi mostrerai la strada per uscire da questa foresta dimenticata da Dio o resterai lì seduto?"
Il viaggio di ritorno a Londra fu considerevolmente più breve dell'andata. D'altro canto, fu ugualmente silenzioso; nessuno dei due ragazzi disse una parola finché non giunsero nei pressi del centro della città.
"Lasciami qui."
Louis si voltò sorpreso per guardare il suo passeggero. "Qui? Non puoi dire sul serio. Non ci credo proprio per niente che tu vivi qui. Non camminerei qui nemmeno in pieno giorno e con una pistola carica, figurati da solo di notte. Non mi fermerò qui."
Harry roteò gli occhi. "Vuoi continuare a fare il presuntuoso cazzone moralista o vuoi fermare questa cazzo di macchina? Salterò giù in corsa se non ti fermi, non me ne frega niente a dire il vero."
L'auto si fermò dolcemente e Harry aprì la portiera per mettere piede sul marciapiede sporco. Louis stava già per ripartire e allontanarsi da quella via malfamata al massimo della velocità consentita dalla sua auto sportiva quando sentì bussare sul finestrino. Lo tirò giù e si trovò faccia a faccia con la familiare massa di riccioli.
"Non farti sparare lungo la strada."
"Oh, farò del mio meglio. Che c'è, credi davvero che non sappia difendermi in questi quartieri?" disse il dottore sardonicamente.
Un sorriso sincero fiorì sul volto del ragazzo più giovane.
"Credo che ci vedremo giovedì, Tomlinson."
Harry passeggiò lungo la strada buia, i piedi che lo conducevano verso posti familiari senza curarsi del percorso. Mentre camminava, passò in rassegna gli eventi di quel pomeriggio nella sua testa, cercando di capire esattamente cosa fosse successo in quella radura.
Nonostante avesse capito di più dell'imperscrutabile Dr. Tomlinson, Harry era ancora più perplesso. Il fatto che l'uomo riuscisse a parlare così candidamente delle cicatrici del suo passato lo scioccava, ma dovette ammettere che aveva scoperto un nuovo rispetto per il suo terapista. Harry non riusciva nemmeno ad avere a che fare con i commenti d'odio che trovava su twitter o durante i talk shows; se la sua famiglia lo avesse rinnegato avrebbe perso la testa. Te lo meriteresti comunque, sibilò la voce petulante dentro la sua testa. Harry sussultò, scuotendo la testa come per scacciare fisicamente la paura e il senso di colpa, quelle spiacevoli emozioni che pensava di avere definitivamente archiviato tempo prima.
Ma quello che più confondeva Harry sull'intera discussione era se stesso. Mai in tutta la sua vita si era aperto con qualcuno in quel modo, mai aveva pensato che a qualcuno potesse interessare ascoltarlo. Ma poi fa capolino quel dottore di successo e gli fa rivelare tutti i suoi segreti come una tredicenne ad un pigiama party. Grazie a dio Harry si era trattenuto in tempo, quelle parole già sulla punta della lingua..
Il ragazzo tremò, l'aria della notte di Londra su di lui, a scompigliargli i capelli mentre faceva scivolare le mani a fondo nelle sue tasche e inarcava le spalle per proteggersi dalla brezza.
No. No no no no no no. Non stava per sganciare quella bomba. Non stava per dichiararsi al suo terapista solo per lo splendido scenario e la storia commovente che aveva sentito.
A Harry non piaceva la parola "gay". Era troppo restrittiva, troppo scomoda, troppo..indimidatoria. Gli piaceva il cazzo e basta. Gli piaceva anche la figa. Beh, non molto, ma si era scopato un po' troppe donne per essere gay, no? Harry fece una smorfia. Le giustificazioni erano patetiche, anche per lui.
A ogni modo, le giustificazioni erano necessarie se voleva mantenere la sua sanità mentale. Perché se avesse affrontato la verità, tutto sarebbe andato in pezzi. Era ben consapevole dei problemi dell'essere gay nell'industria musicale. Per non parlare del fatto che il 90% delle sue fans erano donne, che compravano i suoi album e andavano ai suoi concerti nell'assurda speranza che lui le avrebbe scelte tra tutte le altre donne per condividere il suo letto per la notte. Quante delle cosiddette 'fanatiche' sarebbero rimaste dopo aver realizzato che non se le sarebbe scopate esattamente come non si sarebbe scopato i buttafuori obesi che sorvegliavano le entrate del palco? Harry conosceva la risposta. Ed era lontana dall'essere stimolante.
Per non parlare di come reagirebbe l'etichetta. Sin dai tempi di X Factor, l'avevano modellato come un sex symbol, il ragazzo smilzo dai ricci color cioccolato e la voce roca che farebbe piegare le ginocchia alle donne con solo una strizzata dei suoi famosi occhi verdi. Non sarebbero stati contenti di scoprire che non poteva interpretare il ruolo per il quale avevano tanto lavorato. L'anno scorso uno dei cantanti blues della SYCO si era dichiarato, e dopo sei settimane era stato affidato a qualche insignificante etichetta indie di Bristol che Harry non riusciva nemmeno a ricordare. No. Harry non avrebbe fatto quella fine. Non aveva nessun motivo per rinunciare alla sua carriera ed essere attaccato ancor più di quanto già non fosse.
Alcune persone conoscevano la verità comunque. C'era Niall. Harry non aveva mai avuto bisogno di dire qualcosa a Niall, l'irlandese un giorno gliel'aveva apertamente chiesto e Harry era stato talmente scioccato da non poterlo negare. Il biondo non aveva più tirato fuori l'argomento, eccetto per delle occasionali prese in giro quando incontravano dei ragazzi attraenti. Gli altri a conoscenza del segreto di Harry erano i ragazzi che si era scopato, perfetti sconosciuti che aveva incontrato nei club quando era troppo sfatto per ricordarsi nomi e volti.
E poi c'era Zayn.
All'inizio, Harry aveva solo usato Zayn per il suo perenne bisogno di narcotici, ma presto scoprì che il bel ragazzo andava bene per molte altre cose oltre alla droga. Il ragazzo dagli occhi scuri sapeva fare cose meravigliose con la sua bocca, e la combinazione di queste qualità fece in modo che Harry tornasse spesso da lui. Harry apprezzava Zayn per molto altro oltre al sesso nudo e crudo; Zayn era l'unica persona nella sua vita che non l'aveva mai criticato o cercato di cambiarlo, e per quello, Harry gliene era grato. La relazione era superficiale ed insignificante, proprio come piaceva a Harry.
Harry entrò nel palazzo dove abitava Zayn e salì le scale a passo svelto, il pene che già si contraeva prevedendo lo sfogo liberatorio che lo stava aspettando tre piani più in alto. Aveva un disperato bisogno di distrarsi, qualunque cosa per togliersi dalla mente i suoi pensieri volubili e l'uomo dagli occhi blu che era riuscito a farsi largo nella coscienza di Harry. Zayn aprì la porta dopo il secondo colpo, non perdendo tempo a spingere Harry contro il muro e a infilare la sua lingua giù nella gola del ragazzo più alto, senza badare a salutarlo o ad altri preamboli.
Harry emise un gemito d'approvazione mentre faceva scorrere le mani sulla maglietta dell'altro ragazzo, sfilandogliela violentemente sopra la testa mentre si separavano per un attimo. Le loro bocche si riunirono dopo che Zayn aiutò Harry a sfilarsi la giacca e la t-shirt, con Harry che succhiava la calda lingua del ragazzo all'interno della sua bocca mentre graffiava la schiena olivastra lasciando delle marcate linee rosse.
Non c'era affetto in quell'abbraccio, solo denti e unghie e sangue caldo che scorreva sotto la pelle di quei corpi frementi. Harry si perse sentendo Zayn che gli lasciava dei morsi sul collo, muovendo i fianchi in avanti istintivamente per sentire la frizione che tanto desiderava. Zayn proruppe in un verso animalesco quando le loro lunghezze si incontrarono, muovendo le mani per sbottonare i loro pantaloni.
Una volta che fu rimosso il tessuto, Zayn si inginocchiò e procedette a graffiare coi denti sulla candida coscia di Harry, strappando sibili acuti dal ragazzo. Poco dopo fece scivolare le sue labbra attorno al membro di Harry, inglobandolo completamente.
Un mormorio gutturale scappò dalle labbra di Harry mentre spingeva i fianchi in avanti nel calore umido della bocca dell'altro ragazzo. Lasciò che la sensazione inebriante lo travolgesse, sentendo caldo intorno al suo stomaco per ogni movimento di quell'abile lingua.
Cazzocazzocazzocazzo. Sentendo che era così vicino, abbandonò la testa all'indietro contro il muro, le mani alla ricerca di quei capelli color caramello in cui potersi aggrappare per qualche attimo ancora. Senza un minimo di gentilezza, tirò i morbidi boccoli, notando con piacere il mugolio di risposta. Poteva immaginare il modo in cui quegli occhi blu si sarebbero ridotti a fessure mentre si spingeva in fondo nella sua gola, il modo in cui le guance si sarebbero gonfiate per succhiare il suo cazzo in un modo così delizioso.
L'ultima immagine fu troppo da sopportare, e senza avvertire Harry venne nella bocca dell'altro ragazzo, la vista all'improvviso bianca mentre quel nome così dolorosamente familiare fuoriusciva dalle sue labbra.
Zayn si tirò indietro e sputò sulla sua mano, guardando con disgusto il ragazzo riccio.
"Louis?"
"Come?" La testa di Harry era ancora fra le nuvole per via dell'orgasmo, appoggiato contro il muro mentre si godeva la sensazione persistente.
"Mi hai appena chiamato Louis, cazzo. Te l'ho appena preso in bocca e questo è il ringraziamento che ottengo? Carino da parte tua, Styles."
Harry si pietrificò, tutto il calore e l'incertezza in un attimo espulsi dalla sua mente. "Cosa? No non l'ho fatto. Non ho detto niente."
"Sì, l'hai fatto, amico. Chi è Louis?" gli angoli della bocca di Zayn si curvarono malignamente mentre osservava il sangue di Harry scomparire dal suo volto. "Oooh, qualcuno qui ha una cotta? Sputa il rospo."
Harry diede un'occhiata al bagno, capendo che si stava per sentire male. Era realmente venuto pensando al suo terapista? No. Non poteva essere. Harry aveva solamente iniziato a sviluppare un minimo di tolleranza verso quell'uomo, e anche in quel modo non riusciva a superare quel senso di disprezzo che sentiva verso di lui. Non lo voleva toccare, non se lo voleva scopare, certamente non voleva sapere come sarebbe suonato il suo nome tra i gemiti ansanti di Louis.
Ringhiando frustrato, Harry tastò alla cieca l'armadietto finché non trovo quello che stava cercando, una piccola fialetta e una siringa dall'aspetto letale. Legando il laccio emostatico con mani tremanti, introdusse l'eroina nella siringa e bucò il braccio, sospirando di sollievo sentendo l'euforia sintetica riversarsi nelle sue vene.
Il suo controllo sulla realtà cominciò a svanire, ma attraverso le visioni colorate che guizzavano davanti ai suoi occhi, riuscì a sentire le parole che pulsavano attraverso il suo corpo come un secondo battito cardiaco.
Voglio fare del mio meglio per aiutarti.
E apprezzerei se mi dessi almeno l'occasione di provarci.
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